A
perdonare s'impara di
Bruno Ferrero
I contrasti in famiglia sono pane quotidiano. C’è uno
sforzo da fare, da parte di tutti, perché la vita non diventi
insopportabile.
Gli urti quotidiani finiscono per far soffrire o ferire; e
l’elenco è lungo: scontri sull’educazione dei figli, sulla
politica, sul modo di gestire il bilancio, sull’atteggiamento
verso i nonni. E ancora: irritazione per i tic, le lentezze, il
vestito, le musonerie, le recidive. Parole che feriscono,
dette senza controllo; tensioni sulla manutenzione della casa,
per le discussioni in macchina, per i rimproveri al marito
troppo preso dal suo lavoro. Non ascolto («Non ascolti mai
quello che ti dico!»). Diversità di
carattere, insoddisfazione davanti alla mediocrità
dell’altro. Amore espresso in modo insufficiente, silenzi.
Discussioni per provare se stesso, provare l’amore, difendere
il proprio spazio, dire le proprie delusioni. Piccole dispute
dovute alla fatica, al nervosismo, ecc. È difficile
dimenticare, ma è anche possibile imparare la rara arte del
perdono. Ecco dieci piccoli passi.
1. Accettare di essere diversi. La famiglia è fondata
sull’alterità e sulla differenza. Fatalmente l’altro reagirà
in modo diverso, vedrà le cose in modo diverso. Bisogna essere
incessantemente all’ascolto della temperatura del cuore
dell’altro e chiedergli il suo “modo di usarlo”: “Se ti
amo male, se ti pesto i piedi, dimmelo, perché cambi; se ti amo
come si deve, dimmelo perché io continui”.
2. Mettere alla base della famiglia un “contratto”:
«Noi non ci faremo mai soffrire volontariamente».
3. Considerare gli aspetti positivi. Troppo
spesso i litigi nascondono gli aspetti meravigliosi della vita
di famiglia. È importante relativizzare i miniproblemi.
4. L’amore cresce attraverso questi piccoli
perdoni. Più ci si abitua a perdonare le piccole
cose, più si perdoneranno quelle grandi. E più presto lo si
fa, meglio è.
5. Parlare, spiegarsi. Perdonare è più facile quando
c’è comunicazione. È necessario chiedere perdono.
Semplicemente, umilmente, sinceramente. Non esitare a fare il
primo passo. La parola compie miracoli quando il suo tono è
giusto, privo di giudizi, perché crea e ricrea. Per perdonare
ed essere perdonato abbiamo bisogno di sentire queste parole:
“Ti chiedo perdono”, “ti ho dato un dispiacere”, “mi
sono innervosito”, “ho torto”. Queste parole toccano il
cuore e suscitano un dialogo talvolta improntato di umiltà e di
sincerità, che altrimenti non avrebbe avuto luogo.
6. Riconoscere la ferita che si è fatta. Colui che è
stato ferito ha bisogno di sapere che la sua ferita è stata
presa in considerazione. Bisogna dimostrare all’altro che si
è consapevoli della sofferenza che ha vissuto, della sua
intensità… È tanto naturale giustificarsi trovando scuse nel
proprio passato, soprattutto trovando colpe negli altri (i
genitori) o fuori della coppia (la suocera). È importante
impegnarsi in un processo di verità per scoprire i propri torti
personali, e riconoscerli umilmente.
7. Dare tempo al tempo. Bisogna accettare che non
venga immediatamente una parola di perdono. Quando si è
sopraffatti dalla collera, ci vuole un tempo di calma, di
riflessione, e anche di preghiera per acquistare la capacità di
chiedere perdono. È un processo lungo e complesso, bisogna
aspettare che il tempo faccia l’opera sua. Alcuni dimenticano
subito l’offesa, soprattutto quando si tratta di offese
leggere. Altri hanno la tendenza a rimuginarla. Anche se
dicono che “è finito”, i loro occhi, il loro broncio
continuano a dimostrare che il fatto non è ancora digerito.
8. Imparare a negoziare. Significa cercare una
soluzione media, che tenga conto dei due punti di vista.
Questo suppone che ognuno, in un primo tempo, cerchi lealmente,
con empatia, di mettersi al posto dell’altro, di entrare nel
suo modo di vedere.
9. Riconciliarsi. Anche se la riconciliazione non è
indispensabile per il perdono, il perdono è completo quando
sfocia nel ristabilimento delle relazioni. Il perdono non è
ancora la riconciliazione, ma ne è la via. Il perdono è un
catalizzatore che crea l’ambiente necessario per una
nuova partenza e per ricominciare. Perdonare, è ridare fiducia.
E’ ripartire “come prima”. Significa riparare e cambiare.
Il segno della sincerità di richiesta di perdono è lo sforzo
che ci si impegna a fare per non cadere più negli stessi
errori.
10. Un perdono totale è una cosa divina, che noi
impariamo soltanto da Dio. Il cristiano non dice: «Io credo al
peccato», ma «alla remissione dei peccati». E quando il
sacerdote dice «Io ti assolvo», dice molto di più che “tu
sei perdonato”. Assolvere significa ridare la libertà a colui
che era legato, significa togliergli le catene. Quando il
perdono ci sembra impossibile, guardiamo il Cristo in croce. Nel
momento stesso in cui, sospeso ai chiodi, muore di asfissia in
una sofferenza indicibile, egli ha il coraggio di dimenticare se
stesso per chinarsi sui suoi carnefici e perdonarli.
È la grazia più grande, quella del perdono. La preghiera
familiare della sera è un’occasione meravigliosa
per scambiarsi il perdono. Amare è essere capaci di dire
insieme il Padre nostro. Nessun vincolo coniugale
resiste senza perdono.
Tratto da: Bollettino Salesiano Marzo 2006