I
quattro cavalieri dell'Apocalisse familiare
di
Bruno Ferrero
Tra marito e moglie, così come tra genitori e figli, si può
arrivare alla «morte» della famiglia. A volte la fine di un
normale rapporto sembra piombare sugli interessati come una
dolorosa sorpresa. In realtà esistono dei «segnali di pericolo».
Esiste soprattutto una spirale negativa di interazioni, emozioni e
atteggiamenti che porta alla disintegrazione dell'amore..
Lo studioso John Gottman ha definito «i quattro cavalieri
dell'Apocalisse» quattro fasi prevedibili che determinano il
crollo dell'amore e la disintegrazione familiare. Sono: la
critica, il disprezzo, la reazione difensiva e il muro di
silenzio. Questi quattro fattori creano grossi danni alla vita
della coppia e alla relazione tra genitori e figli.
Il primo cavaliere: La critica.
Tra lamentarsi e criticare c'è una differenza cruciale. Le
lagnanze hanno di mira un comportamento specifico, mentre la
critica attacca la persona. Mentre una lagnanza, o anche il
rimprovero, affermano semplicemente un fatto, la critica è spesso
espressione di un giudizio e implicitamente suggerisce che la
persona criticata dovrebbe essere diversa da ciò che è. La
critica implica che l'altro abbia un difetto irrimediabile. La
critica nei confronti dei figli, ma anche del marito o della
moglie, si esprime spesso in termini globali: «Tu non mi aiuti
mai nelle faccende di casa». «Tu fai sempre troppe telefonate».
La critica è spesso espressione di frustrazione covata in
silenzio e di collera repressa. Il risultato può essere
devastante. La critica infila una dopo l'altra una sequela di
lagnanze tra loro non collegate: «Sei sempre in ritardo
nell'andare a scuola. Lasci sempre tutto in disordine. Non mi dici
mai dove vai. Ti vesti da far pena. Sono mesi che non passi dalla
nonna. A scuola sei un disastro e continui a non studiare. E i
tuoi amici mi sembrano dei mentecatti». Il modo migliore di
evitare questo tipo di critiche così dannose consiste
nell'affrontare i conflitti e i problemi appena sorgono. Non
bisogna spettare di essere così arrabbiati o offesi da non
poterne più. E' necessario esprimere collera o dispiacere in
maniera specifica e indirizzarli verso le singole azioni piuttosto
che verso la personalità o il carattere dell'altro o di un
figlio. E' importante concentrarsi sul contesto presente e
astenersi da affermazioni generali.
Il secondo cavaliere: Il disprezzo.
E' una critica portata all'estremo. Chi disprezza intende
realmente insultarti o ferirti psicologicamente. Il disprezzo
spesso nasce dal disgusto o dal fastidio, dalla disapprovazione
del comportamento dell'altro e dalla volontà di vendicarsi.
Quando si prova disprezzo, ci si riempie la mente di idee
meschine: mio marito (o mio figlio) è ignorante, incapace,
idiota. Con il tempo, i complimenti, i pensieri affettuosi e i
gesti di tenerezza vengono bruciati da una feroce delusione. Le
gentilezze e i sentimenti positivi vengono sovrastati dalle
emozioni negative e dai diverbi feroci. Marito e moglie, o i
genitori, possono reagire alle espressioni di collera in maniera
noncurante e denigratoria, correggendo a esempio la grammatica
delle frasi che l'altro ha pronunciato mentre era in preda
all'ira. Il linguaggio corporeo può rivelare la mancanza di
rispetto o di fiducia verso l'altro. Si sgranano gli occhi in modo
esagerato, si sorride beffardamente. Siccome il disprezzo può
sgretolare l'ammirazione e i sentimenti di affetto, l'antidoto
consiste nel riscoprire l'amore sopito, ricordare i momenti più
belli, guardare insieme le vecchie fotografie. Passare un po' di
tempo insieme. E' assolutamente vitale invertire la corrente finché
si è in tempo. La perdita di stima è un corrosivo implacabile
dei sentimenti.
Il terzo cavaliere: La reazione difensiva.
Quando in famiglia ci sono «attaccanti», gli altri sono
naturalmente portati ad assumere un atteggiamento difensivo. La
reazione difensiva crea grossi problemi, perché specialmente chi
si sente assediato non ascolta più, cerca solo di formarsi uno
scudo di protezione, vive in trincea. Anzi, spesso reagisce
negando ogni responsabilità. («Non è colpa mia, sono stati i
miei amici a trascinarmi»). Oppure inventa scuse o mente
spudoratamente («Sarei venuta volentieri ad aiutarti, ma avevo
tanto da studiare per l'interrogazione»). La chiave per
abbandonare l'atteggiamento difensivo è ascoltare le parole degli
altri non come se fossero i segnali di un attacco, ma come
un'utile informazione espressa in termini magari forti.
Il quarto cavaliere: Il muro di silenzio.
Se non possono raggiungere una tregua e se si continua a
lasciare che la critica, il disprezzo e la reazione difensiva
dominino il rapporto, è probabile che si incontri il quarto
cavaliere: il muro di silenzio. Questo capita quando ci si chiude
nel silenzio perché la conversazione è diventata insostenibile o
troppo accesa. In sostanza uno dei due contendenti diventa come un
muro e non dà cenno di aver sentito o compreso quello che l'altro
gli dice. Se non si è disposti a dialogare, i problemi di
incancreniscono e l'isolamento peggiora. Chi vuole abbattere il
muro deve fare lo sforzo consapevole di ascoltare e rispondere
durante la discussioni. Persino il semplice annuire o mormorare «sì...
già... certo...», durante una conversazione fa intendere a chi
parla che lo si sta ascoltando. Queste conferme possono aiutare a
migliorare il rapporto. Da questo punto di partenza ci si può
innalzare a livelli più alti di ascolto efficace, fino a
ritrovare una possibilità di incontro.
Tratto da: Bollettino Salesiano Settembre 1997