MEDITAZIONE
Per quale motivo si va al purgatorio.
Due ragioni conducono al purgatorio: i peccati veniali non perdonati, ed i peccati veniali o mortali perdonati ma non espiati pienamente. E facile comprendere quale sia la malizia della benché minima colpa, quando si considera chi è colui che la commette e colui contro cui è commessa. Se si rivolge il pensiero particolarmente all'amabilità ed alla bontà infinita di Dio, non vi è più meraviglia che la più lieve offesa venga severamente punita; ci rendiamo conto del rigore delle fiamme
espiatrici, e le terribili rivelazioni fatte ai santi ci diventano facilmente credibili.
Si va pure al purgatorio per peccati mortali o veniali perdonati, ma non espiati abbastanza. In fatto due sono le cose da distinguere in ogni peccato o mortale o veniale: l'offesa e la pena. L'offesa è l'ingiuria che il peccato fa a Dio; la pena è il castigo più o meno rigoroso che Dio infligge al peccatore in questa o nell'altra vita. Se il peccato è mortale, l'offesa ci fa perdere la grazia santificante, e la pena dovuta al peccato è pena eterna; se il peccato è solo veniale l' offesa non distrugge l'amicizia di Dio, e la pena dovutagli è temporale.
L'assoluzione sacramentale rimette l'offesa del peccato mortale e la pena eterna: effetti ammirabili prodotti anche dall'atto di carità perfetta o di contrizione, purché racchiuda almeno implicitamente il desiderio del sacramento della penitenza. L'offesa del peccato veniale è rimessa non solo dall'assoluzione del sacerdote,
ma ancora dall'atto di contrizione, da un atto di pietà o di carità congiunti con l'amor di Dio e
con il pentimento.
Con l'assoluzione o con l'atto d'amor di Dio, il peccatore può, in virtù della divina grazia, avere un dolore così intenso delle sue colpe, od un grado di carità così perfetto, da ottenere l'intera remissione della pena meritata; ma per ordinario la giustificazione del
peccatore non è congiunta con la remissione di tutta la colpa esatta dalla divina Giustizia. resta una pena temporale da soffrirsi in questo mondo con opere
soddisfatorie, ovvero nell'altra vita con le pene del purgatorio; le quali pene sono rigorosissime, e talvolta molto lunghe. Perchè Dio misericordiosissimo è pure giustissimo; e se accorda grazia al peccatore con il perdonargli il peccato, ne vuole però l'espiazione, Ed in vero, si può pensare che il peccatore che
visse lunghi anni lontano da Dio, ne riceva del tutto il perdono solo per aver detestato un istante la sua colpa nel timore dell'inferno? No, senza dubbio, ed in ciò Dio pare che operi come l'uomo, il quale d'ordinario, anche dopo il perdono esige una
soddisfazione. Ora certi peccatori pesino la loro vita con la bilancia della santità di Dio, e vedranno che forse,
avuto riguardo al numero ed all'enormità delle loro colpe, migliaia d'anni non basterebbero all'intera soddisfazione, Per convincersi appieno, pensino alle pene canoniche imposte ai peccatori dalla primitiva Chiesa.
In questo mondo noi non sappiamo che cosa sia l'infinita santità di Dio; ma ben «la intendono le anime del purgatorio, dice santa Caterina da Genova; finchè esse conserveranno il minimo atomo d'imperfezione, preferirebbero precipitarsi in mille inferni, anzichè presentarsi in tale stato dinanzi l'infinita santità di Dio». Non diciamo dunque essere il peccato veniale piccola colpa, s'esso si merita castighi tanto terribili, e facciamo penitenza in questa vita dei peccati perdonati; perchè dopo la morte, «noi non arriveremo al monte del Signore,» vale, a dire al cielo, «se non saremo senza macchia.»
FIORETTO SPIRITUALE. L'anima in stato di grazia che, separata dal corpo, non è totalmente pura, scopre in sè un ostacolo che le impedisce di veder Dio, e vedendo di non potersene liberare altrimenti fuorché per il purgatorio, vi si precipita immediatamente con tutto lo slancio della volontà. (S. Caterina da Genova).
Esempio. Nel convento dei frati minori di P.... morì un religioso che per l'eminente sua santità fu detto Angelico. Tra suoi confratelli vi era un sapiente lettore il quale, benché non ignorasse l'obbligazione comune di celebrare tre messe in favore di ogni religioso ivi defunto,
omise di farlo in questa circostanza, parendogli inutile d'intercedere per un' anima così santa. Ma qualche giorno dopo si vede il defunto dinanzi agli occhi e si sente in tono lamentevole queste parole: «Caro maestro, vi scongiuro d'aver compassione di me!» Sorpreso dell' apparizione e della preghiera, gli dice: «Come mai, anima santa, avete bisogno di preghiere? — Sono in purgatorio aspettando le tre messe che dovete celebrare per me. — L'avrei già fatto molto volentieri; ma pensando alla vita santa da voi avuta quaggiù, m'immaginavo che avreste ricevuto la corona di gloria appena uscito di questo mondo. — Oimè! nessuno comprende con quanta severità Dio giudichi e punisca la sua creatura. Se con tutta la vostra scienza aveste compreso la infinita santità di Dio, non m'avreste trattato così crudelmente.» II teologo celebrò il santo sacrificio, in quel giorno e nei due seguenti, con gran devozione in favore di quell'anima, che al terzo giorno gli riapparve per ringraziarlo. Gli annunciò che le pene erano terminate ed incominciava il godimento eterno.