ROSARI
CON AMORE
Sotto i bombardamenti
- In mezzo al chiasso
Quanto a noi, purtroppo, è vero che il Rosario finiamo col non amarlo, omettendolo anche senza rimpianto, solo perché non lo recitiamo bene.
Siamo distratti e dissipati da cento cose durante il giorno, e il tempo del Rosario non si salva da questa continua distrazione.
Spesso, poi, ci riduciamo a recitare il Rosario in fretta, all'ultimo momento, magari a letto, stanchi e assonnati... E poi ci lamentiamo che il Rosario non produce frutti e ci appare una preghiera sterile e monotona. Ma è inutile pretendere fiori dagli sterpi e frutti da piante inaridite.
La buona volontà e l'amore, invece, rendevano bene accetti alla Madonna anche i Rosari che S. Alfonso de' Liguori recitava a dorso di mulo attraverso le campagne, che Santa Francesca Saverio Cabrini recitava sui transatlantici solcando gli oceani, che S. Massimiliano M. Kolbe recitava di sera attraverso i dormitori mentre i suoi frati si mettevano a letto, che Santa Maria Bertilla recitava accanto agli ammalati nell'Ospedale sotto la furia dei bombardamenti, che il B. Orione recitava sui camion per i trasporti e per le fughe durante l'imperversare della guerra, che P. Pio da Pietrelcina recitava lungo i corridoi o scendendo lentamente le scale, pressato da ogni lato dai fedeli.
Saranno tanto buoni i nostri Rosari quanta buona volontà e amore ci avremo messo nel recitarli.
La buona volontà e l'amore rendono fecondo il Rosario anche quando le condizioni esterne non facilitano in nulla il raccoglimento e il gusto della recita.
Si racconta di quel soldato in trincea, che scriveva una lettera alla mamma in mezzo al baccano infernale delle artiglierie in azione. Un commilitone gli disse:
«Ma come fai a scrivere con questo fracasso?... Chissà quanti strafalcioni ci scappano!...».
«Non fa niente, - rispose l'altro - gli strafalcioni se li corregge mamma. L'importante è che io le scriva».
«Hai ragione» - concluse il primo.
Proprio così. L'amore e la buona volontà bastano da soli a dare contenuto e valore al Rosario, che è come una lunga e affettuosa lettera alla Mamma del Cielo, magari non priva di strafalcioni, ma sempre a Lei accetta e cara.
Il Servo di Dio Mons. Pary, Vescovo di Algeri, recitava assiduamente la corona del Rosario tenendola di continuo fra le mani o al polso. Qualcuno un giorno gli chiese: «Monsignore, come fate a tenere sempre desta l'attenzione recitando tanti Rosari?». È una domanda molto pratica, questa. Monsignore rispose: «Se fra tante Ave Maria che recito ve ne fosse anche solo qualcuna di buona, non vi pare che sia tanto di guadagnato?».
Vecchio e ammalato, così San Paolo della Croce rispondeva a chi voleva convincerlo a non dir il Rosario perché non aveva più la voce: «Finché vivo lo voglio dire, e se non posso con la voce, lo dirò con il cuore».
«Come recitare con attenzione il Rosario?», fu chiesto una volta a P. Pio da Pietrelcina. E il Padre rispose: «L'attenzione dev'essere portata all'Ave, al saluto che rivolgi alla Vergine nel mistero che contempli. In tutti i misteri essa era presente, a tutti partecipò con l'amore e con il dolore». In tal modo potremo scoprire, volta a volta, i dolci gaudi, i tremendi dolori e le celesti glorie della Beatissima Vergine, ed Ella ci renderà partecipi di tutte le grazie contenute nei suoi gaudi, nei suoi dolori e nelle sue glorie.
(Tratto
dal libretto "Il Santo Rosario e i Santi")