Laura
del Carmen Vicuna, questo il suo nome completo, nacque nella capitale cilena,
Santiago, il 5 aprile 1981, primogenita di José Domingo e di Mercedes Pino. La
città era attraversata da tensioni politiche e militari ed a causa di ciò fu
necessario attendere quasi due mesi per procedere alla celebrazione del suo
battesimo, che ebbe luogo il 24 maggio successivo. Tra gli antenati di Laura
figuravano parecchi personaggi illustri e per tal motivo la rivoluzione
imperante si scagliò anche sulla famiglia di Laura. Il padre fu forzatamente
costretto all’esilio e dovette trasferirsi verso sud, alla frontiera con
l’Argentina sulle Ande. L’intera famiglia traslocò dunque a Temuco. La
famiglia si ritrovò repentinamente in una triste situazione di precarietà a
seguito della morte del padre avvenuta nel 1893. Alcuni mesi dopo, l’anno
successivo, nacque una seconda bambina, Giulia Amanda. La madre si ritrovò così
sola con due figlie a dover vincere la fame e la disperazione.
Nel 1899 il residuo nucleo familiare si trasferì nella vicina regione argentina
del Neuquén. La madre potè così trovare lavoro nella tenuta agricola di
Manuel Mora, uno dei tanti colonizzatori che avevano intrapreso lo sfruttamento
dei terreni incolti della Patagonia. In seguito a pressioni subite dal datore di
lavoro, ne divenne la compagna. Ciò conseguentemente influì purtroppo
negativamente sull’educazione delle due bambine. Laura, seppur ancora piccola,
si rese conto della precarietà e dell’irregolarità dal punto di vista
religiosa della mamma, che in tal modo non poteva essere ammessa ai sacramenti.
Nonostante ciò la mamma non abbandonò mai completamente le figlie e tentò nei
limiti del possibile di educarle anche religiosamente. Al fine di assicurare
loro un’istruzione adeguata e continua, le affidò nel gennaio 1900 ad un
piccolo collegio missionario tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, situato
a Junin de los Andes ai confini con il Cile, patria natia di Laura.
Di quest’ultima, nel consegnarla alla superiora, la madre assicurò: “Non mi
ha mai dato dispiaceri. Fin dall’infanzia è stata sempre obbediente e
sottomessa”.
Repentinamente catapultata in questo nuovo ambiente, Laura si trovò comunque
subito a proprio agio. Il suo animo fu tempestivamente conquistato dalle verità
evangeliche infusele mediante la catechesi e ciò la portò a rendersi
maggiormente conto della contrarietà della situazione di convivenza della madre
rispetto alla legge divina. Il 2 giugno 1901 potè ricevere la prima Comunione,
ma in tal giorno divenne ancor più profonda la sua sofferenza nel vedere la
mamma non accostarsi ai sacramenti. Non potè dunque astenersi dal pregare
intensamente per la pacifica conclusione di tale relazione. Purtroppo la sua
speranza non ebbe compimento, ma ciò non toglie che questa esperienza fu
decisiva nel provocare una grande svolta nella sua vita, che fu così descritta:
“Notammo in lei da quel giorno un vero e solido progresso”.
Il giorno della prima Comunione scrisse alcuni propositi, molto simili a quelli
del santo allievo di don Bosco, Domenico Savio: “O mio Dio, voglio amarti e
servirti per tutta la vita; perciò ti dono la mia anima, il mio cuore, tutto il
mio essere. Voglio morire piuttosto che offenderti col peccato; perciò intendo
mortificarmi in tutto ciò che mi allontanerebbe da te. Propongo di fare quanto
so e posso perché tu sia conosciuto e amato, e per riparare le offese che
ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle persone della mia famiglia.
Mio Dio, dammi una vita di amore, di mortificazione, di sacrificio”.
Con questi propositi Laura si abbandonò totalmente al Signore pur di ottenere
la conversione di sua madre e le Figlie di Maria Ausiliatrice non tardarono a
comprendere di trovarsi dinnanzi ad una bambina eccezionale.
Sin dal suo primo anno di permanenza nel collegio si distinse per la volenterosa
applicazione nello studio e per l’intensità della sua vita interiore.
Dall’8 dicembre 1900 si iscrisse alla Pia Unione delle Figlie di Maria.
Nel secondo anno le sorelle Vicuna furono mandate in vacanza dalla madre, ma
Laura restò negativamente scossa dall’impatto con il suo convivente. Era
sofferente fin nel più profondo della sua intimità, ma ciò non traspariva se
non nei momenti di maggiore amarezza. Una di queste occasioni fu per esempio la
mancata partecipazione della mamma alla missione popolare che fu predicata a
Junin de los Andes.
L’anno
successivo le due sorelle raggiunsero nuovamente la mamma a Quilquihué nel
periodo delle vacanze. Mora esternò un eccessivo interesse nei confronti di
Laura, la quale se ne accorse prontamente e si cinse come di una corazza di
ferro per combatterne i malvagi propositi. Questi reagì crudelmente e si vendicò
rifiutandosi di pagare la retta del collegio. Mossa da pietà e comprensione la
direttrice accolse ugualmente le due bambine.
Il 29 marzo 1902 le due sorelline ricevettero la cresima, presente la madre che
però perseverò nell’astensione dai sacramenti. In tale occasione Laura fece
richiesta di poter essere ammessa tra le postulanti delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, ma ottenne una risposta negativa a causa della situazione
familiare. Dovette dunque rassegnarsi, senza però desistere dal suo intento.
Il mese successivo, infatti, emise privatamente i voti di castità, povertà ed
obbedienza, consacrandosi così a Gesù ed offrendogli la propria vita. Verso
fine anno iniziò a manifestarsi in Laura un leggero deperimento fisico.
Trascorse l’intero anno successivo rinchiusa nel collegio e nel settembre 1903
non riuscì neppure a prendere parte agli esercizi spirituali, tanto era
diventata cagionevole la sua salute. Tentò un cambiamento climatico, tornando
dalla madre, ma ciò non si rivelò alquanto salutare. Allora tornò a Junin e
vi si trasferì anche la madre, alloggiando però privatamente.
Nel gennaio 1904 giunse in visita il Mora, con il proposito di trascorrere la
notte nella medesima abitazione. “Se egli si ferma qui, io me ne vado in
collegio dalle suore” minacciò Laura scandalizzata, e così dovette fare
seppur stravolta dal male. Mora la inseguì e, raggiuntala, la percosse
violentemente lasciandola traumatizzata. Giunta poi in collegio si confessò dal
suo direttore spirituale, rinnovando l’offerta della propria vita per la
conversione della madre.
Il 22 gennaio ricevette il Viatico e quella sera fece chiamare la madre per
trasmetterle il suo grande sogno: “Mamma, io muoio! Io stessa l’ho chiesto a
Gesù. Sono quasi due anni che gli ho offerto la vita per te, per ottenere la
grazia del tuo ritorno alla fede. Mamma, prima della morte non avrò la gioia di
vederti pentita?”. Questa le promise allora di cambiare completamente vita.
Laura potè allora spirare serenamente dopo aver pronunciato queste ultime
gioiose parole: “Grazie, Gesù! Grazie, Maria! Ora muoio contenta!”
In occasione del funerale la mamma tornò ad accostarsi ai sacramenti della
Riconciliazione e dell’Eucaristia.
Laura:
preghiera e vita concreta
“Per me pregare o
lavorare è la medesima cosa; è lo stesso pregare o giocare, pregare o dormire.
Facendo quello che comandano, compio quello che Dio vuole che io faccia, ed è
questo che io voglio fare; questa è la mia migliore orazione”.
Ecco la santità di Laura: la preghiera come presenza di Dio nel quotidiano.
Proprio a partire da questo aspetto, che può sembrare privo di grande
rilevanza, si snoda tutta la vita di una ragazzina apparentemente come tante
altre, ma con una marcia in più.
La sua vitalità, la voglia di stare con gli altri, l’attenzione per il
prossimo, la disponibilità al servizio, lo spirito di ringraziamento e la
donazione di sé sono strettamente collegati alla gioia della presenza di Dio in
ogni momento della giornata.
Il
cammino di Laura alla presenza di Dio
“Primo:
O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono
l’anima, il cuore e tutto il mio essere.
Secondo:
Voglio morire piuttosto che offenderti con il peccato; perciò intendo
mortificarmi in tutto quello che mi potrebbe allontanare da te.
Terzo:
Propongo di fare quanto so e posso perché tu sia conosciuto e amato; e per
riparare le offese che ricevi ogni giorno dagli uomini, specialmente dalle
persone della mia famiglia.
Mio Dio, dammi una vita di amore, mortificazione, sacrificio”.
Gesù lo ha
insegnato: “Non chi dice Signore Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi
fa la volontà del Padre mio” (Mt 7,21) e la volontà del Padre è che tutti
camminino verso la Verità.
Lo si legge bene nell’ultimo dei tre propositi: bisogna fare quanto è nelle
nostre possibilità perché il Padre venga conosciuto da tutti.
Questo impegno non costa solo fatica ma autentico sacrificio e, per perseguire
ciò per cui Dio ci chiama, la piccola Laura sa che c’è una ricetta dataci da
Gesù: la TESTIMONIANZA.
“La morte, ma non peccati” scriveva Domenico Savio, “... morire piuttosto
che offenderti”, Laura Vicuña; la testimonianza è l’unico motore potente
che ci permette di caricare qualcun altro sulla strada che ci porta al Paradiso.
Gesù ha testimoniato pagando di persona: “Non c’è amore più grande di
questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Laura:
oggi come allora
Cosa dice Laura Vicuña
ai giovani di oggi?
Può non toccarci la vita di una ragazzina che ha testimoniato fino in fondo,
fino al dono totale di sé, l’amore di un Dio Amore?
È ora che ci interroghiamo seriamente sulla nostra vita e sulla nostra società:
nessuno si deve sentire a posto o escluso da questo esame di coscienza.
Laura ha amato la vita!
Molti giovani di oggi la disprezzano, molti pagano per errori commessi da una
società (intesa come insieme di persone e non come termine astratto) che non
testimonia più la gioia del vivere quotidianamente anche le fatiche e i
sacrifici, ma va continuamente alla ricerca sfrenata della felicità per altro
mai raggiunta in pienezza. Laura anche oggi ci insegna che la vera gioia è
radicata in Cristo, nella preghiera che si trasforma in vita.
Oggi quello che molti
giovani riconoscono come amore è solo egoismo; oggi si va alla ricerca di
quello che piace, di tutto ciò che è comodità; oggi si è felici nella misura
in cui l’“io” del singolo è felice.
Apriamo gli occhi!
La santità di Laura arriva principalmente da una comunità che testimonia con
la vita ciò in cui crede: che cosa testimoniano i “cristiani” di oggi?
Testimoniano gioia
per la vita e amore al sacrificio? No! Purtroppo oggi quelli che,
impropriamente, si dicono cristiani testimoniano che sono leciti aborto,
divorzio ed eutanasia. Forse in una società di cristiani così, che distruggono
famiglie e uccidono liberamente bambini facendosi scudo con il loro egoismo, si
può sostenere coraggiosamente che la testimonianza di una ragazzina di appena
13 anni abbia tanto da insegnare oggi come allora.
È inevitabile, allora, concludere con le parole di Gesù che sintetizzano in
modo lampante come bisognerebbe vivere per essere felici: “Ama Dio con tutto
il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e il prossimo tuo
come te stesso”.
Chi mette in pratica questo comandamento è nella gioia e cammina spedito sulla
strada che porta alla santità, a Dio: Laura ci ha dimostrato che è proprio così!
La
tomba di Laura è collocata nella cappella del Collegio Maria Ausiliatrice di
Bahia Blanca, in Argentina, dove è metà di pellegrinaggi in particolare per le
popolazioni cilena ed argentina.
Venerata fin dalla sua morte, l’apertura della sua causa di canonizzazione
avvenne solo il 19 settembre 1955, portando al riconoscimento delle virtù
eroiche ed al conferimento del titolo di “venerabile” il 5 giugno 1986.
A seguito del riconoscimento ufficiale di un miracolo avvenuto per sua
intercessione, Laura del Carmen Vicuna, poema di candore, di amore filiale e di
sacrificio, fu beatificata dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 3 settembre
1988 sul Colle delle beatitudini giovanili, presso Castelnuovo Don Bosco. Il
nuovo Martyrologium Romanum la commemora dunque il giorno della sua morte, nel
quale è fissata anche la sua memoria liturgica per la Famiglia Salesiana.
Con il riconoscimento di un ulteriore miracolo, verificatosi dopo la
beatificazione, Laura potrà essere la più giovane santa non martire della
storia della Chiesa.
PREGHIERE
A LAURA VICUNA