COME
L’APE DI FIORE IN FIORE
L’opera
di amore e di riparazione a Gesù Eucaristico
A cura di Maria Rita
Scrimieri Pedrali
PRESENTAZIONE
Il 12 gennaio 1996, la
Chiesa ha proclamato venerabile Alexandrina Maria da Costa, membro
dell'Associazione dei Cooperatori di S. Giovanni Bosco. Nata a Balasar
(Portogallo) il 30 marzo 1904, morì il 13 ottobre 1955. Ad un anno di
distanza, per ricordare questo felice giorno nella storia della Chiesa e
della Famiglia Salesiana, abbiamo pensato di pubblicare una parte degli
scritti relativi alla Missione dei Tabernacoli che Gesù aveva affidato ad
Alexandrina con queste parole:
«La Missione che ti ho
affidata sono i Miei Tabernacoli ed i peccatori. Sono stato lo ad elevarti a
così alto grado. È stato il Mio amore!». (20 dicembre 1934) (L p.
51)
Questa iniziativa vuole
essere anche il nostro «grazie» alla Santissima Trinità che ci ha donato
Alexandrina per la felicità delle nostre anime. Figlia povera di una terra
povera, ma ricca di fede, Alexandrina sotto l'influsso della Grazia e delle
lezioni del Divino Maestro, diventerà un'anima altamente eucaristica,
vittima di espiazione in riparazione sia delle profanazioni e degli oltraggi
contro l'Eucaristia, sia in riparazione di tutti i peccati, per la salvezza
delle anime. La risposta generosa e senza riserve di Alexandrina alle
richieste del Salvatore di essere «amato, consolato e riparato nel
Santissimo Sacramento dell'Amore», non può che aiutarci ad abbandonare le
nostre freddezze, le nostre indifferenze e negligenze verso questo dono
immenso della Santissima Trinità. Quanto Gesù va richiedendo ad
Alexandrina e via via manifestando nella Missione dei Tabernacoli, si rivela
drammaticamente attuale ancora ai nostri giorni. Basti qui ricordare le
Chiese vuote se non addirittura chiuse, con l'abbandono e la solitudine che
ne conseguono per Gesù continuamente presente ed orante per noi in tutti i
Tabernacoli del mondo, l'indifferenza e l'irriverenza diffusa per la
Presenza reale del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù nell'Ostia
consacrata, gli oltraggi ed i sacrilegi che ancora vengono commessi contro
di Essa. Nell'indifferenza per il
Tabernacolo e nell'indifferenza per
il Crocefisso Gesù, possiamo oggi ravvedere l'offesa più diffusa verso
nostro Signore, ovvero la mancanza d'amore che maggiormente colpisce sia i
cristiani che tali si professano, sia i cristiani che lo sono in virtù del
Battesimo ricevuto, ma che non si riconoscono tali per una scelta personale
di allontanamento dalla Chiesa. Le conseguenze che ne derivano riguardano
l'indebolimento della fede stessa che si protende verso un Dio lontano nei
Cieli e non vicino a noi, presente nel Tabernacolo della Chiesa accanto a
casa nostra; viene resa così vana ed inutilizzata la Sua Presenza viva tra
di noi. L'altra conseguenza si riflette sull'indebolimento della coscienza
sicssa del peccato ovvero delle offese arrecate a Dio e al prossimo, col
rischio di rendere vana la morte di Cristo sulla Croce, ed il Suo perenne
Sacrificio reso attuale nella Eucaristia; ne conseguono scelte di vita e di
valori che non si radicano nell'Umanità di Cristo, lila che sono
espressione dei valori predominanti del tempo. L'invito di San Paolo nella
lettera ai Romani, risuona ancora ai nostri giorni, con tutta la forza della
sua validità:
«Non conformatevi alla
mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente,
per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e
perfetto».
Ma ancora una volta, Gesù
risorto, ci viene incontro attraverso le anime che, come Alexandrina, Egli
sceglie per Sue portavoce e che per noi associa alla Sua missione di
Redenzione. L'amore per Gesù Eucaristia e per Alexandrina, ci spinge a non
far cadere nel silenzio gli insegnamenti e gli inviti che ancora oggi Gesù
rivolge a noi, attraverso la Sua portavoce, Alexandrina da Costa.
La Missione dei
Tabernacoli, l'opera d'amore e di riparazione a Gesù Sacramentato,
continuerà attraverso quanti la accoglieranno e la faranno propria nel
silenzio del proprio cuore. Anche noi, come Alexandrina, saremo così
accompagnati da Gesù, alla scuola dei Tabernacoli e là introdotti nel
Cuore sempre pulsante d'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dal Tabernacolo Gesù continua ad essere il Divino Maestro per la sua Chiesa
e per quanti desiderano ed amano essere ancora suoi discepoli. Ciò
corrisponde anche al desiderio di Gesù espresso ad Alexandrina il
24.3.1938:
«Di' che Mi trovino anime
che Mi amino nel Mio Sacramento d'Amore le quali ti suppliscano nella
adorazione ai Miei Tabernacoli, alla tua partenza per il Cielo». (Alex. p.
89)
Ci aiuti Alexandrina e ci
guidi Maria Santissima affinché la lettura e la diffusione di queste
pagine, facciano fiorire intorno ai Tabernacoli di tutto il mondo, tanti
eucaristici fiori che consolino il Cuore di Gesù con il loro profumo di
amore e di adorazione.
Milano,
12 gennaio 1997 - COOPERATORI SALESIANI DI LOMBARDIA Centro di Bonvesin de
la Riva Milano
Il
Tribunale ecclesiastico della diocesi di Braga iniziò il processo sulle
virtù e fama di Santità della Serva di Dio Alexandrina Maria da Costa il
14 gennaio 1967. Interrogati 48 testimoni ed approvati gli scritti, fu
chiuso felicemente il 10 aprile 1973. Nel maggio seguente tutta la
documentazione passò alle Congregazioni romane. Nel dicembre 1975 i
teologi specializzati in dogma, morale e mistica diedero il loro voto
positivo sugli scritti della Serva di Dio. Il 31 gennaio 1983 il Promotore
generale della Fede, mons. A. Petti, firmò il Decreto di Introduzione
della Causa. Il 12 gennaio 1996 la Chiesa ha proclamato Alexandrina Maria
da Costa Venerabile.
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PREMESSA
Penso che per ciascuno di
noi esista un mistico pozzo di Sicar, dove Gesù lo attende. L'esperienza e la
storia di questo incontro, è quanto di più personale ed irripetibile possa
accadere all'essere umano: personale ed unico come ciascuno di noi è per il
Padre che, solo, conosce i segreti dei nostri cuori ed invia il Figlio Gesù ad
attenderci là dove passeremo ad attingere l'acqua della vita quotidiana. Egli
attende nell'amore, e all'incontro, rivela la Sua sete, il desiderio intenso che
ha di vivere con me, con te... «Dammi da bere», ripete al nostro cuore. E
l'unica acqua che ora lo può dissetare è il nostro amore così come è,
povero, fragile, infedele. Sì, con nostra sorpresa, come lo fu per la
Samaritana, Gesù vuole il nostro amore. Vuole il nostro cuore umano per potervi
versare Lui l'acqua del Suo Amore, l'acqua del Perdono: la Grazia, unica
sorgente d'acqua viva che ci disseterà per sempre restituendoci la «gioia
piena della Sua Presenza». Sì, come davanti alla Samaritana, Gesù legge nei
nostri cuori: sa che per amare come Lui e il Padre ci amano, non bastano i
nostri cuori umani, ci vuole un cuore nuovo, il Suo Cuore: l'Eucaristia.
Ritorneremo così sulle strade della vita, ma ora le ripercorriamo con Lui, e
nella nostra vita di comunione, nuovi percorsi e nuove finalità mai intraviste,
si dischiudono ai nostri occhi. Alexandrina da Costa è stata il mio mistico
pozzo dove Gesù mi ha attesa e dove è avvenuto e si è sviluppato il mio
cammino di conversione. La Sua pazienza nell'attendermi è stata veramente
infinita, e desidero per questo ringraziarLo, offrendogli, attraverso le Mani
Sante di Maria, le pagine di questo lavoro scritte per la Sua gloria. Aveva
detto Gesù ad Alexandrina:
«Voglio che tu, Figlia
Mia, appaia come una fontana d'amore, con uno stormo di colombine che bevono in
essa: significano le anime che tu infiammi nell'amore Divino e quelle che tu
purifichi e salvi».2 (5 p. 334)
Ad Alexandrina, fontana
viva d'amore anche per me, tutto il mio grazie riconoscente. Desidero inoltre
ringraziare in modo particolare i coniugi Proff. Eugenia e Chiaffredo Signorile,
che con il loro libro «Figlia del dolore, madre di amore», hanno contribuito a
preparare il mio incontro; ed inoltre li ringrazio per aver messo a mia
disposizione ulteriore materiale per la preparazione di questo lavoro. Un grazie
affettuoso a don Ettore Bonaldi, Salesiano del Centro di Bonvesin de la Riva,
per aver letto queste pagine fornendomi preziosi suggerimenti. Ed infine, ma non
ultimo per importanza ed affetto, un grazie a tutti i fratelli che in Gesù
Eucaristia hanno contribuito alla nascita di questa iniziativa, con la loro
preghiera silenziosa e nascosta.
Milano, 24 maggio 1997
Festa di Maria Ausiliatrice
MARIA RITA SCRIMIERI
PEDRIALI Cooperatrice Salesiana
VITA
DI ALEXANDRINA
«Ti
ho scelta per la felicità di molte anime»
Gesù
ad Alexandrina il 4 ottobre 1934
Alexandrina nacque a
Balasar, un piccolo paese agricolo situato a Nord del Portogallo, il 30 marzo
1904, mercoledì della Settimana Santa. Trascorse la sua infanzia a Balasar con
la mamma Maria Anna e la sorella Deolinda, maggiore di lei di 3 anni, nella
frazione dal nome profetico Calvario. Il padre, emigrato in Brasile, alla
ricerca di lavoro, al suo ritorno abbandonò la famiglia per sposare un'altra
donna, venendo così meno alle promesse di matrimonio fatte in precedenza alla
madre di Alexandrina. Da quel momento Maria Anna si occupò da sola della
famiglia, continuando a lavorare in campagna; durante tutta la sua vita si
prodigò per le persone ammalate e povere del paese e benché vivesse in
condizioni economiche ristrette, aiutò generosamente chiunque avesse bisogno.
Fin da bambina, Alexandrina amava aiutare la mamma nei campi, perché questo
lavoro le permetteva di restare per ore ed ore a contatto con la natura: si
alzava all'aurora ed il sorgere del sole, il cinguettio degli uccelli ed il
mormorio del fiume, la lasciavano con il fiato sospeso nella contemplazione
della potenza di Dio.
«Quanto
più crescevo, scrive nella sua autobiografia, tanto più aumentava in me, il
desiderio della preghiera».(A p. 4)
Il raccoglimento nelle
profondità del cuore, non tolsero ad Alexandrina la vivacità e la
spensieratezza giocosa che la contraddistinguevano anche tra le sue compagne. Le
piaceva giocare, inventare scherzi come quello di annodare tra di loro le frange
degli scialli delle donne durante la funzione in Chiesa, le piaceva farsi
trainare dai carretti ed arrampicarsi sugli alberi, dai quali più di una volta
cadde. Frequentò la scuola fino alla seconda elementare, a Povoa do Varzim,
paese distante 7 Km da Balasar, ospite con la sorella presso una famiglia.
Quando Deolinda tornò a casa, a conclusione del ciclo delle elementari, anche
Alexandrina volle seguirla perché la lontananza da casa le procurava una grande
sofferenza emotiva. Continuò a lavorare nei campi fino all'età di 14 anni,
quando iniziò ad accusare dolori alla schiena e all'addome. Nello stesso
periodo, si verificò un fatto traumatico: Alexandrina si gettò dalla finestra
di casa, da un'altezza di 4 metri circa, per sfuggire a tre uomini male
intenzionati che si erano introdotti in casa con forza. Da allora la sua salute
andò peggiorando: fece sempre più fatica a camminare ed i dolori nel corpo
divennero molto forti.
A 18 anni, il dottor
Giovanni de Almeida di Oporto, formulò l'ipotesi che si trattasse di una
mielite alla spina dorsale, e per la prima volta Alexandrina fu messa al
corrente del rischio che questa malattia comportava, quello cioè di non poter
più camminare. La previsione del medico non fu azzardata, ed infatti tre anni
dopo, nell'aprile del 1925, Alexandrina non si alzò più dal letto, rimanendo
per sempre paralizzata: aveva 21 anni. Ma non si arrese. Aveva voglia di vivere,
di ritornare nei campi per poter sentire nelle bellezze della natura, il Cuore
pulsante del Dio Creatore. Aveva voglia di perdersi ancora con lo sguardo
nell'immensità del cielo stellato, aveva sognato di sposarsi per poter allevare
tanti bambini nell'amore di Dio, voleva continuare a cantare con le amiche e la
sorella, nel coro parrocchiale. Non si arrese e sperando nel miracolo, pregò
intensamente e fece diversi voti a Dio.
«Se un giorno mi
sentirete cantare per le strade - diceva alle amiche - sappiate che sono io a
ringraziare il Signore per il dono della salute». (A p. 14)
Per il dono della salute,
rinunciò a tutti i suoi sogni, promettendo che sarebbe andata missionaria in
terre lontane. Trascorsero alcuni anni senza che la guarigione avvenisse;
Alexandrina comprese, allora, che la volontà del Signore era un'altra, ed in
questa consapevolezza, incominciò per lei la trasformazione del cuore: accettò
la sua malattia rinunciando al desiderio di guarigione, desiderò sempre più
immergersi nella preghiera, e nella preghiera intuì l'intimo legame che la
univa a Gesù nel Tabernacolo: entrambi erano prigionieri, lei nel suo letto di
dolore e Gesù nelle sue Prigioni d'amore. Si consacrò ai Tabernacoli
Eucaristici per riparare l'abbandono in cui è lasciato nostro Signore. Al
mattino iniziava la sua giornata unendosi a Gesù Eucaristia con questa
preghiera:
«Mi unisco spiritualmente
ora e per sempre a tutte le Messe che, giorno e notte, si celebrano sulla terra.
O Gesù, immolami ogni momento con Te sull'altare del Sacrificio: offrimi
all'Eterno Padre secondo le Tue intenzioni». (A p. 16)
Consacrò tutta se stessa
alla Madonna, facendo della consacrazione non soltanto la recita di una
preghiera, ma un quotidiano vivere con la Mamma del Cielo, dalla quale dipendeva
totalmente per compiere la volontà del Signore.
«Madre di Gesù e Madre
mia. Ascoltate la mia preghiera. lo consacro il mio corpo e tutto il mio cuore a
Voi. Purificatemi Madre Santissima, riempitemi del Vostro Santo amore.
Collocatemi proprio Voi presso i Tabernacoli di Gesù, affinché serva da
lampada finché durerà il mondo. Beneditemi, santificatemi, o mia cara Mamma
del Cielo». (Alex. pp. 53-54)
In questo periodo,
1930/31, ogni volta che chiedeva al Signore che cosa desiderava che lei facesse,
si sentiva sempre ripetere «soffrire, amare, riparare». È l'intimo invito di
Gesù all'immolazione, al quale seguirà nel 1934 quello di essere crocifissa a
Sua somiglianza, per la salvezza dei peccatori e per ricordare al mondo la Sua
Passione. In questo stesso anno Gesù le affidò i suoi Tabernacoli, rendendole
così esplicita la missione per la quale era stata creata e scelta. Il 3 ottobre
1938, venerdì, per la prima volta dalle 12 alle 15, Alexandrina visse la
Passione di nostro Signore.
Da allora questa
esperienza mistica si ripeterà ogni venerdì fino alla Settimana Santa del
1942. Durante la Passione, Alexandrina riacquista i movimenti del corpo e
attraverso lei diventano visibili le sofferenze vissute da nostro Signore dal
Getsemani al Calvario fino alla Crocifissione.1
Nota 1' Da tredici anni
Alexandrina viveva paralizzata a letto, senza poter compiere alcun movimento.
Nessuno mise in dubbio la sua malattia fino al 3 ottobre 1938, quando per la
prima volta, si alzò dal letto vivendo la Passione di nostro Signore, dalle 12
alle 15. Ritornava poi completa-mente paralizzata. Nuove sofferenze morali
iniziarono per Alexandrina che, per questo fatto straordinario, da alcuni venne
sospettata di essere una isterica grave. Vi furono diversi consulti medici,
esami radiografici, fino a che, il 15 luglio 1941, il referto del dottor Gomes
de Aratiti°, il più illustre neurologo del Portogallo, confermò la diagnosi
di «paraplegia spastica per compressione midollare alta, sola o complicata da
altri focolai compressivi più bassi». Da questo momento, 1941, sarà
sempre accanto ad Alexandrina, il medico dott. Emanuele Dias de Azevedo che la
seguirà fino alla sua morte. Uomo di scienza e di fede, sollecitò a più
riprese sia le Autorità Diocesane che le autorità mediche, affinché il caso
di Alexandrina venisse studiato con tutta l'attenzione che meritava, sia dal
punto di vista della teologia mistica, che da quello medico. La documentazione
relativa alle commissioni ecclesiastiche, ed i referti medici, vennero
successivamente acclusi nella causa di beatificazione di Alexandrina.
Oltre a voler essere un
richiamo alla conversione per tutti gli uomini, la Passione di Alexandrina, fu
anche il segno dato da Gesù per avvalorare la sua richiesta, fatta pervenire al
Papa, circa la Consacrazione del mondo al Cuore immacolato di Maria, inoltrata
dal direttore spirituale di Alexandrina, padre Mariano Pinho, gesuita. La
Passione del venerdì terminò infatti, nel 1942 quando il Papa Pio XII,
nell'ottobre di quell'anno, consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria,
Regina di tutte le vittorie. Da allora in poi, Alexandrina, nelle estasi del
venerdì visse la Passione intima di Gesù, l'agonia dell'anima, senza i
movimenti del corpo e contemporaneamente cessò di nutrirsi e di bere, fino al
giorno del suo passaggio in Cielo avvenuto il 13 ottobre 1955. Gesù la fece
vivere di sola Eucaristia per 13 anni, per dimostrare al mondo il valore
dell'Ostia consacrata che è Vita e Salvezza per l'umanità. Privata del primo
direttore spirituale nel '42 venne successivamente seguita dal 1944 al 1948 da
don Umberto Pasquale, sacerdote salesiano che la iscrisse tra le Cooperatrici
Salesiane e tra le Lampade Viventi di Milano. Negli ultimi anni visse la vita
pubblica di Gesù, ricevendo migliaia di persone che uscivano da quella
cameretta toccate nel cuore dal sorriso di Alexandrina e dalle parole che, nelle
estasi, Gesù rivolgeva a tutti attraverso di lei. Il segreto di quel sorriso
era racchiuso in due nomi: Maria Santissima e Gesù Eucaristia. La Madonna, che
Ogni primo sabato del mese non mancava di apparirle visibilmente, le aveva
donato il Suo sorriso: dalla bellezza e dalla dolcezza di quel sorriso,
Alexandrina trasse la forza non solo per sostenere le sofferenze del corpo e
dell'anima, ma ancor di più, per nasconderle, come era desiderio di Gesù.
Scriveva nel suo diario:
«La Madonna non mi lasciò
tutta sola nel mio martirio: mi soavizzò il dolore con la Sua Santissima
presenza. Quanto era bella! Ebbe per me un tenero e dolce sorriso. Alcuni di
questi momenti danno forza all'anima per sopportare molto dolore», (S p. 118)
E Gesù le aveva fatto
comprendere quanto Lui desiderasse, e quanto amasse il suo sorriso,
trasfigurazione del suo dolore. Le diceva:
«Voglio che il tuo
sorriso abbia lo splendore del sole, i fascini delle stelle. lo voglio, sì lo
voglio, che la Mia Vita traspaia da te; lo voglio che il Mio amore, grazie a te,
vada a penetrare nei cuori come i raggi del sole attraverso la vetrata. Offrimi
il tuo dolore nascosto nel sorriso e nell'amore. Sorridi al dolore, perché io
possa sorridere quando giudico i peccatori. Tutto quanto hai ricevuto dallo
Spirito Santo, passerà alle anime attraverso i tuoi sguardi, attraverso i tuoi
sorrisi, attraverso la tenerezza e la dolcezza del tuo cuore. lo sto nel tuo
cuore con il Padre e con lo Spirito Santo: parlo con le tue labbra e sorrido
sulle tue labbra».2 (5 pp. 108, 150, 216, 10)
L'Eucaristia fu la fonte
dalla quale Alexandrina ricevette la forza necessaria per sorridere al Redentore
nella missione di vittima per la salvezza dei peccatori. Fu solo la forza
dell'amore di Dio Padre, riversato nel cuore della sua creatura, e l'amore della
creatura che volle riamare con lo stesso amore, che fece del Calvario di Balasar
un nuovo Tabor e delle tenebre del Venerdì un'alba di Resurrezione. È il
miracolo dell'Eucaristia che in Alexandrina si compì perfettamente, facendo del
suo cuore un solo cuore con quello del Padre, del Figlio Gesù e dello Spirito
Santo, diventando così Tabernacolo vivente, dove la Santissima Trinità aveva
stabile dimora. Amava con il Cuore di Dio, l'amore e la vita divina si
irradiavano da lei su quanti la avvicinavano. Gesù volle sigillare questa
profonda assimilazione a Sé nell'amore, con il dono delle mistiche stigmate ai
piedi, alle mani e al costato (1954): doveva infiammare il mondo con l'amore di
Gesù e di Maria ora, nel tempo, e poi nell'eternità. Per desiderio di
Alexandrina le stigmate rimasero occulte, non visibili all'occhio umano, ma
sempre dolorose. Il 6 maggio del 1955, la Madonna le preannunciò: «Tra poco
vengo a prenderti», ed il 13 ottobre dello stesso anno Alexandrina raggiunse il
Cielo.
«Sono felice perché oggi
vado in Cielo!»
andava ripetendo fin dal
mattino ed alle 8 di sera baciò per l'ultima volta il suo Crocifisso.
«Desidero essere sepolta,
se sarà possibile, con il viso rivolto verso il Tabernacolo della nostra
Chiesa. Come in vita desiderai sempre unirmi a Gesù Sacramentato e guardare
quanto più spesso mi fosse possibile il mio Tabernacolo, voglio, dopo la mia
morte, continuare a vegliarlo mantenendomi rivolta verso di Esso. So che con gli
occhi del mio corpo non vedrà più Gesù, ma voglio essere collocata in quella
posizione per dimostrargli l'amore che nutro per la Divina Eucaristia». (A p.
49)
La compiacenza e l'amore
del Signore verso questa umile e generosa figlia del Portogallo, andarono ben
oltre il suo semplice desiderio: dal 1978, infatti, il corpo di Alexandrina
riposa nella Chiesa Parrocchiale di Balasar, accanto al Tabernacolo. Il
capolavoro della Grazia in quest'anima, ci è stato tramandato dalle migliaia di
pagine che costituiscono il suo diario, scritto in obbedienza ai direttori
spirituali: «Documenti di autentico valore letterario, ascetico e persino
teologico di tale interiorità che non è facile eguagliare» scriverà il suo
primo direttore spirituale P. Mariano Pinho.
L'ESPERIENZA
MISTICA IN ALEXANDRINA
COME
VIENE DESCRITTA DA P.DE BERNARDI S.J.
La condizione mistica è
un fenomeno noto nella Chiesa. Essa comporta una dilatazione di percettività
che, a differenza delle esperienze parapsichiche, sempre contenute nella sfera
dell'umano, si immerge più o meno profondamente nel mondo soprannaturale, con
manifestazioni esterne inconfondibili sempre improntate a santità.
A differenza delle
manifestazioni pseudo-mistiche provocate ad arte con varie tecniche di tipo
orientale, e delle manifestazioni provocate da vari stati di psicosi, le
esperienze mistiche autentiche non
dipendono dall’iniziativa di chi ne è soggetto, il quale rimane puramente
recettivo, passivo. Il panorama divino che si schiude al mistico, astraendolo
spesso dal mondo sensibile, provoca in esso una dilatazione delle facoltà
spirituali, cioè di personalità, e, di riflesso, un accrescimento sovrumano di
gioia e di dolore.
La prima esperienza
mistica di Alexandrina fu come l'immersione di un metallo nel fuoco: ne uscì
rovente d'amore, con un senso di pesantezza per tutto ciò che è terreno.
«Quale confusione prova
l'anima nel ritornare in sé stessa, scrive in quell'occasione. Quali ardenti
desideri di impegnarsi nel servizio di Dio in qualunque modo egli desideri! Si
vorrebbe avere mille vite per impiegarle tutte per Dio, e si desidera che tutte
le cose della terra siano altrettante lingue che lodino per noi. Vivissimi i
desideri di penitenza, benché non si soffra molto per la gran forza d'amore che
impedisce di sentire ciò che si fa» (8 settembre 1934).
Al dileguarsi di queste
impressioni mistiche, tuttavia, la capacità di soffrire ritorna in tutta la sua
ampiezza, e Alexandrina si inoltra in quell'incessante alternarsi di gioie
indicibili e di dolori sovrumani che sono caratteristici di uno stato mistico
prolungato: per lei sino al termine della vita, secondo una spirale sempre più
avvolgente. Ora lo Sposo Divino l'avvolge con abbaglianti fiammate d'amore che
la fanno gemere per lo spasimo d'essere tutta di Lui; ora la immerge nella
desolazione e nell'oscurità, col dubbio che tutto sia un'illusione, un inganno
satanico.
«Ho stabilito in te la
mia dimora, le dice Gesù, colmandola di gioia. O figlia mia cara, lo voglio che
tu sia tutta mia e che viva solo per Me, e ami solo Me e cerchi Me solo... lo
sono il tuo Maestro: te felice se imparerai bene le mie lezioni e le metterai in
pratica». (L p. 40)
Alexandrina rimane
talmente presa da queste visite Divine, che quasi non riesce più a distrarsi da
questa presenza. Poi Gesù l'abbandona alla prova. Scrive al suo direttore
spirituale:
«Da parecchio tempo
sentivo agonie nella mia anima, e sovente ero sull'orlo di cadere in abissi
spaventosi. Ma nei giorni di ritiro le mie sofferenze si raddoppiarono. Gli
abissi erano minacciosi. La giustizia dell'Eterno Padre cadeva su di me,
aumentando i miei dolori dell'anima e del corpo». (A p. 39)
Il mattino del 2 ottobre
1938 informa:
«Il Signore mi disse che
mi avrebbe fatta passare attraverso tutta la sua Passione, dall'Orto al
Calvario, ma che non sarei arrivata al "Consummatum est"... L'avrei
sofferta tutti i Venerdì subito dopo il mezzogiorno fino alle tre pomeridiane».
(A p. 39)
Dal giorno dopo la
sorella, la mamma e le altre persone che erano ammesse in casa cominciarono ad
assistere alle sue estasi dolorose in cui riviveva nel corpo e nello spirito i
dolori della Passione di Gesù.
Dal 3 ottobre del '38 al
20 marzo del '42 Alexandrina partecipa quindi, ogni venerdì, estaticamente alla
Passione di Gesù, con segni visibili nelle membra e nel corpo e soffre la
purificazione dei sensi attraverso una sete bruciante e una persistente nausea
olfattiva. Dal 7 gennaio 1942 al 24 ottobre 1944 vive un'ulteriore tappa nella
esperienza mistica: subisce la seconda morte mistica, (la prima è del 1936) con
una diuturna sensazione di dissolvimento del propno corpo. Dal 1942 il suo corpo
non sarà più alimentato da alcun cibo né da alcuna bevanda, e per il resto
della sua vita, tredici anni, Alexandrina vive di sola Eucaristia.
L'ulteriore fase inizia
nel 1944 periodo in cui si sente tutta impregnata di peccato e sperimenta le
pene del purgatorio e dell'inferno, contemporaneamente comincia una
partecipazione più intima alla Passione di Gesù che durerà fino alla morte.
Queste indicibili pene
interiori sono accompagnate da molte sofferenze che le vengono dagli uomini:
viene privata della direzione spirituale, viene sottoposta a controlli dolorosi,
soprattutto per il soggiorno di 40 giorni all'ospedale per la verifica del suo
digiuno, clinicamente inspiegabile, soffre per il rovescio economico della
famiglia, per le dicerie calunniose che circolano nei suoi riguardi. Queste
esperienze dolorose di purificazione sono intramezzate da interventi mistici
unitivi che lasciano Alexandrina in una pregustazione della gioia del Paradiso,
ed il ricordo di questi momenti rimane in lei come viatico per continuare fino
all'ultimo l'ardua salita del Calvario.
Dopo una prima promessa di
fidanzamento da parte di Gesù con lei (ottobre 1934, rinnovata il 5 aprile del
1938), il 3 luglio 1944 Gesù la introduce per un giorno nella gloria Celeste,
preparandola alle singolari effusioni di grazia che culmineranno il 29 dicembre
1944 nelle nozze mistiche, seguite dallo scambio dei cuori, dalla mistica
resurrezione e ascensione al Cielo, da momenti di specialissima unione con la
Trinità e infine dalle stigmate d'amore (aprile 1954). In assenza del sacerdote
riceverà la Comunione da mani angeliche. L'unione a Cristo la porta ad essere
da Lui assimilata alla missione redentiva: nel suo mondo interiore, ed anche nel
suo corpo, si ripercuote, a ondate sempre più penetranti, il dramma della
redenzione nelle sue fondamentali componenti, il bene e il male, Gesù e Satana.
Il suo essere è come uno scoglio di cristallo posto tra ìl fluttuare
permanente di due opposti oceani che si infrangono su di lei e la compenetrano:
Dio, Gesù, il regno della luce con riflessi luminosi di Paradiso; il male, il
peccato coi rigurgiti tenebrosi della perdizione, dell'inferno. E più di una
volta essa esprime la sensazione che sotto il turbinare di questi opposti marosi
il corpo stesso non regga più e si dissolva nella morte.
Riecheggia insieme, nei
suoi scritti, il grido disperato:
«Chi mi libererà da
questo corpo di morte?»,
e il grido gioioso:
«Compio nelle mie membra
ciò che manca alla Passione di Cristo a pro del Suo Corpo che è la Chiesa».
Finché amore e dolore, i
due dissolventi universali, ne infrangono l'involucro terreno, per la
beatitudine eterna.
MISTICA
LAMPADA DEI TABERNACOLI
O
Dio, Tu sei il mio Dio, all'aurora Ti cerco, di Te ha sete l'anima mia,...
Salmo
63 (62)
«Figlia mia, figlia mia,
luce e stella eucaristica, tu sarai per il mondo ciò che fui lo in un'altra ora
e continuo ad essere: fui Redentore, morii per dare il Cielo alle anime, mi feci
alimento per le anime.
Ti ho creata perché tu in
tal modo assomigliassi a Me: ti ho scelta come vittima perché tu continuassi la
Mia opera di Redenzione, ho posto nel tuo cuore l'amore, l'amore folle per
l'Eucaristia. È grazie a te, è alla luce del fuoco che hai lasciato accendere,
che molte anime, guidate da questa stella, scelta da Me, trascinate dal tuo
esempio, si trasformeranno in anime ardenti, in anime veramente eucaristiche.
Povero mondo, senza
l'Eucaristia!
Povero mondo senza le mie
vittime, senza ostie immolate con Me continuamente. lo voglio, figlia mia, di'
che lo voglio un mondo nuovo, un mondo di purezza, un mondo tutto eucaristico...».
(S p. 318)
Siamo nel gennaio 1952:
sono passati 18 anni dalla prima volta in cui Gesù aveva rivelato ad
Alexandrina la Missione che le stava affidando sulla terra e per la quale era
venuta al mondo.
Nel dicembre del 1934,
infatti, Gesù le aveva detto:
«La missione che ti ho
affidato sono i Miei Tabernacoli ed i peccatori. Sono stato lo ad elevarti a così
alto grado: è stato il Mio amore; grazie a te saranno salvi molti e molti
peccatori, non per i tuoi meriti, ma grazie a Me che procuro tutti i mezzi per
salvarli». (L p. 51)
Risulta evidente come
Alexandrina sia rimasta fedele alla chiamata del Signore, sino all'ultimo giorno
della sua vita, perseverando anche tra terribili sofferenze, rispondendo sempre
con generosità alle richieste di amore e di immolazione che le venivano via via
rivolte da Gesù e non opponendo ostacoli alle azioni della Grazia che operava
in lei le trasformazioni necessarie affinché potesse adempiere la sua missione.
Vogliamo ora ripercorrere
lo sviluppo di questa dinamica spirituale che vede da un lato l'iniziativa della
Grazia, e dall'altra la risposta d'amore di Alexandrina. La prima percezione
cosciente di un vincolo d'amore avvenuto tra lei e Gesù risale alla Prima
Comunione, quando Alexandrina aveva 7 anni. Nel suo diario così la ricorda:
«Il Padre Alvaro Matos
che mi esaminò in catechismo, mi confessò e mi diede Gesù. Ho voluto stare
sempre in ginocchio sebbene molto piccola, fissando poi bene la mia Sacra Ostia
cosicché mi rimase molto impressa nell'anima. Mi parve di unirmi a Gesù in
modo da non separarmi mai più da Lui. Mi parve che mi prendesse il cuore. La
gioia che provai non si può esprimere. Davo a tutti la buona notizia. Da quel
giorno la signora di Povoa, alla quale eravamo affidate, mi conduceva alla
Comunione ogni mattina». (A p. 4)
Successivamente, è a
partire dal 1924, da quando cioè Alexandrina appena ventenne rimase paralizzata
per sempre nel letto che, abbandonato ogni desiderio di guarigione, ella
comprese ed accettò senza riserve la volontà del Signore.
Infatti, nella solitudine
della sua cameretta, Alexandrina intuì l'intimo legame che la univa a Gesù nel
Tabernacolo ed in risposta a Colui che per primo aveva scelto per amore nostro
di restare prigioniero nelle nostre Chiese, si consacrò totalmente a Lui:
«Un giorno in cui ero
sola ricordandomi che Gesù stava nel Tabernacolo dissi: - Mio buon Gesù, Voi
siete prigioniero ed anch'io lo sono. Siamo prigionieri entrambi, Voi siete
prigioniero per mio bene, io lo sono delle Vostre mani. Siete il Re, il Signore
di tutto ed io sono un verme della terra. Vi ho lasciato in abbandono pensando
solo a questo mondo che è perdizione delle anime. Ma ora, pentita di tutto
cuore, voglio quello che voi volete e soffrire con rassegnazione. Non venitemi
meno, o Gesù, con la Vostra protezione -». (A p. 15)
«Madre di Gesù e Madre
mia, ascoltate la mia preghiera. Io consacro il mio corpo e tutto il mio cuore a
Voi. Purificatemi Madre Santissima, riempitemi del Vostro Santo amore.
Collocatemi proprio Voi presso i Tabernacoli di Gesù affinché serva da lampada
finché durerà il mondo. Beneditemi, santificatemi, o mia cara Mamma del Cielo».
(A p. 27)
Alexandrina aderisce
docilmente alle ispirazioni della Grazia che in questo primo periodo si
manifesta intimamente attraverso le vie ordinarie, senza manifestazioni
straordinarie. «Senza sapere come», si offre volontariamente al Signore come
vittima per la salvezza dei peccatori e contemporaneamente aumenta in lei il
desiderio di amare e di essere sempre unita a Gesù nel Tabernacolo.
«O mio caro Gesù, vorrei
visitarvi nei vostri Tabernacoli, ma non posso perché la mia malattia mi
trattiene al mio caro lettino di dolore. Sia fatta la Vostra volontà, Signore,
ma almeno mio Gesù, permettete che neppure un momento trascorra senza che io
venga in spirito alle porticine dei Vostri Tabernacoli a dirvi:
- Mio Gesù, voglio
amarvi, voglio incendiarmi tutta nelle fiamme del Vostro amore e pregarvi per i
peccatori e per le anime del purgatorio -». (A pp. 15-16)
Compone in questo stesso
periodo la bellissima preghiera per i tabernacoli, ed è proprio nella
preghiera, durante gli slanci generosi d'amore per Gesù, che Alexandrina inizia
a percepire un forte calore che brucia internamente con «una forza che mi
abbracciava tanto che pareva strapparmi dal mondo». In questi momenti di
intensa preghiera, fu vista dalla sorella Deolinda restare sollevata dal letto
sospesa nell'aria come una piuma (levitazione). E’ in questo periodo che sente
l'invito del Signore racchiuso nelle parole «soffrire, amare, riparare».
«O Gesù, eccovi qui la
Mamma. Ascoltatela. È Lei che Vi parlerà per me, e Voi, cara Mamma del Cielo,
andate a dare baci ai Tabernacoli, un'infinità di baci e di abbracci,
un'infinità di tenerezze e carezze. Tutte per Gesù Sacramentato, tutto per la
Santissima Trinità, tutto per Voi. Moltiplicateli, moltiplicateli, dateli pieni
di un amore puro e santo di un amore oltre ogni amore, di sante nostalgie per
non potermi più muovere e andare io a baciare e abbracciare Gesù Sacramentato,
la SS. Trinità, e Voi, o Madre cara.
O mio Gesù, io voglio che
ogni mio dolore, ogni palpito, ogni respiro, ogni minuto secondo che passerò,
siano atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
lo voglio che ogni
movimento dei miei piedi, delle mani, delle labbra, della lingua, degli occhi,
ogni lacrima e sorriso, ogni allegria e tristezza, ogni tribolazione,
distrazione, contrarietà o dispiacere siano
atti di amore per i Vostri
Tabernacoli.
lo voglio che ogni lettera
delle orazioni che recito o sento recitare, ogni lettera che leggo o udirò
leggere, che scriverò o vedrò scrivere, che canterò o udirò cantare siano
atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
Io voglio che ogni bacio
che darò a Voi nelle Vostre S. Immagini, in quelle della Vostra e mia Madre
amata, in quelle dei Vostri santi e sante siano atti di amore per i Vostri
Tabernacoli.
O Gesù io voglio che ogni
goccia di pioggia che viene dal cielo alla terra, che tutta l'acqua del mondo
offerta a gocce, tutta l'arena del mare e tutto ciò che il mare racchiude siano
atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
lo vi offro le foglie
degli alberi, tutti i frutti che possono avere, i fiori offerti petalo per
petalo, tutti i granelli di semente che sono nel mondo e tutto ciò che vi è
nei giardini, nei campi nelle valli e nei monti, io tutto Vi offro come atti di
amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù Vi offro le penne
degli uccelli e il loro canto, i peli e le voci di tutti gli animali come atti
di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù, Vi offro il
giorno e la notte, il caldo e il freddo, il vento, la neve, la luna e i suoi
raggi, il sole, l'oscurità, le stelle del firmamento, il mio dormire e il mio
sognare come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù accettate tutto
quanto vi è nel mondo, le grandezze, le ricchezze, i tesori, tutto quanto
avviene in me, tutto quanto ho per abitudine di offrirvi, tutto quanto si possa
immaginare come atti di amore per i Vostri Tabernacoli.
O Gesù accettate il cielo
e la terra, il mare, tutto ciò che contengono come se tutto fosse mio e io
potessi disporne e offrirvelo come atti di amore per i Vostri Tabernacoli». (A
pp. 18-19)
Qualche anno dopo, nel
dicembre del 1934, diventa esplicito anche da parte di Gesù, il suo invito a
fare del Tabernacolo il centro di tutte le sue attenzioni, pensieri e atti
d'amore.
Seguiamo il dialogo di
amore e di passione che ne segue, tra Gesù ed Alexandrina:
«Vieni ai miei
Tabernacoli, vivi là: è da là che viene la forza per tutto. Amami molto,
pensa solo a Me». (L p. 51)
Ecco la risposta di
Alexandrina all'invito del Signore:
«lo faccio il possibile
per passare il tempo spiritualmente in tutti i Tabernacoli del mondo unita al
Signore. Così dico molte volte al mio Gesù: io voglio vivere unita a Voi in
tutti i Tabernacoli del mondo, in tutti i luoghi ove abitate Sacramentato non
assentandomi un istante, né di giorno, né di notte.
Gli offro il mio cuore e
gli chiedo che lo collochi come lampada luminosa e amorosa per illuminarli. E
chiedo alla Madonna di venire con me e di mandare una moltitudine di Angeli,
Cherubini, Serafini per amare, lodare, far compagnia a Gesù Sacramentato». (L
p. 81)
Gesù la incoraggia e la
conferma ulteriormente nel desiderio di vivere unita a Lui:
«Accostati al tuo Gesù,
mia sposa, mia bella, tutta mia. Fammi compagnia nei miei Tabernacoli: sono
tutto solo...». (L p. 169)
Alexandrina:
«lo mi sentivo tanto viva
nei Tabernacoli! Il mio cuore volava presso Gesù: svolazzava sopra al
Tabernacolo e con le ali batteva sulla porticina». (L p. 288)
«Mio Gesù, io vorrei che
il mio cuore fosse una lampada sempre ardente in ciascuno dei Vostri Tabernacoli
e nel mio stesso petto, vorrei la medesima lampada di amore per proiettare luce
sulle Persone Divine, alle quali solo voglio appartenere. Fate sì che non vi
sia nulla che possa spegnere la lampada del mio amore, e che, giorno e notte,
senza interruzione di un solo istante voglio arda presso di Voi». (S p. 121)
VA'
ALLA MIA SCUOLA: I TABERNACOLI
«Rabbì,
dove abiti?» disse loro: «Venite e vedrete».
Andarono
dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di Lui.
Gv
1,38-39
Gesù:
«Vieni ai Miei
Tabernacoli. Vivi là, Io pure là vivo».
Imitare Gesù nella Sua
vita eucaristica, è la prima lezione di Gesù Maestro ad Alexandrina, lezione
che attraverso di lei desidera estendere a tutti noi. La scuola è il
Tabernacolo.
Scrive Alexandrina in una
lettera a Padre Pinho, suo primo direttore spirituale:
«Il Signore mi disse che
vuole che io mi abbandoni tutta a Lui, che non abbia a che fare col mondo se non
in quanto sia necessario: vuole che io lo
imiti nei suoi Tabernacoli.
...Io alle volte dico:
- O mio caro Gesù, io
voglio essere tutta Vostra e solo per Voi voglio vivere -.
E il mio Gesù mi
risponde:
- O mia cara figlia, e lo
voglio che tu sia tutta, tutta mia e che solo per Me tu viva, che solo Me ami,
che solo Me cerchi. Vieni alla mia scuola, impara dal Tuo Gesù ad amare il silenzio, l'umiltà, l'ubbidienza e l'abbandono -». (L pp.
36, 37, 38)
Vita nascosta, silenzio,
affidamento, amore puro: Gesù continua le sue lezioni.
«Contempla oggi molto i
Miei Tabernacoli! Osserva attentamente quello che lo faccio là perché è ciò
che voglio che tu faccia. Ama la solitudine; va' ai Miei Tabernacoli, è là
dove impari, è là ove la solitudine è più praticata da anni, da secoli. Stai
in raccoglimento con Me, mantieni il silenzio. Mettiti come in un esilio, in un
deserto. Parliamo l'un l'altro con amore e tenerezza di sposi. Metti su di Me
tutte le preoccupazioni della tua vita e chiedimi ciò che vorrai. Confida
in Me. La tua fede, la tua speranza ti ha salvata. Non lasciarmi, figlia
mia, nemmeno un momento, solo, nella Mia Eucaristia: sia là il tuo deserto».
(L pp. 63, 50, 179)
La risposta di Alexandrina
è di totale adesione all'invito di Gesù:
«Parlate o mio Gesù,
parlate che la vostra figliolina Vi ascolta. Sento l'ansia di istruirmi alla
Vostra scuola».
Gesù:
«Sono il tuo Maestro.
Felice te se imparerai bene le mie lezioni e le metterai bene in pratica! Ho
stabilito in te la Mia dimora. Sei un Tabernacolo non costruito da mani umane,
ma da mani divine...
...Cercami nei Miei
Tabernacoli, così Mi consolerai molto; ma cercami (anche) dentro di te, nel
Tabernacolo della tua anima che lo ho preparato per Mia abitazione. Là Mitroverai... lo desidero
ansiosamente che tu impari le Mie lezioni, ed io ho molto da insegnarti, e tu
hai molto da imparare affinché molti vengano ad imparare da te le stesse
lezioni, calcando le stesse orme per seguire gli stessi cammini». (Lp.40)
Nel Tabernacolo l'amore di
Gesù per l'umanità raggiunge il vertice massimo: mentre sulla Croce vi era
ancora il corpo umano che da tutti poteva essere visto, e quindi non ignorato,
nell'Eucaristia l'annientamento è totale: solo una piccola ostia, bianca,
leggera, inerme. Con maggior facilità Gesù Eucaristico è quindi esposto alla
dimenticanza, al misconoscimento, pur vivendo molto vicino a noi, nel
Tabernacolo della nostra Chiesa.
Gesù dice ad Alexandrina:
«Come la Maddalena, hai
scelto la parte migliore: amare il Mio Cuore.
Amarmi Crocifisso è bene,
ma quando hai scelto di amarmi nei Miei Tabernacoli, ove Mi puoi contemplare non
con gli occhi del corpo, ma con quelli dell'anima e dello spirito, ove Mi trovo
col Corpo, Anima e Divinità, come in Cielo, hai scelto quello che vi è di più
sublime». (L p. 44)
Alexandrina fa sentire
quanto è grande il suo desiderio di essere discepola di Gesù e con la forza
del suo amore vorrebbe essere sempre presente nel Tabernacolo, la sua scuola:
«Vorrei essere con Te, o
Gesù, giorno e notte e in ogni ora. Però ora non posso venire, ben lo
sapete... sono legata mani e piedi, ma più legata, vorrei essere unita a Voi
nel Tabernacolo, e non assentarmi un momento solo.
...Voi sapete i miei
desideri che sono di stare alla Vostra Presenza nel Santissimo Sacramento, ma
siccome non posso, Vi mando il mio cuore, la mia intelligenza, per imparare
tutte le Vostre lezioni; Vi mando il mio pensiero perché io pensi solo a Voi,
il mio amore perché solo Voi io ami, in tutto e per tutto». (A p. 21)
La garanzia di poter
realizzare i propri aneliti d'amore è Maria, la Mamma Celeste, ed a Lei
Alexandrina affida tutti i suoi desideri:
«Mamma, venite con me ai
Tabernacoli, a tutti i Tabernacoli del mondo, in ogni parte e luogo dove Gesù
abita Sacramentato. Fategli la mia umile offerta. O Mamma, voglio andare da
Tabernacolo a Tabernacolo a chiedere grazie a Gesù, come l'ape di fiore in
fiore, va a succhiare nettare. O Mamma, io voglio formare una rocca d'amore, in
ogni luogo dove abita Gesù Sacramentato, affinché non vi sia nulla che possa
intromettersi nell'amore per andare a ferire il Suo Cuore Santissimo. Mamma,
parlate Voi nel mio cuore e nelle mie labbra, rendete più calde le mie
preghiere e più forti le mie domande». (A p. 17)
VA',
SONO TUE LE MIE PRIGIONI
Beato
chi abita la tua Casa: sempre canta le Tue lodi!
Beato
chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio
Salmo
84 (83)
Gesù:
«Vieni a passare un po'
della notte sveglia nei miei Tabernacoli, nelle mie Prigioni. Sono
tue e Mie. Ciò che mi portò là fu l'amore». (L pp. 45-46)
La vita di intima unione
con Gesù, porta ora Alexandrina a partecipare degli stessi sentimenti e
condizioni che sono proprie dell'Amato, ed in tal senso i Tabernacoli, le
prigioni d'amore di Gesù, diventano anche le prigioni d'amore e di dolore di
Alexandrina.
Il fine è di consolare
l'Amato offeso dal peccato dell'indifferenza verso la Sua Presenza Eucaristica;
conseguenza benefica della riparazione è il perdono dei peccatori e quindi la
loro salvezza: la più grande consolazione e gioia di Gesù, e della Santissima
Trinità.
«Sei un canale per il
quale», le dice Gesù, «devono passare le grazie che dovrò distribuire alle
anime e per il quale le anime dovranno venire a Me.
Per mezzo tuo saranno
salvi molti, molti peccatori: non per i tuoi meriti, ma per Me che cerco tutti i
mezzi per salvarli».
«Vieni, figlia mia a
rattristarti con Me partecipando alla Mia prigionia d'amore e riparando tanto
abbandono e oblìo». (L pp. 31, 29)
Alexandrina:
«...Ore della notte
sveglia in continua unione con Gesù. Le sue Prigioni d'amore sono le mie
prigioni, sempre consumata in ansie di amarlo. Tutto in silenzio, io con Lui.
- Non sei solo, mio Amore:
io sto con Te, Ti amo, sono tutta tua...-.
- Mio Gesù, dissi con la
mente, ad ogni palpito del mio cuore, voglio strappare un'anima dagli artigli
del demonio e voglio tanti atti d'amore per i Vostri Tabernacoli, quanti
granelli di sabbia ha il mare...-». (S pp. 96, 359)
Gesù triste...
«Vuoi consolarmi? Vuoi
consolare il Santificatore della tua anima? Sai chi è? È il tuo Gesù!
Va' ai Tabernacoli! Va' a
praticare opere di Misericordia. Va' a consolare i tristi. lo sono tanto triste!
Sono tanto offeso! Va' al tuo compito: soffrire, amare, riparare». (L p. 48)
Alexandrina:
«Contemplavo il Cielo e
le stelle. Chiedevo a Gesù di moltiplicare milioni e milioni di volte più del
numero delle stelle, i miei atti d'amore verso i Tabernacoli.
Nota: «Come afferma S.
Paolo, "Cristo, risorto da morte, non può morire, la morte non ha più
alcun potere su di Lui". Ciò che si dice per la morte, vale anche per la
sofferenza: nessun dolore può colpire Gesù nello stato attuale. Tuttavia,
afferma ancora l'Apostolo, gli uomini che commettono il peccato mortale,
"crocifiggono di nuovo in sé stessi il Figlio di Dio". Pio XI,
nell'enciclica "Miserentissimus Redemptor" spiega in che modo il
Salvatore può dirsi, anche al presente, sofferente e bisognoso di riparazione.
Sappiamo che i peccati degli uomini, in qualsiasi tempo commessi, furono la
causa della morte di Gesù e che al presente gli causerebbero le medesime
sofferenze della Passione. Questa relazione dei peccati con la Passione, per Gesù
non è così lontana e indiretta come per noi, ma è viva e presente come lo era
nell'Orto degli ulivi. Poi, la Passione di Cristo si rinnova nel Corpo Mistico
che è la Chiesa, sparsa in tutto il mondo. Le sofferenze dei cristiani, le
ingiustizie, le persecuzioni subite dalla Chiesa sono sofferenze di Cristo, come
risulta chiaro dalle parole dette da Gesù a Saulo, persecutore dei cristiani:
"Saulo, Saulo, perché Mi perseguiti? Io sono Gesù che tu
perseguiti". Ecco perciò che Saulo, convertito in Paolo Apostolo, può
affermare con piena ragione che chi commette peccato, torna a crocifiggere in se
stesso il Figlio di Dio"»
Non lo volevo solo e
volevo che là avesse solo amore». (L pp.48, 163-164)
Gesù carcerato e
schernito...
«Non hai compassione di
Me? Sono nei Tabernacoli tutto solo. Tanto schernito, abbandonato e tanto
offeso... Va' a consolarmi e a riparare: ripara tanto abbandono.
Visitare i carcerati e
consolarli è opera buona. Io sono carcerato e carcerato per amore. Io sono il
Carcerato dei carcerati». (L p. 31)
Alexandrina:
«Vorrei, mio Gesù, stare
alla Vostra Presenza giorno e notte, ad ogni ora stare unita a Voi e non
lasciarvi, mio Gesù, tutto solo; vorrei non assentarmi neppure per un istante e
darvi tutto quanto posseggo e che appartiene tutto a Voi: il mio cuore, il mio
corpo con tutti i suoi sensi: è tutta la mia ricchezza». (A p. 22)
Gesù invita ora
Alexandrina ad essere presente spiritualmente con maggior assiduità nei
Tabernacoli più abbandonati:
«Sono tanti, tanti e
tanti quelli in cui sono lasciato solo:per
giorni e giorni le anime non Mi visitano, non Mi amano, non riparano; quando
vanno, lo fanno per abitudine, per un
obbligo.Sai che cosa non manca colà? Un torrente di peccati e di crimini.
Sono i loro atti di amore, così Mi consolano, così Mi riparano, così Mi amano».
(Lp.43)
Alexandrina:
«O mio caro Gesù, io mi
unisco in spirito, in questo istante e da questo momento per sempre a tutte le
Sante Ostie della terra in ogni luogo dove abitate Sacramentato. Lì voglio
trascorrere tutti i momenti della mia vita, contnuamente, di giorno e di notte,
allegra o triste, sola o accompagnata, sempre a consolarvi, ad adorarvi, ad
amarvi, a lodarvi, a glorificarvi». (A p. 30)
Pochi giorni dopo Gesù
gliene indica altri:
«Ciò che mi portò nelle
Prigioni fu l'amore. E per tanti, per che cosa? Non
credono alla Mia esistenza, non credono che lo abito là! Bestemmiano contro
di Me. Altri credono, ma non Mi amano e non Mi fanno visita: vivono come se lo
non fossi presente là.
Vieni qui, sono tue e Mie.
Ti ho scelta per farMi compagnia in questi piccoli rifugi: tanti sono così
poverelli... ma là dentro che ricchezza! Vi è la ricchezza del Cielo e della
Terra».
Alexandrina:
«Mio Gesù, mio Gesù, Vi
offro la mia tristezza, le mie nostalgie, il desiderio che ho di riceverVi, per
coloro che Vi dimenticano, che Vi disprezzano e che vivono come se voi non
esisteste nella Santissima Eucaristia». (L pp. 46, 368)
Mesi dopo il Signore
rivolge ai fedeli ed ai sacerdoti un accorato appello:
«Manda a dire al tuo
Padre Spirituale che lo voglio che si predichi bene la devozione ai Tabernacoli,
che voglio molto, ma molto che accenda nelle anime la devozione verso queste
Prigioni d'amore; non sono rimasto là soltanto per amore di coloro che Mi
amano, ma per tutti: in ogni attività Mi possono consolare... Che sia ben
predicata e ben propagata la devozione ai Tabernacoli, perché non sono solo
coloro che non vogliono credere alla Mia esistenza nel Santissimo Sacramento, ma
sono tanti, tanti coloro che entrano nelle Chiese e si fermano là senza
salutarmi, non pensano a Me neppure un momento». (L pp. 29, 39-40)
Alexandrina condivide il
dolore di Gesù:
«...Benedette sofferenze
che mi fanno unire sempre più al mio Gesù!
Mi vengono in mente le sue
prigioni d'amore. Mi sento sola e abbandonata così come Gesù lo è in tanti e
tanti Tabernacoli del mondo. E da qui, da questa cameretta, il mio spirito ed il
mio cuore vanno volando presso di Lui per più e meglio poter condividere i
dolori, le tristezze, le agonie di Gesù». (L p. 379)
Gesù desidera e cerca
tante guardie fedeli per i suoi Tabernacoli...
«Di' che Mi trovino anime
che Mi amino nel Mio Sacramento d'Amore le quali ti suppliscano alla tua
partenza per il Cielo....Io vorrei molte guardie fedeli, prostrate davanti ai
Tabernacoli per non lasciarvi accadere tanti e tanti crimini». (Lp.42)
In particolar modo, Gesù
cerca le «sentinelle» per i Tabernacoli più abbandonati, ma vuole che siano
solo sentinelle per amore. E’ un passaggio chiave importante: la Missione dei
Tabernacoli, può nascere solo da una personale risposta d'amore ad una realtà
conosciuta: la solitudine di Gesù nel Tabernacolo e l'amore è anche l'unica
garanzia per la riuscita della Missione stessa.
Ecco come viene oggi
consegnato a noi questo desiderio di Gesù, attraverso la Sua portavoce
Alexandrina:
« Figlia, ascolta: lo
sono abbandonato in tanti Tabernacoli. Manda a dire al tuo Padre Spirituale, che
cerchi di sapere quali sono tutti i Tabernacoli del mondo poveri e abbandonati,
e cerchi un numero di persone per ogni Tabernacolo che Mi amino, Mi riparino e
Mi facciano spiritualmente visita, e Mi aiutino con le loro offerte.
Sono colà come un povero
mendico, sporco e trasandato. Facciano le anime che sia pulito e decoroso!».
(Lp. 106)
Alexandrina nella lettera
al padre spirituale continua:
«Chiesi al Signore quale
numero volesse per ciascun Tabernacolo; mi rispose, a seconda delle persone che
si sarebbero trovate».
Gesù:
«Ma non
voglio che le preghi, (il Padre Spirituale) perché altrimenti non portano a
termine questa missione: voglio che ciò sia pubblicato, e che sia
il loro cuore che lo chiede. Avete capito? Rendi noto tutto». (L p. 106)
Alexandrina:
«Senza nemmeno un momento
di consolazione io vado vivendo in mezzo alle tenebre e nell'abbandono, ma
sempre nelle braccia di Gesù, facendo la sentinella davanti ai Suoi
Tabernacoli. Gli dico:
- O mio Gesù, se io mi
distraessi o dormissi e venissero sopra di Voi i crimini dal mondo, chiamatemi
con una grande afflizione e forti dolori affinché venga io in Vostra difesa per
non lasciare avvicinare alle Vostre Prigioni d'amore i peccati del mondo». (L
p. 146)
Ed ancora, è a Maria,
Madre del Divino Amore, che Alexandrina affida il compito di creare un baluardo
d'amore intorno ai Tabernacoli di tutto il mondo:
«O cara Mamma del Cielo,
andate a dare baci ai Tabernacoli, una infinità di baci, un'infinità di
tenerezze, una infinità di carezze. Tutto per Gesù, tutto per la Santissima
Trinità, tutto per Voi». (A p. 18)
VITTIMA
DELLE PRIGIONI EUCARISTICHE
Io
quando sarò elevato da terra attirerò tutti a Me.
Gv
12,32
Gesù:
«Figlia mia, Figlia mia,
perla, pietra preziosa che adorni la pisside della Mia Eucaristia! Io voglio
cuori ardenti, anime eucaristiche che Mi diano riparazione e consolazione nelle
Mie Prigioni d'amore. Ne ho così poche che si avvicinano a Me con la purezza ed
i sentimenti di cui sono degno. Oh, quanto soffro! Mio fiore eucaristico, tu Mi
ami e Mi consoli, tu sei tutta veramente Mia». (S p. 320)
Grazie all'amore ed alla
generosità con cui Alexandrina ha corrisposto alla Grazia Divina, Gesù, nel
settembre del 1935, ad un anno di distanza da quando le aveva rivelato la
missione dei Tabernacoli, la vuole ora maestra di altre anime che Egli cerca
ansiosamente.
«Trovami anime che Mi
amino e vivano là nei Tabernacoli nella stessa unione come vivi tu: voglio che
tu sia la loro maestra.
Di' al tuo Padre
Spirituale, che io voglio che le tue lezioni siano insegnate e ben comprese:
sono le vittime dei Tabernacoli che devono sostenere il braccio della giustizia
Divina, perché non distrugga il mondo, perché non vengano maggiori castighi».
(L pp. 129-130)
È l'immolazione, il dono
totale di sé, senza riserve, in unione a Gesù Vittima che continuamente si
immola in ogni celebrazione eucaristica, per il perdono dei peccatori.
Le dice Gesù:
«Se tu sapessi come
furono profanati i Miei Tabernacoli, come lo fui offeso! Là, puoi servirmi come
vittima per i peccati del mondo, in questo tempo in cui il mondo si rivolta
contro di Me e contro la Mia Chiesa». (L p. 129)
Ed ancora, usando il
linguaggio della delicatezza dei fiori:
«Figlia Mia, sono il
giardiniere, vengo al mio giardino, al giardino più bello che ha ciò che vi è
di più ricco. Vengo a prendere fiori per la Mia Eucaristia, per ornare i Miei
Tabernacoli. Vengo a prendere il loro nettare per le mie ferite, per la piaga
del Mio Divin Cuore. Vengo a prendere riparazione
per tanti crimini». (L pp. 257-258)
Alexandrina è pronta per
accogliere i desideri di Gesù. Ma ancora una volta è alla Madonna che si
affida per poter compiere la volontà di Dio: nella sua grande umiltà, non
conta su stessa, sulle proprie forze umane, ma, riconoscendosi debole, chiede
tutto a Maria e a Gesù.
«O mia Mamma del Cielo,
ecco qui ai Vostri Santissimi piedi un' anima che desidera amarVi. O mia amabile
Signora, voglio un amore che sia capace di soffrire tutto per amore a Voi e per
amore del mio caro Gesù! Sì, del mio caro Gesù che è il tutto della mia
anima.
Egli è la Luce che mi
illumina, è il Pane che mi alimenta, è il mio cammino, quello solo che voglio
seguire. Ma, mia Sovrana Regina, mi sento così debole per passare attraverso
tante contrarietà della vita! Che sarebbe di me, senza Voi e senza il mio caro
Gesù?!...» (A p. 20)
Gesù le chiede di
riparare con il suo amore e con la sua sofferenza le profanazioni, i sacrilegi,
gli oltraggi, le indifferenze.
«Figlia mia, fiorellino
eucaristico, fa' che Io sia amato nella Divina Eucaristia: sono tanti e tanto
gravi i sacrilegi! Dammi riparazione, ripara figlia mia. Amami e fa' che sia
amato, fa' che sia consolato. È un Dio che chiama, è un Dio che chiede, è un
Dio che vuole salvare». (S p. 25)
Alexandrina:
«Piansi con grande
dolore.
Nello stesso tempo dicevo
a Gesù:
- Accettate le mie
lacrime, voglio che ciascuna di esse sia un mare immenso di amore nel quale io
possa rinchiudere tutti i vostri Tabernacoli affinché non possano essere più
offesi e profanati dai vostri figli -». (S p. 69)
Dopo aver ricevuto l'Ostia
consacrata, Alexandrina sente Gesù che le parla:
«Sto tremando di freddo.
Mi sono seduto qui per riscaldarmi al calore del tuo amore. A raggelarmi così
furono le anime tiepide che si
accostarono alla Mia Eucaristia e fu tanto grande il loro numero! Il Mio Divin
Cuore non è lacerato solo dai pugnali di coloro che si comunicano
sacrilegamente, che mi offendono con ogni varietà di crimini, ma è anche
lacerato da queste anime gelide che non avanzano per nulla nel cammino della
virtù e della perfezione, anzi indietreggiano, e a poco a poco deviano dal
giusto cammino. Soffrì tanto per queste anime! Ripara per questa freddezza: dammi il tuo amore al posto loro!».
Alexandrina:
«Vorrei bene, Gesù, ma
non sarò io pure in questo numero? Prendete come mio tutto l'amore del Cielo, e
tutto l'amore puro dei cuori della terra, così sono sicura di accontentarVi».
(S p. 244)
Gesù la rassicura:
«La tua vita è un
insieme della vita di Cristo e della Madre Mia benedetta. Confida in me. Io non
vengo meno. Tu sei il nido del Mio amore o colomba dell'Eucarestia; il tuo volo
continuo verso di Me nell'Eucaristia, delizia il Mio Cuore: è per questo che ti
chiamo sposa Eucaristica. Grazie al tuo fuoco eucaristico, avrò dopo la tua
morte, molte anime e spose eucaristiche». (S p. 53)
Alessandrina:
«lo voglio riparare, o
mio Gesù, per tutti i cuori, per tutte le anime. Sì, voglio, voglio Gesù che
esse credano in Voi, voglio che vadano nei Vostri Tabernacoli, voglio vedere il
mondo ardere in quel fuoco in cui Voi state ardendo e nel quale fate ardere il
mio cuore...
- Mia cara figlia, il
fuoco in cui ardo e ti faccio ardere è il fuoco dell'Eucaristia». (S p. 144)
L'amore,
la preghiera e la sofferenza sono i mezzi che Gesù
indica ad Alexandrina per riparare le offese.
Gesù, Presenza orante per
noi, in tutti i Tabernacoli del mondo, chiede ad Alexandrina di essere, a sua
somiglianza, preghiera continua e vivente per il perdono dei peccatori:
«Vengo a chiederti di
venire a passare parte della notte nei Miei Tabernacoli.Prostrati in una
orazione continua, implorando il perdono per i peccatori.Vivi là e ripetimi
molte volte:"lo Vi riparo le offese, Vi consolo Signore, per le offese che
ricevete in queste prigioni d'amore"». (L pp. 84, 112)
Ed ancora:
«Vieni a guarire oggi, le
Mie piaghe col tuo silenzio, con i tuoi dolori, sacrifici ed afflizioni. Offrimi
tutto. Vieni con il balsamo prezioso delle tue preghiere a guarirmi le piaghe
che sono tanto vive...
Dimmi molte e molte volte:
"lo Vi offro tutto,
Signore, per curarvi le piaghe, fatte con tanta malizia e tanta crudeltà e
senza alcun rimorso".
Quale ingratitudine! Chi
offendono! Un Dio Creatore, il Re del Cielo e della terra!». (Lpp. 130,115)
Per i peccati che si
commettono durante la notte:
«Ti chiedo il sacrificio
di venire a passare una parte di questa notte con Me nei Miei Tabernacoli. Abbi
compassione di Me, abbi compassione del prigioniero d'amore in questo momento in
cui sono tanto offeso. Con i tuoi dolori vieni a formare un riparo sopra i Miei
Tabernacoli affinché i crimini non vengano su di Me. lo ti prometto una grande
ricompensa, la Madonna e la Santissima Trinità ti sono molto riconoscenti». (L
p. 52)
Alexandrina, per l'amore
grande che la lega a Gesù, non Gli rifiuta nulla:
«Facevo di tutto per
stare sveglia, molto sveglia con il mio Gesù nella Santissima Eucaristia, senza
nessuna consolazione: mi pareva di non essere là. Che tremenda desolazione! ».
Passo ore ed ore della
notte a servire da sentinella delle sue prigioni d'amore.
«Mi sentivo tanto male
che solo verso le tre di notte potei riposare. Con questo ero contenta perché
il mio più grande desiderio, era ed è, non dormire mai nè di giorno, nè di
notte perché così posso fare meglio compagnia a Gesù Sacramentato». (L pp.
211, 331, 148)
Attraverso Alexandrina Gesù,
chiarisce la continuazione della Redenzione grazie alle anime che, per amore suo
e degli uomini, accettano la croce diventando Ostie viventi in unione con la Sua
Passione perpetua nel Sacrificio Eucaristico.
Gesù:
«Figlia mia, la
sofferenza, la Croce è la chiave del Cielo. Ho tanto sofferto per aprire il
Cielo all'umanità e, per molti, inutilmente.
Dicono:
- Voglio godere, venni al
mondo soltanto per questo, voglio soddisfare le Mie passioni.
Dicono:
- Non esiste l'inferno! -
Io sono morto per loro e dicono che non Me lo avevano chiesto, e contro di Me
pronunciano eresie e bestemmie. Per salvarli Io scelgo anime e metto sulle loro
spalle la Croce e Mi assoggetto ad aiutarle. Felice l'anima che comprende il
valore della sofferenza! La mia Croce è soave se è portata per amore Mio». (L
p. 60)
Ricordiamo qui alcuni tra
i peccati, per i quali Gesù le chiese riparazione sottolineando anche
contemporaneamente, con fermezza, la necessità che su di essi non cada il
silenzio.
Sono i peccati di impurità,
di immoralità, della profanazione della domenica. Le chiese inoltre riparazione
per le vanità, lo spreco, la mancanza di fede.
Il loro diffondersi oggi
è drammaticamente attuale, facilitato anche da una cultura che tende a
giustificarli omologandoli tra le conquiste emancipative dell'uomo.
Alexandrina, per essi,
accettò di vivere nel suo corpo e nella sua anima la Passione di Cristo, dal
Getsemani al Calvario, oltre ad accettare e ad offrire le sofferenze relative
alla sua malattia. Seguiamo i dialoghi di amore e di dolore che si svolsero tra
Gesù ed Alexandrina, uniti in un unica Passione Redentrice:
Alexandrina:
«...leri pomeriggio... ho
sentito come se l'anima piangesse nella massima tristezza e amarezza, non solo
su una città, ma sul mondo intero. Mentre l'anima così piangeva, le lacrime
tentavano di uscire dagli occhi del corpo e scendermi sulle gote; mio Dio che
dolore! La mia agonia non era solo sopra il suolo dell'Orto, ma agonizzavo in
tutta l'umanità...
Il mio cuore pareva
coprire tutta la terra; l'amore mi
assoggettò a tutte le sofferenze.
Durante la notte mi unii
il più possibile a Gesù; in questa unione percorsi il cammino del Calvario...
- O mio Gesù, vedi come
sono piccola, vedi il mio dolore, vedi che io sono niente e Tu sei tutto...
lo vorrei piangere ai Tuoi
piedi le mie miserie e colpe. Perdonami mio Gesù e perdona il mondo!».
Gesù:
«-Vi è motivo per le
lacrime: tu sei vittima, l'ora è grave.
Le
famiglie, le spiagge, i casinò, i cinema sono nella febbre di
crimini innominabili. Le mie Chiese sono
vuote, le anime fuggono da me; non si avvicinano ai miei Tabernacoli, tra
quelle che lo fanno, poche ci vanno con le debite disposizioni, poche mi amano.
Dammi dolore, dammi
riparazione...
Figlia mia, per un mondo
di dolore un mondo di amore; il tuo dolore è mondiale, si estende a tutta
l'umanità. Per essa soffri, ma per mezzo tuo il povero e ingrato mondo riceve
il mio amore: è attraverso te che glielo do.
Ti do amore per le anime;
pace, conforto e luce per il tuo cuore. (S pp. 289-290)
Mettiti nei Miei
Tabernacoli che non corri pericolo; vivi là e fammi compagnia, consolami e
invocami per i peccatori. Figlia mia, lo non fui mai tanto offeso come ora. Mai
in nessun altro tempo della storia, la malizia
fu tanto grande. Per questo più che mai, ho bisogno di vittime...
È dal dolore che nascono
anime eucaristiche, Ostie immolate per amore.
Manda a dire al tuo Padre
Spirituale che è proprio necessario che si predichi contro l'impurità che
copre ed avvelena tutto il mondo... (L p. 110)
I
fanciulli,
i fanciulli, le pupille dei Miei occhi, quanto sono trascinati al male! Quanta
innocenza perduta! Come sono offeso dai piccoli con malizia e cattiveria!
Chiedi, chiedi che si raccomandino al Mio nome tutta la cura e la vigilanza per
i fanciulli.
Oh il mondo dove è
incamminato, povero mondo, cosa lo aspetta! ».
Prosegue Alexandrina:
«Gesù parlava e
singhiozzava...
Rimanemmo noi due uniti in
profondo silenzio, ma io con un dolore di morte nel cuore». (S p. 310)
Gesù chiede riparazione
per i peccati di impurità nelle
famiglie e nella vita consacrata:
«Vengo a chiederti ciò
che in nome mio venne a chiedere a Fatima la Mia Madre benedetta: penitenza,
orazione, emendamento di vita. Dammi il tuo dolore, placa la giustizia di Mio
Padre, ripara il Mio Divin Cuore. Lo esigono i peccati di lussuria, le iniquità
degli sposi, delle anime pie a Me consacrate». (S p. 56)
È con la sua purezza che
Alexandrina ripara il dolore di Gesù. Ella amò questa virtù più di ogni
altra, e per essa fu martire adolescente a 14 anni.
Fu compito poi della
Vergine Maria, la «Tutta Pura», alla quale Alexandrina aveva consacrato il suo
corpo, la sua mente, il suo cuore, quello di prepararla, con il dono della Sua
Purezza a diventare come Lei, Tabernacolo vivente dove la Santissima Trinità
aveva preso stabile dimora.
Gesù poteva ben dirle che
era veramente pura:
«La purezza, la castità
è il fior fiore (delle virtù), è quello che Mi incanta di più.
Poiché sei veramente
pura, vengo alla tua purezza a chiedere riparazione per gli impuri e la
riparazione per le famiglie.
Quale dolore per me!
Le famiglie profanano il
grande Sacramento del Matrimonio. Peccano, e io a vederli peccare! Peccano alla
mia Divina Presenza. Io volto le spalle, nascondo il mio volto. Non hanno
vergogna di me, mi vergogno Io di loro. Riparami, riparami per tante anime
folli, che, mostrandosi nude invitano al peccato, mi offendono gravemente». (S
p. 331)
Gesù chiede riparazione
ad Alexandrina per i peccati di vanità
ed attraverso lei rivolge a tutti l'interrogativo più che mai attuale: «Perché
tanto sperpero?».
Gesù:
«lo posso dire con tutta
ragione ciò che Giuda disse (circa il profumo versato dalla Maddalena):
- Perché tanto sperpero?
-.
Questo spreco grida al
Cielo: ciò che si spreca in vanità estinguerebbe la fame a tanti affamati,
coprirebbe tanti ignudi. Diffondi, figlia mia, nel mondo le mie lamentele.(S pp. 56-57)
Io piango, Io piango, mia
cara figlia per non poter aiutare di più i miei figli. Io li amo ed essi non mi
amano; Io li voglio ed essi non Mi vogliono; voglio perdonare loro ed essi non
vogliono il Mio perdono!».
Nota: Il 19 marzo 1945,
festa di S. Giuseppe, Gesù chiede che la famiglia umana cresca sul modello
della famiglia di Nazaret. Alexandrina riporta sul diario:
«Gesù mi parlò:
Desidero tanto che il mio caro padre S. Giuseppe sia conosciuto e amato.
Desidero ardentemente che tutti gli sposi lo imitino, che le spose imitino la
mia santissima Madre, e che i figli imitino me.vorrei che tutti i
focolari, tutte le case fossero simili a quella di Nazaret». (S p. 200)
Alexandrina:
«Lo vogliono, lo vogliono
mio Gesù!...
Accettate tutte le
sofferenze del mondo come se fossero mie. Accettate tutto l'amore del mondo come
se fosse mio... Tutto in unione al dolore della Mamma e ai Vostri meriti, ai
meriti della Vostra Santa Passione, mio Gesù! Formate uno scudo che sostenga il
braccio del Padre Celeste.
"Presto", Voi
dite, perché si convertano. E ora io dico:
- Aspettate!
Voi... Voi dite:
"Presto!", perché si convertano, e io dico:
- Aspettate! Date loro
tempo -.
Gesù!... lo sono la
vostra vittima, Gesù, sono la Vostra vittima e voglio perdono per il mondo...».
(S p. 166)
In riparazione per la mancanza di fede, Alexandrina vive la desolazione, la morte
dell'anima, e sostiene la tentazione della disperazione per il vuoto e la nullità
dell'esistenza che ne conseguono:
«Dopo aver perduto Gesù
e Mammina, sento che sto qui nel mondo a fare nulla.
Una tremenda tentazione
vorrebbe persuadermi: dal momento che
l'eternità non esiste, che faccio qui, senza godere e sempre a soffrire?...
Così sono salita al
Calvario, senza fede, senza credere nell'eternità e in tale tentazione sentivo
di volermi suicidare; mi pareva di voler liquidare la vita senza vita, in
qualsiasi modo.
Con fatica chiamavo Gesù
e mammina, ripetendo loro il mio "credo"; nelle tenebre dell'agonia e
della morte ho voluto ripeterlo e non ho potuto.
È venuto Gesù, a voce
alta e con dolcezza:
- O Mia figlia, la tua
riparazione è per quelli senza fede, per i senza-Dio, per gli increduli.
Ripari la Maestà Divina
per tutto e per tutti.
Sei stata scelta per la
missione più nobile e più difficile... La tua vita è simile a quella della
Santa Chiesa: sempre combattuta, mai vinta fino alla fine dei secoli. La tua
vita, la mia divina causa, sempre perseguitata, ritardata; ma vincerà, trionferà
sino alla fine dei secoli e poi per tutta l'eternità -». (S p. 374)
Gesù, nell'invito fatto
giungere al Padre Spirituale di Alexandrina sollecita i sacerdoti a parlare
della profanazione della domenica:
«...Manda a dire al tuo
Padre Spirituale che predichi contro la profanazione della domenica. Che non
dimentichi devozione alla Mia Eucaristia, perché lo ho molto bisogno di essere
amato in quel Sacramento di Amore. Continua, figlia Mia, a vivere con Me, e ad
offrirti a Me tutta senza condizioni e riserve». (Lp. 110)
Gesù insiste sull'amore
all'Eucaristia, ed indica nell'adorazione
Eucaristica, il rimedio per tutti i mali ed il mezzo a noi offerto per
collaborare con lui nella salvezza delle anime. Con la dolcezza dell'animo
poetico Gesù invita ancora Alexandrina ai Tabernacoli:
«Va', tortorella dei
Tabernacoli,
tortorella delle Prigioni
Divine,
canta con gioia il tuo
inno di dolore,
che sale al Cielo
come inno del più grande
amore.
Sei mia e lo sono tuo».
(S p. 48)
Gesù cerca gli adoratori,
le rondinelle dei suoi Tabernacoli:
«Io voglio molte anime
eucaristiche: io voglio anime, molte anime che stiano attorno ai Tabernacoli,
che volino a Me come le rondinelle a stormo volano verso i loro nidi. (S p. 143,
48)
Che
mi chiedano tutto ciò che vorranno davanti a Me, nella Santissima Eucaristia:
è da là che viene il rimedio per tutti i mali. Che mi invochino per gli
infelici peccatori, che si abbandonano alle passioni, e non si ricordano che
hanno un' anima da salvare e un'eternità li aspetta tra breve». (L p. 84)
L'Eucaristia è la Vita
dell'anima, da Lei riceviamo la Vita Divina:
per dimostrare al mondo il
suo valore e la Sua esistenza nell'Ostia consacrata, Gesù fece vivere
Alexandrina di sola Eucaristia per tredici anni; ma anche di fronte a questo
segno straordinario, a questa prova d'amore, molti rimangono indifferenti,
continuando a restare lontani da Lui e lontani dalla Sua Mensa. Gesù confida ad
Alexandrina il Suo dolore per quanti non traggono profitto spirituale, neppure
di fronte al miracolo della sua vita.
Gesù:
«Vivi, vivi fiorellino
eucaristico, vivi la Mia vita, tu che vivi del Mio Corpo e del Mio Sangue, che
continui la mia opera di salvezza.
Che pena, che pena, figlia
mia! Il Mio Cuore soffre per l'indifferenza di tanti e tanti cuori; il Mio Cuore
soffre per l'insensibilità degli uomini.
Nell'ora presente, Nota:
(Siamo nel 1953) nell'ora gravissima che l'umanità attraversa, lo ho posto in
questo Calvario un mezzo di salvezza, ho dato agli uomini questo Calvario come
prova del Mio infinito Amore.
Soffro perché non
traggono profitto tutti quanti il mio cuore desidera. Soffro perché non
corrispondono ad una grazia tanto grande, prova dell'Amore del Mio Divin Cuore».
(S pp. 143-144)
Alexandrina:
«Nel ricevere Gesù e nel
sentirmi un mondo orribile di miserie e di crimini dicevo:
- Mio Gesù, io vorrei che
questo mondo che sento tanto terribile, fosse un mondo pieno di ardente amore
per Voi, e con tutto questo amore vorrei amarVi e con esso circondare tutti i
Vostri Tabernacoli per potervi dire:
"State sicuro, Gesù,
siete circondato di amore, solo l'amore regna attorno a Voi; non potranno più
ferirvi i crimini dell'umanità..."
In altre ore di dolori più
acuti Gli dicevo:
- Accettate, mio Gesù,
questa pioggia di dolori; fate che salga dalla terra al Cielo, fate che cada sul
Vostro trono Divino, fate che cada sulla Vostra Divina Eucaristia.
Permettete che i dolori si
trasformino in rose con le quali io possa adornarvi meglio. Fate del mio corpo
un giardino, preparate in esso il terreno: dai dolori fate spuntare fiori.
Venite Voi, mio Amato, venite a coglierli e fateli cadere sulle anime dei
peccatori affinché esse diventino tanto belle, tanto incantevoli e profumate da
obbligarvi a chinarvi su di loro e a dimenticare la ingratitudine che da loro
avete ricevuto -». (L p. 324)
Le parole d'amore di
Alexandrina, toccano il Cuore di Gesù: è la debolezza di Dio che non resiste
ad ogni pur piccolo pensiero, gesto e palpito che nascano dal cuore della
creatura per puro amore Suo. Le onde della Sua Misericordia, infatti, si
riversano sull'umanità, la diretta beneficiaria della Passione che unisce
Alexandrina a Gesù. Ecco come prosegue questo dialogo d'amore.
Gesù:
«Figlia mia, Tabernacolo
Divino ove Io abito, prigione di dolcezza e di amore! Ho legato il Mio Cuore al
tuo con i vincoli del più santo amore. Mi hanno legato a te i tuoi lacci
incantevoli...
Nulla ci può separare,
non vi è nulla che possa tagliare i vincoli coniugali che ci uniscono.
O mia colomba... per il tuo amore serafico il mondo Mi amerà... sei e sarai sempre
la calamita dei peccatori.
Alexandrina:
- Sì, Gesù, voglio
attirarli a Te a qualsiasi costo. La grande grazia di racchiuderli tutti nel Tuo
Divin Che nessuno si perda. Non Ti rifiuto sofferenze, non negarmi anime
Gesù:
- Figlioletta, eroina del
mondo senza pari, così come senza pari sono il tuo dolore ed il tuo amore. Sei
ricca e potente. Ho preparato in te un armamento forte, armamento di guerra: non
armi né fuoco distruttore, ma armamento delle virtù più eroiche, della
purezza più angelica, dell'amore dei cherubini e serafini non solo per
combattere per il Portogallo, ma per il mondo intero. Combatterai e vincerai...-».
(S pp. 156-157)
La vittoria di Alexandrina
sul dolore e sul peccato si chiama Maria, Regina di tutte le vittorie. Più che
mai la Madonna è presente lungo la strada del Calvario di Alexandrina; la
sollecitudine, il Suo amore ed il Suo dolore di madre per questa figlia generosa
e per l'umanità intera, vanno al di là di ogni nostra stereotipata
aspettativa:
«Ti voglio, figlia mia,
tra le mie braccia come tenni il mio Gesù sul Calvario: Lui, lo tenni morto,
per l'umanità, invece tengo te fra le mie braccia, per confortarti affinché tu
possa continuare ad essere la grande vittima per la stessa umanità.
Non negare a Gesù il tuo
dolore: sono tanti e tanto gravi i crimini! Il mondo si trova in pericolo
imminente. Il Cuore del tuo e mio Gesù, in unione col Mio, non può soffrire di
più.
Soffri, soffri per le
anime: non permettere che il Sangue di Gesù vada perduto!».
Alexandrina:
«In quel momento la Mamma
scoppiò in un pianto. Non volli più saperne di riposare tra le sue braccia. Mi
buttai al suo collo e Le dissi:
- No, no, Mamma! Non
voglio che piangiate.
lo non ho con che
asciugarvi le lacrime, ma lo ha il Vostro Gesù - Afferrai con le mani la tunica
di Gesù e con essa gliele asciugai.
- Soltanto Gesù, o cara
Mamma, solo Lui può soavizzare il Vostro pianto.
Non piangete più! -».
(S7.5.49, pp. 235-236)
È’ commovente l'impeto
d'amore di Alexandrina di fronte al dolore della Madonna, un dolore che sembra
inconsolabile per la creatura che ha fatto della propria nullità la sua forza:
Gesù è lì accanto, basta la sua tunica per asciugare le lacrime di Maria.
Accanto all'umile c'è sempre Dio che si fa sua forza, e come un tempo, per le
strade della Palestina fu sufficiente il desiderio ardente di una donna di
sfiorare il Suo mantello, per ridarle la gioia della guarigione, così oggi, il
Risorto è qui accanto ad ogni creatura che in Lui spera, per asciugarle le
lacrime con le Sue candide vesti.
«Ecco la dimora di Dio
con gli uomini! Egli dimora tra di loro
ed essi saranno il suo
popolo ed Egli sarà il Dio-con-loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose
di prima sono passate».
INVITA
TUTTI A VENIRE AL MIO TABERNACOLO
Venite
a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò.
Mt
11,28
Gesù:
«Va', fiorellino
eucaristico, invita tutti a venire al Mio Tabernacolo con purezza, con amore.
Va', astro del mondo, vai
ad istruirlo con la Mia scienza, vai ad arricchirlo con la Mia ricchezza! Chiedi
agli uomini penitenza e preghiera, perché non odano la sentenza di condanna».
(S p. 341)
Gesù invita i Sacerdoti a
predicare la devozione ai Tabernacoli per poter condurre le anime a conoscerlo e
ad amarlo nelle sue Prigioni d'amore:
«Scrivi che lo voglio che
si predichi la devozione ai Tabernacoli, che voglio che si accenda nelle anime
la devozione verso queste prigioni d'amore.
Di' al tuo Padre
Spirituale, che non indugi a diffondere per il mondo ciò che ho detto della Mia
Eucaristia; non vi è altro rimedio: è da lì che vengono gli aiuti saldi per
sostenere la giustizia Divina.
Il Santo Padre dia ordine
a tutto il mondo Cattolico, che Io regni nei Miei Tabernacoli, ma in mezzo a
zelo e amore. Che riprenda i Miei discepoli, perché sono loro che dovrebbero
amarmi di più e dare l'esempio, ma molti non lo fanno. (Lpp.29, 113)
Parla alle anime figlia
Mia, abbi coraggio, abbiate coraggio.
Tu spandi la rugiada
Celeste, semini semente Divina. È attraverso te che mi do al mondo; parlo Io
nelle tue labbra. Qualunque cosa sgradevole che sorga, non è nulla in confronto
al bene. È il demonio rabbioso, che vuole bruciare la semente Divina, ma si
ostinerà invano.
Si faccia preghiera, si
faccia penitenza! Incominci la Chiesa! Quante cose deve correggere e
perfezionare! Le Case Religiose, le Case Religiose; frati e suore che non vivono
la vita dei loro fondatori. Incominci la Chiesa! Vi sia tutta la vigilanza nella
Chiesa.
Si risollevi il mondo
verso di Me». (S pp. 364-365)
È’ il Tabernacolo il
luogo dove rivolgere di nuovo il nostro sguardo:
Alexandrina:
«Gesù mi apparve nel
Tabernacolo con la porticina del Tabernacolo aperta:
- Ascolta, innamorata
folle delle anime, ascolta, innamorata folle dell'Eucaristia! Sto
qui nel tabernacolo solo per amore: gli uomini non comprendono questo amore;
sto qui per essere alimento e vita:
gli uomini non vogliono alimentarsi e vivere la mia vita.
Parla loro del Mio amore,
comunica loro il Mio amore! Tu che sei stata creata per essere distributrice di
tutto quanto è Mio, parla Mia innamorata, parla, sposa Mia, della Eucaristia.
Chiedi alle anime di
venire al Tabernacolo e di vivere del Tabernacolo
Mostrandomi la corona del
Rosario mi fece sentire come se la intrecciasse molto stretta alle mie mani e
continuò:
- Parla del Rosario di Mia
Madre benedetta, parla alle anime dei grandi mezzi di salvezza -. (Eucaristia e
Rosario).
Vidi Gesù che irradiava
amore, sentii che era tutto dolcezza e carità e vidi che le Piaghe Sue
spargevano sangue vermiglio, molto vermiglio.
- O Gesù, io non ho fede,
sono miserabile, io sono un nulla per parlare del sublime, per parlare di cose
tanto belle e grandi, per parlare dell'Onnipotente!
Essendo Voi nel
Tabernacolo, cosa rappresenta quel sangue? -.
- Tu hai fede, figlia mia,
hai amore, hai tutto. Sei la più grande vittima di espiazione. Parla al mondo,
ricordagli le minacce e la giustizia di Mio Padre, se esso non si converte e non
vive una vita nuova, una vita pura e santa.
Questo sangue è sangue
versato per amore, le Piaghe sono ravvivate giorno e notte da tante, tante anime
che Mi ricevono nel l'Eucaristia sacrilegamente.
Venite al Tabernacolo, veniteci in grazia e ardenti d'amore!». (S pp. 383-384)
«Lontano dal Cielo,
lontano da Gesù sta chiunque è lontano dal Tabernacolo. lo voglio anime, molte
anime eucaristiche. Il Tabernacolo, il Tabernacolo, il Tabernacolo, oh se fosse
ben compreso il Tabernacolo!
Il Tabernacolo è la Vita,
il Tabernacolo è l'amore, il Tabernacolo è la gioia e la pace.
Il Tabernacolo è luogo di
dolore, è luogo di offesa, è luogo di sofferenza: il Tabernacolo è
disprezzato, il Gesù del Tabernacolo non
è compreso.
Del Tabernacolo vivono
alcune delle Mie vittime, delle Mie spose elette. Il Tabernacolo non è
compreso, no, no, figlia Mia, e come può essere compresa la tua vita? Coraggio,
coraggio avanti!
Poveretti coloro che non
vogliono riconoscere ed amare il Signore del Tabernacolo! Poveretti coloro che
non vogliono vedere con quella luce sprigionata dal Tabernacolo!
Tu vivi di Me e per Me;
vivi di Me e per le anime. Coraggio e fiducia, sposa diletta! La tua vita è
ricca, piena di prodigi del Signore: trionferà, trionferà, trionferà!
- O Gesù, o Gesù, o mio
Amore, la mia anima vede il Vostro Divin Cuore fatto Tabernacolo: le porte sono
spalancate. I raggi, le fiamme divoratrici che escono da Esso, vengono incontro
a me: bruciatemi, Gesù, bruciatemi! Consumatemi, fate che io sparisca in Voi;
fate, fate Signore che tutte le anime si accostino al Tabernacolo e vivano
sempre e soltanto del Tabernacolo!
- Guarda, guarda mia sposa
diletta il tuo sposo Eucaristico, il Prigioniero d'amore! lo voglio anime
eucaristiche, ma veramente eucaristiche e non anime che profanano e oltraggiano
il Mio Cuore Divino -». (S pp. 242-243)
Un richiamo importante
viene fatto da Gesù, sulla sua presenza reale nell'Eucaristia come Uomo e come
Dio, mettendo in guardia quindi dalla tentazione di considerare o solo la
dimensione umana escludendo la Divinità, o considerando solo quest'ultima,
escludendo l'Incarnazione:
«Figlia Mia! Come lo vedo
il mondo!...
Parla della Mia
Eucaristia: di' che lì sto come Uomo e come Dio.
Di' che voglio che Mi
amino come amo Io. Parla loro dell'amore Eucaristico, e della necessità
di ricevermi». (S p. 396)
«Fa' che lo sia amato da
tutti nel Mio Sacramento d'amore, il maggiore dei Miei Sacramenti, il maggior
miracolo della Mia sapienza.
...È l'alimento che
genera le vergini, le più pure, le più care e amate dal Mio Divin Cuore.
Quanto Mi devi, figlia mia, quanto Mi devi, figlia amata, tu insieme a tutta
l'umanità, per avere Io istituito questo Santo Alimento!». (L p. 39)
In diverse estasi
Alexandrina vide l'istituzione dell'Eucaristia, la sera del Giovedì Santo.
Gesù:
«Vieni al Cenacolo:
medita quanto Io là già soffrii, ma non volli lasciarvi soli: istituii il Mio
grande Sacramento». (L p. 87)
Alexandrina:
«- Salii con Gesù e con
gli apostoli verso la grande sala dove si tenne la Cena.
Mentre salivo la
scalinata, sentivo che Gesù era affamato di andare a mangiare quella cena con
gli apostoli.
Durante questa, Gesù con
gli occhi al Cielo, si infiammò tutto in fuoco, tutto in amore. Che volto
bellissimo! E gli apostoli, in quell'ora, più che mai si saziarono di Gesù, si
infiammarono d'amore giunsero a comprendere tutto quanto Egli diceva.
Vidi il dolce Gesù
benedire il pane e in quel momento d'amore e di meraviglia senza pari, sentii
che il mondo era un altro: Gesù si dava a lui in alimento, partiva per il Cielo
e rimaneva col mondo. Quell'amore si estese su tutta l'umanità. Questa
benedizione fu fatta prima che San Giovanni si abbandonasse sul petto del
Signore. (S pp. 124, 78-79)
...Mentre si sedeva, parlò
tra sé il Suo Divin Cuore:
-
Cibo Divino, la Cena del Mio amore! -.
Tutta la sala si illuminò,
tutti gli apostoli restarono imbevuti in quell'amore che Gesù irradiava dai
suoi divini occhi, dalle labbra e da tutto il Suo Essere, perché Egli era tutto
amore.
Solo Giuda, disperato, con
il demonio e il fuoco infernale in sé, non ricevette l'amore di Gesù.
Come Egli amava, soffriva,
sorrideva! Come vedeva tutto ciò che l'attendeva!
...Mai sentii tanto al
vivo le tenerezze e l'amore di Gesù verso i Suoi apostoli.
Gesù, con gli occhi fissi
al Cielo, in fiamme di fuoco, pregò per molto tempo il Suo Eterno Padre. Erano
tali le tenerezze che Egli aveva verso gli apostoli, che io sentivo come se li
prendesse in braccio, in un abbraccio amoroso ed eterno, li stringesse al Suo
Divin Cuore.
Giuda pareva avere in sé
il demonio.
Tutti gli apostoli
ricevettero la Comunione dalle mani di Gesù, ardenti d'amore. Devo dire che
anche Giuda la ricevette! Egli stava appartato, Gesù stese verso di lui la sua
mano Divina con il Cibo Celeste. E subito dopo, Giuda uscì con un aspetto tale
da far disperare: non solo aspetto di un demonio, ma di molti demoni. Tutte le
persone presenti rimasero in pace e in amore.
Vorrei che tutti
conoscessero quel mistero del pane e del vino trasformati nel Corpo e nel Sangue
del Signore. Miracolo prestigioso! Abisso insondabile d'amore!...
Fu tale la luce, fu tale
l'amore che imbevve tutti gli apostoli e me!». (S pp. 259,43-44, 121)
NON
TI ALIMENTERAI MAI PIÙ SULLA TERRA
Io
sono il Pane della Vita.
Se
uno mangia di questo Pane vivrà in eterno
e
il Pane che Io darò è la Mia Carne per la Vita del mondo.
Gv
6,48-51
Gesù:
«Non ti alimenterai mai
più sulla terra.
Il tuo alimento è la Mia
Carne, il tuo sangue è il Mio Divino Sangue, la tua vita è la Mia Vita: da Me
la ricevi quando ti alito sopra e ti consolo, quando unisco il Mio Cuore al tuo.
Non voglio che usi medicine, eccetto quelle a cui non si possa attribuire
alimentazione.
Grande è il miracolo
della tua vita». (S p. 133)
Con il venerdì santo del
1942, Alexandrina non vivrà più la Passione di Gesù nel corpo e con movimenti
esteriori, ma vivrà l'agonia dell'anima e dello spirito condividendo il
martirio di Gesù iniziato nel Getsemani.
Inizia contemporaneamente
per lei una nuova sofferenza legata all'impossibilità di ingerire qualsiasi
alimento e bevanda, sofferenza che permarrà per tredici anni, fino al giorno
della sua morte avvenuta il 13 ottobre 1955. È’ l'Eucaristia il suo unico
alimento.
Nota: Il 10 giugno 1943,
dopo un anno di digiuno, Alexandrina venne ricoverata presso l'Ospedale «Foce
del Duro», a Oporto, per gli accertamenti cimici relativi al digiuno. Il
ricovero, sollecitato dal dottor Azevedo, durò 40 giorni. venne organizzata dai
medici del reparto una sorveglianza strettissima attraverso il personale
infermieristico, incaricato di verificare se Alexandrina assumeva cibi e
bevande. vennero effettuati numerosi esami clinici e diversi colloqui per
valutare il suo stato psichico.
Non fu possibile dare
alcuna spiegazione medica sulle cause del digiuno, né su come Alexandrina
potesse sopravvivere conservando i valori degli esami clinici entro la norma,
come se si nutrisse, e conservando anche un adeguato equilibrio psicologico.
La causa di tale digiuno
resterà per un certo tempo misteriosa e sconosciuta fino a che ne viene svelato
il senso e l'origine dalla Madonna stessa e da Gesù.
Infatti nel giorno
dell'anniversario dell'inizio del digiuno, la Madonna le dice:
«Figlia mia, Vengo a
confortarti in questo giorno di anniversario per la liturgia della Santa Chiesa,
giorno in cui il Mio Divin Figlio modificò in te la sua Santa Passione perché
continuasse nel profondo e misticamente nascosta; vi aggiunse poi il tuo
digiuno, come prova per l'umanità,
per chiamarla a sé, al Suo Divin Cuore, mediante tale meraviglia».
«Figlia mia, le dice Gesù,
faccio che tu viva solo di Me, per
mostrare al mondo il valore dell'Eucaristia e ciò che è la Mia Vita nelle
anime.
Sei luce e salvezza per
l'umanità: fortunati coloro che si lasciano illuminare!». (S pp. 220, 319)
Questa nuova situazione fa
provare ad Alexandrina nostalgie fortissime di cibo e di acqua, una fame ed una
sete struggenti ed inestinguibili, pur sentendosi contemporaneamente sazia. Ella
vive in sé la fame e la sete delle anime che non si nutrono di Dio, e che
rischiano quindi di morire, cioè perdersi per sempre, e che lei nutre e salva
con la sua sofferenza, fonte di perdono e di Vita. Contemporaneamente conosce
misticamente la fame e la sete che Gesù ha delle anime, e cioè il Suo
desiderio infinito di salvarle.
«Io, senza la Grazia
Divina, non posso resistere al pensiero di non poter mai più alimentarmi, alla
nostalgia di cibo: è un tormento vivissimo che ferisce invisibilmente.
Con questo dolore e queste
nostalgie posso pensare e sentire più al vivo ciò che sono le Vostre
nostalgie, Gesù, le ansie e la Vostra fame di anime, il dolore che esse Vi
causano con il loro perdersi...». (S pp. 14, 206)
Gesù, nel ribadire che è
Lui a tenere in vita Alexandrina con l'Eucaristia, fornisce ulteriore
comprensione sul valore redentivo della sua sofferenza:
«lo sono la tua vita: tu
vivi di Me.
Di', scrivi, te Io ordina
Gesù. Di' perché sappiano: sei la Mia sposa ed Io il tuo Sposo.
Di' perché comprendano.
Per te faccio di più di quanto feci nel deserto: ti do la Mia Carne, ti do il
Mio Sangue.
E questo non è vita
migliore, manna migliore, più dolce della manna del deserto?
Donandomi Io tutto a te,
non ti lascio senza conforto.
- Gesù mio, perché mai,
poiché Vi possiedo così, io sento tanta nostalgia di alimentarmi, e tante
volte nei miei leggeri sonni sento questa voglia e mi sveglio come se stessi
inghiottendo per alimentarmi?
- Figlia Mia, stella del
mondo, arcobaleno di tutta l'umanità, possedendoti interamente, amandoti ed
arricchendoti come nessun'altra anima e facendo in te la copia più fedele della
Mia Divina Passione, non potevo tralasciare di associarti alla Mia sete, alla
fame che ho di anime. Non sai che lo soffro questa sete, questa fame notte e
giorno? È più completo il ritratto di Gesù nella Sua sposa. Abbi coraggio!
Questa nostalgia e questa ansia non cesseranno: termineranno solo nei tuoi
ultimi momenti -». (S p. 66)
Alexandrina vive quindi un
nuovo martirio dell'anima: percepisce in sé l'umanità che non crede in Dio,
sotto la forma del mondo o dello stormo di uccelli che si aggrappano a lei,
esile stelo, per non perdersi:
«Non ebbi mai tentazioni
tanto terribili contro la fede. Gesù mi ordina di ripetere molte volte la
parola "credo". Non credo in Dio, nell'eternità, nel Cielo e
nell'inferno. Ecco il pensiero tremendo: muoio, e tutto finisce. A che mi serve
questa vita di sofferenza?
Meglio sarebbe uccidermi o
non essere nata. Separarmi da Deolinda e da tanti che mi sono cari e non vederli
più, mio Dio, mio Dio! Però il maggior tormento è di non vedere Dio
nell'eternità, di non poterlo amare perché non esiste. L'eternità che io vivo
è morte, è putrefatta. Povera vita, povera eternità senza Dio!
Nuovo martirio dell 'anima
mia: essa è come un gambo di lino già sfruttato; a queste fibre insanguinate
il mondo viene a succhiare tutto il mio essere.
Ora è uno che ha la
grandezza del mondo, ora sono molti che si presentano come uccelli in stormi,
hanno mani con artigli, occhi stralunati, capelli scapigliati, sono degli
affamati insaziabili, sono dei perfetti
scheletri. lo non ho più sangue, non ho più essere da dare loro. L'anima
si stanca e muore di sgomento. Essa poi ha una fame infinita che viene ad
aumentare il tormento del corpo. Questa fame dell'anima mi causa nostalgia della
alimentazione:
ho nostalgia di ogni
alimento e sentendomi sazia sento un vuoto che solo il mondo può colmare.
Gesù, in estasi, mi disse
che questo che sento nell'anima è il mondo, sono le anime che vedono già gli
orrori dell'inferno: restano aggrappate alle fibre della mia anima, a succhiarmi
tutta per non perdersi. Mi ha detto poi che la fame infinita è Sua». (L p.
138)
Nel 1942, poco prima che
iniziasse il suo digiuno, Alexandrina aveva rivolto al Signore questa preghiera:
«O mio amore
Sacramentato, non posso vivere senza di Te! O Gesù, trasformami nella Tua
Eucaristia! Mammina, o mia Mammina cara, voglio essere di Gesù, voglio essere
Tua».
La sua preghiera è stata
esaudita: se le anime che restano aggrappate all'esile stelo, non si perdono è
perché Alexandrina è ostia vivente: può trasmettere la Vita Divina anche a
quanti la avvicinano perché Cristo ha assunto la sua umanità e vive in lei:
Gesù:
«Faccio questa
trasformazione Sacra, trasformazione Divina: trasformarmi in te, trasformarti in
Me». (S p. 390)
Nel donarle le sue gocce
di Sangue per farla vivere, aggiunge:
«...ti faccio una nuova
trasfusione, affinché Cristo viva nella sua crocifissa e la Sua crocifissa viva
in Cristo. Vengo ad alimentare la tua anima come Medico Divino e a dare al tuo
corpo quello che il medico della terra non può darti: il Mio Divino Sangue, il
Mio Divino Amore, perché tu viva e dia
la Vita alle anime». (S pp. 75,110)
Attraverso lei, Gesù può
donarsi a quanti la avvicinano:
«O sposa cara, Io sono
qui nel Tabernacolo del tuo cuore... Tu sei il Tabernacolo ove abito giorno e
notte senza assentarmi.
Tu sei l'ostia che con Me
si immola, tu sei l'ostia con la quale le anime comunicano con me.
Tu vivi con Me
nell'Eucaristia, vivi la Mia Vita.
In questa immolazione
continua, in questa unione indissolubile, in questa vita tanto mistica e Divina,
le anime Mi ricevono attraverso te».
«Comunica al mondo,
comunica alle anime questa Vita. Lascia che se ne servano e traggano da essa
profitto, a misura delle loro ansie di unione con Me...». (S pp. 397, 308)
Lascia che dai tuoi sguardi, dalla tua vita, traspaia tutto ciò che è
Celestiale, e le anime che si accostano a te, ricevano da te questa Vita, come
aria pura che si respira. È Gesù ad affermarlo, e Gesù non mente, non
inganna: le anime che si accostano a te ricevono la Vita Celeste». (S p. 435)
Per gli scettici e gli
increduli di tutti i tempi, valgano le seguenti parole di Gesù:
«La vita che vivi, la
vita delle più alte meraviglie, può essere veramente compresa solo da alcune
anime di grande e profonda vita interiore, da anime veramente mistiche. E sono
tanto rare! Quale pena per il Mio Cuore Divino... L'Eucaristia è l'alimento che
ti fa vivere, è l'alimento cui gli increduli non credono.
Non posso Io far vivere le
Mie vittime nel modo che voglio, ossia con la Vita Divina?». (S pp. 32, 249)
COMUNIONE
SPIRITUALE E COMUNIONE SACRAMENTALE
Se
uno Mi ama, osserverà la mia parola,
e
il Padre Mio lo amerà e noi verremo
a
lui e faremo dimora presso di lui.
Chi
non mi ama non osserva le mie parole;
la
parola che voi ascoltate non è mia,
ma
del Padre che mi ha mandato.
Gv
14,23-24
«Figlia mia, sempre nella
croce con Me, sempre con Me nella Mia Eucaristia: la croce è segno di
Redenzione, l'Eucaristia è amore. Quanto soffro, quanto soffro, prigioniero lì!
Di' alle anime che Mi
amano, che vivano nei loro lavori unite a Me.
Quando sono nelle loro
stanze, molte volte, sia di giorno che di notte, si inginocchino con il capo
chino dicendo:
- Gesù, io Vi adoro in
ogni luogo dove abitate Sacramentato; Vi faccio compagnia per coloro che Vi
disprezzano, Vi amo per coloro che non Vi amano, Vi do sollievo per coloro che
Vi offendono. Gesù, venite nel mio cuore.
Questi momenti saranno per
me di grande gioia e consolazione». (S p. 131)
Alexandrina:
«O mio Gesù, venite al
mio povero cuore! lo Vi desidero, non tardate! Venite ad arricchirmi delle
Vostre grazie, aumentate in me il Vostro Santo e Divino amore. Unitemi a Voi,
nascondetemi nel Vostro Sacro Costato; non voglio altro bene se non Voi, sospiro
solo per Voi.
Vi ringrazio, Eterno
Padre, per avermi lasciato Gesù nel Santissimo Sacramento, Vi ringrazio, mio
Gesù, e infine Vi chiedo la Vostra Santa benedizione.
Sia lodato e ringraziato
ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento». (A p. 8)
Forse non è senza
significato il fatto che Gesù abbia affidato la missione dei Tabernacoli, ad
una ragazza totalmente paralizzata come Alexandrina. La sua immobilità fisica,
ci costringe ad entrare inevitabilmente nella dimensione interiore dell'uomo,
nell'unico spazio in cui può avvenire l'incontro con il Signore: è nella cella
del cuore, che può avvenire il nostro incontro con Lui, ed è solo nell'amore
che si può sviluppare la vita di comunione con Lui.
È’ solo la forza
dell'amore che ci rende misticamente presenti là dove Lui è, in tutti i
Tabernacoli del mondo, e rende presente Lui in noi, ovunque noi siamo, nel
Tabernacolo del nostro cuore.
Più volte, attraverso
Alexandrina, Gesù ci ha ripetuto che nell'abitudine, nell' obbligo, nella
freddezza, nell' indifferenza non avviene nessun incontro vivo, nessuna unione
feconda con Lui, e noi restiamo umanamente e tristemente uguali a noi stessi
senza la Sua gioia e senza la Sua pace. Come a Nazaret Gesù compì pochi
miracoli per la mancanza di fede dei suoi abitanti, così il nostro cuore può
essere ora una nuova Nazaret, dove Gesù Eucaristia non può compiere il
miracolo della nostra trasformazione da figli dell'uomo in figli di Dio, per la
nostra incredulità, e per la mancanza in noi del reale amore e desiderio di
Lui.
È’ solo l'amore che ci
fa vivere in continua unione con Lui e che ci porta a desiderare ardentemente il
momento del nostro incontro nella Santa Eucaristia.
«Se uno Mi ama, osserverà
la Mia parola, e il Padre Mio lo amerà e noi verremo a lui e faremo dimora
presso di lui... » Gv 14,23-24
Anche qui, le parole di
Gesù ribadiscono come la grande promessa della vita di comunione con il Padre
può avvenire solo nell'amore: la Santissima Trinità tutta, entra nelle nostre
case, abitando nel Tabernacolo del nostro cuore.
Chi Lo ama osserverà la
Sua parola.
L'amore per Gesù non è
separabile dal fare la Sua volontà che ci viene indicata nella Sacra Scrittura
come ricorda il salmista, lampada per i miei passi è la tua parola» e, dalla
Chiesa che ne custodisce le verità di fede.
Non è pensabile un
Cristianesimo «fai da te», che trovi la propria autogiustificazione nella
concezione e relazione individualistica, al di fuori quindi della vita
Ecclesiale e Sacramentale. È la posizione di quanti oggi affermano: «Cristo sì,
la Chiesa no».
Né è pensabile un
Cristianesimo che separi il momento della celebrazione liturgica dalla vita
vissuta e testimoniata oltre la soglia della porta della propria Chiesa, se non
si vuole correre il rischio di alimentare una falsa coscienza di sé, andando ad
aumentare le fila dei «sepolcri imbiancati».
«Chi Mi ama osservera la
Mia parola», ci ripete Gesù, e la vita di comunione con Lui nasce e persiste
nella condizione di Grazia e si interrompe al di fuori di Essa. Cosa comporti
per l'anima essere separata da Dio ce lo dice Alexandrina che rivisse la
profonda sofferenza che ne deriva, mentre Gesù, nel dialogo che segue, ci
ricorda che è nel peccato che avviene la separazione da Lui.
Alexandrina in un giorno
in cui non poté ricevere la Santa Comunione:
«...in tutto il giorno ho
lottato per il vuoto indicibile della mancata Comunione, contro una fame di Lui
insopportabile.
Senza fede, senza sentirla
e senza sentire il dolore salii lamontagna: non fui capace,
nel mio intimo, di ripetere il mio "credo" e di fare un atto di amore.
Volevo dire con il pensiero - Credo, mio Gesù -, ma era una cosa tanto vaga che
non giungeva al Cielo: ciò che nasce
alla superficie, non vale nulla. Avevo bisogno di dirlo dal profondo, ma non
fui capace, tale era la mia sfinitezza.
Con molto ritardo venne
Gesù: pareva non venisse più, che separazione tremenda!
Venne, ma non portò luce,
però mi rialzò e mi parlò con dolcezza e con amore.
- Figlia Mia, sposa cara,
sono Gesù, sono Gesù, rialzati, abbi coraggio, vieni a Me.
Sai già che è tutto tuo
il Mio amore, tutto tuo il Mio Cuore con tutti i tesori e le grazie perché tu
distribuisca tutto. I tuoi sono sentimenti simbolici, sentimenti Divini: il tuo
allontanamento da Me è l'allontanamento delle anime. Come possono dire che
credono in Me, se peccano come se Io non esistessi? Come possono dire di amarmi,
nei loro peccati e vizi, rinnovando giorno e notte la Mia Passione? Sentimenti
simbolici: leggete e comprendete, maestri delle anime! -». (S pp. 363-364)
E durante l'estasi
precedente a questa, Gesù aveva raccomandato:
«Obbedienza al Papa,
obbedienza alla Chiesa». (S p. 356)
Ecco invece come Gesù
comunica la Sua presenza continua, la Sua unione indissolubile dall'anima che
vive nella Grazia, in risposta ad Alexandrina che aveva espresso il suo intenso
desiderio di riceverLo Sacramentalmente:
«Figlia Mia, non
giudicarmi assente da te, perché mai ti abbandono.
In te abita sempre la
Santissima Trinità, credi nella Mia Presenza Sacramentale in te, perché mai,
mai ti abbandono». (L p. 125)
Come a Santa Margherita
Maria Alacoque il Signore affidò la richiesta della Comunione nei primi venerdì
dei nove mesi consecutivi in riparazione delle offese fatte al Suo Sacro Cuore,
come a Fatima venne richiesta la Comunione nei primi sabati dei cinque mesi
consecutivi in riparazione delle offese fatte al Cuore Immacolato di Maria, ad
Alexandrina Gesù affidò la richiesta della Comunione nei primi giovedì dei
sei mesi consecutivi in onore della Santissima Eucaristia, adorando in Essa la
Sua perenne Presenza e contemplando contemporaneamente il Suo perenne
Sacrificio.
Gesù:
«Mia figlia, Mia cara
sposa, fa' che lo sia amato, consolato e riparato nella Mia Eucaristia.
Di' in Mio nome che a
quanti faranno bene la Santa Comunione, con sincera umiltà, fervore ed amore
nei primi sei giovedì consecutivi e passeranno un'ora di adorazione davanti al
Mio Tabernacolo in intima unione con Me, prometto il Cielo.
È per onorare attraverso
l'Eucaristia, le Mie Sante Piaghe, onorando per prima quella della Mia Sacra
spalla, così poco ricordata.
Coloro che al ricordo
delle Mie Piaghe uniranno quello dei dolori della Mia Madre benedetta e per essi
ci chiederanno grazie sia spirituali che corporali, hanno la Mia promessa che
saranno accordate, a meno che non siano di danno per la loro anima.
Nel momento della loro
morte condurrò con Me la Mia Santissima Madre per difenderli». (S p. 197)
Nelle pagine del suo
diario, Alexandrina ci ha lasciato una splendida testimonianza di come lei
affidasse ancora una volta alla Madonna, il compito di preparare la sua anima a
ricevere Gesù Eucaristia: Alexandrina dipendeva in tutto da Maria, e la «Piena
di Grazia» non deluse il suo abbandonarsi fiducioso in Lei.
«Ieri ebbi la
consolazione di ricevere il mio caro Gesù. Avevo l'abitudine di chiedere alla
Madonna di inviare una moltitudine di Angeli, Cherubini e Serafini per
accompagnare il mio Gesù dal Tabernacolo fino a me, e di venire Lei stessa con
un'altra moltitudine a preparare il trono dell 'anima mia, di ricevere Gesù, e
infine, a fare il ringraziamento per me. Questa volta avvenne così. E dopo aver
ricevuto il Signore, che pace io sentii!
Stavo ad occhi aperti e
cominciai a vedere davanti a me una quantità di Angeli formanti un grande arco.
Da un lato figure più grandi che tenevano in mano qualcosa: non so cosa fosse.
In mezzo una figura più grande ancora, ma non la distinguevo bene. Di fronte vi
era un trono con colori tanto belli e di là uscivano ad inondarli raggi dorati.
Nel vedere questo, pensavo
fosse la Madonna accompagnata dai Suoi Angeli, come Le avevo chiesto». (L p.
68)
Alexandrina rimase
dubbiosa se parlarne o meno con il Padre Spirituale, ma ricevette questo ordine
e questa spiegazione da Gesù:
«Di' tutto, tutto. Ti ho
presentato questo perché tu veda che le tue preghiere sono accette al Cielo.
Hai visto la Madonna con i Suoi Angeli, i Cherubini e Serafini con i loro
strumenti; vennero a preparare la tua anima; poi Mi hanno ringraziato, amato e
lodato come in Cielo. Sono su un trono dentro di te». (L pp. 68-69)
Affidiamo alle parole di
Gesù il compito di ricordarci che la Sua Presenza Eucaristica è solo presenza
d'amore, e che la comunione è tale se è comunione di due cuori che si amano e
che si donano totalmente l'uno all'altro senza riserve.
Sono le parole che Gesù
rivolse ad Alexandrina nel giorno in cui volle renderla simile a Sé anche nel
corpo, con il dono delle Mistiche Stigmate:
«È venuto Gesù, e in un
impulso d'amore, mi ha dato più forza e mi ha parlato così:
-Vieni, Figlia mia! lo
sono con te. È con te il Cielo con tutta la forza -.
In quel momento dalla
Piaga del Suo Divin Cuore è uscito
un lampo così grande con
raggi tanto luminosi che fecero risplendere tutto. Poco dopo, da tutte le Sue
Piaghe Divine sono usciti raggi che mi hanno trapassato i piedi e le mani; dal
Suo Capo sacrosanto veniva verso il mio un "sole" che mi ha trapassato
il cervello.
Circa il primo lampo e i
raggi che uscivano dal Suo Divin Cuore, Gesù mi ha detto con tutta chiarezza:
- Mia figlia, come Santa
Margherita Maria, lo voglio che tu accenda nel mondo questo amore del Mio Divin
Cuore oggi tanto spento, nei cuori degli uomini. Accendilo, Accendilo! lo voglio
dare, voglio dare ad essi il Mio amore. lo voglio essere da loro amato. Essi non
lo accettano e non Mi amano.
Per mezzo tuo voglio che
questo amore sia acceso in tutta l'umanità, così come, per mezzo tuo fu
consacrato il mondo a Mia Madre Benedetta.
Fa', o Mia sposa amata,
che si diffonda nel mondo tutto l'amore dei nostri Cuori -
Alexandrina:
«Ma come, Gesù, come
fare? Se non lo accettano da Te, gli uomini, come lo riceveranno per mezzo mio?».
Gesù:
«Con il tuo dolore,
figlia Mia! Soltanto con il dolore le anime rimangono attaccate alle fibre della
tua anima e poi si lasceranno incendiare i cuori nel Mio Amore. Lascia che
questi raggi delle Mie Piaghe Divine penetrino nelle tue piaghe nascoste, nelle
tue piaghe mistiche.
Lascia che il Mio balsamo
le addolcisca, come anche le spine del tuo capo.
Tu non vivi la vita del
mondo, anche se sei nel mondo. Vivi la Mia Vita Divina...». (S p. 370)
EUCARISTIA
E ROSARIO
«Donna,
ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua Madre!».
E
da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Gv
19,26-27
Era il 30 maggio 1862, la
sera in cui don Bosco raccontò ai suoi ragazzi il sogno profetico sulla Chiesa,
diventato poi famoso come il sogno delle due colonne.
In questo sogno, don Bosco
vide la nave, che rappresentava la Chiesa, pilotata dal Papa, navigare con
grande difficoltà in un mare pieno di navi schierate in battaglia contro di
lei.
Ma dalla distesa del mare,
vide elevarsi due colonne, molto alte e robuste: su una colonna c'era la statua
della Vergine Immacolata, che recava
ai piedi il cartello con la scritta «Auxilium Christianorum», sull'altra
colonna, più alta e più grossa, vide l'Ostia
e sotto un cartello con le parole «Salus Credentium» (Salvezza dei
credenti). Il Papa, per due volte, venne colpito e ferito, la seconda volta
muore.
Il suo successore riesce a
raggiungere le due colonne e a legare ad esse la Chiesa.
«Allora succede un gran
rivolgimento»: Tutte le navi avverse colano a picco, la tempesta cessa.
La Chiesa aveva vinto la
terribile battaglia con l'aiuto della Madonna e dell'Eucaristia.
Alexandrina da Costa fu,
con la sua vita, la testimone fedele del messaggio racchiuso nel sogno di don
Bosco: il Signore condusse questa umile figlia del Portogallo a diventare
Eucaristia Vivente, nutrendosi solo dell'Ostia Consacrata, durante gli ultimi
tredici anni della sua vita, per dimostrare al mondo che Lui esiste e che è la
fonte della Vita Eterna.
Inoltre, per ricordare al
mondo ed alla Chiesa il posto che occupa Maria Santissima nel Cuore di Dio Padre
e nel piano di salvezza dell'umanità, Gesù chiese, attraverso la sua portavoce
Alexandrina, che il Papa consacrasse il mondo intero al Cuore Immacolato di
Maria. Ecco le due colonne di don Bosco, che continuamente ci vengono
riproposte, a memoria di Colui che solo può sedare le tempeste del mondo,
insieme a Sua Madre, così come un giorno sedò quella che minacciava la piccola
barca sulla quale si trovava insieme agli Apostoli sul lago di Tiberiade.
«Maestro, non ti importa
che affondiamo?!», fu il grido di Pietro, sconcertato dal sonno tranquillo di
Gesù.
«Taci, fa' silenzio»,
ordinò Gesù al vento e si fece gran bonaccia. Ma disse loro:
«Perché siete così
paurosi? Non avete ancora fede?».
Abbiamo bisogno anche noi,
uomini e donne del 2000, di sentire risuonare nel profondo del nostro cuore la
voce di Gesù che ci ripete quelle parole eterne, soprattutto ora che l'onda del
mondo impazzito in un delirio di autosufficienza e di onnipotenza, sotto diversi
nomi, tenta di offuscare e di nascondere ai nostri occhi la presenza stessa del
Signore che, invece, continua a viaggiare con noi, sulla nostra barca personale
perché il Suo nome è Emmanuele, Dio con noi.
Ecco come Gesù e Maria,
attraverso le labbra di Alexandrina, ci consegnano, oggi, gli stessi mezzi di
salvezza; a noi la libertà di condividere o meno il progetto d'amore in essi
racchiuso, offrendo la nostra disponibilità per attuarlo:
Alexandrina:
«...venne Mammina: aveva
un manto bianco e dorato.
Mi prese tra le Sue
braccia, mi accarezzò, avvolse attorno alle mie mani il Rosario che pendeva
dalle Sue e così pure la Croce del Rosario, dopo averla baciata:
- Figlia mia, lo sono la
Vergine del Rosario: gioisco quando vedo che tu ne consigli la recita di almeno
una terza parte per onorarmi. Continua a farlo: è devozione di Salvezza.
Il mondo agonizza e muore
nel peccato. Voglio preghiera, voglio penitenza. Avvolgi, figlia Mia, in questo
Mio Rosario, coloro che ami e che sono tuoi: anch'Io li amo e Gesù pure li ama;
avvolgi chi si raccomanda alle tue preghiere, avvolgi il mondo intero, in un
mazzo, come Io ho avvolto te, stringilo al tuo cuore come Io ho stretto te fra
le Mie braccia.
...Parla alle anime
dell'Eucaristia, parla loro del Rosario; di' che si cibino del Corpo di Cristo e
dell'alimento della preghiera del Mio Rosario -». (S pp. 308, 373)
Alcuni giorni dopo, è Gesù
che pone tra le mani di Alexandrina la Croce del Rosario; l'esperienza mistica
che ne segue e che Alexandrina ci consegna nelle pagine del suo diario è di
estrema importanza per comprendere il valore del Rosario e dell'Eucaristia:
«...Gesù mi pose in mano
la Croce che pendeva dalla corona del Rosario: questa volta, non rimase avvolta
nelle mani, ma distesa e aperta; qualcuno dal lato opposto la sosteneva.
Gesù si pose in mezzo
alla corona aprendola sempre più e disse:
- Tieni nelle tue mani la
Croce, stringila forte al cuore.
L'umanità
intera rimarrà dentro al Rosario.
Parla alle anime, parla
loro del Rosario e dell'Eucaristia.
Rosario, Rosario, Rosario!
Eucaristia, il Mio Corpo, il Mio Sangue!
L'Eucaristia con le Mie
vittime: ecco la salvezza del mondo...-».
Alexandrina:
«Allora, senza sapere
come, fui elevata molto in alto. La Croce che avevo in mano rimase dietro di me
come se io vi fossi crocifissa.
Il mio cuore diventò un
vaso che custodiva sangue. Si alzarono due scale che appoggiavano sui bracci
della Croce: quella a destra era la scala del Rosario,
quella a sinistra della Eucaristia. A
metà di questa un mazzo di spighe bionde e due grappoli di uva.
Le anime vi salivano in
fretta, riempivano tutta la larghezza delle scale; passavano dai bracci della
Croce dentro il vaso con il sangue. Lì si bagnavano poi volavano in alto ed
entravano in Cielo. Quanto sarei contenta se tutti vedessero questo!
Gesù mi disse:
- Figlia Mia, la tua vita
è una predicazione continua:
quando parli, quando
sorridi, quando piangi e gemi sotto il peso gravoso della Croce: è esempio per
i grandi e per gli umili, per i sapienti e i dottori della Chiesa.
Se tu potessi vedere,
figlia cara, tutta la gloria che fu data al Cielo, le anime che hai salvato, il
bene che hai fatto a tutta l'umanità in questi sedici anni di crocifissione
continua, moriresti per la gioia abbagliante.
Il tuo dolore porta anime
al Rosario, alla Eucaristia.
Per il tuo dolore salgono
le due scale di salvezza: dolore e sangue, dolore e Croce, Croce di salvezza...
Mi consolano di più le
sofferenze di un solo giorno delle anime vittime, che tutte le preghiere e le
opere del mondo intero.
L'umanità senza vittime
sarebbe un giardino senza fiori, un cadavere senza vita, una vita senza luce. Tu
sei la vita di questi cadaveri che il peccato uccise, tu sei il faro e il
giardino fiorito, sei luce che splende.
Da te le anime sono
arricchite prima e dopo la morte. Che pioggia di grazie!...». (S pp. 377, 163)
Nell'ultimo anno di vita
terrena di Alexandrina, Gesù affida ancora alla Sua portavoce, parole di amore
e di invito per tutti noi: l'Eucaristia ed il Rosario sono le armi che Gesù
consegna alle sentinelle dei Suoi Tabernacoli per sconfiggere con Maria, Aurora
del nuovo giorno, il potere e la seduzione del male in ciascuno di noi e
nell'umanità intera.
Le dice Gesù:
«Figlia Mia, violetta
nascosta, piccola, ma grande agli occhi di Dio...
Sei violetta nascosta,
anche se il tuo nome, la tua vita percorrono già il mondo. Le vere grandezze,
l'opera mia, il mio lavoro Divino in te, saranno veduti e compresi soltanto dopo
la morte, alla luce dell'eternità.
Quante meraviglie! Quanti
prodigi! Questo per la tua corrispondenza e la tua fedeltà. Il mondo, come ti
è debitore!
Riposati qui e parliamo
delle Mie cose, del Mio amore». Apparve un altare, scrive Alexandrina, la porta
del Tabernacolo era aperta. Nella pisside c'erano le Ostie bianche. Gesù si
sedette a fianco dell'altare e mi fece sedere dall'altro lato. Non vidi su cosa
sedevamo. Gesù posò sull'altare la Sua mano e su di essa il Suo capo Santo; la
stessa cosa fece fare a me. La mia mano destra rimase unita alla Sua mano
sinistra.
Dal Tabernacolo, da quelle
Ostie così bianche uscivano raggi più splendenti del sole e passarono tra noi.
Gesù, pieno di dolcezza,
mi disse:
- Mia Figlia, gioiello
eucaristico, lo sono lì nel Tabernacolo, in quell'Ostia pura, in Corpo, Anima e
Divinità, come sono qui. Confida, figlia Mia!
Parla al mondo di questo
amore. Di' agli uomini che si avvicinino a Me. Voglio darmi a loro. Molte volte,
tutti i giorni se è possibile. Vengano con cuore puro, molto puro e assetato.
Se verranno al Tabernacolo con le dovute disposizioni e reciteranno il Rosario,
o la sua terza parte, tutti i giorni, non occorrerà altro per allontanare la
giustizia di Dio.
Il Rosario, il Tabernacolo
e le mie vittime, la vittima di questo Calvario, sono sufficienti perché al
mondo siano dati il perdono e la pace. Chi viene al Tabernacolo vive puro; chi
vive all'ombra di Mia Madre benedetta, vive della Sua purezza. E così l'umanità
vive la vita nuova, pura e santa da Me raccomandata tante volte da questa
cameretta -». (S pp. 387-388)
Alexandrina:
«O mio Gesù, io vorrei
che il mio amore fosse come la luce che non si spegne, come la brezza continua
che si diffonde in ogni luogo.
Fate che il mio amore
entri e si posi in ogni luogo dove abitate Sacramentato.
Vi amo, Vi amo eternamente».
(S p. 69)
Per questo amore grande e
generoso che nulla negò al Redentore, pur di salvare le anime dall'infelicità
eterna, Alexandrina sarà nell'eternità, l'angelo confortatore per chiunque
cercherà in lei forza e sollievo nella sofferenza. Le dice infatti la Madonna:
«Lasciami coprirti col
manto di tristezza, col Mio manto di dolore, affinché con questo segno,
attraverso i tempi tu possa essere invocata per tutti i dolori dell'anima e del
corpo, invocandoti dalla terra quando sarai in Cielo, come martire dei dolori,
per conforto e balsamo dei dolori umani». (S p. 220)
E Gesù le preannuncia:
«Che trionfo la tua
entrata in Cielo!
Le anime che salvasti col
tuo martirio, strette al Rosario, alle perle innumerevoli delle tue virtù e
all'ombra del tuo manto, canteranno, loderanno il Signore per averti creata. (S
pp. 424, 443)
Subito dopo la tua entrata
in Cielo, andrai verso il Trono della Santissima Trinità, farai scendere
rugiade fecondatrici, piogge di benedizioni e di grazie...
Su quanti ti sono cari e
su quanti invocheranno il tuo aiuto, lascio che tu mandi una pioggia di pietre
preziose. Ti darò tutto quello che mi chiederai.
Figlia Mia, dove sta
scritto tutto quanto è Divino. In te impareranno ad amare, in te impareranno a
soffrire, in te impareranno a conoscere come Io Mi comunico alle anime.
lo vorrei, sposa cara, che
la tua vita venisse diffusa, arrivando presto ai confini del mondo, come pioggia
di belle rose cadute dal Cielo: quale pioggia di meraviglie, quale balsamo di
salvezza per le anime».
Così
sia...
PORTANDO
GESÙ PER LE VIE DI MILANO: FESTA DEL CORPUS DOMINI 1995
«Ecco,
io sono con voi tutti i giorni,
fino
alla fine del inondo».
Mt
28,20
Card. Carlo Maria Martini:
«18 giugno 1995, domenica
del Corpus Domini: processione
eucaristica sui Navigli. Sto tenendo fra le mani l'ostensorio con il pane
consacrato che è il Signore Gesù morto e risorto per noi e moltissima gente
adora il Signore con me. Si concentrano in quest'ostia i ricordi dell'anno, la
conclusione del Sinodo, le memorie di quindici anni di episcopato a servizio di
questo popolo. Contemplo il Signore e mi prende come un brivido di spavento per
la sua inermità. È qui osannato da tanta gente, eppure è debole e tutto si
lascia fare dalle nostre mani. Potremmo fare di Lui qualunque cosa e non
reagirebbe, come non ha reagito nella Passione. È questo il Signore della
Gloria, l'Onnipotente, Colui che tiene in mano i destini dei popoli! Di questo
Signore della Gloria noi conosciamo poco; davvero è al di là di ogni nostro
atto di intelligenza, non comprendiamo il rapporto tra la sua infinità e la sua
inermità. È Dio e perciò al di sopra di ogni nostro pensiero: Deus
semper maior, Dio sempre più grande di quanto non possiamo immaginare e
comprendere.
Eppure Tu, Signore Gesù,
sei qui per noi e l'ostia che contemplo è la Tua vita per noi. Tu sei il nostro
tutto, Colui al di là del quale non possiamo cercare altro, perché in Te
vediamo il Padre. A Te consegno le intercessioni e le preghiere di tutta la
Chiesa di Milano al termine del Sinodo, in un momento in cui le è chiesto di
ripartire per camminare verso il nuovo millennio. Ma ripartire come? e da dove?
Qui la Tua essenzialità, o Signore, mi grida: mi sono spogliato di tutto, ho
lasciato perdere tutto, per mostrare solo il Padre, il suo amore per voi. Sì,
ne sono certo: da Dio occorre ripartire, dall'Essenziale, da ciò che unicamente
conta, da ciò che dà a tutto essere e senso. Signore, Ti sto sostenendo fra le
mie mani, mentre la gente Ti adora e Ti loda, ma in realtà sei Tu che stai
sostenendo me, sei Tu che stai sostenendo questo popolo. Esso contempla il
primato del tuo amore, che ti ha messo qui nelle specie del pane, in memoria
vivente della tua passione e morte, della tua debolezza e solitudine. Signore,
nella tua debolezza e solitudine Tu sei la nostra forza. Tu sei il risorto, Tu
cammini in mezzo a noi dando vita e speranza. Tu non deludi coloro che si
appoggiano a Te e credono al primato del tuo amore.
Tu ci inviti a ripartire
da Te, a ripartire dopo il nostro Sinodo dalla proclamazione del primato del
Padre tuo, a rifarci a quelle cose essenziali da cui deriva ogni nostra forza e
gioia. Nutrici, o Signore, col tuo pane. Nutrici con quelle cose che danno senso
alla nostra vita, fa' che nella contemplazione di Te nel tuo vangelo noi
attingiamo coraggio per riprendere il nostro cammino verso la fine del secondo
millennio, incontro al mistero di Dio. Maria, Madre di Gesù e della Chiesa, tu
che dall'alto del Duomo vedi il lungo itinerario del tuo popolo, fa' che
troviamo la via giusta. Non permettere che ci smarriamo tra le molteplici strade
del nostro mondo. Ci accompagnino in questo viaggio verso l'eternità di Dio i
nostri santi, in particolare i santi vescovi che in questo secolo hanno retto la
nostra Chiesa».
«EUCARISTIA
PANE PER LA NUOVA VITA».
nell'anno
di Dio Padre
nel
giorno dello Spirito Santo
celebriamo
Gesù Eucaristia
Balasar vive oggi un
giorno particolarmente felice e significativo: la diocesi di Braga ha convocato
qui, per la prima volta, tutti i suoi fedeli per una solenne giornata di
preghiera in preparazione del 3° Congresso Eucaristico Nazionale (Braga 3-6
giugno 1999). La scelta di Balasar è legata alla venerabile Alexandrina da
Costa ed al messaggio eucaristico scritto nel suo corpo e nella sua anima,
dall'amore di Colui che, fonte della vita divina, volle trasformarla in un altro
se stesso per la salvezza delle anime: Gesù Cristo. Con l'incontro di preghiera
culminato nella solenne processione eucaristica lungo il magnifico tappeto
floreale che attraversava le vie di Balasar, e con il Congresso Eucaristico di
Braga, la Chiesa portoghese, si incammina e si prepara a vivere il grande
giubileo nella sua centralità eucaristica, così come la parola del Santo
Padre, Giovanni Paolo II, ha indicato alla Chiesa Universale: «Il duemila sarà
un anno intensamente eucaristico: nel sacramento dell'eucaristia, il Salvatore,
incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all'umanità
come fonte di vita divina. Essendo Cristo l'unica via di accesso al Padre, per
sottolinearne la presenza viva e salvifica nella Chiesa e nel mondo, si terrà a
Roma, in occasione del grande giubileo, il congresso eucaristico internazionale»
dal 18 al 25 giugno, dal titolo «Gesù
Cristo unico Salvatore del mondo, pane per la nuova vita», tema questo,
fatto proprio dalla Chiesa portoghese per il Congresso Eucaristico di Braga.
Sono trascorsi 44 anni da
quando Alexandrina lasciò la sua cameretta, nella casa di «rua do Calvario»,
per vivere la sua Pasqua, l'incontro definitivo con il Signore.
«...Tu parti per la
Patria e resti con Me nell'Eucaristia: sarai la colombina eucaristica che non
abbandona il suo nido...» le aveva detto Gesù il 2 marzo 1945.
A Balasar, dove il Cielo
era entrato in quella piccola stanza con tutta la forza dell'Amore con cui,
duemila anni fa, a Gerusalemme, era entrato nel Cenacolo il giorno di
pentecoste, la Chiesa tutta ringrazia, oggi, Dio Padre per averci donato e
lasciato Gesù nella Santissima Eucaristia, ed Alexandrina, Suo diletto fiore
eucaristico. «Il Signore suscita i santi tra "i poveri e gli umili"
del suo Regno, nascosti al mondo ed alla stessa Chiesa "visibile" e li
rivela nel momento più Opportuno e nelle forme più impensate, per comunicare
un messaggio di speranza e di salvezza per tutti gli uomini. Alexandrina è
certamente una delle figure più eroiche di questo secolo...
Dio prepara i suoi santi
purificandoli nel crogiolo della "Passione del suo Divin Figlio" per
perpetuare il suo amore infinito e misericordioso nella Chiesa, suo Corpo
Mistico, a salvezza del mondo. Oggi Balasar non è più il piccolo villaggio
sconosciuto del Nord del Portogallo, ma è meta di pellegrinaggi non solo della
diocesi di Braga, ma di tutta la sua patria. Molti pellegrini da ogni parte del
mondo, vanno a rivivere lo stesso clima soprannaturale anche nella semplice
Chiesa parrocchiale di Balasar, dove riposa vicino all'altare il corpo di
Alexandrina... per continuare la sua missione di apostola dell'Eucaristia, con
la Madre di Dio, Maria».
APPENDICE
N. 1
«Riparazione»:
cosa significa riparare
1. «"Ecco quel Cuore
che tanto ha amato gli uomini. Io mi aspetto da te riparazione. Dammi almeno tu
questo piacere di supplire alle ingratitudini degli uomini" diceva Gesù a
S. Margherita Maria Alacoque.
In queste parole c'è la
definizione più autentica della riparazione: la riparazione è un supplire alle
mancanze altrui. Si supplisce sia compensando, che espiando.
Gesù nella Eucaristia è
dimenticato e abbandonato: da ciò sorge, nell'anima, il bisogno di compensare
le trascuratezze e le ingratitudini umane. Si sentirà quindi spinta a
ringraziare, adorare, visitare e ricevere Gesù Sacramentato anche per coloro
che non Lo ringraziano, non Lo adorano, non Lo visitano nel Tabernacolo, non Lo
ricevono.
Gesù Eucaristico è
offeso e oltraggiato con irriverenze, bestemmie, sacrilegi, profanazioni. Ecco
la necessità, per le anime di riparare e di espiare, che si tradurrà, in
pratica, nell'accettazione della sofferenza con l' intenzione di riparare
l'offesa e impetrare il perdono per i peccatori. L'espiazione fu e resta l'atto
proprio ed esclusivo del Verbo Incarnato. San Giovanni dice che Dio "ha
mandato il Figliolo Suo nel mondo perché fosse espiazione dei nostri
peccati".
La riparazione più
efficace è quella fatta in unione a Cristo mediante la vita Eucaristica. Col
Sacramento del Pane Eucaristico, viene rappresentata e riprodotta l'Unità dei
fedeli, che costituiscono un solo Corpo in Cristo; per cui il peccato di uno
nuoce agli altri, così come la Santità di uno apporta benefici agli altri.
I fedeli cristiani, più
sono animati dal fervore della carità, tanto maggiormente imitano Cristo
sofferente, portando la propria croce in espiazione dei propri e altrui peccati.
È nell'Eucaristia,
infatti, intesa come Sacramento e come Sacrificio, che si effettua nel modo
migliore la nostra conformazione alla Vittima Divina».
2. «Il Concilio Vaticano
II ha messo in evidenza la necessità e preziosità della collaborazione che
ogni cristiano può dare all'opera del Salvatore "venuto a chiamare i
peccatori" (Mt 11,12).
Nei documenti del Concilio
si legge:
"Tutte le opere, le
preghiere,... se compiute nello Spirito (cioè in grazia di Dio) diventano
spirituali sacrifici graditi a Dio, per Gesù Cristo, i quali nella celebrazione
dell'Eucaristia sono piissimamente offerte al Padre insieme all'oblazione del
Corpo del Signore" (Cost. Dog. sulla Chiesa n. 34).
E ancora:
"Sappiamo per fede
che, offrendo a Dio il proprio lavoro, l'uomo si associa all'opera redentrice di
Cristo" (Cosi. Past. sulla Chiesa n. 67).
E infine:
"Ai poveri, agli
ammalati, a tutti coloro che soffrono: voi siete fratelli del Cristo sofferente,
e come Lui, se volete, salvate il mondo"» (Messaggio - Concilio Vaticano
II).2
APPENDICE
N. 2
Il
Sogno delle due colonne di S. Giovanni Bosco
«Era
il 30 maggio 1862, penultimo giorno del mese della Madonna. A sera, dopo le
preghiere, prima che centinaia di ragazzi andassero a dormire, San Giovanni
Bosco iniziò la "buona notte" così:
- Vi voglio raccontare un
sogno. È vero che chi sogna non ragiona, tuttavia io, che a voi racconterei
perfino i miei peccati, se non avessi paura di farvi scappare tutti e di far
crollare la casa, ve lo racconto per vostra utilità spirituale. Il sogno l'ho
fatto alcuni giorni fa. Figuratevi di essere con me sulla spiaggia del mare, o
meglio, sopra uno scoglio isolato e di non vedere altro spazio di terra se non
quello che sta sotto i piedi. In tutta quella vasta superficie di acqua si vede
una moltitudine innumerevole di navi schierate a battaglia: le loro prore
terminano con un rostro di ferro acuto a guisa di coltello o freccia che, dove
s'infigge, ferisce e trapassa ogni cosa. Queste navi sono armate di cannoni,
cariche di fucili, di altre armi di ogni genere, di materie incendiarie, e anche
di libri, e avanzano contro una nave molto più grossa e più alta di tutte
loro, tentando di speronarla con il rostro, di incendiarla o almeno di farle
ogni guasto possibile.
A quella maestosa nave
ammiraglia, attrezzata di tutto punto, fanno scorta molte navicelle e velieri
che da lei ricevono i segnali di comando ed eseguono evoluzioni per difendersi
dalle flotte avversarie. Il vento è loro contrario e il mare agitato sembra
favorire i nemici.
In mezzo all'immensa
distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco
distanti l'una dall'altra. Sopra di una vi è la statua della Vergine
Immacolata, ai cui piedi pende un largo cartello con questa scritta: "Auxilium Christianorum" (aiuto dei cristiani); sull'altra che
è molto più alta e grossa, sta un'Ostia di grandezza proporzionata alla
colonna e sotto un cartello con le parole: "Salus
Credentium" (salvezza dei credenti).
Il comandante supremo
della gran nave, che è il Romano Pontefice, vedendo il furore dei nemici e la
situazione critica nella quale si trovano i suoi fedeli, pensa di convocare
attorno a sé i piloti delle navi secondarie (cioè i Vescovi) per tenere
consiglio e decidere il da farsi. Tutti i piloti salgono e si radunano intorno
al Papa. Tengono concilio, ma infuriando il vento sempre di più e la tempesta,
sono mandati a governare le proprie navi.
Fattasi un po' di
bonaccia, il Papa raduna per la seconda volta intorno a sé i piloti, mentre la
nave ammiraglia prosegue la sua rotta. Ma la burrasca ritorna spaventosa.
Il Papa sta al timone e
tutti i suoi sforzi sono diretti a portare la nave in mezzo alle due colonne,
dalla sommità delle quali, tutto intorno, pendono molte ancore e grossi ganci
attaccati a catene. Le navi nemiche scattano tutte ad assalirla e tentano in
ogni modo di arrestarla e farla sommergere. Le une con gli scritti, con i libri,
con materie incendiarie di cui sono ripiene e che cercano di scaraventare a
bordo; le altre coi cannoni, coi fucili, coi rostri: il combattimento diventa
sempre più accanito. Le prore nemiche l'urtano violentemente; ma inutili
risultano i loro sforzi e il loro attacco. Invano ritentano la prova; sciupano
ogni loro fatica e munizione, la grande nave ammiraglia procede sicura e franca
nel suo cammino. Avviene talvolta che, percossa da formidabili colpi, riporta
nei suoi fianchi larga e profonda fessura; ma non appena è avvenuto il guasto, spira
un Soffio (lo Spirito Santo) dalle
due colonne e le falle si richiudono e i fori si otturano.
Scoppiano intanto i
cannoni degli assalitori, si spezzano i fucili, ogni altra arma e i rostri; si
sconquassano molte navi e sprofondano nel mare. Allora i nemici furibondi
iniziano, a combattere ad armi corte, cioè a distanza ravvicinata: con le mani,
con i pugni, con le bestemmie e con le maledizioni.
Quand'ecco che il Papa,
colpito gravemente, cade. Subito coloro che stanno insieme con lui, corrono ad
aiutarlo e lo rialzano. Il Papa è colpito per la seconda volta, cade di nuovo e
muore.
Un grido di vittoria e di
giubilo si alza dai nemici; sulle loro navi dilaga un indicibile tripudio. Ma
appena morto il Pontefice, un altro Papa subentra al suo posto. I piloti
radunati lo hanno eletto così rapidamente, che la notizia della morte del Papa
giunge con la notizia dell'elezione del successore. Gli avversari cominciano a
perdersi di coraggio.
Il nuovo Papa,
sbaragliando e superando ogni ostacolo, guida la nave sino alle due colonne e,
giunto in mezzo ad esse, la lega con una catena che pendeva dalla prora a
un'ancora della colonna su cui sta l'Ostia; e con altra catena, che pendeva a
poppa, la lega dalla parte opposta a un'altra ancora appesa alla colonna su cui
è collocata la Vergine Immacolata.
Allora succede un gran
rivolgimento.
Tutte le navi che fino a
quel momento avevano combattuto contro la nave ammiraglia su cui sedeva il Papa
fuggono, si disperdono, si urtano e si fracassano a vicenda. Le une affondano e
cercano di affondare le altre. Alcune navicelle che hanno combattuto
valorosamente insieme col Papa vengono a legarsi a quelle colonne.
Molte navi che, ritiratesi
per timore della battaglia si trovano in gran lontananza, stanno prudentemente
osservando, finché dileguati nei gorghi del mare i rottami di tutte le navi
disfatte, a gran lena vogano alla volta di quelle due colonne, dove arrivate si
attaccano ai ganci pendenti e lì rimangono tranquille e sicure, insieme con la
nave ammiraglia su cui sta il Papa.
Nel mare regna una gran
calma, una calma sovrana».
APPENDICE
N. 3
EUCHARISTICUM
MYSTERIUM
Istruzione
sul culto del mistero eucaristico
Il 25 maggio 1967 venne
pubblicato il primo ed importante documento ufficiale nato dalle indicazioni e
innovazioni del Concilio Vaticano II, sul mistero eucaristico: «Istruzione sul
culto del mistero eucaristico» noto come Eucharisticum
mysterium.
Questo documento ha avuto
il grande merito di ricomporre l'unità organica dell'intero mistero
eucaristico. «Di particolare rilievo, dopo secoli di separazione in sede
teologica e pratica, o celebrativa, è la stretta connessione tra sacrificio e
convito, che appartengono allo stesso mistero».
Riportiamo alcuni punti
significativi del documento, rimandando, per un approfondimento, alla sua
lettura integrale.
Il documento è suddiviso
in tre parti che riguardano:
1) Principi generali per
la catechesi al popolo sul mistero eucaristico.
2) La celebrazione del
memoriale del Signore.
3) Culto della Santissima
Eucaristia come Sacramento permanente.
«Il mistero eucaristico
è veramente il centro della sacra liturgia, anzi di tutta la vita cristiana.
(E.M. 1)
Occorre infatti che il
mistero eucaristico, considerato in tutti i suoi aspetti, risplenda agli occhi
dei fedeli con la chiarezza che gli conviene e che i rapporti tra i vari aspetti
di questo mistero, obiettivamente riconosciuti dalla dottrina della Chiesa siano
inculcati anche nella vita e nell'anima dei fedeli». (E.M. 2)
«Bisogna dunque
considerare il mistero eucaristico in tutta la sua ampiezza, tanto nella stessa
celebrazione della messa quanto nel culto delle sacre Specie, che sono
conservate dopo la Messa per estendere la grazia del Sacrificio». (E.M. sez. g)
«Nella Messa, il
Sacrificio e il sacro convito appartengono allo stesso mistero al punto da
essere legati l'uno all'altro da strettissimo vincolo». (E.M. 3)
«La Messa, o Cena del
Signore, è contemporaneamente e inseparabilmente:
- Sacrificio in cui si
perpetua il sacrificio della croce;
- Memoriale della Morte e
Resurrezione del Signore che disse: "fate questo in memoria di me" (Lc
22,19).
- Sacro convito in cui,
per mezzo della comunione del Corpo e del Sangue del Signore, il popolo di Dio
partecipa ai beni del sacrificio pasquale, rinnova il nuovo patto fatto una
volta per sempre nel Sangue di Cristo da Dio con gli uomini, e nella fede e
nella speranza prefigura e anticipa il convito escatologico nel regno del Padre,
annunziando la morte del Signore "fino al suo ritorno".
Cristo affidò alla Chiesa
questo sacrificio a questo scopo: perché i fedeli partecipassero ad esso, sia spiritualmente con la fede e la carità, sia sacramentalmente, con il banchetto della santa comunione. La
partecipazione alla Cena del Signore è sempre invero comunione con il Cristo,
che si offre per noi in sacrificio al Padre.
La celebrazione
eucaristica, che si compie nella Messa, è azione non solo del Cristo, ma anche
della Chiesa. In essa infatti il Cristo, perpetuando nei secoli in modo
incruento il sacrificio compiuto sulla croce, mediante il ministero dei
sacerdoti, si offre al Padre per la salvezza del mondo. E la Chiesa, Sposa e
ministra di Cristo, adempiendo con Lui all'ufficio di sacerdote e vittima, lo
offre al Padre e insieme offre tutta se stessa con Lui». (E.M. 3)
La comunione che in
precedenza veniva data all'inizio o alla fine della messa, con il Concilio
Vaticano II viene riportata all'interno della celebrazione eucaristica e, a
differenza del passato, ne viene inoltre raccomandata la frequenza quotidiana,
riprendendo così le disposizioni di Pio XII,' poiché: «È evidente che la
santissima Eucaristia, ricevuta frequentemente o ogni giorno, accresce l'unione
con Cristo, alimenta più abbondantemente la vita spirituale, arma più
potentemente l'anima di virtù e dà a colui che si comunica un pegno anche più
sicuro della felicità eterna, i parroci, i confessori e i predicatori invitino
con frequenti esortazioni e molto zelo il popolo cristiano a questo uso tanto
pio e salutare». (E.M. 37)
Il documento invita,
inoltre, a fare della propria vita una vita di comunione con Cristo, non limitando l'unione a Lui solo alla celebrazione eucaristica: «Per
la partecipazione del Corpo e del sangue del Signore, si sparge abbondantemente
su ciascuno dei fedeli il dono dello Spirito Santo come acqua viva (cf Gr
7,37-39), purché esso sia stato ricevuto sacramentalmente e con la
partecipazione dell'animo, cioè con la fede viva, che opera attraverso l'amore.
Ma l'unione con il Cristo, cui è ordinato questo Sacramento, non deve essere
suscitata solo durante il tempo della celebrazione eucaristica, ma deve essere
prolungata durante tutta la vita cristiana, sì che i fedeli, contemplando
ininterrottamente nella fede il dono ricevuto, trascorrano la vita di ogni
giorno nel rendimento di grazie, sotto la guida dello Spirito Santo e producano
più abbondanti frutti di carità. Affinché, poi, restino con più facilità in
questa azione di grazia, che è resa a Dio in modo eminente nella Messa, si
raccomanda a coloro che si sono ristorati con la santa comunione, di sostare
qualche tempo in preghiera». (E.M. 38)
Ed infine per quanto
riguarda il «culto della Santissima
Eucaristia come Sacramento permanente», fatta propria l'espressione del
Concilio di Trento, «il sacramento
istituito come cibo, non sminuisce il dovere di adorarlo», il documento
ribadisce la legittimità ed il dovere dei cristiani di adorare il Santissimo
Sacramento.
«La devozione sia privata
che pubblica verso il Sacramento dell'altare, anche al di fuori della Messa,
secondo le norme stabilite dalla legittima autorità e nella presente
Istruzione, è caldamente raccomandata dalla Chiesa, perché il Sacrificio
eucaristico è la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana». (E.M. 58)
Vengono ricordati i fini
per cui vengono conservate le Sacre Specie ed il contesto dell'adorazione
eucaristica:
«La celebrazione
dell'Eucaristia nel sacrificio della Messa è vera mente l'origine e il fine del
culto che si rende ad essa al di l'inni della Messa. Infatti non solo le sacre
Specie che restano dopo la Messa derivano da essa, ma vengono conservate perché
i fedeli che non possono partecipare alla Messa, per mezzo della comunione
sacramentale, ricevuta con le dovute disposizioni, si uniscano al Cristo ed al
suo sacrificio, che è elevato nella Messa. Perciò lo stesso Sacrificio
eucaristico è la fonte ed il culmine di tutto il culto della Chiesa e di tutta
la vita cristiana». (E.M. sez. e)
«I fedeli poi, quando
venerano Cristo presente nel Sacramento, ricordino che questa
presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e
spirituale insieme. La pietà, dunque, che spinge i fedeli a prostrarsi presso
la santa Eucaristia, li attrae a partecipare più profondamente al mistero
pasquale e a rispondere con gratitudine al dono di Colui che con la sua umanità
infonde incessantemente la Vita divina nelle membra del suo Corpo. Trattenendosi
presso Cristo Signore, essi godono della sua intima familiarità e dinanzi a Lui
aprono il loro cuore per loro stessi e per tutti i loro cari e pregano per la
pace e la salvezza del mondo. Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre
nello Spirito Santo, attingono da quel mirabile scambio un aumento di fede, di
speranza e di carità. Alimentano quindi, così, le giuste disposizioni per
celebrare, con la devozione conveniente, il memoriale del Signore e ricevere
frequentemente quel pane che ci è dato dal Padre.
Attendano,
dunque, i fedeli, con ardore alla
venerazione di Cristo Signore nel Sacramento, secondo il loro stato di vita,
e i Pastori li guidino a ciò con l'esempio e li esortino con opportuni
ammonimenti». (E.M. 50)
«I Pastori provvedano
perché tutte le Chiese e pubblici oratori in cui è conservata la Santissima
Eucaristia restino aperti, almeno diverse ore sia al mattino che alla sera,
perché I fedeli possano agevolmente pregare davanti al Santissimo Sacramento».
(E.M. 51)
«La Santissima
Eucaristia, si custodisca in un Tabernacolo solido e inviolabile, e che sia
davvero nobile».(E.M.
54)
«Secondo la tradizione,
davanti al tabernacolo arda perennemente una lampada, come segno dell'onore che
è reso al Signore». (E.M. 57)
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Amore
al SS. Sacramento in
ALEXANDRINA MARIA da COSTA
Messaggera
dell'Eucaristia:
La
devozione chiesta da Gesù ad Alexandrina:
I
PRIMI SEI GIOVEDI' DEL MESE
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Grita
Vera e l'Opera dei Tabernacoli Viventi
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