È la prima coppia
dell’età moderna a essere innalzata agli onori degli altari:
modello, segno e profezia di una Chiesa protesa, sotto la guida di
Maria, alla santificazione di ogni famiglia cristiana.
Non hanno fondato
Congregazioni. Non sono partiti missionari per terre lontane.
Semplicemente hanno vissuto il loro matrimonio come un cammino
verso Dio, facendosi santi. Il Papa li ha beatificati il 21
ottobre scorso, nel ventesimo anniversario della Familiaris
Consortio. In quell’occasione, per la prima volta nella
storia della Chiesa, abbiamo visto elevata alla gloria degli
altari una coppia di sposi, Luigi e Maria Luisa Beltrame
Quattrocchi, beati non "malgrado" il matrimonio, ma
proprio in virtù di esso.
Il 12 febbraio 1994,
nel dare inizio presso il Tribunale per le Cause dei Santi del
Vicariato di Roma alla loro causa di canonizzazione, il Cardinale
Vicario Camillo Ruini così li presentava: "I
due avevano cristianamente consacrato il loro amore coniugale e la
grazia del sacramento nuziale li ha sempre sostenuti mirabilmente
nel formare e crescere la loro famiglia…". Ed il
Santo Padre si è mostrato particolarmente lieto di questa
circostanza perché da tanto tempo desiderava un cammino di santità
realizzato da una coppia di sposi, da additare al popolo dei
fedeli.
La beatificazione dei
coniugi Quattrocchi è avvenuta, non a caso, in occasione della
giornata della famiglia, segnando una svolta, per così dire
"storica", sul modo comune di concepire la santità: non
più soltanto appannaggio di suore, sacerdoti e singoli fedeli, ma
un cammino aperto e praticabile da tutti gli sposi cristiani,
sulla scia dei neo-beati, una coppia borghese che visse a Roma
nella prima metà del Novecento.
Un matrimonio benedetto da 4 figli
consacratisi al Signore
Luigi Beltrame era
nato a Catania il 12 gennaio 1880; adottato da uno zio senza
figli, che gli aggiunge il suo cognome, Quattrocchi, si
trasferisce con lui a Roma dove studia Giurisprudenza. Qui conosce
Maria Luisa Corsini, figlia unica di genitori fiorentini, di
quattro anni più giovane. Una ragazza piena di doti: colta,
sensibile e raffinata, amante della letteratura e della musica e
dell'arte, a vent’anni aveva già pubblicato un saggio sul
pittore Dante Gabriele Rossetti e i preraffaelliti.
Le nozze vengono celebrate nella Basilica di S. Maria Maggiore il 25
novembre 1905. L’anno seguente nasce il primo figlio, Filippo,
seguito da Stefania (nel 1908), Cesare (1909) ed Enrichetta
(1914). Crescendo, abbracceranno tutti la vita religiosa: Filippo
(don Tarcisio) sarà sacerdote diocesano, Stefania (suor Maria
Cecilia) monaca benedettina, Cesare (padre Paolino) monaco
trappista, ed Enrichetta, l’ultima nata, consacrata secolare. Ad
eccezione di Sr. Maria Cecilia, mancata nel 1993, i fratelli, di
veneranda età, sono ancora vivi, attivi e lucidissimi nel far
memoria della santità dei loro genitori, che furono sposi ed
educatori davvero esemplari
Lui, papà Luigi,
avvocato generale dello Stato, fu professionista stimato e
integerrimo; lei, mamma Maria Luisa, una scrittrice assai feconda
di libri di carattere educativo. Entrambi avevano a cuore i
problemi della società e della nazione: animatori dei gruppi del
Movimento di Rinascita Cristiana, avevano aderito anche al
Movimento "Per un
mondo migliore" di P. Lombardi. Luigi fu amico di Don
Sturzo e di Alcide De Gasperi; senza mai prendere una tessera di
partito, esercitò l’apostolato nella testimonianza cristiana
offerta nel proprio ambiente di lavoro, laicista e refrattario
alla fede, nella profonda bontà che ebbe nel trattare con tutti,
soprattutto i "lontani", nella sollecitudine costante
verso i bisognosi che bussavano quotidianamente alla sua porta di
casa, in Via Depretis, sul colle Viminale.
Lei, infermiera
volontaria della Croce Rossa, durante le due guerre si prodigò
instancabilmente per i soldati feriti; catechista attivissima per
le donne del popolo nella parrocchia di San Vitale, organizzò
corsi per fidanzati, autentica novità pastorale per quei tempi,
quando il matrimonio veniva considerato come qualcosa di scontato,
che non esigeva approfondimento né preparazione. Maria Luisa
svolse anche un’intensa opera di apostolato con la penna, fece
parte dell’Azione Cattolica e di altre Associazioni, appoggiò
inoltre la nascita dell’Università Cattolica del Sacro Cuore,
accanto a P. Agostino Gemelli e Armida Barelli, e fu chiamata a
far parte del Consiglio Centrale dell’Unione Femminile Cattolica
Italiana come incaricata nazionale per la religione.
Uno stile di vita coniugale
Non è certo
possibile riassumere in poche righe la straordinaria vicenda umana
e spirituale dei coniugi Beltrame Quattrocchi. La loro esistenza
di sposi fu un cammino di santità, un andare verso Dio attraverso
l’amore del coniuge. Mezzo secolo di vita insieme, senza mai un
attimo di noia, di stanchezza, ma conservando sempre il sapore
continuo della novità. Il loro segreto? La preghiera.
Ogni mattina a Messa
insieme alla Basilica di S. Maria Maggiore: "Usciti di chiesa, mi dava il "buon-giorno", come se la
giornata soltanto allora avesse il ragionevole inizio. Ed era
vero…", ricorda lei in Radiografia
di un matrimonio, il suo libro-capolavoro. La recita serale
del Santo Rosario, l’adorazione notturna, la consacrazione al
Sacro Cuore di Gesù solennemente intronizzato al posto d’onore
nella sala da pranzo, e altre pie pratiche. Nel 1917 divennero
Terziari francescani e nel corso della loro vita non mancarono mai
di accompagnare gli ammalati, secondo le loro possibilità, a
Loreto e a Lourdes col treno dell’UNITALSI; lui come barelliere,
lei come infermiera e dama di compagnia.
Il loro esempio, la
loro profonda vita di fede, la pratica quotidiana del pregare in
famiglia ebbero di certo i propri effetti sui figli, che si
sentirono tutti e quattro chiamati dal Signore alla vita
consacrata. Non senza ragione, perché "la
famiglia che è aperta ai valori trascendenti, che serve i
fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi
compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al
mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il
miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al
Regno di Dio", come sapientemente ha sostenuto il
Santo Padre nell’Esortazione apostolica Familiaris
Consortio (n. 53), che consigliamo di leggere ai nostri
lettori che ancora non avessero avuto l'opportunità di farlo,
specie se padri e madri di famiglia, poiché questo testo
costituisce un po’ la magna
charta della pastorale familiare della Chiesa del terzo
millennio.
"Per amore di Gesù e della Madonna
benedetta"
Nel progetto di Dio
il matrimonio è vocazione alla santità e offre tutti i mezzi per
raggiungerla. La santità del terzo millennio che la Chiesa ci
addita parla proprio il linguaggio della famiglia. "Si
è santi – ha detto infatti P. Giordano Muraro
- non perché si vive in chiostri odorosi di incenso, salmodiando
o curando infermi: ma perché si ama. E l’amore è possibile a
tutti. Anzi: il matrimonio e la famiglia sono naturalmente luoghi
di amore… Lo sposato può dire a se stesso: Dio mi ha mandato
nella vita della persona di cui mi sono innamorato, e chiede di
servirsi del mio cuore, del mio affetto, della mia tenerezza,
della mia dedizione, del mio amore, per portare in lei, in lui, la
Sua vita e la Sua salvezza."
Una storia d’amore
forse come tante, quella di Luigi e Maria Luisa Beltrame
Quattrocchi, ma – a differenza di molte unioni di oggi - senza
tentennamenti, dietrofront
o tradimenti, giacché il loro matrimonio era saldamente fondato
sulla roccia che è Cristo. Tutto in comune, con passione e
tenerezza, con affetto e reciproca comprensione, "per
amore di Gesù e della Madonna benedetta" - come
scrivevano nel loro diario di vita familiare.
Grande, infatti, fu
la loro devozione verso la Madonna. Luigi intonava il rosario
quotidiano serale, mentre la moglie aveva il compito di chiuderlo
con le litanie alla Santa Vergine. Il 1 novembre 1950
parteciparono alla liturgia della proclamazione del dogma
dell’Assunta, recandosi a San Pietro prima dell’alba e
trascorrendo molte ore all’addiaccio in preghiera e digiuno
eucaristico. Non era poco per due sposi già anziani, tanto più
che Luigi soffriva seriamente di cuore. Ma era il modo per
dimostrare alla Vergine il loro amore, a Lei che era "madre
affettuosa e prodiga di grazia".