LA FAMIGLIA CRISTIANA NASCE DAL MATRIMONIO
La Famiglia Cristiana nasce dal sacramento del matrimonio. Che cosa vuol dire? Cerchiamo di capirlo. Tanti sposi, dopo aver celebrato il matrimonio civile, si rivolgono al parroco perché almeno benedica gli anelli (cosa che Il Sindaco non può fare). Ma c'è poco da benedire! Il matrimonio cristiano non è una benedizione, è un sacramento: la differenza è enorme. Mi spiego. Se prendo la mia utilitaria nuova e, come si usa a Roma, la porto al Santuario del Divino Amore per farla benedire, il prete la benedice, ma non mi diventa una
"Mercedes". Ugualmente, se vengo a benedire la vostra casa, sì bella, ma piccola, non diventa per questo un attico di Piazza Navona o una Villa, rimane quello che è. La Benedizione è un ringraziamento a Dio per quelle creature che Egli mette a nostro servizio; è richiedere la sua protezione perché noi possiamo servircene bene. Il Sacramento no.
Il Sacramento trasforma tutto. Quando il prete durante la Messa stende le mani sul pane e sul vino e chiede a Dio di mandare il suo Spirito per trasformare quel pane e quel vino nel Corpo e nel Sangue di
Gesù, lo Spirito viene davvero e quel pane e quel vino diventano il Corpo e il Sangue di Cristo, ...per cui, facendo la Comunione, io mangio e bevo il Corpo e il Sangue di Cristo. Altro che benedizione! Qui avviene una trasformazione sostanziale! Lo stesso vale per il Battesimo: da semplice creatura, l'uomo diventa "figlio di Dio". E ugualmente con la tanto temuta Unzione degli infermi o, come si suol dire, Olio Santo, cosa avviene? Dopo aver ricevuto il Sacramento, il malato non è più soltanto un povero uomo che agonizza e muore, ma diventa lo stesso Gesù che agonizza in croce; per cui, il Padre vede in quest'uomo lo stesso suo Figlio che ancora sta morendo e che offre le proprie sofferenze e la propria morte per la salvezza del mondo. Questo fanno i Sacramenti.
Gesù salva l'amore nuziale
Gesù salva l'amore nuziale liberandolo dal peccato ed elevando il matrimonio naturale a dignità di Sacramento. Ecco come avviene questa trasformazione. Ripensate al giorno in cui, dopo anni di conoscenza e di amore, vi siete presentati davanti a Dio per far nascere la vostra famiglia. Dopo il Battesimo era il momento più grande della vostra esistenza. Dio lì vi aspettava.
Avete portato davanti all'altare quanto di più bello avevate costruito insieme, il vostro amore, per scambiarlo vicendevolmente davanti a Dio e ai testimoni:
Io prendo te come mio/a sposo/a,
e prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita.
Parole stupende, ma presuntuose per una povera creatura infedele. Ebbene, in quel momento lo Spirito Santo è sceso su di voi, ha preso il vostro amore e lo ha trasformato da umano in divino, da naturale in soprannaturale. Avete così potuto promettervi amore per sempre perché il vostro amore era salvato da Cristo e trasformato nel suo Amore, esattamente come avviene per il pane e il vino durante la Messa. Da quel momento vi siete amati, non più di un amore umano, ma di amore divino; non come si amano gli uomini, ma come ama Dio.
Perché? Che differenza c'è tra l'amore umano e quello divino? Semplice. Per gli uomini l'amore è sempre "merce di scambio": "lo ti amo, se tu mi ami; se non mi ami neanch'io ti amo". Per Dio invece, l'amore è sempre "dono". Se per gli uomini esistono amici che si amano e nemici che si odiano, per Dio ci sono solo amici: Dio ama allo stesso modo la Madonna e Giuda, S. Francesco e lo spacciatore. La differenza sta nella nostra risposta, ma Lui ama tutti allo stesso modo, perché per Lui l'amore è puro dono.
Da quel momento, tra marito e moglie il rapporto è solo di dono. Infatti, il Matrimonio è un vero contratto, ma non un contratto di "compravendita", bensì un contratto di "donazione" in cui sono necessari due contraenti: uno che dona e l'altro che riceve. Nel Matrimonio, il marito dona tutto se stesso alla moglie; lei lo riceve come il più bel dono che Dio le ha preparato e Lo ringrazia. A sua volta, la moglie si dona totalmente al marito che la riceve pieno di gratitudine verso Dio per aver pensato a lui così. Da questo risulta, come dice la liturgia, che il Matrimonio è un "vicendevole dono" e questo vicendevole donarsi, continuerà per tutta la vita.
Verranno però momenti in cui da una parte ci potrà essere una flessione nell'amore. L'altro che deve fare? Chiarire e amare di più, essere supplemento d'amore. Poi verrà anche per l'altro il momento di difficoltà. Allora, il dono dovrà farsi ancora più grande perché nella famiglia ci possa essere sempre pienezza d'amore.
Mi sembra così di avervi spiegato non soltanto come opera il Sacramento, ma anche la differenza tra il sacramento del matrimonio e il matrimonio naturale celebrato solo in forma civile: nel primo, gli sposi si amano con un amore rafforzato dalla Grazia, cioè con un amore divino; nel secondo, si amano solo con amore puramente umano.
La sostanza del Matrimonio è l'Amore
Perché allora tanti Matrimoni celebrati in chiesa non reggono? Ve lo spiego con un esempio. Il sacramento del matrimonio è come un impianto elettrico che serve per l'illuminazione. L'impianto c'è: è il Sacramento ricevuto, sono i buoni propositi, le tradizioni e tante altre belle cose. Perché funzioni, serve l'energia elettrica e questa energia è la Grazia di Dio che deve scorrere in tutto l'impianto. Per avere l'energia poi, bisogna agire sull'interruttore che, nel nostro caso, è la Fede.
Se uno non alimenta la Fede con la preghiera e un'autentica vita cristiana, è come se il Sacramento non lo avesse ricevuto: l'impianto c'è, ma resta inutilizzato. Ecco perché, nonostante tanta disponibilità e tanta Grazia da parte di Dio, il sistema non funziona: il problema sta tutto nell'interruttore, nell'aprire, dare spazio e fiducia a Dio nella vostra vita familiare.
La sostanza del matrimonio è l'amore: è quindi necessario che gli sposi tengano sempre sotto controllo il termometro dell'amore tra loro. Su questo punto permettetemi di insistere, perché troppo facilmente si crede che il matrimonio stia in piedi anche senza di esso, magari sostituendo l'amore tra gli sposi con quello verso i figli, credendo così che il matrimonio stia in piedi più per senso di responsabilità che per amore.
Ricordo mia madre che un giorno, riferendosi a mio padre, disse: "Se non ci fossi tu e tua sorella, da mo' che lo avrei lasciato!" Non ci ho mai creduto, anche perché sono stati insieme sessant'anni, ma può essere vero. "Se te ne vai, stai sicura che non mi butto dalla finestra", ho sentito candidamente dire da un mio amico alla moglie: può essere vero, però rimane il fatto che il matrimonio lo tiene insieme l'amore e l'amore coniugale. È per questo che ora mi permetto di suggerirvi alcune attenzioni.
La prima: attenzione agli angoli di "scapolismo" che potrebbero essere rimasti dal fidanzamento o che via via si sono formati durante il matrimonio. Frasi come queste: "lo ti sposo, però, quando gioca la Lazio, io non ci sono"; "Ti sposo, ...ma quando si apre la caccia, dimenticami", potrebbero segnalarne l'esistenza. Ovviamente, queste sono limitazioni poste alla luce del giorno. Più preoccupanti sono quelle zone d'ombra che l'altro non deve ne vedere, ne sapere. Ricordate: ci si sposa totalmente e per sempre e questa chiarezza e trasparenza d'intenti, deve essere sempre tenuta sotto controllo.
La seconda: l'amore "va detto"... e non soltanto il giorno della separazione; "Ma io ti amo, ...ti voglio bene". "Ora me lo dici? Ora, è tardi!"
Anche se la comunicazione è solo per il 30% verbale, ha però la sua importanza, soprattutto quando si tratta di sentimenti così profondi e spesso velati di pudore che non sempre è facile manifestare e intuire. Manifestare amore è impegnativo, anche perché, quando ci si sente amati, sembra inutile. ..invece non lo è. "Io faccio tutto per la mia famiglia": non basta fare, bisogna che l'amore appaia, bisogna dire che non soltanto si fa tutto, ma si è, in tutto, per la famiglia. L'"investimento in famiglia" è certamente il migliore, ma è indispensabile verificarne gli interessi e goderne i frutti.
Nell'esperienza quotidiana di vita familiare voi sperimentate che l'amore, anche se coltivato, non basta. Ci sono dei momenti in cui la tentazione della fuga, l'interesse per un'altra persona, il bisogno di novità, è più forte di voi. Ci sono poi delle situazioni tipiche in cui la crisi affiora, quando, per esempio, uno dei due coniugi cambia condizione di vita: una promozione, una fortuna economica, un trasferimento. .. Ricordo con stupore la situazione di una signora che venne da me a piangere perché il marito l'aveva lasciata. "Ora, non mi basti più" le disse: da semplice netturbino, era diventato caposquadra!!! Incredibile, ma vero.
La famiglia poi, si regge soprattutto su una realtà tipicamente cristiana: il perdono. Devo confessare che, finche non sono stato immerso nella vita delle famiglie, non avevo capito perché Gesù nel Padre Nostro ci faccia chiedere come indispensabili, il pane e il perdono.
Il cibo è evidente, ...ma al perdono non avevo mai pensato come indispensabile, anche perché si può vivere tranquillamente, pur essendo in guerra con i vicini, i parenti, i colleghi di lavoro. I condomìni sono sicuramente luoghi di lotta continua, eppure tutti condividono lo stesso tetto, l'acqua, la luce, il riscaldamento, il garage: questo, ovviamente, non è un vivere, ma un sopravvivere. In famiglia invece, o si è capaci di perdonare, o la famiglia muore.
Perdonare che cosa? Tutto! Dalle piccole incomprensioni fino alle cose più gravi, forse terribili, come l'infedeltà: la famiglia vive di perdono.
Quante volte perdonare? È proprio il caso di dire: "... settanta volte sette" perché, quando finisce il perdono, l'amore non vince più e la famiglia muore. Ricordo ancora, quando ero Rettore del Seminario, un mio alunno che una sera venne a chiedermi di andare a casa per dare una lezione a suo padre: "Non faccio niente di male; faccio solo quello che dovrebbe fare mia madre quando lui torna alle tre di notte: gli do una scarica di botte e gli dico: "Queste sono di tua moglie, perché non è possibile che tu la tradisca così spudoratamente e te ne vanti anche al bar!"". Non mi fu difficile convincerlo a tornare a studiare e affrontare il problema più serenamente. Diversi anni dopo ho incontrato quello stesso giovane, ormai prete, e tra le altre cose gli ho chiesto della sua famiglia e di suo padre. Ha capito subito dove andavo a parare e mi disse: "Tutto bene. Ormai ha settant'anni. ..mi aiuta anche in parrocchia. ..Certo, se mia madre non fosse stata una santa, io non avrei avuto una famiglia: questa è la più grande lezione della mia vita". È proprio vero: vince, chi ama di più.
Dio rende capaci di amare oltre le proprie possibilità.
Non dimentichiamolo: è difficile vivere di perdono, perché spesso l'amore umano non è sufficiente. Ecco perché, oltre a coltivare l'amore tra loro, è indispensabile che gli sposi rimangano uniti a Dio per ottenere quel supplemento di amore divino che il Signore assicura loro con il sacramento del matrimonio. Dio è di parola, interviene, rende capaci di amare oltre le proprie possibilità in modo sorprendente se si rimane uniti a Lui se, come ho detto poco fa, si tiene aperto l'interruttore della Fede.
Non dimenticherò mai una signora, molto semplice e dignitosa, che un giorno, dopo avermi sentito parlare della pastorale familiare, mi avvicinò per chiedermi se poteva collaborare con me, nonostante fosse separata dal marito. Mi raccontò la sua storia: "Mi ha abbandonata circa vent'anni fa, con tre figli. Non si è fatto più ne vedere, ne sentire ed io; per dignità, non l'ho mai cercato per rivendicare i miei diritti. Sono un'insegnante, ho fatto laureare le mie tre figlie; ormai sono tutte felicemente sposate. Ho però dentro di me un dolore: il dolore di non riuscire ad amare mio marito come lo amavo prima che mi abbandonasse. Gli sono sempre stata fedele, però, non riuscire ad amarlo pienamente, lo sento come un limite". Mi commossi e pensai: ecco una santa donna da canonizzare senza difficoltà!
A proposito di canonizzazioni: il Papa ha detto che una delle novità del Terzo Millennio saranno le famiglie sante. Mi piace pensare alle nostre chiese con delle nicchie "formato famiglia" cioè, non un posto com'è stato finora, ma per la coppia e, magari, con i loro figli. La Chiesa si sta muovendo in questa direzione anche se con un po' di ritardo, non tanto perché non ci siano state coppie sante, ma perché non sono ancora state riconosciute come tali.
Alcuni anni fa, ho avuto il piacere di presentare la coppia Beltrame-Quattrocchi per la Beatificazione che avverrà nel prossimo ottobre e, come sapete, per diventare beati, bisogna che ci sia un miracolo. Tra i teologi si sono aperte delle discussioni: "Di miracoli, ce ne vogliono due o ne basta uno?" Alla fine, il Papa ha deciso: "Ne basta uno". Vedete? Anche in Paradiso, marito e moglie continuano a lavorare in coppia: "... i due saranno una carne sola"
[GEN., 2,24].
Essere una famiglia santa appare ancora un po' strano, perché finora i santi sono quasi sempre stati preti, frati e suore; e anche quando sono stati proclamati santi dei laici, lo sono stati sempre come "singoli", come se non fossero o non fossero stati [è il caso dei vedovi e delle vedove] mai sposati. Invece no! La santità non è "malgrado" il Matrimonio; la santità è il fine del Matrimonio, come di ogni altro sacramento. La santità è, soprattutto, l'ideale per ogni famiglia cristiana.
Ma cos'è che fa santa una famiglia? La presenza di Dio. Guardate un momento l'icona della Sacra Famiglia:
Gesù, Maria e Giuseppe. Perché è santa? Non tanto perché è composta dalla Madonna che è l'Immacolata o da San Giuseppe, l'uomo giusto, ma unicamente perché c'è
Gesù, il Santo. Lo proclamiamo ogni domenica alla Messa: "Tu solo il Santo, Tu solo il Signore, Tu solo l'Altissimo Gesù Cristo". Lui solo è la sorgente di tutta la Santità.
Come Cristo è presente a Nazareth, così è anche presente in ogni famiglia cristiana: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" [MT., 18, 20] .Anche il Concilio Vaticano II si esprime così: "Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e fedeltà, così viene incontro agli sposi cristiani col sacramento del matrimonio e rimane con loro, perché possano amarsi l'un l'altro fedelmente e per sempre, con mutua dedizione"
[GAUDIUM ET SPES, 48] .
Dio è in ogni famiglia, ecco perché la famiglia è sacra e non si tocca: "Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" [MT., 19,6].
estratto dalla "Lettera Pastorale sulla famiglia - di Mons. Giuseppe Mani