VITA DI FAMIGLIA

 

Ecco i dieci comandamenti per la vita di famiglia, quando questa vuole davvero irradiare la gioia. 

 

1. Mostrati continuamente di buon umore. Nulla rende cupo e malinconico l'ambiente famigliare quanto il cattivo umore del padre o della madre. Il focolare non deve mai risentire i nostri nervi, le nostre noie. 

 

2. Rallegra continuamente tutti i tuoi col tuo sorriso. Non immalinconire gli altri è già cosa buona; ma è una parte negativa, bisogna inoltre rallegrare, seminare, far penetrare la gioia; Pensare che c'è della gioventù, alla quale bisogna saper fare l'elemosina di un sorriso. Il che non è sempre cosi facile. Che danno e che sfortuna quando i figli debbono confessare che in famiglia non ci si trovano! 

 

3. Se una cosa può raccontarsi, la racconterai apertamente. Quando una cosa dev'essere taciuta, non la si deve raccontare; ma se essa merita di formare l'oggetto di una comunicazione, serviamocene; bisogna pure che la nostra esperienza serva anche agli altri, sopratutto alla nostra cerchia famigliare. 

 

4. Mostrerai amabilmente l'interesse più vivo per le più piccole cose. I problemi della vita di famiglia non appartengono tutti al novero dei massimi. Tutto dev'essere e tornare degno di interesse quando tocca le persone che amiamo più di qualunque altra, come, per esempio, il primo dente dell'ultimo pupetto, la medaglia ricevuta nella scuola, l'iscrizione a qualche istituzione. 

 

5. Bandirai eroicamente dalla tua vita l'ascetismo esagerato. S'intende che la famiglia dev'essere cristiana e ciascuno deve saper portare la sua croce. Ma bisogna evitare di far soffrire gli altri con un'austerità inopportuna e testarda. Del resto il dedicarsi a procurare la gioia degli altri non importa spesso una vera rinuncia? Maria Antonietta di Geuser per accompagnare i suoi fratelli a qualche adunanza serale, sapeva sacrificare il proprio raccoglimento e il gusto dei vestiti semplici e indossare vestiti più belli e attraenti, che avevano, com'esca dice, apparenza di vanità. 

 

6. Sarai attentissimo a trattare tutti allo stesso modo. Nulla disorganizza tanto la vita di famiglia, come le preferenze mostrate per l'uno o per l'altro. Ci vuole una stessa misura per tutti. 

 

7. Non penserai mai a te stesso, ma sempre agli altri e gioiosamente. Enrico IV, per mettere animazione nella vita di famiglia, camminava a quattro gambe, con i suoi bambini sulla schiena. Luigi Racine, parlando del grande poeta, suo padre, osserva: — « Mio padre non si mostrava mai tanto contento, come quando, libero dagli impegni della Corte, poteva venir a passare qualche giorno con noi. Osava mostrarsi padre anche alla presenza di stranieri, prendendo parte ai nostri giochi e ricordo le processioni che avevano luogo nel nostro giardino, nelle quali iI clero era formato dalle mie sorelle, io facevo il celebrante e il babbo portava solennemente la croce ». 

 

8. Non susciterai mai discussioni; ma parlerai sempre prudentemente. La discussione non va proscritta se non quando si trasforma in una disputa penosa, perchè la libera abitudine di scambiarsi le idee intorno ad un argomento è utile e bisogna attirarvi anche i giovani, per educare in essi un saggio spirito critico e l'abito di discernere e distinguere giudiziosamente. Si eviteranno, però, gli argomenti sospetti, che turbano o che sono superiori alla intelligenza dei figli. 

 

9. Ti diporterai pazientemente, rispondendo sempre con dolcezza. Che ci voglia una « pazienza da angeli » nel presiedere a una nidiata di piccoli, è certissimo. Mi ci abituerò giorno per giorno soavemente. 

 

10. Cercherai di guadagnarti con la tua buona volontà le anime e i cuori. Amare molto è la chiave di ogni riuscita. 

 

 

La tavola di famiglia. 

 

La mensa ed il pasto non devono soltanto servire di ricostituente per il corpo, ma anche di sollievo per l'anima. 

 

Quindi la più grande cura dei genitori dev'essere quella di non sedersi a tavola con sul volto, e sulle labbra tutte le loro ansie e le loro cure, mostrandosi in balia delle preoccupazioni per i doveri del loro stato o della loro professione. 

 

Unica eccezione, quando angosce famigliari straordinarie o fuori dell'ordinario pesano e devono pur pesare su tutti. Ma anche in questo caso c'è sempre da conservare una giusta misura e bisogna evitare di immalinconire la gioventù. La quale deve conservare tutta la sua ariosità e spigliatezza e, fino a un certo punto, tutta la sua potenza d'illusione. 

 

Tranne dunque il caso, in cui la famiglia debba partecipare nel suo insieme alle medesime ansie o preoccupazioni, babbo e la mamma dovranno guardarsi bene dal sedersi a tavola con la fronte corrugata e di prendere ad argomento della conversazione le difficoltà della loro esistenza. I figli capiscono subito se papà e mamma sono preoccupati, se qualche cosa non va bene, se c'è stato qualche urto o qualche discussione, se insomma è entrato nella casa l'umor nero. E quando se ne accorgono i loro piccoli cuori si chiudono e sottentra un certo malessere. E perchè far portare a chi non c'entra il peso del giorno e del calore? 

 

Dopo i primi momenti, in cui il babbo e la mamma scambieranno insieme alcune parole intorno a decisioni da prendere in comune e che anche i figli possono ascoltare, converrà interrogare i piccoli e i grandi intorno a ciò che è avvenuta nella mezza giornata trascorsa, mostrando di prender parte e di capire gli sforzi fatti da ciascuno, il lavoro compito, le virtù dimostrate, le gioie o le delusioni incontrate. Anche se i genitori hanno in cuore grandi fastidi, si sforzino in quei momenti di dimenticarli per farsi uditori interessati di mille particolarità e minuzie, che i figli amano raccontare. Tutti i figli devono sapere che possono parlare con piena confidenza e abbandono, purchè sempre con educazione, discrezione e carità. Se qualcuno chiacchiera troppo, gli s'insegnerà a moderare un'intemperanza che toglie agli altri la possibilità di parlare; se qualcuno, al contrario, è un po' lento o taciturno, lo si stuzzicherà con qualche parola scherzosa, con qualche domanda interessante. 

 

Se il diapason sale troppo, mettere la sordina; se la conversazione cade, farla rimbalzare; se c'è qualche nota stonata, far tornare l'armonia. 

 

Non contentarsi di ascoltare le piccole vicende di ciascuno; ma allargare la cerchia delle cognizioni con informazioni giudiziose, qualche tratto divertente o istruttivo, una discussione che fissi l'attenzione. Qualche volta si potrà anche leggere qualche lettera interessante ricevuta, qualche tratto di giornale. E perchè non anche la vita breve del santo della giornata? Sempre distrarre, procurare distensione, rallegrare, far sorridere. 

 

 

estratto da "Cristo al focolare" - R.Rodolfo Plus S.J.

 

 

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