L'obbedienza

 

La virtù dell'obbedienza

 

Col suo esempio Gesù insegna a noi tutti ad obbedire. L'obbedienza è una virtù generale e necessaria a tutti; non v'è uomo sulla terra che non debba obbedire, se vuole salvare l'anima sua.

 

Per andare in Paradiso è assolutamente necessario obbedire, perché tutti abbiamo i nostri superiori; l'osservanza poi di qualsiasi precetto è una forma dell'obbedienza.

 

L'obbedienza è perciò la condizione della salvezza. L'obbedienza è la strada del Paradiso; la disobbedienza è la strada dell'Inferno, perchè ne imita la ribellione. 

 

L'obbedienza è la condizione dell'ordine sociale: la società poggia sul fondamento del quarto comandamento, quindi senza obbedienza non vi è ordine sociale. Dal Sommo Pontefice al bambino, vediamo una scala composta di innumerevoli gradini, dove ognuno ha inferiori e superiori; tutti devono obbedire: anche il Papa è sottoposto alle leggi e ai regolamenti stabiliti da Gesù Cristo. Se si osserva l'obbedienza, la società, le comunità, le famiglie vanno bene; se l'obbedienza è violata, tutto va male; in una macchina, se tutte le ruote seguono la direzione imposta, tutta la macchina funziona bene; se qualche ruota segue un movimento fuori di posto v'è disordine, tutta la macchina funziona male e si ferma. 

 

L'obbedienza è la condizione della felicità, perchè chi obbedisce ha la pace, essendo sicuro di seguire la via tracciatagli dal Signore; e quindi trovasi al proprio posto. L'uomo obbediente canterà vittoria, dice lo Spirito Santo, (Prov, XXI, 28). Chi obbedisce vive con Dio e quindi gode la vera felicità. 

 

L'obbedienza è la condizione della perfezione e della santità specialmente per le anime consacrate; il volo d'obbedienza è il loro presidio, la loro forza, la custodia della loro virtù. Chi segue l'obbedienza, ad ogni momento fa la volontà di Dio, quindi cammina sulla via della santità; non ha bisogno di cercare dov'è la volontà di Dio, l'ha davanti agli occhi ad ogni istante, senza pericolo di ingannarsi.

 

Anche le persone pie che vivono nel mondo hanno cura di formarsi un regolamento di vita, facendolo approvare dal proprio confessore. Così seguono anch'esse la via dell'obbedienza e non lasciano la loro vita abbandonata al capriccio. 

 

L'obbedienza cristiana deve, più che sia possibile, imitare l'obbedienza del Cuore di Gesù: 

 

Dev'essere pronta. «Il vero obbediente, dice san Bernardo, non conosce l'indugio; va persino incontro al comando e non aspetta che venga espresso; il vero obbediente è sempre pronto a vedere, a udire, a dire, e a fare tutto quanto esige l'obbedienza». 

 

2.° Dev'essere semplice, senza critiche nè mormorazioni; ma pure dev'essere prudente; bisogna obbedire a chi, come e quando vuole il Signore, e non altrimenti. 

 

3.° Dev'essere soprannaturale, ossia con l'intenzione diretta a Dio; l'obbedienza cristiana è sempre dignitosa, perchè nel superiore che comanda considera Dio, quindi nell'obbedire agli uomini obbedisce in realtà a Dio stesso; questo sentimento è ciò che rende l'obbedienza facile; lieta e meritoria. San Francesco Saverio leggeva in ginocchio le lettere che riceveva dal suo superiore sant'Ignazio.

Quando un superiore comandasse cosa evidentemente contraria alla legge di Dio, cesserebbe ogni dovere di obbedire; perchè allora non si obbedirebbe a Dio, ma ad una creatura che non ha diritto di imporsi alla nostra volontà: si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. (Act., V. 29). 

 

Esaminiamo se siamo obbedienti ai nostri superiori. Non ci ribelliamo forse ostinatamente ai comandi di coloro che hanno il diritto ed anche il dovere di dirigere la nostra condotta? In modo particolare prestiamo la dovuta obbedienza ai superiori ecclesiastici, alla santa Chiesa ed ai suoi precetti? E in qual modo obbediamo? forse con malumore e soltanto nelle cose che sono di nostro gradimento e solleticano il nostro amor proprio? 

 

Nel superiore che comanda, vediamo noi la persona e l'autorità di Dio stesso? La nostra obbedienza non è forse troppo umana? Forse che vogliamo obbedire soltanto quando il superiore è simpatico, di talento o virtuoso? Non è così che obbedisce il vero devoto del Sacro Cuore. Gesù in coloro che erano venuti ad arrestarlo vedeva il suo Padre medesimo, poichè a Pietro diceva : «Non berrò io quel Calice che il Padre mio mi presenta?» La Passione era il calice che suo Padre gli presentava, eppure erano i Giudei perversi e crudeli che lo facevano soffrire. Così, il discepolo del Sacro Cuore anche nel superiore che fosse cattivo vedrebbe sempre l'autorità di Dio. 

 

Gesù faceva sempre la volontà dei Padre e non la sua propria. Dal suo esempio, impariamo noi pure a fare in ogni tempo e in ogni cosa la volontà di Dio. Noi dobbiamo sottometterci in tutto e per tutto alla volontà di Dio, senza mormorare, con piena adesione del nostro sentimento, sottometterci nel nostro cuore e con amore.

 

E questo per due motivi : 

1.° Perchè Dio è il Padrone sovrano e universale; Dio è il Creatore, e noi cosa siamo? Pulvis et cinis, come diceva Abramo (Genes. XVIII, 27), Polvere e cenere. Dio ha diritto di fare di noi tutto ciò che vuole, senza chiedere il nostro parere; ha diritto di metterci quaggiù in quella condizione che gli piace, anche nella povertà o nella malattia; come il vasaio, dice san Paolo, può fare della terra che ha in mano quell'arnese che gli comoda (Rom., IX, 12). 

E noi? Noi non abbiamo altro diritto che dì accettare i divini voleri con piena sottomissione, senza avere la sciocca presunzione di voler censurare, nè tanto meno dire, come certi stolti bestemmiatori, che Dio non è giusto. Può darsi sciocchezza peggiore di questa? 

 

2. Dobbiamo accettare nel nostro cuore e con amore qualsiasi volere di Dio, perchè dobbiamo essere ben persuasi che tutti i voleri di Dio sono altrettanto amabili e benefici quanto sono giusti ed adorabili. Dio è padrone, ma è un padrone paterno che in ogni cosa non cerca che il bene delle sue creature, tanto più riguardo a noi che, per la grazia, in Gesù Cristo, siamo suoi figli carissimi (Eph., V. 1). Perciò non basta rassegnarci ad ogni volontà di Dio anche quando sia contraria ai nostri desideri e ci sembri un castigo; dobbiamo inoltre ringraziare sempre il Signore e ringraziarlo di cuore per qualsiasi cosa che ci capiti. Il vero cristiano, infatti, sa che tutto a questo mondo é diretto dall'azione di Dio. Neppur un capello, ha detto Gesù, cadrà dalla vostra testa senza il permesso del Padre vostro celeste. Il vero devoto del Sacro Cuore in ogni cosa ripete le parole dì Gesù nell'orto: Non la mia, ma la vostra volontà sia fatta, o Padre che sempre siete Padre! Quel Fiat che diciamo ogni giorno e più volte al giorno nei Pater, dobbiamo averlo sempre anche nel cuore.

 

La volontà di Dio deve essere la suprema regola delta nostra vita; e dapprima dev'essere la legge suprema dei nostri pensieri e dei nostri giudizi. In ogni cosa dobbiamo pensare e giudicare come il Sacro Cuore e non come il mondo: ecco la volontà di Dio. 

Questa santa volontà deve essere la regola assoluta dei nostri voleri. E' naturale, è giusto, è ragionevole che la volontà del servo o del figliuolo sia soggetta a quella del padrone o del padre; quanto più la volontà della creatura dev'essere in ogni suo movimento, anche nelle minime cose, soggetta alla volontà del Creatore, da cui dipende come il raggio dipende dal sole, come il ruscello dipende dalla sorgente! 

 

La volontà di Dio deve essere la regola del nostro cuore; non deve esservi in questo nostro cuore nessun affetto che non sia ordinato a Dio. San Francesco di Sales diceva che se avesse saputo esservi nel suo cuore una fibra che non fosse per Dio, l'avrebbe subito strappata. Insomma, dobbiamo essere continuamente rivolti a Dio, come il girasole verso il sole, per seguire e fare la sua volontà, evitando ogni cosa che potesse menomamente dispiacergli, e fare quanto sappiamo essergli più gradito. Ecco come il vero discepolo di Gesù ne imita il Cuore obbediente. 

 

 

L'obbedienza di Gesù

 

Gesù Cristo, ha detto san Paolo, annichilì se stesso prendendo la forma di servo, fatto simile agli uomini e per condizione riconosciuto quale uomo. Umiliò se stesso FATTOSI OBBEDIENTE SINO ALLA MORTE, e alla morte di croce. Perciò Dio pure lo esaltò, e gli donò un nome sopra qualunque nome; onde nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno e ogni lingua confessi che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre. (Philipp., II 711). In queste magnifiche parole, l'Apostolo ci mostra nell'Incarnazione la genesi dell'obbedienza del Sacro Cuore di Gesù, ne dimostra la profondità e la perfezione e ne esalta la gloria. Gesù si umiliò nella più profonda e perfetta obbedienza e il Padre lo ha esaltato nella gloria, e a Lui tutto ha assoggettato.

 

Gesù non sacrificò soltanto il suo onore negli obbrobri, il suo corpo, l'anima sua e il suo Cuore in un mare di dolori, ma anche la sua volontà con l'obbedienza perfetta sino alla morte.

Il Verbo eterno nella SS. Trinità non poteva obbedire perchè l'obbedienza, nella persona che obbedisce, suppone l'inferiorità, mentre le tre divine Persone sono perfettamente uguali: volendo dunque rendere all'Eterno Padre questo omaggio dell'Obbedienza, il Verbo si fece creatura prendendo la nostra umana natura: si annichilì, come dice San Paolo, prendendo la forma di servo. Gesù Cristo era quindi Figlio unigenito del Padre ma insieme servo; nella sua umanità Egli era inferiore al Padre quindi poteva prestargli l'obbedienza.

Gesù professava la sua dipendenza verso il Padre suo con una obbedienza senza limiti. Come già abbiamo spiegato, Egli era perfettamente è pienamente libero, poichè era perfettamente uomo. Benché fosse Dio nella persona e quindi essenzialmente santo, benchè non fosse possibile che cadesse nella minima imperfezione morale, godeva tuttavia d'una perfetta libertà umana; era l'uomo più perfettamente libero che mai vi sia stato. Qui vi è per la nostra debole intelligenza un profondo mistero, ma in Gesù tutto è mistero. 

 

Per altro, la libertà di Gesù Cristo era come la nostra. Egli era simile ad un santo confermato in grazia il quale non può peccare, pur rimanendo perfettamente libero. La differenza sta in questo, che un Santo confermato nella grazia e nel bene è tale per gratuita bontà di Dio, mentre Gesù era santo e impeccabile per diritto derivante in Lui dalla unione ipostatica col Verbo, e inoltre per la visione beatifica di cui godeva come comprensore, ma in fondo era la medesima libertà umana). 

 

E in Gesù tutto era libero, ogni impressione era volontaria; Isaia aveva detto ch'Egli si sarebbe offerto in sacrificio per sua volontà {LIII, 7); Gesù medesimo dichiarava che avrebbe dato la sua vita quando e come gli sarebbe piaciuto. (Joann., X, 17-18). Aveva ricevuto dal Padre una libertà illimitata che metteva nelle sue mani omnia, «tutto il mondo visibile e invisibile », libertà più che regale che gli dava potere di agire come sovrano universale, di comandare agli angeli, agli uomini, agli elementi, di usare insomma della divina onnipotenza per fare tutto quanto volesse con la sua volontà umana ». 

Orbene, Gesù teneva tutta la sua libertà prostrata e muta davanti alla maestà suprema dell'Eterno Padre, e la sua umanità profondamente annichilita in un atto continuo di adorazione e di obbedienza senza limiti. Non obbediva solo ai precetti formali, ma ancora ai minimi desideri che la sua mente percepiva nelle profondità della divina sapienza; abbandonava così completamente alla volontà del Padre tutto l'essere suo, senza nessuna riserva, non ritenendosi neppure la proprietà di un battito del suo Cuore. Per Lui la volontà divina era l'unica regola di tutte le sue determinazioni; non v'era in Lui neppure un movimento che non fosse regolato dalla volontà del Padre. Egli dichiarava che era venuto al mondo per fare la volontà del Padre e non la sua propria, quindi protestava che non aveva neppur un pensiero che non venisse dal Padre, nè diceva parola che non gli fosse ispirata dal Padre: la volontà del Padre era come il suo cibo. 

 

Quelle parole dell'agonia nell'Orto: Non la mia volontà, o Padre, ma la tua sia fatta! furono la regola d'ogni istante della sua vita, d'ogni sospiro del suo Cuore, dal primo atto di offerta di se medesimo nel seno di Maria Vergine quando disse: Ecco ch'io vengo, o Padre, a fare la vostra volontà; sino a quelle ultime parole sulla Croce : Nelle vostre mani depongo l'anima mia, sino alla morte.

 

Sia pur dura, umiliante, penosa la volontà del Padre, non importa: il calice, Gesù lo berrà sino alla feccia più amara, sino all'ultima goccia, sino alla morte sulla Croce.

I teologi discutono se e in qual senso il Padre avesse fatto a Gesù Cristo un vero comando di morire in Croce; in ogni caso, Gesù poteva domandare al Padre d'essere dispensato da tante sofferenze e sarebbe stato esaudito; ma il suo amore non gliela consentiva. Ad ogni modo ancora, Gesù nelle profondità della sapienza e della bontà divina scorgeva almeno la convenienza e quindi il divino desiderio che il peccato fosse espiato con una morte oltremodo dolorosa ed infamante. Per il Cuore obbediente di Gesù un tale divino desiderio era più che un comando; bastava questo, perchè liberamente Egli abbracciasse, con infinito trasporto di amore verso il Padre e verso di noi, ogni martirio più crudele e più ignominioso, senza l'ombra del minimio riguardo per se medesimio. La libertà di Gesù nella sua obbedienza ci manifesta più splendidamente il suo amore, perciò, con tutta ragione ne adoriamo l'obbedienza nel suo Cuore.

 

 

Gesù si assoggettò alle creature. 

 

Ma Gesù Cristo non solo obbedì in tutto all'Eterno Padre, la qual cosa per Lui era sommamente onorifica; ma, per amore del Padre, volle obbedire a tutte le creature, e non solo alle più sante come alla Madre sua e a san Giuseppe, ma anche alle più perverse, come agli ebrei e anche ai pagani, anche quando lo coprivano di insulti, lo trattavano crudelmente e gli toglievano la vita.

Bossuet, con la sua consueta pietà ed eloquenza descrive l'obbedienza di Gesù nella sua Passione: « Gesù, Vittima obbediente, si abbandona a tutti. Che fa nella sua Passione? La Scrittura ce lo spiega in una parola sola: Si abbandona, si dà nelle mani di colui che lo giudica ingiustamente, e ciò che si dice del giudice, deve pure intendersi per conseguenza di tutti quelli che lo insultano. Si abbandona nelle loro mani perchè facciano di lui tutto ciò che vogliono. Lo si vuol baciare, ecco le labbra; si vuoi legarlo, Egli porge le mani; lo si vuole schiaffeggiare, offre la guancia; si vuole percuoterlo, presenta il dorso; si vuole inumanamente flagellarlo, offre le spalle; lo si accusa davanti a Caifa e a Pilato, Egli si ritiene come reo convinto. Erode con la sua corte lo schernisce e lo tratta come un pazzo: col suo silenzio Gesù tutto conferma; viene dato in balia dei servi e dei soldati: Egli stesso si abbandona di più ancora.

 

«Il suo volto sì maestoso rapiva di ammirazione il cielo e la terra: Egli, dritto ed immobile lo presenta agli sputi di quella canaglia; gli si strappano i capelli e la barba: non proferisce parola, non dà nessun lamento; è proprio una povera pecora che si lascia tosare senza nessuna resistenza. — « Venite, compagni, venite, dice quell'insolente soldatesca; ecco qui quel pazzo che si mette in testa di essere il re dei Giudei; bisogna incoronarlo di spine »; Gesù si abbandona, e riceve l/a corona di spine; essa non sta ferma, bisogna conficcarla di più a colpi di bastone: — Colpite pure, ecco il capo. — Erode lo ha rivestito di un abito bianco come un pazzo; si porti invece quel lurido cencio di porpora, tanto per cambiar colore: — Fate pure, ecco le spalle. — Qua la mano, o Re dei Giudei, prendi questa canna a guisa di scettro: — Ecco la mano, fatene pure ciò che volete. Ah! ma ora non è più un gioco, la tua sentenza di morte è pronunziata, qua ancora la mano per essere inchiodata: — Eccola ancora, prendetela pure. — «Infine, radunatevi, o Giudei e Romani, grandi e piccoli, borghesi e soldati, ritornate pure cento volte alla carica; moltiplicate senza fine colpi, oltraggi, piaghe sopra piaghe, dolori sopra dolori, indegnità sopra indegnità; insultate alla sua miseria fin sulla Croce; diventi pure l'unico oggetto dei vostri schemi come un insensato, oggetto del vostro furore come uno scellerato: Egli si abbandona a tutti senza riserva, disposto a subire tutto quanto vi è di atroce e di insopportabile negli schemi più disumani e, insieme, nella più maliziosa crudeltà » 

 

 Quale amore ci ha dimostrato il Sacro Cuore di Gesù nella sua obbedienza! Obbedienza pronta, poiché incomincia ad obbedire col suo primo respiro; costante perché obbedisce ad ogni istante della sua vita mortale sino all'ultimo estremo, sino alla morte sulla Croce; generosa, poichè accetta tutti i sacrifici, anche i più dolorosi ed ignominiosi; universale, poichè obbedisce. a tutti e in tutto; e tutto per compiere la nostra salvezza. O amore ineffabile! 

 

 

Gesù obbedisce nell'Eucaristia

 

Gesù non si è contentato di obbedire sino alla morte, ha voluto obbedire anche dopo e perpetuare la sua obbedienza sino alla fine dei tempi nel santissimo Sacramento dell'Eucaristia. La sua vita eucaristica ha per fondamento l'obbedienza. In che modo Gesù Cristo è presente nell'ostia consacrata? Unicamente per obbedienza; Egli non viene nell'ostia, nè può, secondo l'ordine consueto della sua sapienza, venirvi di per se medesimo; bisogna vi sia chiamato dalle parole della consacrazione. 

Per quanto Gesù abbia desiderio di scendere su l'altare, se il sacerdote non lo chiama, Egli non viene; quindi nel compimento di questo adorabile mistero la potenza e la bontà di Nostro Signore sono interamente alla mercè del sacerdote. Ma se il sacerdote pronuncia le parole sacre, Gesù infallibilmente viene, nè mai si rifiuta. Così ogni giorno e su trecentomila altari, Gesù obbedisce alla voce di trecentomila sacerdoti; e obbedisce con inaudita semplicità, senza guardare nè al talento, nè alla scienza, nè alla virtù, né alla santità della persona che gli porge il comando. Sia un peccatore che consacra, sia un eretico, un Lutero, un novello Giuda; sia anche uno scomunicato, un empio scellerato: Gesù obbedisce, obbedisce sempre; è questa una verità che siamo obbligati a credere per la fede. 

Anche per entrare nel cuore dei suoi fedeli secondo l'ardente suo desiderio e l'amore suo infinito, il suo Cuore, a meno di un miracolo, deve aspettare l'ordine del sacerdote; Egli va soltanto dove il sacerdote lo porta, ma anche dovunque lo porti fosse pure in un luogo di disonore per la sua santità, sia pure « nel cuore macchiato, dice santa Margherita Maria, di cui Egli prova tale orrore che ogni volta che vi entra si rinnova la sua mortale agonia dell'Orto ». 

Sembrerebbe incredibile una simile obbedienza di Gesù Eucaristico, se non dovessimo ammetterla come un articolo di fede. E Gesù non si stancherà mai di obbedire; obbedirà sino alla fine del mondo, sinchè vi sarà sulla terra un prete per proferire sopra un po' di pane le parole della consacrazione.

 

O CUOR DI GESU', FATTO OBBEDIENTE SINO ALLA MORTE ABBIATE PIETA' DI NOI

 

 

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