MESE DI OTTOBRE - INTENZIONI E FRUTTI DEL ROSARIO

Meditazioni e preghiere

 

 

GIORNO 09

 

QUARTO MISTERO LA CONDANNA DI GESU' ALLA MORTE DI CROCE

 

Affinchè si ristabilisca nel mondo la vera pace cristiana e trionfi la fratellanza dei popoli 

 

CONSIDERAZIONE. Il Divino Maestro era stato vestito d'un manto regale da burla che ricordava e riassumeva tutti gli spaventosi obbrobri, che aveva sofferti da Caifa, Erode e Pilato. Ma sotto quel cencio rosso, ben visibile era un altro tragico manto, del medesimo colore, che lo copriva interamente; un altro purpureo manto, tutto a brandelli: la sua immacolata carne, lacerata dalla crudele flagellazione, straziata dallo scempio nell'atrio del Pretorio; ed ancora grondante sangue. Il volto del Salvatore era quasi irriconoscibile: era tutto enfiato dalle percosse ricevute, insozzato dagli sputi, esausto dalla fatica, madido di sudore; tutto irrorato dal sangue profluente dalle tempia e dal capo, violentemente trafitto — ahi, inaudita crudeltà!— dalla corona di spine. Così comparve Gesù davanti alla turba ubriaca di odio e d'ingratitudine. Su quell'adunanza di popolo e di carnefici, aleggiava lo spirito di Satana, che da Dio aveva avuto il dominio di quella ora. Era l'ora di colui, che sconfitto ignominiosamente dal Redentore nella triplice tentazione del deserto, attendeva il momento propizio, per ritornare all'assalto e rifarsi. E il tempo era giunto: il suo Vincitore era stato dal Padre Celeste, per poche ore, esteriormente abbandonato nelle sue mani: così egli poteva liberamente sfogare la sua furiosa sete di vendetta, il tormento straziante del suo inestinguibile odio. Tale fu lo spettacolo terrificante che s'offerse allo sguardo della Vergine Addolorata, là presente, come crediamo, in mezzo alla folla. Tutto Ella già sapeva, perché tutto era stato predetto; ma quanto, tuttavia, la realtà dovette superare ogni sua concreta previsione! Nessun altro quanto Lei — abituata a contemplar i lineamenti divinamente belli del Figlio — potè valutare tutta l'enormità di quella deturpazione; nè quanto Lei — a perfetta conoscenza della realtà umano—divina di Gesù — comprenderne l'infinita umiliazione. Alla vista di quello straccio di veste purpurea, la Madonna adorò gemente il Re dei re, che così s'era umiliato, per spezzare le dure catene dell'umana superbia e riconquistarci alla libertà di suoi fratelli e figli di Dio. Alla vista di quel corpo dilaniato, dovette sembrarle che quelle piaghe fossero tutte sue, com'era maternamente suo quel corpo divino, formato in Lei mirabilmente per opera dello Spirito Santo. Guardando quel volto divino, ormai irriconoscibile, Ella adorò Colui ch'era stato « il più bello tra i figliuoli degli uomini». Pure allora era infinitamente bello, ma d'una bellezza tragica, più toccante ancora: quella della sua infinita misericordia, che Lo aveva ridotto in tale stato per noi. L'Agnello divino non portava soltanto i segni delle strazianti sofferenze già patite, ma soffriva, orribilmente soffriva, per il lancinante progressivo dolore attuale della corona di spine. Chi potrà mai concepire qual fosse la pena della Madonna al vedere quel tormento del Figlio in atto, quelle acutissime spine, implacabilmente confitte nelle tempie e nel cranio, dissanguanti, e non poter far nulla per eliminarle? 

 

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Pilato, sperando sull'impressione che avrebbe fatto Gesù, ormai ridotto ad un sanguinolento cencio umano, uscì fuori del Pretorio; e, nella pienezza della sua giurisdizione, Lo preannunziò alla turba, proclamandone contemporaneamente, in forma solenne, l'innocenza: « Ecco, ve lo conduco fuori, affinchè sappiate che nessuna colpa ritrovo in Lui». Il Salvatore, malfermo nelle gambe e vacillante nel camminare, fu sospinto sul limitare del Pretorio: Egli comparve « portando una corona di spine e il manto di porpora». Allora, additandolo ai suoi spietati ed urlanti accusatori, il Procuratore Romano esclamò: « Ecco l'uomo!». Di queste due parole di Pilato, la Vergine colse certo l'esatto significato inconsapevolmente profetico, per cui il Salvatore era additato all'intera umanità in tutta la gloria della sua opera redentrice: ecco l'uomo nuovo, il novello Adamo, che con immenso dolore riparava il misfatto del primo. Associandosi al Figlio, la Divina Madre, novella Eva, trasformò lo straziante grido del suo Immacolato Cuore in una intima suprema offerta di riparazione. Erano dunque mobilitate, in favore di Gesù, la pietà e la giustizia; in quel momento, il Cuore della Vergine dovette restar sospeso in una tragica ed indicibile attesa. Ma la folla, aizzata dai capi giudei, veri ministri di Satana, reagì potentemente; la risposta fu pronta, implacabile, feroce come l'inferno, la stessa gridata poco prima, quando preferirono Barabba a Gesù: Crocifiggilo, crocifiggilo!» Replicò il Preside: « Ecco il vostro Re!» Ma essi gridarono furiosamente: « Via, via, crocifiggilo!... Non abbiamo altro re che Cesare». Quando Pilato udì queste ultime parole, provò un senso di paura: l'Imperatore Cesare Augusto, nel mandarlo come Governatore in Palestina, gli aveva raccomandato di curare l'osservanza della Legge. Richiamato dai Giudei a compiere il proprio dovere, si sentì correre brividi per le ossa, e, sollecito soltanto della sua carriera politica, « consegnò loro (Gesù), perchè fosse crocifisso». Così la morte di croce fu sentenziata dal Governatore Romano, che, invano, con la simbolica lavanda delle mani, fatta davanti al popolo, tentò di cancellare dalla sua coscienza, di fronte all'umanità ed ai secoli, la suprema vigliaccheria d'aver condannato al patibolo più infame il Giusto, l'Innocente. Così la Madonna potè contemplare un fatto più doloroso ancora del sanguinoso strazio del suo Figliuolo: fu l'insulto, l'ingratitudine più nera, l'ingiustizia più nefanda, che infierirono su tante sofferenze. Invano volse lo sguardo attorno; nessuno s'avanzò a difendere il Santo dei Santi. Forse allora pianse nuovamente il Redentore, sulla resistenza alla grazia del popolo prediletto di Dio: di quel popolo, che diede l'ultimo colpo alla deforme bilancia della giustizia di Pilato, determinando la condanna del grande Benefattore, col satanico grido: « Il sangue di Lui cada su noi e sui nostri figliuoli!» E col Figliuol Divino versò la Vergine afflittissima le lacrime più amare del suo materno Cuore. 

 

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Spesse volte attraverso i secoli, si è verificato qualcosa di simile alla vigliaccheria di Pilato. Sovente, l'ingordigia e l'ingiustizia di uomini egoisti e prepotenti, hanno fatto scoppiare guerre e gemere la povera umanità, creando le moltitudini dei dissestati, dei delusi, dei desolati senza speranza. Anche ai nostri giorni, purtroppo, si devono frequentemente deplorare fattacci di gente che va ad ingrossare la massa della rivoluzione e del disordine, assoldata da tirannidi non meno dispotiche di quelle che si sono volute abbattere. Tristi conseguenze della terribile guerra e delle sfrontatezze del dopoguerra, le quali gridano vendetta al cospetto di Dio e costituiscono un gravissimo pericolo per l'ordinata convivenza umana. « Non nella rivoluzione — esclamava Pio XII davanti a venticinquemila operai d'Italia — ma in una evoluzione concorde sta la salvezza e la giustizia. La violenza non ha fatto mai altro che abbattere, non innalzare; accendere le passioni, non calmarle; accumulare odi e rovine, non affratellare i contendenti; e ha precipitato gli uomini e i partiti nella dura necessità di ricostruire lentamente, dopo prove dolorose, sopra i ruderi della discordia». Ma intanto è necessario sovvenire alle necessità altrui, avere viscere di misericordia e di benevolenza, ricordando che ogni uomo è nostro prossimo, nostro fratello in Gesù Cristo: « Tutti fatti a sembianza d'un Solo, Figli tutti d'un solo riscatto, siamo fratelli...». (MANZONI) S. Paolo così scriveva agli Efesini: « Siate benigni gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi reciprocamente, come anche Dio in Cristo vi ha perdonati». La nostra compassione e carità verso gl'infelici non dev'essere sterile, ma operosa: « Se uno avrà dei beni di questo mondo — dice S. Giovanni Evangelista — e, vedendo il suo fratello nel bisogno, gli chiuderà il proprio cuore, come potrebbe la carità di Dio abitare in Lui? Figliolini miei, non amiamo a parole e con la lingua, ma con le opere e in verità». Gesù considera come fatto a Sè tutto quello che facciamo al nostro prossimo. « Mihi fecistis...». Vi sono due norme semplici e pratiche riguardo alle nostre relazioni col prossimo: la prima è quella che diede Tobia al suo figliuolo, di non far cioè agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi; la seconda ce l'ha data il Divino Maestro, e consisté nel fare, invece, ai nostri simili tutto quello che vorremmo fosse fatto a noi. Questa norma di vita cristiana, Gesù l'ha voluta confermare e chiarire con la bellissima e commovente parabola del Buon Samaritano: parabola che rispecchia fedelmente quanto ha fatto per gli uomini il Redentore, l'eroico e divino Samaritano. 

 

FIORETTO. Viviamo nella tranquillità dell'ordine, cioè: in pace con Dio, con noi stessi e col prossimo, e non rompiamo mai il vincolo della nostra fratellanza in Gesù Cristo. 

 

GIACULATORIA. Regina pacis, ora pro nobis. 

 

ESEMPIO 
MARIA AL... CAMPO. Cappellano, domani sentiremo Messa a Lubiana! — sussurrano, passando alcuni fanti. E cantano. Dalle gole fresche esce l'inno della giovinezza, allegro, sonoro, gagliardo, irrefrenabile. Eppure salgono verso la morte. Il Cappellano li conta: sono quasi tremila e sa che purtroppo ne torneranno poche centinaia. Ma le canzoni presto tacciono: sono troppo vicini al nemico e qualche shrapnel ammonitore li avverte che... è pericoloso sporgersi. Intanto sono giunti in trincea e la compagnia ha avuto l'ordine di tenersi pronta per l'assalto. Anche il Cappellano prende posto nella trincea. Poveri ragazzi! Quante cose hanno da sussurrargli! E tutti vogliono che li benedica. Ne confessa alcuni, ma poi è costretto ad assolverli in massa. Laggiù, alla svolta della trincea, presso una piazzuola di mitragliatrici, si scorge un caro napoletano che prega; ma la sua preghiera è così strana, che fa ridere anche chi non ne ha voglia. Il Cappellano si avvicina e lo vede curvo sopra un'immagine stesa sulla roccia, mentre ripete con tutto il fervore: — Santa Maria, o mi fa' la grazia, o te pesto! — Pensa a fare il tuo dovere — gli dice il Cappellano — e la Regina delle Vittorie sarà con te. Allora il fante si nasconde l'immagine di Maria sul cuore e si mette in posizione. Alcuni giorni dopo la compagnia è tornata a riposo nelle retrovie. Il Cappellano sta visitando l'ospedaletto da campo, ove sono ricoverati parecchi soldati ed ufficiali. Nell'angolo di sinistra ha ritrovato, proprio l'uno accanto all'altro, due soldati medicati due giorni prima in trincea: il fante napoletano ed un austriaco. Si erano incontrati sull'estremo ciglio della trincea e s'erano lanciati l'uno contro l'altro selvaggiamente tutte le bombe che tenevano nel tascapane. Il napoletano aveva un pugnale tra i denti e balzò sull'austriaco per finirlo a pugnalate; ma questi, raccogliendo un fucile da terra, investì con la baionetta il povero napoletano e gli squarciò la spalla. Caddero uno accanto all'altro, boccheggianti nel sangue. Eppure ancora stringevano il pugno, ancora digrignavano i denti e si insultavano a vicenda! I portaferiti li raccolsero e li portarono al posto di medicazione, dove il Cappellano li curò in fretta e li caricò ambedue sulla stessa ambulanza: nella barella di sopra collocò il napoletano, in quella di sotto l'austriaco. Costui, che aveva perduto molto sangue, aveva gran sete e chiese in tedesco da bere; ma il napoletano, sentendo quella lingua aborrita, si rimescolò tutto e si frugò in tasca per cercare se avesse ancora una bomba da lanciare contro il nemico, che stava lì sotto. Allora l'austriaco ebbe un'ispirazione e disse una parola, che non era nè tedesca nè italiana nè francese, che tutti capirono; disse: « Maria!». Sentendo il nome della Vergine, il fante napoletano si contrasse nervosamente; i suoi occhi che prima sprizzavano odio, si videro riempiti di lacrime; poi si frugò in tasca, afferrò qualcosa, abbassò la mano ripiena verso il nemico e lasciò cadere un oggetto: un limone. L'ultimo ristoro che teneva, l'ultima stilla di vita che portava con sè, volle cederla al nemico, contro il quale poco prima avrebbe voluto lanciare una bomba. Quel ragazzo aveva capito una gran cosa. Aveva compreso che al di sopra dei nostri odi e delle nostre lotte, nel nome santo di Maria, stava ancora bella ed intatta la grande solidarietà umana, la santa fratellanza cristiana. 

 

(Tratto dal libretto "Le intenzioni e i frutti del Santo rosario - Sac. A. Monticone - 1952)

 

 

FIORETTO DEL GIORNO

 

(scrivi il tuo nome se oggi hai fatto un fioretto)

Puoi fare il fioretto proposto oppure puoi deciderlo tu.

 

 

 (INDICE Ottobre - Rosario)