MESE DI OTTOBRE - INTENZIONI E FRUTTI DEL ROSARIO
Meditazioni e preghiere
GIORNO 14
QUARTO MISTERO L'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE IN CIELO
Per ottenere la grazia d'una buona morte.
CONSIDERAZIONE. Gesù morente aveva affidato gli Apostoli alle materne sollecitudini della Madre sua; ed Ella ne seguiva, col consiglio e la preghiera, il sacro ministero, benedicendo in cuor suo tutte le conquiste della nascente Famiglia Cristiana. Nella vivissima attesa di riunirsi per sempre al suo Divin Figliuolo, Maria passò da pienezza a maggior pienezza di grazia: fu un cammino costantemente ascensionale di santità, fino a raggiungerne il vertice al termine del suo terreno pellegrinaggio. E questo finalmente avvenne in un soavissimo transito d'amore. Fu l'ultima divina chiamata, l'ultimo « sì» della Madonna sulla terra, pronunziato, come sempre, con tutta l'amorosa pienezza dell'anima sua. Al Fiat della rinunzia e dell'attesa, doveva seguire quello del divino indefettibile possesso. L'età, che avvizzisce ogni fior di bellezza, non aveva eclissato un raggio solo delle celestiali forme del suo corpo verginale. Tuttavia, la brama ardentissima di ricongiungersi con Gesù, l'aveva estenuata. Chissà quante volte avrà sospirato: O Figlio mio, quando mi sarà dato di venire a vagheggiarti in Cielo? « Come il cervo assetato anela alle sorgenti d'acqua viva, così l'anima mia sospira a te, o mio Dio». Ed eccola distesa sul candido suo lettuccio, nella casetta di San Giovanni! Con soavissimi sguardi, con tenerissime parole saluta gli Apostoli che Le fan corona, mentre la forza dell'amore va sciogliendo lentamente, soavemente la sua bell'anima dai vincoli dell'immacolato corpo. Un istante ancora: fissa al Cielo le sue pupille ed esala lo spirito suo tra le braccia di Gesù. Una soave melodia d'Angeli s'udì, e un profumo celestiale emanò dal Corpo esamine di Maria.
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Ella, la «Toto pulchra», fu circonfusa di bellezza nel suo Immacolato Concepimento; apparve fulgente di celestiale candore nella culla, apportando « sommo gaudio a tutto l'universo»; brillò di virginea maternità nella grotta di Betlem; Donna forte e Regina dei Martiri si dimostrò sulla cima insanguinata del Golgota; ed anche il suo sepolcro fu glorioso. La morte fu per Lei un'estasi, un rapimento in Dio; s'erano appena spente le pupille, che una luce paradisiaca si diffuse sul suo volto. Il virgineo Corpo, Arca Santa del Verbo Incarnato, fu avvolto in candidi lini e deposto con religiosa pietà nell'avello, sito nell'ima valle di Giosafat: tutt'intorno furono sparsi gigli e rose, sicchè pareva che la mistica Rosa riposasse in un trionfo di profumi, di tinte, di olezzanti fiori! Al beatissimo transito della Vergine seguì il grande prodigio: il suo Corpo immacolato non soggiacque alla corruzione, pena comune della colpa originale; ma, per anticipata risurrezione, seguì l'anima nella glorificazione dei Cieli. Erano trascorsi appena tre giorni, quando arrivò San Tommaso, il quale non fu presente alla soavissima morte di Maria. È facile immaginare l'inconsolabile pianto dell'Apostolo e quanto egli desiderasse di vedere, almeno una volta ancora, le care sembianze della Madre sua. Commossi da sì pietosa scena, gli altri Apostoli lo condussero alla venerata tomba. Ma, oh! sorpresa: il sepolcro era vuoto, e da esso si diffondeva una soave fragranza. Il Corpo virgineo era risorto a vita novella, e Maria era stata gloriosamente assunta in Cielo.
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Chi mai potrà descrivere il trionfo in Paradiso dell'« umile ed alta più che creatura»? L'Assunzione è una delle feste più solenni che si celebrano in Suo onore; è la festa che incorona tutte le altre Sue festività. La Chiesa c'invita a celebrarla con la più viva letizia: « Gaudeamus omnes in Domino...». L'Assunzione di Maria è il mistero per eccellenza della Sua glorificazione, ma è anche il mistero della nostra speranza. Nell'ora estrema della nostra vita, la Vergine sarà ancora il nostro modello, la nostra Protettrice. Ella ci otterrà le grazie che il Redentore, con la sua agonia in Croce, ha meritato per tutti i moribondi. Ella sarà la Mamma buona e consolatrice, che ci darà coraggio per il grande passo, additandoci il Cielo e la gloria eterna. Nel supremo addio, il moribondo sente tutta la pena del distacco. Fatti l'una per l'altro, l'anima e il corpo non vorrebbero separarsi. L'agonia sarà un duello estremo, nel quale la vita vorrebbe tutto ritenere, e la morte tutto portar via. Eppure bisognerà assolutamente partire, perchè la vita non è che una prova, una specie d'esame d'ammissione alla carriera dell'eternità. A misura che avanziamo negli anni, sentiamo che qualche cosa di noi si è perduta per la via percorsa, attraverso le tombe di coloro che abbiamo amato. Tutto quaggiù ha un termine, dopo una comparsa più o meno breve: « Muoiono le città, muoiono i regni; Copre i fasti e le pompe arena ed erba...», e noi, « o con le brune, o con le bianche chiome», giungiamo, quando meno ce l'aspettiamo, al traguardo della nostra vita. Dev'essere ben spaventosa la morte, quando non si è preparati con una vita di abnegazione e di abbandono alla volontà di Dio. Si sente che si deve partire; si vorrebbe almeno portar con sè gli oggetti dei propri affetti; ma bisogna lasciar tutto, eccetto le opere compiute: « Opera tua sumus: non te deseremus». Già Dante ammoniva i « superbi cristiani, miseri lassi», dei suoi tempi, con la i famosa terzina: « Non v'accorgete che noi siam vermi, nati a formar l'angelica farfalla, che vola alla giustizia senza schermi?» Simili ai vermi, destinati a lasciar sulla terra le tenui anella striscianti; anche noi, passeggieri errabondi, e doloranti, siamo destinati a lasciare qui, sull'« aiuola che ci fa tanto feroci», le nostre spoglie mortali. L'anima, invece, volerà davanti alla maestà del Creatore, supremo inflessibile giustissimo Giudice. Perchè, dunque, insuperbire quaggiù e ferocemente contendere — come lupo contro lupo: homo homini lupus — e amareggiarci a vicenda, noi così deboli ed imperfetti, simili al verme, la cui formazione si compie soltanto quando si trasforma in farfalla? L'anima, nell'ultim'ora, trema, incerta dell'avvenire, mentre il demonio intensifica i suoi ultimi sforzi, per gettarla nella disperazione. La scena diventa più tragica ancora, quando certi parenti, per un amore sregolato, ingannano e lasciano che si spenga il moribondo senza procurargli i conforti religiosi. Tacciono per paura di cagionargli un'emozione! Insensati! Essi aggravano la loro coscienza d'una terribile responsabilità. Domandiamoci: se la morte venisse a prenderci fra pochi istanti, saremmo noi pronti, preparati, al grande passo nell'eternità? Essa verrà come un ladro, di sorpresa; è necessario, dunque, star sempre preparati con la fiaccola accesa dell'amor di Dio, e la veste nuziale della grazia santificante.
FIORETTO. Preghiamo la Madonna, affinchè conceda a tutti i suoi devoti di fare una buona morte. Viviamo col cuore distaccato da questa misera terra, con la retta intenzione nell'operare, e nella carità.
GIACULATORIA. Tu nos ab hoste protege, et mortis hora suscipe. (Proteggici dal nemico, e sostienici nell'ora della morte)
ESEMPIO
L'ULTIMA GRAZIA. Ecco un episodio doloroso e commovente: Il 23 ottobre 1936 il Tribunale di guerra dell'Africa O. pronunziava la sentenza di morte, con esecuzione immediata, del soldato G. A., oriundo di un paese del Basso Milanese. Era reo confesso di diserzione e di gravi delitti. Non si è difeso ed ha ascoltato la sentenza sull'attenti. Tale atteggiamento, a prima vista cinico, era invece frutto di cristiana fortezza. Il condannato infatti chiese i Sacramenti. Vedendo che il Cappellano era pallido, gli fece coraggio, dicendogli che era contento di morire. Il Sacerdote gli domandò se conoscesse l'episodio del buon ladrone: Sì, Padre — rispose. — Ma sento grande desiderio ch'Ella me lo esponga di nuovo. Sentendo ripetere le parole di Gesù: « Oggi sarai con me in Paradiso, i suoi occhi si inumidirono. Padre... ma Cristo mi perdonerà? — È in nome suo che io te lo dico! Scoppiò allora in piano dirotto, mormorando: — Padre! Questo è il momento più felice della mia vita! Muoio contento! Sento il bisogno di lavare col mio sangue il male che ho fatto. L'unico pensiero che mi rattrista, è quello della mia mamma.. Le dica che quanto ho fatto, l'ho fatto in un istante di pazzia!... Ah, quei libri maledetti!... mi hanno rovinato!... Quando il prete lo invitò a ricevere Gesù, fece un balzo di gioia e lanciò un inno di ringraziamento alla Vergine: — È la Madonna che mi ha voluto così bene!... È la Madonna che mi ha salvato!... E raccontò come la mamma gli avesse insegnato la pratica di recitare tutte le sere «tre Ave» alla Vergine, per impetrare la buona morte. Essendo entrato nella Camera il Pubblico Ministero — che aveva chiesto la fucilazione — il pover'uomo prese la mano dell'ufficiale, gliela baciò piangendo e disse: — Grazie, grazie, signor Maggiore!... Io muoio contento! Mi basta solo che ella mi perdoni!... Alle parole buone e commosse dell'ufficiale rispose — Se ella mi perdona, io pregherò anche per lei, come per tutti i benefattori! Avrebbe voluto ricevere l'Estrema Unzione prima dell'esecuzione. Essendo ciò impossibile, raccomandò di amministrargliela appena i fucili avessero sparato. Morì dopo aver baciato il Crocifisso, ripetendo: «È la Madonna che mi ha salvato!». La Missione di Maria è appunto questa: dare Gesù alle anime! Tale missione è fondata sugl'intimi rapporti tra Lei e il Cuore di Gesù.
(Tratto dal libretto "Le intenzioni e i frutti del Santo rosario - Sac. A. Monticone - 1952)
FIORETTO DEL GIORNO
Puoi fare il fioretto proposto oppure puoi deciderlo tu.