MESE DI OTTOBRE - INTENZIONI E FRUTTI DEL ROSARIO
Meditazioni e preghiere
GIORNO 20
QUINTO MISTERO LA PERDITA E IL RITROVAMENTO DI GESU' NEL TEMPIO
Odio al peccato
CONSIDERAZIONE. In questo mistero, Gesù dodicenne ci dà una grande lezione di distacco, nel compiere la volontà del Padre Celeste. Fino allora Egli era stato — come sarà di nuovo per lunghi anni — perfettamente soggetto ai genitori; ma in questa circostanza rifulge la sua figliolanza divina e la perfetta dipendenza dal Padre. Davanti a questa immediata amabilissima dipendenza, ogni terrena soggezione doveva cessare, a costo del sacrificio di qualsiasi affetto, fosse pure tenero ed immacolato come quello della Vergine Madre. La grande opera educatrice mira soprattutto al cuore; e Maria, da perfetta Maestra in quest'arte, operò, per quanto estrinsecamente, intorno al Cuore di Gesù. L'educazione esige comprensione ed amore; e la Madonna comprese l'immensamente profondo Cuore divino ed amò l'infinitamente amabile Redentore! L'educazione comporta congiunzione di menti e di cuori; la Vergine si congiunse ed armonizzò con la Mente ed il Cuore del Verbo Incarnato! Come possiamo credere che il Salvatore sia stato, fisicamente e psicologicamente, somigliantissimo alla Madre sua; così è logico ritenere che tra Maria e Gesù vi sia stata sicuramente una mirabile somiglianza di temperamento e la più sublime armonia di mente e di cuore. Il mistico Giardino era stato, oh! sì, mirabilmente preparato dalla Divina Provvidenza a germinare il soavissimo Fiore! Gesù « cresceva in sapienza, in età e in grazia dinanzi a Dio e agli uomini». Appariva certo un fanciullo precoce ed intelligente, ma non era addirittura miracoloso; si prestava quindi docilmente all'altrui insegnamento, come se davvero imparasse cose nuove. Fu nell'ammirabile disputa coi Dottori del Tempio, che il Salvatore volle dare un saggio della sua infinita sapienza. Egli è il vero Maestro dell'umanità, e tale lo proclamerà l'Eterno Padre tra gli splendori del Tabor: « Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi son compiaciuto: ascoltatelo!».
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Gesù è la Via, la Verità e la Vita delle anime, le quali, per non perderlo di vista, per non separarsi da Lui, devono costantemente combattere il peccato. Esso « è un'offesa fatta a Dio, disobbedendo alla sua legge». È l'unico vero male, il sommo male; è il dramma della creatura, finita e ribelle, contro il Creatore, infinito in tutte le sue perfezioni. Il mondo, tristo e maligno, è tutto posto nel peccato; ma passerà con la sua concupiscenza. Il peccato mortale fa morire l'anima alla vita della grazia, rendendola nemica di Dio e schiava del demonio. Tremenda, spaventosa situazione: l'inferno sta spalancato per inghiottire l'anima di colui che muore impenitente nel suo peccato! Per meritarci il Paradiso, dobbiamo quaggiù vivere nell'amicizia, nella grazia di Gesù Cristo, a costo di qualunque separazione. San Paolo diceva: « Mihi vivere Christus: la mia vita è Cristo». Questa massima dell'Apostolo riassume tutta la spiritualità da lui predicata ai primi cristiani, ed è la conclusione logica e pratica della sua dottrina dogmatica sulla costituzione del Cristo integro, totale. È la massima che sintetizza ciò che può chiamarsi la teologia morale paolina; è la suprema ed universale regola della vita del Corpo Mistico.
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Nella lotta dello spirito contro la materia, non si dovrà mai dire basta, perché il cristianesimo non è una religione statica; di riposo, ma dinamica, di sempre avanti e sempre meglio. Non basteranno, perciò, alcuni passi, qualche volo, sia pure audace nella virtù: nel morire a noi stessi è sempre implicita l'idea d'una vita novella, divina, più florida e completa. Ogni cristiano deve poter dire con San Paolo: « Non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me». Ogni giorno si rinnovano purtroppo le morti spirituali, e molti non sono che dei cadaveri ambulanti! E noi, chissà quante volte abbiamo voltato le spalle a Dio, al Sommo Bene, degno di tutto il nostro amore? il cristiano, circondato da tanta luce, sì sovente chiamato all'altezza dei suoi destini, nel momento stesso in cui esamina la propria coscienza, è tante volte indifferente, freddo, insensibile. Oh! il peccato, quanto affligge il Cuore di Gesù e della Madonna.
Ma, per quanto orribili siano le nostre colpe, possiamo sempre con fiducia rivolgerci, « piangendo, a Quei che volentier perdona»; perché: « ...la Bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei». (DANTE). O infelice, che barcolli sotto il pesante giogo dei tuoi tristi ricordi, presentati al tribunale istituito da Gesù Cristo, nel quale è assisa una misericordia, che sorpassa i sogni più sublimi di giustizia. Non temere di spirar disgusto o ribrezzo al Confessore; egli non ti vedrà arrossire e non ti parlerà se non di perdono. Naturalmente, esigerà che tu ripari al male compiuto; ma se sarà troppo tardi, se ciò sarà impossibile, si accontenterà di una effusione del cuore, d'una lacrima, d'un sincero pentimento, poiché tale potere egli ha da quel Dio di bontà infinita, che dalla Croce perdonava al ladrone pentito, schiudendogli per giunta lo splendido cammino del Paradiso. Allora t'imporrà, unica e dolce punizione, d'imbalsamare l'anima con soavi preghiere; solleverà la mano destra verso la tua fronte, pronunzierà a nome di Dio le parole del perdono, e ti allontanerai assolto, consolato, con l'anima leggera, come se le fossero spuntate le ali: « puro e disposto a salire alle stelle» (DANTE). « O Penitenza — esclama S. Giovanni Crisostomo — o Penitenza, che per la misericordia di Dio rimetti i peccati ed apri il Paradiso! Che rinvigorisci l'abbattuto, rallegri il malinconico, richiami i morti alla vita, ristabilisci il peccatore nella grazia, gli rendi la sua dignità primiera, gli ispiri la fiducia, ne ripari le forze e gli fai piovere nell'anima più copiosa grazia! O Penitenza, come narrerò io le tue meraviglie? Tu spezzi le catene, tu reprimi ogni rilassatezza, lenisci ogni avversità, guarisci ogni piaga, dissipi le tenebre, rianimi quello che era disperato. O Penitenza, più splendente dell'oro, più sfolgorante del sole, non vinta mai dal peccato, non abbattuta dalla defezione, non cacciata dalla disperazione! O Penitenza, madre della misericordia, maestra della virtù! Grandi sono le opere tue, quelle opere con cui sciogli i colpevoli, ristori i cadenti, rialzi i caduti, rincuori i disperati». Coraggio, dunque, e fiducia in quel Gesù, che dalla Croce disse: « Padre, perdona!...»
FIORETTO. Detestiamo con sincero dolore i nostri peccati, e proponiamo di fuggirne le occasioni e di farne la penitenza. Sia questa la parola d'ordine: « La morte, ma non peccati!»
GIACULATORIA. Per la vostra immacolata concezione, fate, Vergine Santa, puro il mio corpo e santa l'anima mia.
ESEMPIO
LA « DUQUE DE CAXIAS». Sullo sconfinato Oceano Atlantico, la più grande nave da trasporto brasiliana procede sicura da più ore. È già circa 10 chilometri dalla costa. Ad un certo punto si sente un ordine secco dell'altoparlante: « Terza classe, tutti in piedi». L'altoparlante dà i segnali d'allarme, poi tace, bruciato! Il terrore della morte vicina invade tutti. I fili della luce prendono fuoco, e una grande ampata si eleva in alto; un fumo nero e denso avvolge la nave e non permette di vedere nulla. Panico generale, grida, urla disperate, confusione indescrivibile. I viaggiatori si precipitano alle scialuppe; ma alcune sono già attaccate dal fuoco e bruciate. Anche i salvagente bruciano. Quando la quinta ed ultima scialuppa sta per essere calata in mare, si sente gridare: Pericolo di esplosione: si salvi chi può! Si tratta dello scoppio di una caldaia: dieci uomini d'equipaggio — tra cui cinque suore — incontrano la morte. Molte altre persone riportano ferite ed ustioni guaribili. Sulla « Duque de Caxias» viaggiano tre Figlie di S. Paolo: vengono da S. Paolo (Brasile) in Italia, per proseguire gli studi a Roma: Suor Serafina, Suor Osvaldina, Suor Mercedes. Devono perire in mare, mentre han sospirato ardentemente l'Italia? Salutiamoci e prepariamoci a morire — dice Suor Serafina, la più anziana. No — ribattè con sicurezza Suor Osvaldina, che deve ancora fare il Noviziato. E, visto un Reverendo nella scialuppa quasi al completo, gli grida: — Padre, prenda anche me. — Venga! — E in un salto Suor Osvaldina è sulla scialuppa. — Venga anche, lei — dice un marinaio a Suor Serafina. Questa spicca un salto, ma Suor Mercedes grida: — Sola non rimango: morrò con voi! Gentilmente, avvicinano la scialuppa ed accolgono la terza Suora. Salve? Nella fretta e confusione i marinai non avevano turati nella scialuppa il buco per l'acqua piovana, nè avevano slegato i remi. Perciò, appena toccarono il mare, la barca fu piena di acqua ed affondò. Suor Osvaldina fece in tempo a buttarsi su un « salvavita» (specie di tavola con corda), che era a due metri di distanza e sulla quale vi erano già due marinai, una donna e quel Reverendo che l'aveva invitata sulla scialuppa. Ma il peso improvviso della Suora fece capovolgere la « tavola» e Suor Osvaldina si trovò immersa nell'acqua una seconda volta. « Non c'è più nulla da sperare», pensa; e si dispone a morire. Ma un marinaio l'afferra per il colletto dell'abito e la rimette sul « salvavita». Le altre due? Quando la scialuppa era affondata, esse erano sommerse nel mare; poi l'onda le aveva sollevate e buttate sulla scialuppa che, capovolta, era riapparsa alla superficie. Lì, tendono le braccia, invocando aiuto. Senza saper come, si trovano aggrappate ad una stessa corda, che tengono ben stretta. Quando la nave piega dalla parte opposta, hanno la sensazione di essere sollevate; ma quando con movimento contrario piega su di loro, tornano a sommergere. Capiscono allora che bisogna salire per salvarsi. E si aggrappano disperatamente, tentando di arrampicarsi. Ma fatti pochi metri, le mani indolenzite cedono, ed una dopo l'altra le due Suore cadono in acqua. — Salvatemi! — grida Suor Mercedes. Suor Serafina non spera più nella salvezza. Incrocia le braccia per l'ennesima volta e ripete alla Madonna il « Memorare», composto da S. Bernardo: « Ricordate, o piissima Vergine...». Può la Madonna respingere un'invocazione che parte da un cuore, che ha posto in Lei tutta la fiducia? Eccola: le viene in aiuto. Suor Serafina sente di nuovo tra le mani qualche cosa: è una scaletta a corda per i marinai. Vi si afferra; Suor Mercedes tiene dietro. Ma ad un certo punto si trovano legate fra la nave e la scala: erano salite al contrario. Intervennero i marinai e le portarono a bordo. Salve dall'acqua, ritornavano al fuoco! Sulla nave i marinai e i viaggiatori si raccomandavano a loro: — Voi che siete di Dio, chiedete un miracolo! — supplicavano alcuni. — Calmate questa gente — comandò un graduato. — State qui e se ci sarà pericolo, verrò a prendervi. Le Suore, posta in modo visibile l'immagine della Madonna, Regina degli Apostoli, rimasero a pregare, confortare, calmare. Venne l'alba del primo agosto, e la « Duque de Caxias», dall'una di notte, era sempre pericolante in mezzo all'Oceano. L'incendio non era del tutto domato, quando verso le dieci giunse in soccorso una petroliera inglese. I viaggiatori furono fatti scendere e, attraverso varie manovre, salirono a bordo della petroliera. Erano salvi! La Madonna aveva operato il prodigio! E Suor Osvaldina? Raccolta sul « salvavita», v'era stata fino alle dieci, tenendosi con le mani e con i piedi, per resistere alle onde e ai « turbaroni», grossi pesci che afferravano i piedi, per buona sorte protetti dalle scarpe. Finalmente, sommersa più volte dalle acque, fu raccolta con i compagni di sventura da mia scialuppa e portata nella petroliera, salva anche lei. Era quasi mezzogiorno quando tutt'e tre poterono ritrovarsi, riabbracciarsi e ringraziare insieme la Vergine Santa. Solo a Lei doveva attribuirsi lo scampato naufragio. A S. Paolo, infatti, le Suore — informate del sinistro — invocavano la Regina degli Apostoli. E la Madonna rivolgeva alle sue figlie fidenti uno di quei sorrisi che rassicurano e salvano!
(Tratto dal libretto "Le intenzioni e i frutti del Santo rosario - Sac. A. Monticone - 1952)
FIORETTO DEL GIORNO
Puoi fare il fioretto proposto oppure puoi deciderlo tu.