DON
BOSCO E LE VOCAZIONI
S.
Giovanni Bosco, nel suo spirito cattolico, sentì sempre l’assillo di
dare alla Chiesa nuovi Sacerdoti e Religiosi, e volle che la sua
Congregazione mirasse a questo come a fine speciale, quasi ambito
coronamento e premio dell’educazione cristiana e dell’istruzione
catechistica, impartita alle schiere giovanili.
Considererò
quindi:
I
- la sua dottrina sulla vocazione;
II
- le sue norme pratiche per favorire le vocazioni;
III
- i suoi consigli ai chiamati.
Il
tuo pensiero, o buon Padre, al declinare della tua vita terrena, si
posava, con intima e riconoscente gioia del tuo cuore, sui circa sei
mila sacerdoti, formati alla tua scuola. Essi costituiscono la tua più
fulgida corona. Ottienimi un costante impegno per favorire le vocazioni,
affinché possa anch’io partecipare della tua gioia paterna.
Punto
Primo
La
dottrina di Don Bosco sulla vocazione
Nel
difficilissimo e delicato compito della coltura delle vocazioni, devo in
primo luogo preoccuparmi di avere idee vere e chiare, che illuminino la
mia azione. Mi metto quindi docilmente alla tua scuola, o Don Bosco,
perché tu mi istruisca e mi guidi.
1.
Don Bosco, alla scuola della teologia e delle direttive della Chiesa,
insegna anzitutto che la vocazione è la chiamata che a ciascuno fa il
Signore, affinché lo serva in un modo, piuttostochè in
un altro. (XI, 573).
Egli
riconosce quindi che la chiamata ad ogni stato di vita viene da Dio
stesso. Soprattutto parlando della vocazione alla vita sacerdotale o
alla vita religiosa, egli presenta tale vocazione come dono divino e
frutto della elezione e della fiducia di Dio verso la sua creatura, per
cui nel Giovane Provveduto scrive: ≪ Se Dio ti chiama a
lasciare, il mondo, arrenditi presto≫.
Egli
riconosce così chiaramente la vocazione divina, interna, previa
ad ogni vocazione ecclesiastica fatta dal Superiore, e senza della quale
ogni chiamata del Superiore è infruttuosa. ≪ Spetta a Dio solo,
egli ammonisce, scegliere i suoi ministri e destinarli alle varie
mansioni. Le vocazioni prodotte dall'artificio e mantenute da una specie
di malafede, recano poi disonore alla casa di Dio≫. (V, 404).
2.
Il dono della vocazione, insegna ancora Don Bosco, viene gratuitamente
da Dio; non è fatto a tutti, nè dipende solo dalla volontà del
soggetto, o dai genitori, dagli educatori. (VII, 828-829). Essendo dono
gratuito, che non è fatto a tutti, si comprende come non tutti quelli
che intraprendono la carriera ecclesiastica o religiosa giungono alla
meta. (XVI, 85).
3.
La divina chiamata allo stato ecclesiastico o religioso è garantita da
quei segni esterni, che costituiscono la idoneità al
sacerdozio o alla vita religiosa.
≪
Senza tutti i necessari requisiti — afferma Don Bosco —
nessuno è ammesso a vestire l’abito chiericale≫. (VII, 182).
Ecco indicati i due elementi della vocazione: i necessari requisiti,
naturali e soprannaturali che garantiscono la chiamata di Dio, il quale
chiama efficacemente, ossia dà l’idoneità allo stato a cui
chiama; e l'ammissione da parte del confessore e dei superiori,
in base ai necessari requisiti riconosciuti nel candidato, di cui essi
sono giudici competenti.
Tra
i necessari requisiti della vocazione, Don Bosco propone
esattamente quanto Pio XI insegnerà nell’Enciclica Ad Catholici
Sacerdotii: ossia il fine soprannaturale nel tendere al
sacerdozio e nell’abbracciare la vita religiosa (V, 403); ed inoltre
l’idoneità certa, che consiste nelle doti fisiche e morali,
necessarie a tale stato di vita: soprattutto. sanità, scienza e moralità
garantita. (XVI, 14-15).
O
Maria, è a Te che corre il mio pensiero riconoscente quando considero la
grandezza e la bellezza
della vocazione che Dio mi ha dato, non senza la tua
materna intercessione.
Me
lo ricorda infatti Don Bosco: ≪ Riguardo alla vocazione, Maria
Vergine aiuta molto: ed uno che da solo fa poco, con l’aiuto di Maria
fa molto≫. (XII, 576),
Aiutami
dunque tu, o Maria, a corrispondere alla mia vocazione ed a favorire
tale corrispondenza anche negli altri.
Punto
Secondo
Norme
di Don Bosco nel favorire le vocazioni
E’
Dio che chiama al sacerdozio ed alla vita religiosa. Ma Dio vuole che il
dono prezioso della vocazione sia favorito e curato dai
superiori e dagli educatori.
La
vocazione è un seme divino che Dio getta nel buon terreno dell’anima
giovanile. Ma sono pure necessarie le cure sollecite dell’agricoltore
sagace e zelante, perché tale seme si sviluppi e giunga a maturità,
portando frutti ubertosi e perseveranti.
Su
questo Don Bosco insiste continuamente ed indica sapienti accorgimenti
per favorire e sviluppare il germe divino della vocazione nei cuori
giovanili.
1.
≪Bisogna, usare grande amorevolezza coi giovani, trattarli bene.
Questa bontà di tratto e questa amorevolezza sia il carattere di tutti
i superiori, nessuno eccettuato. Fra tutti riusciranno ad attirare uno,
e basta uno per allontanare tutti. Oh, quanto si affeziona un giovane
quando si vede ben trattato! Egli pone il suo cuore in mano ai
superiori. Molti giovani si decidono (ad entrare in Congregazione) dopo
questi atti di confidenza speciale che si danno loro. Se essi, trattati
così, familiarmente, domandano della propria vocazione, suggerir loro
di parlarne in confessione... ≫. (XXI, 88 ss.).
2.
Frequenza grande ai Sacramenti. (XII, 88). La vocazione religiosa e
sacerdotale è il rigoglio della vita cristiana. Alimentando la vita
della grazia alle fonti vive dei Sacramenti, si favorisce altresì lo
sbocciare dei fiori più belli e la maturazione dei frutti più ubertosi
della vita soprannaturale, ossia le vocazioni alla vita perfetta.
3.
≪ Giova tanto — consiglia Don Bosco — il far bene le
cerimonie, le quali dimostrano con quale posatezza e santità si debba
procedere nello stato ecclesiastico, al quale per avventura i giovani si
sentono chiamati ≫. (XII, 89).
4.
≪ Giova poi immensamente — egli aggiunge — il promuovere il
piccolo clero. Io sono del parere che sia esso il semenzaio delle
vocazioni ecclesiastiche. Chi si veste da chierico o vede il suo
compagno vestirsi in questo modo, lo vede grazioso, far bene le
cerimonie, farle posatamente, avere un posto distinto all’altare, non
può a meno di sentirsi alquanto inclinato a quello stato≫. (XII,
89).
5.
A stimolare ogni iniziativa di zelo per la coltura delle vocazioni, non
si mediteranno mai abbastanza queste parole programmatiche di Don Bosco:
≪Ricordiamoci che noi regaliamo un grande tesoro alla Chiesa,
quando noi procuriamo una buona vocazione; che questa vocazione, o
questo prete vada in Diocesi, nelle Missioni, o in una Casa religiosa,
non importa; è sempre un gran tesoro che si regala alla Chiesa di Gesù
Cristo ≫.
≪Per
mancanza di mezzi non si lasci mai di ricevere un giovane che dà buone
speranze di vocazione. Spendete tutto quello che avete, e se fa'
mestieri andate anche a questuare, e se dopo ciò voi vi troverete nel
bisogno, non affannatevi, che la SS. Vergine in qualche modo, anche
prodigiosamente, verrà in vostro aiuto≫. (V , 39 6-9 7).
Ma
è soprattutto con la preghiera, o Gesù, che si merita e si conserva il
dono divino della vocazione. Tu me lo insegni: ≪La messe è molta,
ma gli operai sono pochi. Pregate il Signore della messe, perché mandi
operai alla sua messe≫. (Luca, 10, 2).
Punto
Terzo
I
consigli di Don Bosco ai chiamati
Dopo
aver con industriose attenzioni favorito il germe divino della vocazione
nei giovani delle sue case ed averli accolti in Congregazione, Don Bosco
non trascurava le tenere pianticelle, esposte a tanti pericoli; ma
continuava ad averne la massima cura, onde garantirne lo sviluppo e la
perseveranza.
Quanti
hanno avuto la fortuna di passare i primi anni di vita religiosa e
salesiana accanto a Don Bosco, sono concordi nell’elevare un inno di
imperitura riconoscenza al tenerissimo padre delle loro anime, alla cui
amabile bontà, pazienza inesauribile e sapiente direzione, dopo che
alla grazia divina e alla materna assistenza dell’Ausiliatrice, essi
sono unanimi nel riconoscere doversi attribuire la perseveranza nella
loro vocazione.
Gli
esempi del Padre suonano monito tempestivo ad ogni superiore, perché
voglia prendersi la massima cura dei giovani Confratelli, continuando
per ognuno di loro la bontà, la pazienza e il continuo interessamento
di S. Giovanni Bosco.
Se
è già merito grande presso Dio salvare un giovane e conservarlo nella
grazia divina, mettendolo nella morale impossibilità di offendere il
Signore, quanto maggiore è il merito nel conservare e salvare con
preveggente cura e amorevole assistenza, la vocazione di un giovane
Confratello!
Quanto
spesso i giovani chierici e coadiutori versano in seri pericoli di
perdere la vocazione, perché non trovano l’aiuto tempestivo di chi
deve avere cura di loro!
Per
spronare alla perseveranza tutti i suoi cari figli, che hanno professato
le Regole salesiane, Don Bosco riassume, per così dire, tutti i fervidi
ammonimenti del suo cuore paterno in queste parole: ≪ In ogni
nostro uffizio, in ogni nostro lavoro, pena o dispiacere, non
dimentichiamoci mai che, essendoci consacrati a Dio, per Lui solo
dobbiamo faticare, e da Lui soltanto attendere la nostra mercede≫.
(Introd. alle Costituz.).
Ci
siamo consacrati a Dio, siamo
quindi infinitamente ricchi, perché Gesù, il Trionfatore del dolore,
delle umiliazioni, del peccato, del demonio e della morte, è nostro e
noi siamo suoi, associati al suo stesso trionfo, pur attraverso la
Croce. ≪ Sono momentanei i patimenti della vita presente, ma sono
eterni i godimenti della vita futura ≫, ci è stato ricordato dopo
la Professione religiosa.
Aiutami,
o Gesù, a vincere ogni scoraggiamento e prova, poiché vale di più un
giorno nella tua casa, portando la tua Croce salvifica e redentrice, che
mille in mezzo ai pericoli del mondo.
Vergine
Ausiliatrice, concedi a me e a tutti i miei confratelli il dono
inestimabile della perseveranza.