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UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

13° Luglio

UMILTÀ DI SAN GIUSEPPE.

 

Ciò che san Bernardo ha detto di Maria, si può con qualche proporzione dire di S. Giuseppe: per la verginità, egli è caro agli occhi di Dio, e per la sua umiltà fu scelto a padre adottivo di Gesù. Potendo farsi onorare dagli uomini con il più augusto dei titoli che uomo mortale giammai portasse, egli tutto lo splendore ne lasciò, per non riservarsi che le umiliazioni, le fatiche e gli stenti che erano da questa carica inseparabili. Quale gloria di entrare in società con Dio! Di essere eletto ed incaricato da Dio a governare e guidare un Dio, di esser capo di una famiglia in cui qual bambino vi si trova un Dio! Santi che vivete sopra la terra o che regnate in cielo, tutta la vostra gloria consiste nell'essere servi, amici, fratelli di Gesù Cristo; ma la gloria di Giuseppe è essere sua guida, suo angelo, suo superiore, suo asilo, suo padre. E chi non avrebbe creduto ch'egli si sarebbe giovato di si gloriosa paternità? Eppure tutt'altro: egli era un uomo giusto : Joseph autem erat iustus ; e per un principio stesso di giustizia, più Dio lo innalzò e più ancora esso si umiliò. Giuseppe era giusto, ed ecco perchè egli non rinunciò alla gloria del suo sublime ministero, solo per adempirne gli umilianti e penosi doveri. Che i figliuoli di Zebedeo usino dei privilegi della lor parentela con Gesù Cristo per far chiedere a lui i due primi posti nel suo regno; che gli altri suoi parenti adirati perch'egli dimori nelle piccole borgate, nelle quali senza strepito opera di grandi prodigî, lo eccitino di andarne a fare in Gerusalemme nelle feste di Pasqua, sperando che la fama che gliene verrà ridonderà in loro pro; Giuseppe non curante di questa gloria, tranquillo dimora nella sua bottega, e senz' arrossirne si esercita nell'oscura professione che la Provvidenza gli ha assegnato. Gesù Cristo, dice il dotto abate Ruperto, fu promesso a tre grandi uomini, ad Abramo, a Davide e a Giuseppe. Ad Abramo fu promesso come uomo: In semine tuo benedicentur omnes gentes; a Davide come re: De fructu ventris tui ponam super sedem tuam; come Dio a Giuseppe: Noli timere accipere Mariam coniugem tuam, quod enim in ea natum est, de Spiritu sancto est. Ma non si può egli aggiungere alcun che a questo pensiero, dicendo che Giuseppe si è tenuto contento di nutrire e proteggere un fanciullo, il quale, nonostante essere Dio, ha preso sopra di sè le umane miserie, il quale, nonostante fosse re, prese la sembianza di servo, e nell' oscura vita che meno ascose la sua divinità? Abramo accolse nella sua casa tre angeli; Giuseppe diede ricetto al Dio di Abramo e degli angeli; Davide affamato chiese del pane a Melchisedec, e Giuseppe ne diede al figliuolo di Davide; e appieno fortunato di poter allevare o cibare un Dio, un uomo, un re nella persona di Gesù Cristo, egli senza curarsi punto della gloria, ne amò lo umiliazioni e le pene. La sua giustizia che gli era di norma in tutte le sue vie poteva ella inspirargli altri sentimenti? E poteva egli cercare d'innalzarsi, vedendo un Dio annichilarsi? Aspirare ai primi posti della Giudea sapendo che il suo regno non è di questo mondo? mostrarsi con pompa in quella che il Sovrano di tutta la terra si riduceva a dimorare volontariamente con un povero artigiano e a vivere umilmente delle sue fatiche? O il più grande dei santi e il più umile degli uomini, voi che tutto potete presso di Gesù e di Maria, ottenetemi la grazia ch'io come voi a loro mi rassomigli per una sincera e profonda umiltà!

 

O fedele imitatore di Gesù e di Maria, umilissimo S. Giuseppe, voi che vi riputaste si dappoco, mentre eravate pur sì grande agli occhi di Dio, insegnatemi ad essere, come voi, umile di cuore. Ahimè! I miei peccati oltre d'avermi reso ingrato a Dio, mi hanno ricolmato di una folle superbia che è la più gran piaga dell'anima mia. Voi cercaste sempre di restare occulto tra gli uomini; e i doni celesti di cui eravate ripieno v'ispiravano sentimenti di umiltà: ed io non cerco invece che di comparire e d'essere stimato dal mondo; Ah! il mio amor proprio mi ha accecato: voi lo vedete, ed io corro così alla mia rovina. Ottenetemi, o mio grande avvocato, la grazia di riconoscermi per quel che sono e di sapermi disprezzare come io merito, al fine di meritare le grazie che Dio suole dare agli umili di cuore.

 

FIORETTO. Fate qualche alto esterno di umiltà.

 

Due guarigioni ottenute per intercessione di S. Giuseppe.
Si legge nel Devoto di S. Giuseppe (Anno IV Fasc. III): «Sui primi giorni del mese di Marzo, sacro al glorioso Patriarca, una grave malattia venne a colpire il nostro amatissimo prevosto ed a funestare la gioia dei suoi parrocchiani, che provarono così viva al cominciar di questo santo mese. Era un mercoledì e il predicatore, parlando appunto del potere illimitato di S. Giuseppe presso Dio, conchiuse deponendo ai piedi del Santo una fervorosa preghiera a nome del Clero e dell'uditorio per la salute dell'illustre ammalato. Da quella sera in poi gli si calmarono i dolori, il male andò sempre diminuendo, pochi giorni dopo fu dichiarato in perfetta convalescenza, e nel dì del Patrocinio i parrocchiani assistettero con giubilo alla Messa solenne cantata da lui in ringraziamento a Dio per la recuperata salute ad intercessione di S. Giuseppe. «Nello stesso mese una giovane, affetta da non lieve indisposizione nelle mandibole, ebbe a soffrire assai lunghi ed acuti dolori nelle funzioni della bocca. Temevasi, che questo male, convertito poi in fistola, avrebbe reciso quel fiore sulla primavera della sua vita. Ma la poverina, piena di confidenza in S. Giuseppe, di cui è devotissima, si rivolse a Lui con fervorose preghiere, e tosto scomparve il suo male: ed è lietissima di porgerne per mezzo mio pubblica e solenne testimonianza a gloria del Santo.»

 

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