UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
17° Luglio
PROVE E GIOIE DI S.
GIUSEPPE.
Le grazie ci cui Iddio volle ricolmare la Vergine immacolata e il benedetto Sposo di lei sono d'un ordine così elevato che mai non se ne vide, nè se ne vedrà di somiglianti. La Vergine, l'opera miracolosa dell'onnipotenza d'un Dio, ebbe da lui tale pienezza di doni che meritò di essere Madre del Verbo incarnato. San Giuseppe, umile operaio, non stimato dal mondo, fu sublimato all'onore ineffabile d'essere vero sposo della madre di Dio, padre adottivo dell'Unigenito dell'Eterno, e custode del creatore dell'universo. Per tanti favori chi può dire i sentimenti di gioia e di riconoscenza che provavano nei loro cuori Maria e Giuseppe? Ma se le gioie furono grandi, non furono minori le tribolazioni onde Iddio volle provare queste due anime eccelse. Poichè la vera e perfetta felicità non trovasi che in cielo: e questo
esilio è il tempo della lotta, dell'amarezza e della tentazione. Quando Dio manda consolazioni e dolcezze, è per animare al combattimento e alla vittoria. Giuseppe, l'uomo il più amato e favorito da Dio, va innanzi a tutte le anime afflitte e tribolate. Il Signore gli tenne occulta la miracolosa incarnazione del Verbo: quando s'accorse che la Vergine era per divenir madre, quest'uomo giusto che ben conosceva la santità della sua sposa, ma non ne sapeva spiegare il mistero, si decise, con indicibile strazio del cuor suo, di separarsi da lei tacitamente, che martirio per quelle due anime! Maria vedeva la desolazione dello sposo, e doveva tacere: Giuseppe non poteva comprendere quel che pure vedeva, ed era costretto a disgiungersi dalla più santa e più pura di tutte le creature. Che cordoglio! Alla fine l'Angelo l'assicura dell'opera
sovrannaturale e celeste. Allora un torrente di gioia riempie il cuore di lui già cotanto amareggiato. Ma che? non appena aveva assaggiato le dolcezze divine del gran mistero e tutto in estasi di ammirazione contemplava la bella sorte concessagli da Dio d' essere sposo alla madre stessa di Dio, che deve recarsi a Betlemme per obbedire al comando di Augusto, e condurvi con sè la tenera verginella per un viaggio il più disastroso, e sostenere poi il rifiuto da tutti i cittadini che negarono di dar ospitalità a due poveri viaggiatori. Che dolore! Ma ben presto viene consolato dal vedere nato il Redentore del mondo, che egli adora e stringesi al seno con infinito tripudio del suo cuore. Se non che poco durarono queste allegrezze, che un comando divino gl' impone di fuggire, di notte e in secreto, dal furore d'un barbaro re che trama insidie alla vita del pargoletto Gesù. E così in seguito la vita di questo glorioso Patriarca fu un alternarsi continuo di dolori e di gioie per ammaestrarci che Dio vuole provare con afflizioni e tristezze i suoi servi, per loro gran merito, ma sa ancora spargere soave balsamo di consolazioni sulle sventure più aspre che li travagliano. Però confortatevi nelle amarezze, perchè a quelle seguiteranno gioie ineffabili, se vi manterrete fedeli al vostro Dio.
O ammirabile gran Patriarca san Giuseppe, io vi supplico umilmente per quella eroica fermezza con cui avete sofferto tutte quelle tribolazioni con le quali Iddio volle provare la vostra virtù, impetratemi rassegnazione e forza per soffrire con pazienza tutti i mali di questa vita miserabile. Ricordatemi spesso che tutte le afflizioni mandatemi da Dio servono al compimento della sua adorabile volontà: e quando sarò giunto al termine della mia mortale carriera, concedetemi il vostro valevole patrocinio, affinchè dopo d'avere sostenuto con coraggio l' ultima e formidabile prova, possa salire in cielo, dove le mie lacrime si cambieranno in una perpetua allegrezza.
FIORETTO. Invocate san Giuseppe con fiducia in tutte le vostre pene.
Ammirabile vita d'un gran servo di san Giuseppe.
Si è osservato che fra i maggiori servi di Dio, quelli che si chiamavano Giuseppe hanno avuto più grande applicazione alla vita interiore imitando così il loro santo Patriarca. Non vi è vita più degna d'ammirazione di quella di S. Giuseppe da
Copertino, dell'Ordine dei Frati Minori, che tanto si distinse per la tenerissima sua devozione al casto Sposo di Maria Vergine. Si può ben assicurare che dal giorno felice in cui Giuseppe ebbe il sacerdozio, fino a quello della sua morte, su totalmente straniero alla terra, e che in lui s'adempì perfettamente il detto di S. Paolo: «la nostra conversazione è nei cieli. Non solo il suo spirito stava in Dio e con i suoi angeli: ma il corpo stesso, attirato
dall'anima, pareva avesse perduto tutto il materiale e fosse rivestito di quelle fortunate doti che l' Apostolo dice appartenere ai corpi gloriosi. Non richiedendo quasi nessun alimento, viveva miracolosamente sostenuto da celesti cibi. Quante e quante volte fu veduto elevarsi ad un'altezza considerabile, in presenza d'affollato popolo muto per lo stupore! La vista del sacro ciborio in cui dimora l'Agnello senza macchia, oppure quella d'un crocifisso, o della Ss. Vergine, anzi talvolta il solo sentir nominare Gesù e
Maria, bastava per produrre in esso un si straordinario fenomeno, che fu veduto ed autenticato dai principali personaggi di quell'epoca, fra cui si annoverano vescovi, cardinali, principi ed anche sommi pontefici, in tal modo che pochi fatti possono riunire un così gran numero di prove per convincere lo spirito anche dei più diffidenti. Questi rapimenti erano si frequenti in Giuseppe che quasi vi sarebbe luogo a chiedere se sia più vissuto in terra o in cielo. Da ogni parte accorrevano persone per vederlo: e questa meraviglia diede molte anime alla Chiesa, fra le quali è celebre la conversione di Gian Federico duca di
Brunswich. Erano inutili tutte le prove fatte ancora dalla S. Inquisizione, per nasconderlo all'immensa folla che in ogni luogo era attirata dalla santa curiosità di vederlo, per cui si turbava poi la quiete dei conventi ove abitava il santo religioso. Maggiori si facevano questi miracoli, quanto più il sant' uomo s' avvicinava al termine della vita, giacchè negli ultimi anni le estasi erano si spesse che non ne rinveniva se non che alla voce dell'obbedienza. Viveva sequestrato dalla Comunità di cui non poteva seguir le regole, ed obbligato dalla medesima cagione a celebrare la santa Messa in un oratorio appartato. Ma le estasi non furono i soli doni straordinari da Dio accordati al suo servo Giuseppe: che anzi pare che il Signore abbia voluto fargli parte di tutti i privilegi mistici. Più di cento guarigioni gli sono attribuite; ma egli con grande umiltà le celava, dandone il merito o alla SS. Vergine, o a S. Bernardino da Siena, dei quali invocava i nomi allorquando stendeva la mano sul capo degl'infermi. Aveva ancora un fino discernimento degli spiriti; illuminato da cognizioni soprannaturali, penetrava i più nascosi segreti del cuore e leggeva nelle coscienze. Molte volte fece ricordare ai peccatori delle colpe dimenticate ed arrossire molti altri sullo stato della loro anima. Spesse volte dopo essersi trattenuto con qualche libertino gli rimaneva un odore insopportabile che nè i profumi, nè il tabacco potevano togliere: giacchè questo uomo angelico aveva un sommo orrore dei peccati carnali, benchè avesse guerre terribili a sostenere da tali nemici, permettendogliele Iddio certamente per purificare la sua virtù e mantenerlo nell'umiltà come l'Apostolo. Il profumo soavissimo che non ha alcuna somiglianza con i terreni e si esala dai corpi santi dopo la loro morte, usciva invece da quello di Giuseppe mentre era ancora in vita, e s'attaccava alle persone o agli oggetti da lui toccati, agli abiti che indossava, alle camere ove abitava, o ancora soltanto ove fosse entrato, e vi durava molti giorni ed anche settimane. La vita dunque di san Giuseppe da Copertino fu un continuo miracolo di cui non si può dubitare, poichè ogni ragione che cercasi ordinariamente per negar fede a tali cose, qui non ha luogo. Egli visse in un secolo illuminato dalla moderna civiltà: in un'epoca nella quale lo spirito in generale dei popoli era piuttosto alieno dal prestar fede ai miracoli, che facile a crederli. Se questi non avessero altri testimoni che i religiosi suoi confratelli, qualcuno potrebbe temere che avessero voluto con frode procurar al loro Ordine una gloria non meritala: ma tale obbiezione cade tosto da sè stessa, poichè i prodigi successero in pubblico, in presenza di molti personaggi sapienti, che non potevano nè volevano rimanere ingannati, avendo in mano tutti i mezzi per scoprire se mai vi fosse imbroglio. Non senza un sapientissimo fine, Iddio fece comparire san Giuseppe da Copertino in un tempo in cui il razionalismo e il dubbio, scatenati dall’eresia di Lutero, avrebbero con insolente audacia attaccate le storie meglio comprovate ed i miracoli più autentici e cercato di ridurre la santità ai frivoli titoli di credenze proprie di secoli ignoranti e stupidi. La provvidenza ha protestato contro questo spirito iniquo sempre riprovato dalla Chiesa,
facendo vedere al mondo uniti nella sola persona di san Giuseppe da Copertino i più grandi e straordinari prodigi.