UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
6° Settembre
VITA DOPO LO SPOSALIZIO.
Mettiti alla presenza di Dio come il primo giorno.
Virtù: Mutua carità.
Anna Caterina Emmerich dice, che Sant'Anna condusse la Beata Vergine a Nazaret, ma che Giuseppe, il quale era stato chiamato all'improvviso, dovette tornare a Betlemme, per metter in ordine le cose sue. La casetta ove Maria andò a stare apparteneva a Sant'Anna, che l'aveva assestata per quando la figlia si maritasse. Questo pegno del Divino amore, ove ebbe luogo l'incarnazione del Verbo, fu trasportato dagli angeli in tempi posteriori per aria in Dalmazia, e da li presso di noi in Italia, come ben sappiamo. E ancora al di d'oggi, fra tanti mali che regnano nel mondo, i fedeli continuano ad accorrere a Loreto, a visitar la santa Casa, con immenso vantaggio delle anime loro. È piccolissima, e degna dei tre grandi amanti della santa povertà, che vi hanno abitato. La vita santissima che questi due sposi sublimi vi hanno menata, dice il P. Cochem, non può esser intesa, senza lumi speciali dello Spirito Santo ; perchè è un tale complesso di virtù e santità, che la nostra mente non lo può afferrare altrimenti, se non riflettendo che la Beata Vergine era un vaso sceltissimo ripieno di grazia, una creatura immacolata, destinata a Madre di Dio, che operava ad ogni istante nel modo il più perfetto, e che San Giuseppe era un uomo di consumata santità, prescelto a sposo della Regina degli angeli, e a Padre putativo del Figlio di Dio. Così rimasero annodate fra loro dal Signore queste due castissime e dolcissime tortorelle, Maria e Giuseppe, le due più belle anime che fossero mai uscite dalle mani dell' Onnipotente. Incominciarono in quella casetta ad esercitare tutte le virtù, ma specialmente la mutua carità, l'umile condiscendenza, la preghiera, il lavoro, e la santa povertà. Si promisero un casto affetto, e di vivere come fratello e sorella innanzi a Dio. Da lì ne venne un'ammirabile unione di volontà in ogni cosa. Una parte della dote di Maria, ad imitazione di Sant'Anna e San Gioachino, la diedero per il tempio: un'altra la divisero subito fra i poveri, e la terza ben piccola rimase in mano a San Giuseppe (che non aveva più fortuna propria) per il loro sostentamento. Siccome fin allora egli si era mantenuto con il mestiere di falegname, chiese a Maria se gli permetteva di continuarlo. Essa lodó quest'attività, che gli procurerebbe anche mezzi da soccorrere i suoi cari poverelli. Maria di Agreda, da cui tolgo le suddette particolarità, aggiunge: «Giuseppe era penetrato da profondo rispetto verso la SS. Vergine, sul cui volto osservava sempre come uno splendore di paradiso, che gl'incuteva una profonda venerazione. Perciò da principio non voleva comandare, ma solo ubbidire a Maria. Essa però gli rappresentò, che, secondo l'ordine posto da Dio, l'uomo doveva essere il capo, e allora si arrese». Quando l'Arcangelo Gabriele venne ad annunziare alla Beata Vergine l'incarnazione del Verbo nel suo castissimo seno, e che questo mistero si compi', dice la Emmerich, Giuseppe era bensì tornato da Betlemme, ma in causa di altre faccende si trovava assente per qualche giorno da Nazaret, cosicché fino a quel punto dovevano essere stati ancora ben pochi giorni insieme. Frattanto s'avvicinava la Pasqua, e siccome tutti gli uomini ebrei cercavano di celebrarla a Gerusalemme, San Giuseppe si preparava nuovamente a lasciar Maria SS. Allora essa lo pregò di
prenderla con sé, e mentre egli si fermerebbe per la festa, permetterle d'andare da sua cugina Elisabetta, nelle montagne. Soggiunse ancora, esserle stato rivelato che l'Altissimo aveva benedetta Elisabetta, accordandole il figlio da tanto tempo desiderato: le pareva quindi un dovere (se Giuseppe glielo permetteva) di visitarla; al che questi volentieri acconsenti. Considera da quello che queste due sante anime (Agreda ed Emmerich) dicono di quella coppia SS. quale completa armonia regnava fra di loro. Oh! se nel mondo tutti cercassero di starsene al loro posto, e operare sempre con umiltà, condiscendenza e obbedienza, quante inquietudini di meno si vedrebbero nelle famiglie, e come diverrebbero pacifici e più lieti nel Signore i circoletti domestici! Il demonio, a cui preme di spingere le anime fra le distrazioni del mondo, cerca sempre di spargere zizzania e dissapori che le disgustino dalla vita di famiglia. Ma se le anime sapessero passar su sui mille niente, che mettono sossopra le case, come tutto andrebbe meglio! Taluno mi risponderà: lo credo, ma la colpa non è mia.
Con tutto ció, fa da parte tua quello che puoi, per mantener la pace e la concordia, e vedrai che gli esempi e le insinuazioni d'un cuor mansueto non sono mai senza frutto. Forma or dunque ai piedi di Maria e Giuseppe un fermo proposito d'imitarli nella mutua carità, mansuetudine e condiscendenza; e non dubitare che Gesù non ti dia sempre la grazia sufficiente per poter perseverare in cosìi santa risoluzione, e crescere altresì ogni giorno nell'imitazione di questi due SS. Sposi.
MASSIMA.
- L’unione dei membri del corpo mistico di Gesù non dev'essere minore di quella dei membri del nostro corpo, che l'uno serve all'altro.
GIACULATORIA. — Caro San Giuseppe, fateci comprendere il vero senso della parola carità, e fateci operare sempre secondo i suoi dettami.
ORAZIONE. - O amabilissimo S. Giuseppe, prostrato ai vostri piedi, vi prego di domandar perdono a Gesù per tutte le mie innumerevoli mancanze di carità. E per il mutuo amore in Dio che vi portavate Voi e Maria, dirigete tutti i miei affetti in modo tale, che non vi sia mai in essi nè troppo, nè poco, ma tutta vera carità, quale la predicava San Giovanni Evangelista, senza sospetti, lamenti o altri difetti, che tutta ne insozzano la bellezza. E se avrò da fare dei sacrifici per la carità, offriteli, o caro Santo, per me al Cuor di Gesù, affinchè li gradisca e benedica.
FIORETTO.
- Per amore e ad imitazione di S. Giuseppe fa oggi un fermo proposito d'emendarti totalmente dai difetti della lingua, che tanto nuocciono alla reputazione altrui e all'anima propria, e guardatene oggi attentamente.