LE 13 MOSSE DELL'ARTE DI EDUCARE
3. ASPETTARE
Siamo
alla terza mossa dell'arte di educare: 'seminare' è la
mossa di partenza; 'tifare' è la mossa che incoraggia
a crescere; 'aspettare' è la disposizione all'attesa
dei frutti nel figlio per non scardinare tutto in partenza.
Ecco perché il verbo 'aspettare' entra di diritto nel
vocabolario pedagogico.
Eppure, oggi, 'aspettare' è un verbo che proprio non
piace.
La velocità, la corsa ci sono entrate nelle vene.
Lavoriamo, mangiamo, guadagniamo e spendiamo talmente di corsa
che tutto ci scorre addosso senza sapore, senza lasciare
traccia.
Il guaio è che l'ossessione della velocità la riversiamo anche
sui nostri bambini.
A tre anni devono leggere, a quattro ballare, a cinque suonare,
a sei cantare, e poi vi è il corso di inglese, di judo, di
karatè...
Per favore, diamoci una calmata!
Basta con i piccoli che soffrono di ingorgo psichico!
Acceleriamo il servizio postale ed i treni, non i bambini!
Il pedagogista si domanda: che cosa vi è dietro a tanta voglia
di accelerare?
Ecco: alla base di tanta accelerazione stanno almeno due
ragioni.
La
prima: l'idea che l'infanzia sia un periodo inutile
della vita e quindi un'età da scavalcare il più presto
possibile.
Non c'è sbaglio più grave!
Essere (non diciamo 'restare'!) bambino non è tempo perso!
Anzi, proprio l'infanzia è il periodo più decisivo della vita.
Ormai questo è un principio accettato da tutti: il bambino è
il padre dell'uomo!
"Se hai piantato un cardo, non aspettarti che nasca un
gelsomino", recita il proverbio.
La
seconda: idea sbagliata che sta alla base della mania
di accelerare il bambino è pensare che 'partire' prima
significhi 'arrivare' prima.
Il che è tutto da dimostrare.
Anche nelle corse chi parte per primo non necessariamente arriva
primo al traguardo.
Se il piccolo inizia a tre anni a suonare il pianoforte, non è
per nulla scontato che sarà un grande pianista!
Dunque stracciamo quello che viene chiamato il 'complesso di
Mozart'.
Mozart (1756-1791) era un bambino prodigio, che a cinque anni già
componeva sinfonie.
Diamoci una calmata! Ritorniamo intelligenti: troppi corsi non
servono!
Dunque smettiamo di scorazzare tutto il giorno di qua e di là
per portare e per riprendere il figlio a scuola di danza, di
nuoto, di calcio...
I genitori taxi sono una sventura per i figli come i 'genitori-turbo'
che hanno il 'complesso dell'acceleratore'.
Lo scrittore cecoslovacco Franz Kafka (1883-1924) ci ha regalato
un'immagine bellissima: "Lasciate dormire il futuro. Se
lo svegliate, prima del tempo, otterrete un presente assonnato!".
Otterrete un bambino triste oggi e un adulto povero domani.
I fiori artificiali si fanno in un giorno, ma restano sempre
senza profumo.
È lecito?
Oggi al bambino succede tutto troppo presto.
Troppo presto assistono a scene di violenza, troppo presto
vedono scene erotiche.
"Hanno tre anni o poco più, e davanti ai loro occhi è
già passato di tutto. Nella loro mente si è depositato di
tutto: le siringhe nei parchi, gli incidenti per la strada, le
piaghe dell'AIDS sul viso di un ragazzo. Hanno visto la vita.
Hanno visto la morte", chi si sfoga in questi termini
è la psicologa Anna Maria Battistin.
Che ne dite?
È lecito sbattere tutto in faccia ai piccoli in modo così
brutale?
È vero che oggi vi sono alcuni che pensano che non si deve
nascondere nulla, né il proprio corpo, né la propria anima. Ma
è un dato di fatto che i bambini si sentono feriti nella loro
sensibilità, nei loro sentimenti.
Roberto Ossicini, docente universitario, nota che oggi abbiamo
"bambini fin troppo sviluppati sul piano intellettivo,
relazionale e straordinariamente immaturi su quello affettivo...
Bambini a forte rischio di manie ossessive, depressioni,
malattie psicosomatiche che una volta non intaccavano l'infanzia".
Non la intaccavano perché il bambino poteva essere bambino,
vivere da bambino.
Vien da non credere (eppure il fatto è reale): un piccolo di
nove anni alla domanda della Maestra: "Cosa farai da
grande?", ha risposto: "Da grande mi riposo!".
CITAZIONI D'AUTORE
• "Se amassimo davvero i nostri figli, non li costringeremmo a passare le giornate tra scuola, piscina, lezioni di piano o di violino, palestre, corsi di computer con il solo scopo di annichilirli" (Paolo Crepet, psichiatra).
"Il periodo che va da zero a sei anni è fatto di settanta mesi in confronto dei settanta anni che generalmente costituiscono un'esistenza.
• Ebbene, un'ora di quei mesi vale quanto un giorno dell'altro periodo della vita. Durante quei settanta mesi scorre, praticamente, tutta l'acqua dell'esistenza" (Arnold Gesel, psicologo statunitense, 1880-1951).
• "Badate bene che i vostri figli stanno combattendo una battaglia quasi disperata... Non c'è niente o quasi niente che vada bene per un bambino nel mondo d'oggi" (Marcello Bernardi, pediatra, 1922-2001).
4. AMARE
'amare' è il plinto che regge tutto l'impianto educativo.
Dunque, amare il
figlio!
Sembra la cosa più naturale del mondo, invece non lo è! Quanti
errori si commettono credendo di far del bene!
Aveva ragione il famoso pediatra, che già conosciamo, Marcello
Bernardi (1922-2001): "Non è vero che i propri figli
si amano perché sono i nostri. Si amano perché si impara ad
amarli".
L'amore è un'arte, ci ricordava lo psichiatra tedesco Erich
Fromm (1900-80) in un suo celebre libro: 'L'arte di amare'
(1956).
Ebbene chi va a scuola per imparare tale arte, viene a conoscere
tante cose.
La prima è la distinzione tra ciò che è amore e ciò che
amore non è.
Vediamo.
Amare non è
strafare
È saggio il proverbio che recita: "La madre troppo
valente fa la figlia buona a niente". Dunque, per
essere subito concreti: volete fare qualcosa di più per i
vostri figli?
Fate qualcosa di meno! Alcune indagini ci dicono che oggi sette
ragazzi su dieci sono 'malati di troppo amore'!
Amare non è
intronizzare il figlio
Ancora Erich Fromm avvertiva: "Amare significa
sostenere qualcuno, non cadere ai suoi piedi!".
Amare non è
pensare che sia proibito proibire
Il permissivismo sta all'amore come l'aceto sta al vino, come la
sabbia sta alla farina.
L'amore vero è robusto, esigente. Il padre che si impone al
figlio: "No, senza casco non vai in moto, per nessuna
ragione!", a conti fatti, lo abbraccia!
Ma, insomma, che cos'è l'amore pedagogico?
Amare è accettare il figlio
È dargli la sensazione che si è contenti che ci sia, che sia
così com'è è fargli percepire che la sua presenza non pesa,
che lo si vuole fino in fondo, senza condizioni. In una parola,
amare è dire al figlio: "Tu conti tutto per noi!".
Amare è
rinunciare al possesso
I figli sono come le navi: le navi non sono fatte per stare in
porto, ma per prendere il largo. Applicando a noi, amare è
tagliare, al più presto, il cordone ombelicale.
La cosa non è per niente facile.
Vi sono genitori che temono che il figlio cresca uomo. Lo
vorrebbero eterno bambino per poter coccolarlo e vezzeggiarlo
per tutta la vita.
Altri cadono nella tentazione del super protezionismo: "Mettiti
la maglia, togliti la maglia; sta' al sole, non stare al sole!;
a Gennaio non si esce perché fa freddo, a Febbraio c'è il
pericolo di raffreddarsi, a Marzo c'è il vento, ad Aprile il
primo sole, a Maggio l'allergia"...
No, questo non è amore, questo è soffocamento, freno,
incatenamento.
Amare è
attrezzare il figlio
È attrezzarlo perché possa gestirsi da solo, camminare sulle
proprie gambe, volare con le proprie ali.
Chi ama i fiori, non li calpesta, né li coglie per sé, ma li
lascia crescere, liberi e belli, nei prati del mondo.
Amare è
rendersi amabili
Se attrezzare il figlio perché sappia vivere da uomo è
l'aspetto più alto dell'amore pedagogico, rendersi amabili è
l'aspetto più simpatico.
Rendersi amabili, infatti, vuol dire renderci abbracciabili,
accoglienti, solari.
Renderci amabili vuol dire dare una ripassatina al nostro
carattere forse attaccabrighe, tortuoso, diffidente, acido,
freddo, variabile, per rivestirsi di un 'io' festivo,
colloquiale, vibratile e tenero, attento e generoso.
Una persona tutta amabile educa anche senza saperlo, anche senza
volerlo. Contagia, irradia fattori di crescita. Insomma, ama nel
senso più puro e più alto.
Ecco il vero amore pedagogico!
Se è così, l'augurio più indovinato che possiamo fare ad un
bambino non è quello di essere il più bello, il più ricco, il
più famoso, ma di essere il più amato. Nel modo giusto!
Allora - solo allora! - ringrazierà d'esser nato.
PRENDO NOTA
• Con l'amore non si gioca. Con l'amore si vive e si fa vivere.
• Non c'è cura senza cuore.
• 'Accorgersi' è una gran bella parola: significa 'far salire al cuore'. Il bambino sopporta tutto, tranne una cosa: l'indifferenza.
• Se manca l'amore, la casa diventa uno spogliatoio per cambiare gli abiti, un dormitorio per andare a dormire, una trattoria ove si mangia brontolando e si esce senza pagare il conto.
• I bisogni del bambino hanno nomi semplici: pane, casa, vestiti e coccole.
• L'educatore indifferente non dà mai niente.
• Una parola calda riscalda tre stagioni fredde.
Dal Bollettino Salesiano (mesi di Aprile e Maggio 2013) - COME DON BOSCO - articoli di Pino Pellegrino
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