LE 13 MOSSE DELL'ARTE DI EDUCARE
5. PARLARE
La
parola è fondamentale per tre motivi.
Primo:
perché è grazie ad essa che aiutiamo il bambino a costruirsi
la prima immagine di sé.
Se diciamo al piccolo: 'Sei meraviglioso!', il bambino
penserà d'essere tale.
Se gli diciamo: 'Non sei capace a far niente!', il
bambino si convincerà d'essere un buono a nulla.
Una volta il professor Leo Buscaglia volle fare un esperimento
con i suoi studenti universitari d'America.
Li invitò a buttare drasticamente nel cestino della
cartastraccia tutte le parole tristi, negative, invalidanti, per
sostituirle esclusivamente con parole positive, dolci, serene,
rassicuranti.
Accaddero cose fantastiche: l'atmosfera dell'ambiente cambiò in
modo radicale. Persino studiare divenne simpatico!
Secondo:
la parola è fondamentale perché sono le parole che trasmettono
pensieri, sentimenti, valori.
Vi è un abisso tra un ragazzo che sente sempre e solo 'mangiare',
'bere', 'vestire' e quello che sente anche 'dovere',
'rinuncia', 'amore', 'giustizia', 'Dio'.
Il primo penserà che nella vita basti diventare 'grosso' il
secondo si sentirà stimolato a diventare anche 'grande'.
Il famoso scrittore bulgaro Elias Canetti, premio Nobel (1981)
ammetteva d'essere stato 'costruito' dalle parole della
madre, donna colta ed orgogliosa. Rimasto orfano di padre in
tenera età, ricorda le serate che passava con la mamma a
leggere e a parlare e conclude: "Io sono fatto di quei
discorsi".
Terzo:
finalmente, le parole sono fondamentali nell'arte di educare
perché possono convincere.
Le armi vincono, le parole convincono!
Ebbene, qui tocchiamo il cuore stesso dell'educazione.
Educare non è comandare, non è castigare (anche se i comandi
ed i castighi ci vogliono, eccome!) educare è far succedere
fatti interiori: è persuadere, è convincere.
Datemi un ragazzo che sia davvero convinto che drogarsi è
suicidarsi, un ragazzo convinto che dove entra il bere, esce il
sapere..., e mi date un ragazzo che saprà tenere il suo giusto
posto anche in discoteca e al pub.
Sì, a conti fatti, l'educazione è parola condivisa.
I
CINQUE COMANDAMENTI DELLE PAROLE DETTE BENE
1. Prima di parlare controlla che il cervello sia inserito.
2. Quando parli pensa all'insalata: l'insalata è buona se ha più
olio che aceto.
3. Non dire sempre tutto quello che pensi, ma pensa sempre a
quello che dici.
4. Ricorda che la scienza sta ancora cercando una medicina più
efficace delle parole buone.
5. Se predichi acqua, non bere vino!
PAROLE DA MAI
DIRE!
• "Guarda come è bravo tuo fratello! Lui mangia gli
spinaci e tu no!".
• "Ci togliamo il pane di bocca per te, e tu ci ripaghi
in questo modo!".
• "Se fai così, ci fai morire!".
• "Ai miei tempi...!".
• "Ah, come si sta bene senza figli!".
• "Ma che figlio abbiamo!".
• "Sei un disastro!".
• "Tanto sei sempre lo stesso!".
• "Se lo fai ancora, non ti voglio più bene...".
Queste sono frasi da mai dire: urtano, spaventano, fanno sentire
il figlio colpevole d'esser nato, lo possono far cadere in
depressione, gli possono provocare sentimenti di odio contro i
genitori.
Queste sono frasi che possono uccidere più che le camere a gas!
Mai come in questo caso è indovinato il proverbio africano:
"Quando inciampa la lingua, è peggio che il piede".
PAROLE DI
QUALITÀ
• "È bello avere un figlio come te!".
• "Tu sei speciale per me!".
• "Sono felice di averti!".
• "La tua faccia è il più bel panorama del mondo".
• "Tutto si può sostituire, eccetto te".
• "Sei tu che dai senso alla mia vita".
• "Anche se fossi il più brutto anatroccolo, ti amerei
sempre con tutto il cuore che ho a disposizione".
• "Sono sempre abbracciabile per te".
Queste sono parole che mettono le ali al figlio, lo convincono
d'avere mille possibilità, parole che gli danno la grinta per
salire sul podio!
LE TRE PORTE
Un giorno il discepolo domandò al maestro: 'Maestro, quando si può parlare?'.
Il maestro rispose: 'Prima d'essere pronunciata, ogni parola deve passare attraverso tre porte'.
'È vera?', chiede il portinaio della prima porta.
'È necessaria?', domanda il guardiano della seconda.
'È gentile?', indaga il guardiano della terza.
'Verità, opportunità, gentilezza sono i requisiti della parola buona',
concluse il maestro.
6. RISPLENDERE
'Risplendere',
sì, perché educare non è salire in cattedra, ma è tracciare
un sentiero.
Educare è essere ciò che si vuole trasmettere!
Insomma, educare è risplendere!
Aveva ragione lo scrittore Ippolito Nievo (1831-1861) a dire che
"La parola è suono, l'esempio è tuono".
L'esempio ha una valenza pedagogica straordinaria almeno per quattro
ragioni.
1. Intanto
perché i figli imparano molto di più spiandoci che
ascoltandoci. I genitori forse non se ne accorgono neppure,
intanto i figli fotografano e registrano: "Vorrei avere
la tua buona volontà di lavorare, mamma, ma non vorrei
assomigliare a te per la tua nervosità" (Simona, nove
anni).
"Papà vorrei che quando mangi, non sputi nel piatto"
(Marco, otto anni).
"Bisticciano sempre, ma sono innamorati, difatti a
tavola papà dice sempre alla mamma: 'versami il vino, così è
più buono'" (Anna Lisa, dieci anni).
2.
L'esempio ha valenza pedagogica, poi, perché ciò che vien
visto compiere dagli altri è un invito ad essere imitato, è un
eccitante per l'azione.
I ricercatori ci dicono che quando, ad esempio, vediamo una
persona muovere un braccio, camminare, saltare... nel nostro
cervello vengono, istintivamente, messi in moto gruppi di
cellule (i mirror neurons: i 'neuroni specchio') che
spingono a ripetere ciò che si è visto.
3. La
terza ragione della forza pedagogica dell'esempio sta in
quella verità che i bravi insegnanti conoscono bene: "Se
sento, dimentico. Se vedo, ricordo. Se faccio capisco".
"Se vedo, ricordo". Dentro ognuno di noi sono
memorizzati mille gesti dei nostri genitori. È bastato vedere
il loro comportamento, per non poterli più dimenticare.
L'attrice Monica Vitti confessa: "Il
rapporto con mia madre è stato determinante. A lei devo tutta
la mia forza e il mio coraggio, la serietà e il rigore che ho
sempre applicato nel mio lavoro".
A sua volta Enzo Biagi confida: "Di
mio padre ricordo la grandissima generosità, la sua apertura e
la sua disponibilità verso tutti. Non è mai passato un Natale,
e il nostro era un Natale modesto, senza che alla nostra tavola
sedesse qualcuno che se la passava peggio di noi... Non è mai
arrivato in ritardo allo stabilimento. E io ho imparato che
bisogna fare ogni giorno la propria parte".
Anche il papa Paolo VI ha i suoi ricordi: "A mio padre
devo gli esempi di coraggio. A mia madre devo il senso del
raccoglimento, della vita interiore, della meditazione".
Le testimonianze riportate ci lanciano la domanda più seria tra
tutte: "I figli ci 'guardano'. Che cosa vedono?".
4. Finalmente
l'esempio è decisivo perché è proprio l'esempio a dare serietà
alle parole.
Si può dubitare di quello che uno dice, ma si crede a quello
che uno fa.
A questo punto è facile concludere: educare è non offendere
mai gli occhi di nessuno!
Il grande scrittore russo Feodor Dostoevskij
(1821-1881) ha lasciato un messaggio pedagogico straordinario:
"Io mi sento responsabile non appena uno posa il suo
sguardo su di me".
Magnifico!
Beati i figli che hanno più esempi che rimproveri!
Beati i figli che hanno genitori che prima di parlare chiedono
il permesso all'esempio!
Beati i figli che hanno genitori le cui parole d'oro non sono
seguite da fatti di piombo!
PRENDO
NOTA
L'educazione inizia dagli occhi, non dalle orecchie.
Oggi i ragazzi ascoltano con gli occhi.
Roberto Benigni, alludendo alla sua esperienza con Federico
Fellini, dice: "Quando si sta sotto una quercia, forse
rimane in mano qualche ghianda".
I fatti contano più delle parole. La rosa avrebbe lo stesso
profumo, anche se si chiamasse in un altro modo.
Per imporsi non serve la costrizione, ma l'ammirazione.
Spesso si raddrizzano gli altri semplicemente camminando
diritti.
L'educazione più che una tecnica è una respirazione. Se i
figli vivono in un'atmosfera elettrica, diventano elettrici...
Chi parla di dieta con la bocca piena, si auto esclude in
partenza.
Quando nel deserto non vi sono le stelle e la notte è buia come
la pece, restano le orme. Gli esempi sono le orme!
Quattro proverbi per terminare: "Come canta l'abate,
così risponde il frate". "La ciliegia verde
matura guardando la ciliegia rossa" (Palestina).
"Educatori storti, non avranno mai prodotti dritti"
(Olanda). "Se la pernice prende il volo, il piccolo non
sta a terra" (Africa).
IL MUSICISTA
C'era una volta un musicista che suonava da vero artista uno
strumento.
La musica rapiva la gente a tal punto che si metteva a danzare.
Per caso un sordo, che non sapeva nulla della musica, passò di
là e, vedendo tutta quella gente che ballava con entusiasmo, si
mise, lui pure, a danzare!
La vista persuade più dell'udito.
LA PIETRA
MILIARE
La pedagogia è stata stampata su carta milioni di volte, in
milioni di copie. La trovi in tutte le lingue. Eppure l'umanità
è ancora ferma. Che cosa aspetta? Aspetta testimoni in carne ed
ossa, uomini di fatti e non di fiato! Poi si muoverà.
L'educazione non ama essere raccontata. Vuole essere vissuta:
allora si diffonderà da sé.
GANDHI E LA RAGAZZA GOLOSA
Una volta una madre preoccupata per la figlia che aveva preso la brutta abitudine di abbuffarsi di dolci, si recò da Gandhi.
Lo scongiurò: "Per favore, Mahatma ('grande anima') parla tu con mia figlia in modo da persuaderla a smetterla con questo vizio!".
Gandhi rimase un attimo in silenzio un pò imbarazzato, poi disse: "Riporta qui tua figlia tra tre settimane, allora parlerò con lei, non prima!".
La donna se ne andò perplessa, ma senza replicare.
Tornò, come le era stato proposto, tre settimane dopo, rimorchiandosi dietro la figlia, golosa insaziabile.
Stavolta Gandhi prese in disparte la figlia e le parlò dolcemente con parole semplici e assai persuasive. Le prospettò gli effetti dannosi che possono causare i troppi dolci. Quindi le raccomandò una maggiore sobrietà.
La madre, allora, dopo averlo ringraziato, nell'accomiatarsi, gli domandò: "Toglimi una curiosità, Mahatma: mi piacerebbe sapere perché non hai detto queste cose a mia figlia tre settimane fa...".
Gandhi tranquillamente rispose: "Perché tre settimane fa il vizio di mangiare dolci l'avevo anch'io!".
Prima di parlare occorre chiedere il permesso all'esempio!
Dal Bollettino Salesiano (mesi di Giugno e Luglio 2013) - COME DON BOSCO - articoli di Pino Pellegrino
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