MESE DI APRILE
DEDICATO ALLA DIVINA MISERICORDIA
GIORNO 21
MEDITAZIONE
Altri Apostoli della Divina Misericordia: San Francesco di Sales.
Sacerdote, vescovo di Ginevra e dottore della Chiesa. Nacque il 21 agosto 1567 nel castello di Sales in Thorens, nella Savoia. E' stato definito "uno dei più amabili e più efficaci conquistatori di anime che la Chiesa abbia avuto". All'azione pastorale pratica unì quella dottrinale. Scrittore fecondissimo e grande maestro di teologia e mistica, di apologia, di morale e sacra predicazione. Fondatore, con Giovanna di Chantal, della Congregazione religiosa della Visitazione. Morì, in Lione, il 28 dicembre 1622 e fu elevato all'onore degli altari nel 1665.
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San Francesco di Sales nel primo Trattenimento spirituale esordisce: «Voi mi domandate ...se un'anima avendo il sentimento della propria miseria può andare a Dio con una grande confidenza». Risponde "che non solo l'anima, che ha il conoscimento della sua miseria, può avere una grande confidenza in Dio, ma che non può avere una vera confidenza, chi non avrà il conoscimento della sua miseria; poiché quella cognizione e confessione della nostra miseria ci introduce avanti a Dio. Così tutti i gran Santi, come Giobbe, Davide ed altri cominciavano tutte le loro preghiere dalla confessione della loro miseria e bassezza, di modo che ottima cosa è il riconoscersi povero, abietto, vile, indegno di comparire alla presenza di Dio. Questo celebre detto tra gli antichi (conosci te stesso) ancorché s'intenda del conoscimento della grandezza ed eccellenza dell'anima per non avvilirla e profanarla in cose indegne della di lei nobiltà, s'intende ancora del conoscimento della nostra indegnità, imperfezione e miseria: imperocché quanto più ci conosceremo miserabili, tanto più confideremo nella misericordia o bontà di Dio". Il santo Dottore pone, quindi, in risalto il legame che c'è tra la nostra miseria e la misericordia di Dio. "Fra la misericordia - egli scrive - e la miseria vi è una così grande unione, che l'una non si può esercitare senza l'altra. Se Iddio non avesse creato l'uomo, sarebbe stato per certo tutto buono, ma non sarebbe stato attualmente misericordioso, essendo che la misericordia non si esercita che verso i miserabili". Il Vescovo ginevrino conclude: "Voi dunque vedete, che quanto più ci conosciamo miserabili, tanto più abbiamo occasione di confidare in Dio, mentre non abbiamo cosa veruna di che confidare in noi medesimi". Rilevato, poi, che la diffidenza di noi stessi proviene dalla cognizione delle nostre imperfezioni e che giova assai diffidare di noi medesimi, ma che a nulla servirebbe a farlo, se non per pone tutta la nostra confidenza in Dio e dipendere dalla sua divina misericordia, san Francesco afferma che le mancanze e le infedeltà, che commettiamo ogni giorno, ci debbono recare vergogna, confusione, umiltà quando vogliamo accostarci al Signore, perché "solo avendo offeso un amico ci vergogniamo ben di comparirgli davanti; ma non bisogna fermarsi là, perché quelle virtù dell'umiltà, dell'abiezione e della confusione sono virtù mezzane, e per mezzo delle quali dobbiamo salire all'unione dell'anima nostra con il suo Dio". Aggiunge e puntualizza: "Non sarebbe gran cosa l'essersi annichilito e spogliato di se stesso, il che si fa con gli atti della confusione, se non fosse per darsi tutto a Dio, come c'insegna san Paolo, quando dice: Spogliatevi dell'uomo vecchio, e rivestitevi del nuovo, perché non bisogna restar nudo, ma rivestirsi di Dio". Al Presule di Ginevra preme anche di evidenziare che gli atti della confusione "non bisogna confonderli con malinconia e inquietudine", e osserva che noi "siamo dolenti di non essere perfetti, non tanto per amor di Dio, quanto per amor di noi stessi". Non manca, peraltro, di esortare che quantunque non si sentisse confidenza in Dio, "non bisogna però tralasciare di farne gli atti, e dire a Nostro Signore: Ancorché io non abbia, o mio Signore, nessun sentimento di confidenza in voi, so nondimeno, che voi siete il mio Dio, che io sono tutto vostro, e non ho altra speranza, che nella vostra bontà, e così mi abbandono del tutto nelle vostre mani". Il santo Dottore insiste con una rilevazione che conforta e rassicura, quando asserisce che "sebbene facciamo questi atti [di confidenza] senza gusto e senza soddisfazione alcuna, non bisogna però prendersene travaglio, poiché Nostro Signore li ama più così: e non dite che voi veramente li dite, ma solo con la bocca, perché se il cuore non li volesse, la bocca non ne direbbe pur una parola. Avendo fatto questo, restate in pace, e senza badare alla vostra perturbazione, parlate d'altro a Nostro Signore". San Francesco, quindi, ribadisce: "Bisogna che quanto la nostra miseria sarà maggiore, tanto più grande abbiamo la confidenza". Ma, qual è il fondamento della nostra confidenza? Il Vescovo ginevrino risponde anche a questa domanda: "E' necessario che sia fondata sopra l'infinita bontà di Dio e sopra i meriti della morte e passione di Nostro Signor Gesù Cristo, con questa condizione dalla parte nostra, che abbiamo, e conosciamo in noi un'intera e ferma risoluzione d'essere affatto di Dio, e di abbandonarci del tutto e senza alcuna riserva alla sua provvidenza, non preoccupandoci di sentire tale risoluzione, ma solo di averla e conoscerla in noi. Concludiamo queste riflessioni col ricordare - come insegnava san Francesco di Sales - che "è rendere servizio al Signore il dargli occasione di fare atti della sua vocazione di Salvatore", e con tener sempre presente la dichiarazione di questo insigne Maestro dello spirito: "Mi sono assuefatto a dire che il trono della misericordia di Dio è la nostra miseria".
“Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo …; tu che sei sempre giusto giudice e Padre misericordioso, io ti amerò, Signore […], ti amerò qui, o mio Dio, e spererò sempre nella tua misericordia, e sempre ripeterò la tua lode… O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e la mia salvezza nella terra dei viventi” (San Francesco di Sales - I Proc. Canon., vol I, art 4).
PREGHIERA:
Tu sia benedetto, Padre, poiché nella tua infinita Misericordia hai cancellato il nostro peccato, promettendoci di abitare sul tuo "Monte Santo". Quale meraviglia ai nostri occhi! Il tuo annuncio è per noi liberazione dalla condizione di schiavitù in cui eravamo caduti rinnegando la tua libertà! Oggi ci prometti una nuova terra, una nuova vita, a cui arriveremo quando i nostri cuori si decideranno per la vera libertà. Padre, non è facile seguire le tue vie, ma ciò che conforta il tuo popolo è la meta finale alla quale con amore ci conduci: "il Monte delle beatitudini dell'Amore misericordioso". Grazie, Padre di eterna Misericordia!
FIORETTO - Ripetere durante il giorno la giaculatoria: " O Padre, per l'intercessione di San Francesco di Sales, aiutami a fare la tua volontà e ad essere operoso nella carità, a gloria e lode della tua misericordia."
FIORETTO:
Oppure dona la tua rosa:
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