UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

 

20° Gennaio

 

Che cosa fa S. Giuseppe in occasione della venuta dei Magi. 

 

Gesù, dopo aver chiamato a sé i poveri nella persona dei pastori, vuole altresì chiamare i ricchi ed i sapienti nella persona dei Magi. Vengono essi dall'Oriente guidati dalla stella meravigliosa portando ricchissimi doni. Adorano Gesù e gli offrono oro come a re, incenso come a Dio e mirra come a uomo. E Giuseppe che fa Egli? Egli se ne sta indietro, umile si nasconde, e in cuor suo gode. Ma appena partiti i Magi, corre con Maria a Gesù, e vanno a gara nel baciargli i piedi e congratularsi con Lui, vuoi per l'onore che quei Re gli fecero, vuoi per i preziosissimi doni coi quali lo regalarono. Di questi doni che ne fa poi Giuseppe? Egli come capo di famiglia ne è, rigorosamente parlando, il padrone. Con tutti questi regali è divenuto ricco davvero. L'oro che questi ricchi signori orientali recarono al Dio Bambino non dovette esser poco : sicché il povero falegname può ben ora marciare un tantino alla grande, abbandonare la pialla, uscire dalla oscurità in cui finora è vissuto e farla da signore insieme con Maria e col Pargolo ; ma invece che fa ? Appena ricevuto tutto quell'oro e quelle altre ricchezze, qualche porzione ne serba per offrire al Signore nel tempio, ed il rimanente si dà attorno per Betlemme per distribuirlo ai poverelli, e non ebbe pace finché tutto non l'ebbe dispensato. Giuseppe si nasconde, di tutto si spoglia, nulla vuole delle cose di quaggiù fuorché piacere e servire a Gesù. E noi forse non abbiamo altri pensieri fuorché i beni, le ricchezze, gli onori di questo mondo. Possibile che vogliamo tenere il cuore attaccato ai beni fallaci, ai beni che spariscono in un momento a guisa di un meschino vapore, nulla curando i beni del cielo, che solo possono renderci la pace in questa vita e farci eternamente felici nell'altra? Pensiamo che abbiamo un'anima, che questa è immortale, e se colla morte perdendo il corpo non salviamo l'anima, saremo eternamente infelici. 

 

PROPOSITO. 

Ad onore di S. Giuseppe mi preparerò a fare una confessione come se fosse l'ultima di mia vita. 

 

ESEMPIO. 

Guarigione prodigiosa. Nella mattina del 14 Marzo 1858, 5 giorni prima della festa di S. Giuseppe, un giovane mercante di Pesaro arrivò a Fano indisposto. Entrato nell'albergo fece chiamare il medico, che non tenne gran conto del suo malessere. Il giorno 15, non uscendo di camera, v'entrò il locandiere per informarsi della sua salute. Lo trovò irrigidito ed immobile come marmo; corse tosto per il medico e per il sacerdote. Il curato, incerto se respirasse, lo assolvette sotto condizione. Il medico dai sintomi giudicandola apoplessia pose in opera i più efficaci rimedi. Più salassi, tre vescicanti, molti senapismi, ma tutto inutile : il malato teneva le labbra sì fortemente serrate, che non era possibile aprirle, e così le palpebre ; il suo corpo era insensibile al fuoco, ed ai più acuti tormenti chirurgici. Cinque giorni durò questa prolungata morte: il buon prete, che mai abbandonò l'infermo, pregava e faceva pregare per lui S. Giuseppe. Venne il dì della festa, e il caritatevole pastore raddoppiò le preghiere. Nel pomeriggio mentre si faceva la processione con la venerata immagine del Santo, appena passò sotto le finestre del moribondo, questi stese le braccia, sbadigliò quasi riscosso da profondissimo sonno, balbettò qualche parola non intesa, ma comprese quello che gli era detto. Dopo mezz'ora era perfettamente guarito ed il medico non sapeva comprendere un tale prodigio. Il sacerdote gli domandò che cosa avesse provato nel tempo del miracolo; ed il giovane mercante gli rispose che mentre passava la processione sotto la sua finestra, S. Giuseppe gli era comparso in bellissimo sembiante e gli aveva detto: «Sono venuto a restituirti la salute. » 

 

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CAPPELLINA

 

 

 

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