UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
10° Marzo
Giuseppe paziente
I. — La pazienza di Giuseppe. — La parola mortificazione spaventa le anime deboli; eppure è una condizione indispensabile della vita cristiana. Essa significa: far morire la natura, per animare la vita della grazia. Tutto il mistero della Redenzione si esplica nella pazienza e nella morte di croce. donde è sbocciata la vita. Giuseppe doveva concorrere a questo mistero di sofferenze e di morte, per ridonare la vita alle anime. Dopo Cristo e Maria, il mondo deve la sua salvezza a Giuseppe. Ed eccolo in ogni passo con Gesù mortificato e paziente. Anche prima che Gesù nascesse, Giuseppe ha sofferto con amore i disagi della povertà, gli stenti del lavoro giornaliero, ha sopportato con pazienza ammirevole la dura prova dell'ansia per le condizioni di Maria. Ma da che Gesù è venuto in mezzo a loro, la vita sua è divenuta un continuo martirio. Soffre il dolore del distacco dalla casa di Nazaret, per l'imminente partenza per l'Egitto, con tutti i disagi del luogo e del pericoloso viaggio. Soffre tutti i maltrattamenti di quel popolo barbaro e sconosciuto, con le difficoltà di stabilirvi dimora e acquistar clientela. Quanti penosi adattamenti e quante rinunzie! Eppure quanta pazienza, nel non muovere alcun lamento, nell'accettare imperturbato ogni disposizione della divina Provvidenza! Quale confusione per te, o anima, che rifuggi al solo nome di sofferenza e di mortificazione, che, appena ti coglie la tribolazione, esci in impazienze e in lamenti, se pure non imprechi contro le creature che te le procurano! Sarebbe tanto alleviata la tua croce, se tu sapessi volgere lo sguardo in alto al Signore a quel Dio, che te la permette per tuo bene, se sapessi perciò accettarla con rassegnazione e abbracciarla con amore.
II. — L'eroismo e le consolazioni della pazienza. — Il nome di pazienza viene interpretato: scienza della pace. Dal giorno che è entrato il peccato nel mondo, ha avuto inizio il mistero del dolore, qual pena a esso dovuta. La redenzione l'ha trasformato in mezzo di espiazione e di merito, non meno che in prova di amore. Giuseppe non doveva soffrire per punizione, perché innocente, ma, partecipando al mistero della Redenzione, soffrì in compagnia di Gesù per la salvezza delle anime. Se altri santi soffrirono più di lui, nessuno soffrì per un più degno fine. Gli anacoreti fecero grandi astinenze, per conservare la vita dell'anima, ma Giuseppe si privò del necessario, per sostenere la vita di Gesù e di Maria; i martiri soffrirono atroci tormenti per il nome di Gesù, ma Giuseppe espose la propria vita per salvare quella del Redentore del mondo. Davvero egli avrebbe potuto esclamare con l'apostolo Paolo: «Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione». È dono dello Spirito Santo il saper valutare il pregio della pazienza nelle tribolazioni della vita. Chi ha questa luce dall'alto, si convince che, con la tribolazione bene accettata, l'anima diventa eroica come i martiri. Domandiamo sì grande gaudio al nostro caro santo.
Fioretto: Offriamoci al Signore, pronti ad accettare tutte le contrarietà della vita, e particolarmente quelle di questo giorno, ripetendo col profeta. Il mio cuore è pronto, o mio Dio, il mio cuore è preparato.
Giaculatoria: Giuseppe pazientissimo, prega per noi.
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