UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
30° Luglio
RISURREZIONE GLORIOSA DI S. GIUSEPPE.
Quanto fu mai bello per san Giuseppe il giorno in cui Gesù risorto entrò nel limbo a trovarvi le anime dei giusti che sospiravano la sua venuta! Se la vita di Giuseppe fu così bella al suo tramonto, se le ombre della preziosa sua morte furono rischiarate dalla luce di Gesù e di Maria, di quale splendore non apparve egli raggiante il giorno della sua risurrezione, accompagnando l'autore della vita di fresco uscito fuori della tomba, seguendo il suo divin Figliuolo vincitor della morte! Dopo il divin trionfatore nessuno dei santi che furono veduti in Gerusalemme ebbe l'onore di avvicinarsi, come Giuseppe, così dappresso alla persona adorabile del Figliuol di Dio. Nessuno in quel giorno di gloria e di trionfo apparve con tanto splendore e magnificenza come Giuseppe, il quale nel tempo della sua vita aveva vissuto così nascosto ed oscuro. Gli angeli contemplando questo santo Patriarca ornato dei più ricchi ornamenti di grazia e di gloria, in un'estasi di meraviglia nel vedere tanta perfezione, gridavano: Chi è quel fortunato che si accinge a salire dal deserto del mondo fin presso al trono di Dio? Ed altri rispondevano: egli è il padre del nostro Re, l'amico di Gesù, il casto sposo della Vergine Immacolata, scelto fra mille sulla terra per possedere queste belle qualità che lo distinguono e per ricevere tra lo splendore dei santi una ricompensa degna di colui che promise il cielo per un bicchier d' acqua dato in suo nome ad un povero. Nel giorno della gloriosa ascensione di Gesù, Giuseppe apparve luminoso in mezzo ai giusti che facevano corteggio al Salvatore: quando l'uomo-Dio si fu assiso alla destra del Padre celeste, incoronò il suo Padre adottivo e lo pose, secondo quello che dice un santo dottore, sul primo trono dopo quello che serbava per l'augusta sua Madre. Mi sembra, dice san Bernardino da Siena, di ascoltare l'adorabile Trinità rivolgere a Giuseppe le splendide parole, onde si valse il padre di Famiglia per rallegrarsi con l'economo fedele, che aveva fatto fruttare del doppio i talenti a lui affidati. È oggimai tempo, gli dice, o Giuseppe, mio buono e prudente servo, ch' io vi costituisca sopra cose grandi, giacchè mi deste prova della vostra fedeltà, facendo buon uso dei vostri talenti e delle mie grazie che sono doni ben piccoli rispetto alla gioia ed alla gloria nella quale state per entrare; io vi glorificherò in cielo per l'aver voi guardato e nutrito il Verbo incarnato mentre egli era pargolo e povero; per averlo protetto e servito quand' era dagli uomini esiliato e perseguitato. Voi sarete esaltato ad un grado di gloria più sublime di quello che sia stata umile ed oscura la vita che menaste con lui. E che dunque, Signore Gesù? Si annoverano nel numero delle cose piccole i buoni uffizi che Giuseppe vi rese nella vostra infanzia, le opere di carità che verso di voi e la santa vostra Madre esercitò: i pericoli che corse, i travagli che tollerò ed i viaggi ch' egli intraprese per vostro amore? Tutto ciò è quasi un nulla in confronto di quello che egli per me e per mia Madre avrebbe fatto, s' egli avesse potuto fare di più. Forse chiamerete poca cosa i tesori onde l'arricchiste, l' autorità che si ebbe sopra di voi, l'obbedienza che gli prestaste e gli onori dei quali lo colmaste? Tutto questo certamente è assai considerevole, ma che è mai in paragone di quanto gli si prepara in cielo nell'ordine della gloria, dove quanto v' ha di buono per natura e per grazia, deve salire alto ed essere condotto alla sua perfezione? Tra i beni ch' egli ha ricevuto e quelli che gli son preparati; tra il potere, che ha avuto sopra di me, quand' era soggetto alla miseria ed alla morte e l'autorità che avrà presso di me glorioso ed immortale; fra il rispetto che in altro tempo gli portai e l'onore ch' io gli renderò in eterno non vi avrà meno differenza che non v'ha distanza tra il cielo e la terra.
Siano in eterno lodati e benedetti i purissimi vostri occhi, o glorioso S. Giuseppe che per così lungo tempo vagheggiarono le divine bellezze di Gesù. Gloria Patri ec.
Lodate e benedette siano in eterno, o glorioso S. Giuseppe, le castissime vostre labbra che tante volte baciarono il bambinello Gesù. Gloria.
Lodata e benedetta sia in eterno, o glorioso san Giuseppe, la vostra sacratissima lingua, che tante volte parlò con l'amabilissimo Gesù. Gloria.
Lodate e benedette siano in eterno le vostre fortunate braccia, glorioso S. Giuseppe, che tante volte sostennero il pargoletto Gesù. Gloria.
Lodate e benedette siano in eterno, o glorioso S. Giuseppe, le vostre nobilissime mani che per tanti anni con il lavoro procacciarono l'alimento al carissimo Gesù. Gloria.
Lodati e benedetti siano in eterno, o glorioso S. Giuseppe, i santissimi vostri piedi che tanto camminarono per salvare la preziosa vita del perseguitato Gesù. Gloria.
Lodato e benedetto sia in eterno il vostro accesissimo petto, glorioso S. Giuseppe, su cui tante volte riposò il dormiente Gesù. Gloria.
Lodate e benedette siano in eterno le vostre orecchie, o glorioso S. Giuseppe, che per tanti anni i bei colloqui udirono del celeste Gesù. Gloria.
Lodato e benedetto sia in eterno, o glorioso S. Giuseppe, l'infiammato vostro cuore, che sempre unito fu a quello di Maria e di Gesù. Gloria.
FIORETTO. Imparare a dire: Pazienza, Dio vuole così.
S. Giuseppe rende la salute ad un giovine di Pesaro.
Nella mattina del giorno 14 marzo 1858, un giovine negoziante di Pesaro arrivò a Fano un po' indisposto. Appena entrato nell'albergo sentendo aumentare il suo malessere, fece chiamare un medico, il quale non si fece gran caso di tale indisposizione. Però il giorno appresso non uscendo dalla camera, vi entrò il padrone della locanda, onde informarsi dello stato di sua salute. Lo trovò irrigidito ed immobile come una statua di marmo e si diede ogni premura per chiamare un medico ed un sacerdote. Il Curato non conoscendo se respirasse ancora gli diede l'assoluzione sotto condizione. Il medico da tutti i sintomi apparenti credendolo tocco d'apoplessia pose in opera più energici rimedi. Vari salassi, tre vescicanti, molti senapismi; ma tutto fu inutile: il malato teneva le labbra e le palpebre cosi fortemente serrate che non era possibile aprirgliele, e tutto il suo corpo era insensibile al fuoco ed a tutti i più acuti tormenti chirurgici. Per cinque giorni continui durò questa morte prolungata, se cosi può chiamarsi, onde il sacerdote non abbandonò mai l'infermo: e commosso il buon prete dal misero stato del giovine, fece pregar S. Giuseppe per lui specialmente dai fratelli della compagnia del culto perpetuo di detto Santo. Esso poi recitava ogni giorno vicino al letto dell'infermo i sette dolori ed allegrezze in suo onore: ma nessun vantaggio appariva, quando giunse il giorno della festa. In tal giorno il caritatevole pastore raddoppiò le sue preghiere. Nel pomeriggio mentre si faceva la solita processione con la immagine venerata che passò sotto le finestre del moribondo, l'infermo stese le braccia, poi sbadigliò quasi svegliandosi da profondissimo sonno:
balbettò qualche parola che non fu intesa, ma comprese però quello che gli veniva detto. Finalmente non passò mezz'ora ch'egli era perfettamente guarito, con grande meraviglia degli assistenti e specialmente del medico, il quale non si sapeva saziare d' ammirare questo prodigio. Il sacerdote gli domandò che cosa avesse provato nel momento del miracolo: al che egli rispose, che mentre la processione passava sotto le sue finestre, S. Giuseppe gli era apparso non visibilmente agli occhi corporali, ma lo aveva sentito dire al suo cuore: «Sono venuto a restituirti la salute.» Il giorno dopo il curato si portò di nuovo a visitarlo, ed allora il giovine gli
manifestò in confidenza che S. Giuseppe gli aveva espressamente comandato di ritirarsi in un convento per far penitenza, dopo averne conferito con il suo confessore. Appena ebbe il buon negoziante ricuperate le
forze ritornò alla sua città per ordinare i suoi affari; e poi si presentò ai PP. Cappuccini di Fermo ove fu ricevuto come terziario. A Fano lasciò nella chiesa di S. Agostino all'altare di S. Giuseppe un quadro dipinto ad olio, ove sta esso con il Santo che lo guarisce e tutt'ora si vede in quella chiesa. Nella religione si distinse per la sua fedeltà ad eseguire tutti i suoi doveri e specialmente per la pronta ed illimitata sua obbedienza. Soffrì molte prove, con le quali Dio permise al demonio di tormentarlo: e finalmente dopo dieci mesi passati nella più austera penitenza, morì nel bacio del Signore, il santo giorno di Pasqua nella medesima ora, in cui era entrato in convento.
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