UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
8° Novembre
ESEMPIO
UNA LETTERA A SAN GIUSEPPE
Verso la fine del secolo XVII, nel povero e squallido sobborgo di Vienna, detto Laimgrube, che più tardi cedette il luogo ad uno dei più ricchi rioni della capitale d'Austria, viveva in una miserabile capanna, il celebre musico Paolo Merten, insieme con la figlia Giuseppina, giovane sedicenne, assai perita nell'arte del ricamo. Le ultime guerre sostenute dai Viennesi contro i Turchi li avevano impoveriti; e perciò il Merten e sua figlia, lasciati senza lavoro, dovevano spesso andare a letto freddi e digiuni. Un giorno che la loro miseria parve giunta al colmo, Giuseppina non potendo più soffrire la vista del padre languente ed afflitto, «Padre, gli disse, lasciate ch'io vada in cerca d'un impiego in qualità di serva; potrò cosi mandarvi i miei guadagni». Ma egli rispose: «Vorresti anche tu lasciarmi, o figlia mia? Chi allora mi assisterà? No, non permetterò mai questa cosa». «Ma, caro babbo, replicò Giuseppina, adesso non ho altro mezzo per aiutarvi; qualche tempo addietro scrissi al marito della mia madrina, testè defunta, e finora non ho ricevuta alcuna risposta». «Nessuna meraviglia, rispose il padre, è lo stesso come se avessi scritto al diavolo». Il povero Paolo Merten, quasi fuor di sè per le privazioni sofferte, non sapeva più che cosa dicesse. «O padre mio! che pensieri cattivi la miseria vi mette nella testa», esclamò la fanciulla con le lacrime agli occhi. «Piuttosto indirizziamoci al caro patrono San Giuseppe, perchè ci ottenga da Nostro Signore aiuto ed impiego». «Credi tu veramente, replicò il padre con amarezza, che il povero Falegname abbia tanto potere nel cielo? Ebbene, scrivigli, se così ti piace, e vedremo quanto bene te ne verrà». «San Giuseppe è potentissimo in cielo, rispose soavemente Giuseppina; gli scriverò, e la mia tortorellina bianca, a cui non posso oggi dare nemmeno un bricciolino di pane, mi farà da portalettere». Così dicendo, sedette al tavolino di suo padre, e su d'un pezzo di carta scrisse le seguenti parole: «Dio ti salvi Giuseppe! abbi pietà di noi, nella nostra grande afflizione. Non abbiamo lavoro, nè mezzo di sussistenza; prega Nostro Signore che mi faccia trovare un impiego poichè mio padre soffre la fame. Tua fedele Giuseppina Merten, cucitrice, figlia del musico. Laimgrube, strada Maria Helfer, N. 13». Ciò fatto, piegò la letterina, la legò al collo alla tortorella, e tosto questa spiccò il volo all'aria aperta. Era appena passata un'ora, ed ecco un elegante signore bussare alla porta del Signor Merten. «Abita qui la signora Merten?» chiese egli. «Sì, signore», rispose bruscamente il padre, volgendo al visitatore uno sguardo scrutatore. «Che cosa desidera? Mi chiamo Giuseppe Carlo Hirte, e sono un gioielliere di questa città», rispose egli dolcemente. «Abito qui vicino e ho ricevuto un messaggio da San Giuseppe di cui son molto devoto. Vengo a rispondere, a nome suo, alla lettera scrittagli dalla vostra figlia. Ho molto lavoro da fare eseguire, e questa fanciulla potrà forse farlo. Io poi mi sono arruolato nel coro della Chiesa dei Carmelitani, ed ho bisogno di lezioni, per perfezionarmi. Volete prenderne l'incarico?» «Oh! con molto piacere!» esclamarono Giuseppina e suo padre. «Bene! continuò il signor Hirte, per intanto accettate questa offerta»; e così dicendo, pose sul tavolino cinque ducati. «O padre, esclamò la fanciulla; non vedete con quanta bontà San Giuseppe ha accolto la mia lettera? Come faremo per rendergliene grazie?» «E' così, signorina, soggiunse il signor Hirte; fate sempre così, e non rimarrete mai senza conforto. Vi manderò a mezzo del mio domestico tutto l'occorrente per il lavoro, e spero di rivedervi presto. E voi, signore, vorrete venire domani a casa mia per dar principio alle lezioni? Ecco il mio indirizzo; non potrete sbagliare casa, perchè al di fuori vi sta dipinta una grande immagine di San Giuseppe». Ciò detto li salutò, e si congedò da loro. Ora, in quale modo era avvenuto questo inaspettato soccorso? E' facile spiegarlo. La tortorella infiacchita per il lungo digiuno, ed affaticata dal peso insolito, non aveva potuto volare lontano, e perciò aveva cercato rifugio in luogo vicino. Il caso, o meglio, il disegno di Dio l'aveva fatta entrare per l'aperta finestra di una camera ove appunto si trovava il signor Hirte, il quale come ognuno può immaginare, era rimasto assai sorpreso al vedere questo inaspettato ospite, con una letterina al collo. Preso dunque il misterioso plico, lo lesse, e mosso dalla pia fiducia di quella fanciulla, si era deciso di esaudirla subito. Il lettore sarà certamente contento di sapere che dopo qualche tempo, il ricco mercante, viste le buone qualità di Giuseppina, la chiese in matrimonio; e così avvenne che la povera Giuseppina Merten diventò l'onorevole e stimata Madama Hirte. Questa poi, in segno di gratitudine verso San Giuseppe, ne fece eseguire una bellissima immagine, che pose sulla casa dove una volta era vissuta in povertà; pegno perenne della potenza del glorioso Patriarca.
ORAZIONE
O caro San Giuseppe, mentre vi compatisco per il dolore che trapassò la vostra anima all'annunzio dei patimenti di Gesù e dei dolori di Maria, mi rallegro del celeste gaudio che vi recò la lieta novella di Simeone, della risurrezione di molti per grazia di Gesù Cristo. Ottenetemi, per la vostra intercessione, che io segua fedelmente i suoi insegnamenti, così da meritare di essere ricevuto tra le sue pecorelle che con Lui godranno per tutta l'eternità.
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