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UN ANNO CON DON ALBERIONE

17° Giugno

MORTIFICAZIONE - II

 

Non cercare quello che è al di sopra di te, e quello che è al di sopra delle tue forze non lo indagare; ma pensa a quello che Dio ti ha comandato, e non essere curioso scrutatore delle molteplici opere di Lui; perchè non è necessario per te vedere coi tuoi occhi le cose astruse. Non ti lambiccare il cervello in cose superflue, e non essere scrutatore delle molteplici opere di Dio; perché a te sono state mostrate molte cose che sorpassano l'intelligenza dell'uomo (Ecl. 3, 22-25). 

 

1. In che cosa dobbiamo mortificarci? Sempre ed in tutto; interiormente ed esteriormente. Interiormente: l'intelligenza, la volontà, la memoria, la fantasia, il cuore. Non si tratta di distruggere queste ottime facoltà, ma di guidarle; cioè farle obbedienti come un cadavere, cioè come fossero morte: il cadavere comunque si disponga non fa opposizioni. Ciò che è cattivo, è male pensarlo, immaginarlo, ricordarlo, amarlo, desiderarlo. Ciò che è inutile, è tempo perduto pensarlo, immaginarlo, desiderarlo poichè causa una notevole perdita di tempo prezioso e di energie spirituali. La mortificazione insegna: ad allontanare i pensieri cattivi ed inutili; a togliere le immaginazioni cattive; a impedire il desiderio o il ricordo di cose cattive ed intitili. Invece, ciò che è vero buono e utile sia pensato, voluto, immaginato, ricordato, desiderato, amato. Ritrarre la mente, la volontà, la fantasia, il cuore dalle cose inutili o cattive chiamasi mortificazione negativa: «recede a malo». Invece, spingere la mente, la volontà, il cuore, la fantasia verso ciò che è onesto o santo significa esercitare la mortificazione positiva: «fac bonum». L'intelletto si mortifica con la disciplina. Esso è dato per conoscere Dio, le Sue cose, la Sua volontà, le opere del Suo servizio. Ritrarre la mente dai pensieri di orgoglio. Esso è ostacolo alla fede, sorgente di ostinazioni irragionevoli nelle proprie idee, causa divisioni e discordie secondo quanto dice S. Agostino: «Vi sono quelli che rompono l'unità, nemici della pace, privi di carità, gonfi di stima propria; si compiacciono di sè stessi e si credono grandi». Anche il disprezzo per le opinioni altrui è segno di alterigia. La curiosità si deve pure mortificare; porta fretta, disordine, perdita di tempo. Leggere ogni cosa, occuparsi dei fatti altrui, sete morbosa di notizie sono frutto di curiosità. Vi sono poi pensieri contro la fede, la carità, la castità che occorre combattere. 

 

3. La mente si mortifica applicandola allo studio ed alla conoscenza delle verità religiose, alle scienze ed alle arti che entrano nell'ufficio e nei doveri di ciascuno. Applicare la mente a buone letture, a capire la parola di Dio, alla meditazione è ottima disciplina. Ugualmente, riflettere per compiere meglio le azioni della giornata; per eccitarci nella carità; per intendere ed eseguire meglio l'obbedienza, importano una continuata mortificazione della nostra intelligenza. Se si hanno profonde convinzioni religiose si vivrà davvero cristianamente. Se il pensiero del fine dell'uomo, degli esempi di Gesù Cristo ed in generale dei dogmi cristiani, è abituale e sentito sarà facile farci santi. 

 

ESAME. — Ho profonde convinzioni circa il retto governo di me stesso? Disciplino la mia intelligenza e regolo con saggezza i miei pensieri? Dò a Dio la mia mente? 

 

PROPOSITO. - Voglio avere solo pensieri buoni, sapendo che l'intelligenza è il primo talento di cui devo rendere conto a Dio. 

 

PREGHIERA. - O Gesù, Sapienza D'amata, che avete acceso in me il lume della ragione concedetemi la grazia di adoperare santamente questo talento. Liberatemi da ogni pensiero vano, perverso ed inutile: «libera corda nostra de malorum tentationibus cogitationum ut Sancti Spiritus dignum fieri habitaculum mereamur». Dirigete nella via della sapienza la mia mente; apritela a conoscere sempre meglio Voi e quello che è di Vostra volontà. Accrescete la mia fede perche possiamo pervenire all'eterna visione in Paradiso. 

 

FIORETTO: — Fa un atto di dolore e un atto di carità, in riparazione dei peccati commessi.

 

 

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