TERZO MISTERO GESU' INCORONATO DI SPINE
8° GIORNO
Affinchè da tutti i governanti e i popoli sia presto riconosciuta la Regalità di Gesù Cristo
CONSIDERAZIONE. Dopo la crudele flagellazione, Gesù rimase ancora per qualche tempo in balìa dei soldati, i quali fecero con Lui quanto si usava fare con i condannati a morte: « Verso costoro, come già cancellati dall'albo del genere umano, era permesso qualunque ludibrio, qualunque lazzo brutale o beffa disumana» (Ricciotti). Quando perciò i carnefici ebbero finito di flagellare il Redentore e vollero rivestirlo, chiamarono gli altri soldati della coorte: radunatisi attorno alla Vittima, con risa sguaiate gli misero addosso uno straccio di clamide rossa, per canzonarlo come Re da burla. Intrecciarono quindi una corona di resistenti ed acutissime spine; gliela posero sul capo a guisa di diadema; poi gl'infilarono tra le mani, legate ai polsi, una canna, che figurasse come uno scettro di comando. A
Pilato, che gli domandò s'era il Re dei Giudei, non rispose Gesù: «Tu lo dici, io sono Re»? Ebbene, Re apparisse anche davanti a quei soldati reclutati in maggioranza tra popolazioni ostili ai Giudei, ma fedelissimi ai Romani. Perciò essi con tanto maggior gusto potevano sfogarsi, con beffe e villanie, contro un Re di quei nemicissimi Giudei. E come ai trionfatori militari si tributavano onori particolari, così quei beffeggiatori cominciarono a sfilare dinanzi al Salvatore, inginocchiandosi davanti a Lui e salutandolo sarcasticamente: « Salute, o Re dei Giudei!» Ma subito si rialzavano, gli sputavano in faccia, e, presagli la canna di tra le mani, gliela battevano sulla straziante corona di spine. Quale orrore! Il volto adorabile del Divino Maestro, che nel Paradiso forma la beatitudine degli Angeli e dei Santi, e da cui traspariva il fulgore della divinità, fu vittima di sì esecrando vituperio. Gesù, Re immortale dei secoli, nelle cui mani stanno i destini dell'universo, era divenuto l'« Uomo dei dolori», l'abiezione della plebaglia. Le profezie ebbero così, e in primo luogo, il tremendo compimento, riguardo alla Regalità del Messia: fu la Regalità dell'ignominia. Gesù, per amor nostro, ha preferito la stalla alla reggia, la corona di spine al diadema, la calma allo scettro, la croce al trono. Ma poi venne per Lui la Regalità della gloria e dell'onore: « Gloria et honore coronasti
Eum, Domine»: Regalità che non gli sarà giammai tolta dai suoi nemici, per quanto rabbiosamente si sforzino: « Christus
vincit, Christus regnat, Christus imperat!»
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Appunto perchè s'è umiliato fino alla morte di Croce — dice S. Paolo — l'Eterno Padre gli ha dato un nome, che è sopra di ogni altro nome, e nel quale ogni ginocchio si deve piegare in cielo, in terra e nell'inferno. A Lui è stata data ogni potestà: « Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra»; a Lui, volenti o nolenti, sono soggette tutte le creature: « Omnia subiecisti sub pedibus eius». Egli è il Re dei re e il Signore dei dominanti: « Rex regum et Dominus dominantium». Egli è Re per natura, essendo Dio come il Padre e lo Spirito Santo. Egli è la causa esemplare e finale di tutte le cose: « Omnia per
Ipsum, et in Ipso creata sunt». Egli è Re per conquista, avendoci riscattati non con oro od argento, ma col suo preziosissimo sangue: « Redemisti
nos, Domine, in sanguine tuo». Egli è Re per proclamazione: i Profeti, gli Angeli, i Pastori, i Magi, i Martiri hanno cantato l'inno dell'amorosa sudditanza a Cristo Re e Signore. « Ogni lingua — dice l'Apostolo — deve confessare che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre». Ed ecco che Pio XI ha istituito, l'11 Dicembre 1925, la Festa della Regalità di Gesù Cristo, da celebrarsi, in tutta la Chiesa Cattolica, l'ultima Domenica d'Ottobre. Il regno del Salvatore non è terreno e sulla materia, ma soprannaturale e sugli spiriti; l'ha detto Lui stesso a
Pilato: « Il mio regno non è di questo mondo...». È regno universale: su tutta la terra, su tutti i popoli: « Dominabitur a mari usque ad mare, et a flumine usque ad terminos orbis terrarum»; « Regnabit Deus super Gentes». È regno eterno, senza fine: « Potestas
eius, potestas aeterna»; « ...et regni eius non erit finis». È regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, d'amore e di pace (Prefazio della Festa di Cristo Re).
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Memorabile nei fasti della Spagna cavalleresca e cristiana resterà l'esempio di fortezza invitta del colonnello Moscardò e del suo degno figliuolo. Al comandante delle milizie rosse che gl'intimava, per telefono, la resa immediata dell'Alcazar di Toledo, pena la immediata soppressione del figlio prigioniero, il colonnello rispondeva: « Un soldato deve essere pronto a tutto, anziché venir meno al suo dovere!» Quindi, al figliuolo diciottenne, che era succeduto al telefono, con voce soffocata dalla commozione, diceva: « Tuo padre non si arrenderà mai. In nome di Dio, ti comando di gridare: « Viva la Spagna! Viva Cristo Re!», Poco dopo il giovane eroe, messo al muro, incontrava serenamente la morte, con sulle labbra il grido ardente della sua passione: « Viva Cristo Re!» È questo il grido che erompe dal nostro cuore di sudditi del Re divino e di soldati del suo glorioso esercito.
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È stato certamente provvidenziale il modo col quale il Preside Romano ha sottoscritto la sentenza di morte di Nostro Signore. Gli scribi e i farisei, nemici dichiarati di Cristo, avevano protestato; ma ormai quello che era stato scritto, rimaneva scritto; e Gesù, sul Calvario, apparve crocifisso, elevato al di sopra di tutti, con la condanna: « Gesù Nazzareno, Re dei Giudei». Tutti l'hanno vista quella sentenza di morte, e, perché tutti la leggessero, fu scritta in ebraico, in greco e in latino. « Così — esclama Bossuet — è promulgata nella lingua ebraica, che è la lingua del popolo di Dio; nella lingua greca, che è la lingua dei dottori, dei filosofi e dei sapienti; e nella lingua latina, che è la lingua dell'impero del mondo, la lingua dei conquistatori e dei politici. Avvicinatevi adesso, o Giudei, eredi delle promesse; e voi, o Greci, inventori delle arti; e voi, o Romani, padroni del mondo: venite, leggete quest'ammirabile iscrizione; piegate le ginocchia dinanzi al Re dei re!» Gesù l'aveva predetto: « Quando sarò innalzato da terra, io trarrò a me stesso ogni cosa»; e là, sul Calvario, Egli regna, assiso sul trono della sua Croce: « Regnavit a ligno Deus». Il carnefice che inchiodò il Re di gloria immortale sul patibolo dell'ignominia, fu l'amore, legge fondamentale del suo regno. Resta, o Gesù, sul tuo legno regale, al cospetto del mondo! Come una persona cara resta a noi con l'immagine che ebbe dinanzi al nostro ultimo sguardo, così Gesù Cristo è rimasto crocifisso all'umanità: è rimasto sugli altari, sui pinnacoli dei templi, sulle vette dei monti, sulle corone dei re, sulle tombe, nell'arte, nella coscienza dei popoli. Resta, o Gesù Maestro, sul tuo legno regale! La scena di ludibrio della masnada, che ti salutò Re da burla, si muta nell'epopea trionfante della tua regalità divina nella storia. Di questa regalità d'amore, sempre, ma oggi più che mai, abbisogna la povera umanità, stanca, scombussolata` e disorganizzata. La salvezza, la rinascita spirituale del mondo oggi non ha che un nome: Cristo Re!
FIORETTO. Facciamo regnare Gesù Cristo: 1. nella nostra mente, attingendo la verità dal Santo Vangelo e dall'insegnamento infallibile della Chiesa; 2. sulla volontà, con la perfetta osservanza dei comandamenti di Dio e dei precetti ecclesiastici; 3. nel cuore, con quella carità che tutto sa donare e sacrificare per amore di Dio e delle anime.
GIACULATORIA. Mater Christi, ora pro nobis.
ESEMPIO
LA BENDA CADUTA. A Metz, nella, Lorena, viveva una donna cinquantenne: Teresa
Ruchel. In seguito a un grande spavento inflittole da un pazzo, ìl suo sangue aveva subito un completo sconvolgimento, e la sua salute era stata profondamente scossa. Le comparvero in volto delle pustole maligne, che, trasformatesi in ulcera, deformarono via via il naso, le labbra, la mucosa della bocca. Era ridotta in uno stato pietoso e ributtante. Uno specialista, nell'intento di arrestare la piaga della bocca, le strappò in una volta sedici denti, e per più settimane quasi ogni giorno cauterizzò la bocca e le gengive con un ferro rovente. Inutile supplizio! Nell'ottobre 1902 il Dott.
Ernest, chiamato a consulto, dichiarò il male incurabile. Teresa si pose a letto e vi rimase dal dicembre 1902 al maggio 1903. Faceva orrore a vederla: il labbro superiore ostruiva le narici tant'era enfiato; la bocca corrosa e, in un angolo di essa, sotto la gota destra, si era aperto un buco da cui uscivano gli alimenti liquidi, e fu necessario porvi un turacciolo di gomma elastica; dentro la bocca una specie di vegetazione nerastra con un altro foro nel palato, che metteva nelle fosse nasali... Si può vivere in questo stato accanto ad un marito operaio, e dei figli bisognosi di cure? Sì, con la grazia di Dio. Ma la natura umana può stancarsi, e allora — se non si pensa che al corpo — subentra la disperazione, il desiderio di finirla, la viltà che conduce al suicidio... Per tre giorni Teresa ebbe fisso il pensiero di gettarsi in un fiume. Ma la Vergine pietosa vegliava su di lei. Dietro consiglio di un santo sacerdote decise di andare in pellegrinaggio a Lourdes. Il viaggio fu penoso: le piaghe emettevano sangue e pus in abbondanza e di un fetore nauseante. Il 4 settembre 1903 era alla Grotta. Pregò. Scese nella piscina. Notò che le piaghe suppuravano di meno: ma non ne fece gran conto. Poteva essere quella la guarigione? Il giorno dopo, sabato, sapendosi nauseante, mentre si eseguiva la Processione andò a nascondersi in un angolo dietro l'altare maggiore nella Chiesa del Rosario, da dove sentiva le invocazioni che si facevano sulla piazza. Quando il Vescovo pose l'Ostensorio sull'altare, la fasciatura del volto si staccò, macchiando di sangue e di pus il libro di devozione che teneva aperto. Era il miracolo: ma Teresa non se ne avvide. Rimise la benda, legò a doppio nodo e, per non dar molestia alla gente che assiepava la Chiesa, uscì e si diresse verso la Grotta. Presso la fontana le cadde di nuovo la fasciatura. La paziente tentò di raccorciarla e, viste due giovani compagne di pellegrinaggio, le pregò di fasciarle bene la faccia. Esse si disposero ad accontentarla, ma tolta la fasciatura, emisero un grido: — Voi siete guarita! Era vero. Lo costatarono i medici e gl'infermieri; ne esultò la miracolata; ne gioirono i familiari; ne parlarono i giornali.
(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)