QUINTO MISTERO L'INCORONAZIONE DI MARIA VERGINE IN CIELO
30° GIORNO
La fiducia in
Maria, Madre nostra
CONSIDERAZIONE. Dice il Signore: « Sii fedele sino alla morte, ed io ti darò la corona della vita». La Madonna ha ricevuto in Cielo la più bella corona, dopo quella di Gesù, perchè fu fedelissima alla sua missione, Ella aveva detto all'Arcangelo Gabriele: « Ecco l'Ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». E non s'è mai smentita: la sua fedeltà fu perseverante in tutte le durissime prove della vita. La via regia e sicura, per l'eterna salvezza, è quella che tracciò il Redentore: il Calvario, la Croce. E la Madonna, prima di entrare nel gaudio eterno di Dio ed essere proclamata Regina del cielo e della terra, fu quaggiù l'Addolorata, e per tutta la vita portò, nell'intimo del suo Cuore, la Passione del suo Divin Figliuolo, Il Salvatore dalla Croce la proclamò Madre di Giovanni e, in lui, di tutti gli uomini. Questa divina proclamazione, oltre ad aver inquadrato tutta la missione materna di Maria nell'economia della Redenzione, ne indicò pure il coronamento avvenuto: Ella ci aveva spiritualmente concepiti
nell'Annunciazione e poi fatti nascere sul Calvario. Solo Gesù poteva autorizzarci a chiamare Madre la Mamma sua, come soltanto Lui ha potuto insegnarci a chiamar Padre il Padre suo Celeste: appellativi tutt'altro che metaforici, bensì realissimi nell'ordine della grazia. Il momento solenne dell'incomparabile donazione imprime alla maternità della Vergine per noi il più commovente sigillo: quello del più sublime dolore, che in Cielo s'è tramutato nella più ineffabile gioia. Gesù in Cielo sempre vive ad impetrare grazie per noi. Così Maria con Lui regna e dispensa l'abbondanza dei divini favori. La sua supplice
impetrazione, presso l'universale Mediatore, s'appoggia alla sconfinata autorità e dignità di Madre di Dio e all'immensa ricchezza dei suoi meriti: « gratia piena». Nella beata visione del Paradiso, Ella possiede ormai quella particolareggiata conoscenza delle nostre necessità, che Le permette di seguirci e maternamente soccorrerci in tutte le difficoltà del terreno pellegrinaggio; e questo lo fa con quella divampante fiamma di sviscerato amore a Gesù Capo e a noi membra del mistico Corpo, quale soltanto può accendere la carità beata del Cielo. Come il Divin Figliuolo presenta continuamente al Padre le sue gloriose piaghe, così la Vergine gli ricorda le lacrime del suo immenso dolore: sono queste le preziose gemme d'un tempo, ma esse brilleranno eternamente, grandi come il suo dolore, fulgenti come il suo amore!
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La Madonna è non solo la « piena di grazia», ma ha l'eccellenza di questa divina pienezza, solo inferiore a quella dell'Uomo—Dio, la cui pienezza è assoluta. Tale pienezza rifulge in
Maria: in ordine al tempo, cioè fin dal primo istante del suo Immacolato Concepimento; in ordine alla quantità, perchè fu proporzionata alla sua altissima dignità e missione; in ordine al modo, avendo avuto il dono dell'integrità — eccezion fatta del dolore e della morte — integrità che escluse in Lei il fomite della concupiscenza e la macchia dell'ignoranza e dell'errore; in ordine agli effetti, perchè escluse non soltanto ogni minima macchia di peccato, ma conferì l'impeccabilità. A tutto questo si deve aggiungere una così attiva corrispondenza alla grazia, da far compiere alla Vergine, sempre e in ogni cosa, ciò che era il più perfetto. A Lei il popolo cristiano rivolge fidente le sue preghiere, sicuro come il bimbo tra le braccia della mamma sua. Sì, voi riuscite ben gradite al Cuore della Madonna, e spiccate un volo sublime verso la sua gloria, o preghiere di tutti i suoi devoti. Inni liturgici intonati dai leviti; accenti infiammati di religiosi nei sacri cori e nelle austere celle; impeti d'armoniosi uragani, scroscianti dagli organi giganteschi, che fanno sussultare le navate delle cattedrali; cori di pellegrini in cammino alla volta di santuari, che ridestano gli echi delle montagne; cantici d'ogni linguaggio, lanciati a distesa da tutti i fedeli; gemiti dolorosi di anime pentite; pii singulti di afflitti presso i sepolcri: sì, voi salite fino al trono di
Maria, « umile ed alta più che creatura».
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Ma la Vergine Santa è soprattutto Madre. E, in mezzo all'immenso concerto di voci, che la lodano e la supplicano, porge ascolto, con somma tenerezza, alle candide vocine dei fanciulli, simili a un bisbiglio indistinto di uccelli. Ella è sempre premurosa, anzi la sua « ...benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al domandar precorre». (DANTE). Chi ha imparato sin dall'infanzia a pregar
Maria, non potrà dimenticarla giammai. Le passioni e le battaglie della vita, le rivolte dello spirito e dei sensi possono trascinarlo al dubbio, all'incredulità; forse fino agli eccessi peggiori della negazione e della bestemmia; ma una traccia di fede mariana della prima età vi rimane sempre in fondo al cuore, finchè giunge il dolore supremo, l'angoscia fisica e morale. Oh! come d'un tratto si rammenterà di quell'ora lontana, quando in grembo alla mamma, con le manine giunte tra le sue, sentiva sulla guancia, rosea e paffutella, il calore delle sue labbra che gl'insegnavano l'Ave
Maria. Proprio allora — come sovente succede in simili casi — piegherà, vinto dalla grazia, le sue ginocchia, nasconderà la faccia tra le palme, e lancerà quel grido che sgorga naturalmente dalle viscere umane: Vergine santa, abbi di me pietà!. La Madonna, per un'anima naufraga, è « di speranza fontana vivace»; è il faro che splende nelle tenebre, è il porto, è la salvezza! S.
Bernardo, il Cantore di Maria, rivolgendosi all'anima pellegrina ed errante, così l'ammonisce: « O tu, che tra i flutti del secolo, più che sulla terra ferma, cammini tra le tempeste e i turbini, non distogliere lo sguardo da questo splendido astro, se non vuoi essere preda dell'uragano. Se si solleva la burrasca delle tentazioni, se si ergono gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, chiama
Maria. Se sei sbalzata dai flutti della superbia o dell'ambizione, se da quei della calunnia o della gelosia, guarda la stella, chiama
Maria. Se la collera o l'avarizia, o l'attrattiva del senso assalgono la tua fragile navicella, volgi gli occhi verso
Maria. Se turbata dalle enormità dei peccati, vergognosa di te stessa, tremi per l'avvicinarsi del Giudice Divino, e sei prossima al baratro della tristezza e all'abisso della disperazione, pensa a
Maria. Nei pericoli, nell'angustia, nel dubbio, pensa a Maria, chiama
Maria. Sia Essa sempre sulle tue labbra, sia nel tuo cuore, sia l'esemplare della tua imitazione. Seguendola, non ti smarrirai; pregandola, non dispererai; pensando a Lei, non temerai. Sorretta da Lei, non cadrai; difesa da Lei, non temerai; guidata da Lei, non ti stancherai; protetta da Lei, giungerai sicuramente al porto!»
FIORETTO. Maria è « il nome del bel Fior», che sempre dobbiamo invocare « mattina e sera». Ma dobbiamo soprattutto amare ed imitare la Vergine come nostra Madre, Maestra e Regina.
GIACULATORIA. Maria, Madre di grazia, Madre di misericordia, difendici dal nemico e accoglici nell'ora della morte.
ESEMPIO
UNA SIGNORA POTENTE. Scrive il Lemoyne nella vita di San Giovanni Bosco, che un giorno il Santo si trovava fuori di Torino. Uno dei giovani dell'Oratorio festivo, ammalatosi gravemente, più volte l'aveva chiesto per confessarsi, ma invano. Intanto il male galoppava e più poco lasciava di vita al povero Carlo, così si chiamava il giovane quindicenne. I genitori furono allora costretti a rivolgersi ad un sacerdote della parrocchia, che gli amministrò gli ultimi conforti della religione. Non molto dopo il giovane morì. Proprio in quel giorno fu di ritorno a Torino Don Bosco, il quale, informato della malattia di Carlo e delle sue vive istanze per averlo presso il capezzale, si fece un dovere di portarsi all'abitazione del fanciullo. Ma ahimè! appena giunto nelle vicinanze della medesima, un individuo gli disse: — Troppo tardi: è morto da mezza giornata! E D. Bosco, sorridendo: Ohibò, egli dorme e voi credete che sia morto? Quell'altro guardò il Santo con una cert'aria di ironia. In quel mentre sopraggiunsero i familiari, che scoppiarono in pianto, affermando che purtroppo il loro Carlo era morto. — Che debbo crederlo? — rispose D. Bosco. — Permettete che io vada a vederlo. Appena fu nella stanza, dove stava il cadavere avvolto in un lenzuolo, domandò di restare solo. Dopo aver pregato
fervorosamente, per due volte chiamò il giovane per nome — Carlo, Carlo! A quella voce il morto si scosse come da un sonno profondo, aprì gli occhi, li volse attorno e disse: Oh! come mai mi trovo così? Ma appena vide D. Bosco: — Oh! — esclamò — D. Bosco! Ah, se sapesse! L'ho sospirato tanto! È Dio che l'ha mandato... Ha fatto tanto bene a venire a svegliarmi! Animato dalla parola paterna del Santo, incominciò a dire: — Io dovevo essere in luogo di perdizione. L'ultima volta che mi confessai, non ebbi il coraggio di palesare un peccato commesso da qualche settimana... è stato un compagno cattivo con i suoi discorsi... Ho fatto ma sogno che mi ha grandemente spaventato. Sognai di essere sull'orlo di un'immensa fornace e di fuggire da molti demoni, che mi perseguitavano e mi volevano prendere; e già stavano per avventarmisi addosso e precipitarmi in quel fuoco, quando una Signora potente si frappose tra me e quelle brutte bestie dicendo: « Aspettate, non è ancora giudicato!» Dopo alcun tempo d'angoscia, udii la sua voce, che mi chiamava e mi sono svegliato. Ed ora desidero confessarmi. Il che fece con vivo pentimento... Quando venne la mamma, fuori di sè dalla gioia, esclamò: — Don Bosco mi salva dall'inferno! Stette ancora in vita due ore e, tra l'altro, ripetè a Don Bosco di raccomandare tanto e sempre ai giovani la sincerità in Confessione. Fu senza dubbio Maria SS.ma quella Signora potente, che salvò dall'inferno il povero Carlo, e sarà anche per noi quella che farà in modo, se noi Le saremo sempre veri devoti, di non cadere nelle mani della divina giustizia, ma in quelle della divina misericordia.
(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)