UN ANNO CON SAN GIUSEPPE
4° Luglio
GIUSEPPE A
BETLEMME.
Entrate in spirito nella spelonca diroccata di Betlemme, in quella notte in cui Giuseppe e Maria, dopo i disagi sofferti di un penosissimo viaggio, scacciati e respinti dai cittadini, furono costretti a ritirarsi nel più fitto della notte, in una stagione la più fredda, entro a una grotta, e quivi preparare, come meglio potevano, il luogo per la nascita del Figlio di Dio. Vedete come a un tratto un lume celeste irraggia le dense tenebre della notte, e il Salvatore del mondo nasce alla terra, ed è accolto fra le braccia di Giuseppe e di Maria che furono il primo altare su cui Gesù si offerse all' Eterno suo Padre. Maria e Giuseppe prostesi in atto di profondissima adorazione non potevano saziarsi di contemplare il neonato bambino: il loro cuore era acceso di carità, muto il labbro e due fonti di
lacrime piovevano dai loro occhi, per l'immenso tripudio ci cui era inondato il cuore. Gesù volge i divini suoi sguardi or a Maria, ed or a Giuseppe, sorride ai loro vezzi, e verso di essi stende le manine in atto d'indescrivibile amore. L'annientamento del Verbo incarnato infiamma vieppiù i loro cuori, e quanto più lo
vedono umiliato ed avvilito su poca paglia, tanto più l'amano......... o Gesù, unico amore di Maria e di Giuseppe, abbiate pietà di me! O Giuseppe e Maria! giacchè fra le vostre braccia i pastorelli trovano il loro Salvatore fate che anch'io lo trovi tra le sofferenze e i disagi della vita che egli ha reso amabili nella sua divina persona. Ma quanto dovette crescere la gioia di Giuseppe quando seppe dai pastori che gli angeli del paradiso avevano annunziato la nascita di Gesù, e poi vide i tre Re venuti dall' Oriente a venerarlo su della greppia ove riposava, e offrirgli i preziosi loro doni? Oh! quanti sublimi e soavi pensieri dovevano consolare lo spirito del glorioso Patriarca a Betlemme...... Io faccio le veci del Padre a chi è senza padre qui in terra, e per cui furono tutte le cose create. Io sono lo sposo della madre stessa di Dio, nel cui seno immacolato il Verbo eterno si è unito all'umana natura ? Qui in quest'erma e dirupata spelonca è discesa la manna del cielo, io con la casta mia Sposa ne ho assaporato la dolcezza. Io vedo alla fine quel dì sospirato che Abramo e tutti i Patriarchi non hanno veduto che in ombra e di lontano. Io cammino alla presenza reale di Dio che vive con me, e sulle mie braccia riposa il Signore dell'universo. Oh! gioie ineffabili dell' anima di Giuseppe! Che atti di fede, d'adorazione, d'umiltà, di ringraziamento dovette egli mai fare dinanzi al divino Infante Gesù! Unitevi anche voi ai sentimenti di Giuseppe e di Maria: e per sperimentarne gli effetti distaccate il vostro cuore dai beni della terra e purificatelo con l'amore di Dio e con un'intensa contrizione dei vostri peccati.
O glorioso S. Giuseppe! quanto fu grande la consolazione vostra nel contemplare l'amabile Redentore, aspettato da tanto tempo, annunziato da tanti oracoli, sospirato da tanti Re e giusti dell'antico patto! Fate che anch' io entri in questa misteriosa spelonca per godervi dell'ammirabile spettacolo che la fede mi presenta. Oh! come ogni cosa vi respira santità, raccoglimento, devozione! Gesù tace o vagisce su di una vile mangiatoia : ma il suo cuore parla per tutti gli uomini al divin suo padre. Voi lo contemplate insieme con Maria; ma la vostr'anima è accesa del più tenero amore per lui. O Santo Patriarca per quelle pene che provaste nel vedere il Verbo Incarnato nascere in una stalla, impetratemi un vero dolore delle mie colpe; e per quelle
gioie che sperimentaste nel contemplare l'amabilissimo Gesù, ottenetemi la grazia di amarlo sodamente qui in terra, per poi venire a possederlo nel cielo.
FIORETTO. Recitale otto Gloria Patri in onore delle otto lettere che compongono il nome di Giuseppe.
Comunione generale in onore di S. Giuseppe.
Fatto raccontato da un sacerdote addetto alla direzione di un collegio della società di Maria: « Io ero addetto alla direzione di una casa di educazione, nella quale era usanza fare il mese di S. Giuseppe. Qui fui testimonio di un prodigioso avvenimento. In quell'anno il 19 marzo non era festivo, perchè cadeva nella settimana santa, e la festa perciò fu protratta dopo Pasqua. Quindi in collegio doveva esservi studio e scuola secondo il solito. Ma la pietà di quei giovani devotissimi di S. Giuseppe non era soddisfatta; però senza prevenire nessuno dei maestri, senza che l'uno avvertisse l'altro, pensò ciascuno a confessarsi nella vigilia ed a comunicarsi nel dì seguente, e sessanta di essi si accostarono alla mensa eucaristica. Perchè tutti quei buoni giovani non differirono essi la loro comunione alla solennità che
se sarebbe celebrata più avanti? Ecco il motivo. Tutti avevano promesso questa bella devozione a san Giuseppe e non vollero mancare alla data parola; ciascuno aveva parato il suo memoriale domandando quelle grazie di cui aveva più bisogno, e portava con sè la carta vicino al cuore: insomma quello era il giorno in cui san Giuseppe doveva mostrare la sua potenza e la sua bontà verso i suoi devoti figliuoli. Tutti dunque per rendere il lor diletto Protettore più propenso ad esaudirli, avevano voluto purificare la loro coscienza e fare una
fervorosa comunione. San Giuseppe non tardò molto a dar prove della paterna sua protezione verso una comunità che gli aveva testimoniata in tale guisa la sua confidenza. « Scorsi appena cinque
minuti dacchè avevamo terminato il ringraziamento nel quale tutti i cuori accesi di dolce pietà avevano pregato con sì grande speranza di essere esauditi, ecco da ogni parte si udì esclamare Miracolo! Miracolo! S. Giuseppe ha fatto un miracolo: certo: quest' è un miracolo. Eccovi il fatto. Uno dei maestri stava sopra una cattedra di scuola, occupandosi in un lavoro importante. In quel mentre si presentarono alcuni giovani desiderosi di metter l'ultima mano ad un padiglione che stavasi preparando per S. Giuseppe ed avendo bisogno di un rialto per giungere alla sommità del medesimo, presero la scala mobile della cattedra ove il maestro stava lavorando. Questi assai preoccupato del suo lavoro si alza improvvisamente e sopra pensiero si muove per scendere a basso. Ma oh! disgrazia! Egli non si era accorto che la scala era stata levata dal suo posto e franco mette il piede innanzi e precipita con il capo all' ingiù dalla cattedra ch'era ben elevata. In questa caduta doveva, urtando in alcuni uncini di ferro ch'erano attaccati al muro, rovinarsi il viso; doveva rompersi la testa e slogarsi le spalle battendo sullo spigolo di una grossa tavola o fra questa tavola e il muro, spazio
così piccolo da non potervi passare che di fianco e che neppure si trovava proprio in faccia allo sportello della cattedra. Eppure tutta la comunità può attestare che quel maestro, benchè di gran corporatura e assai pingue cadde da tale altezza non solo senza sfigurarsi e senza rompersi alcun membro, ma anche senza la più leggera graffiatura o contusione. Noi tutti il vedemmo e lo interrogammo più volte in quello stesso giorno, e sempre ci rispose: Assolutamente io non sento nessun dolore in nessuna parte del corpo, il che non posso ad altri attribuire che ad una manifesta grazia di S. Giuseppe. E veramente, chi conosce tal situazione è costretto a dire, se mille persone volessero anche col prendere tutte le necessarie precauzioni arrischiarsi a gettarsi giù, tutti certo
rimarrebbero feriti, se pure san Giuseppe non rinnovasse il primo miracolo della sua protezione. La cosa è chiara quanto la luce del giorno.