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UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

18° Settembre

LA TRAVERSATA DEL DESERTO.

 

Atto della presenza di Dio ecc. come il primo giorno.

 

Rappresentati il deserto.

 

Virtù: Soffrire in silenzio.

 

Che cosa credi, chiede il P. Cochem, che avrà detto il povero San Giuseppe quando, dopo vari giorni di viaggio, una mattina arrivarono al principio del deserto, e non vide più avanti a sè che un interminabile orizzonte di sabbia, e pensò che doveva attraversarlo con la delicata Verginella, e il tenero Bambino? Un ben caro colloquio si figura il suddetto padre, che non posso tralasciare di copiarmi qui. Suppone che Giuseppe abbia detto così all'afflitta Vergine: «O mia cara Maria, come ci prova Iddio! Io credo che con l'aiuto del Signore me la caverei a passare per questo terribile deserto, ma non so come tu e il caro Bambinello potrete sopportare le fatiche d'un simile viaggio. Se Dio non ci aiuta in modo soprannaturale, è impossibile». Maria però, sebbene anch'essa assai mesta, dice il P. Cochem, lo consolò, e gli rispose: «Non ti affliggere, mio caro Giuseppe, arriveremo sani e salvi in Egitto, Iddio è con noi, e i Santi Angeli che ci accompagnano sapranno difenderci da tutti i pericoli. Allora Giuseppe replicò: «O mia carissima Maria, questo lo credo, tuttavia però adesso cominceranno le nostre miserie, e noi dobbiamo sottometterci a tutto con pazienza. Se però Iddio non ci aiutasse (come sono certo ci aiuterà in modo singolare), dovremmo perire d'inedia in quest'orribile deserto. Non v'è nemmeno più acqua per bere, e poi non si sa da che parte andare, perché non si vede strada né sentiero di sorta». Maria però lo confortò dicendogli: «Caro Giuseppe, vogliamo affidarci a Dio: lo abbiamo con noi: io lascerò che l'asinello ci conduca dove vuole, io non dubito che gli Angeli lo guideranno per la vera strada». Così dicendo, si incamminarono per quello spaventoso deserto, vero mare di sabbia. Chi può mai figurarsi a che punto soffrirono queste tre SS. Persone in quel viaggio? Fame, sete, fatica, sole ardente, vento che impediva di avanzarsi, turbini di sabbia che accecavano, una luce che bruciava gli occhi; l'acqua, che avevano preso con loro, in pochi giorni era finita, e siccome lì non piove che rarissime volte, non ne trovavano nemmeno per bere e bagnare il Bambino, fuori d'acqua marcia stagnata da anni nelle concavità ombrose degli scogli, quindi puzzolentissima. Il pane con il calore si indurì, e presto non ne avevano più abbastanza; non potevano mai gustar nulla di caldo e liquido; tutto il giorno sotto un cielo infuocato e sulla sabbia abbagliante. Oh quanto patì Gesù per noi! Una volta che la Sacra Famiglia aveva perduta ogni traccia di direzione, e che si raccomandava a Dio che li aiutasse, spuntarono dalle due parti della strada delle rose di Gerico (così chiamate), con i loro arruffati rametti, e il fiorellino nel mezzo, che loro indicarono la via di Eliopoli. Di queste rose se ne vedono ancora adesso molte in quel deserto, e gli arabi le colgono, e vendono per del pane ai Cristiani. Una volta capitarono con una banda di ladri, che li alloggiarono nella loro caverna, e non fecero loro nessun male. Un loro ragazzo lebbroso fu bagnato nell'acqua che aveva servito a lavare Gesù, e subito caddero le squame della lebbra, e il fanciullo rimase sano, Anna Caterina Emmerich che racconta questo, soggiunge, che questo ragazzo era Disma il buon Ladrone, che morì in croce vicino a Gesù. Fuori di quella notte, la Sacra Famiglia non ebbe altro letto che la sabbia, la quale con il vento entrava spesso negli occhi al Bambino, e gli spremeva più d'una lacrimuccia. La Madonna si dava ogni pena per ripararlo, e che cosa ne patisse il povero San Giuseppe è indescrivibile. Voleva aiutarli pensando al suo ufficio di Custode, e non sapeva come difendere il caro Bambinello e la povera Madre. Allora con le lacrime negli occhi si raccomandava a Dio di non abbandonarli. Alle volte guardava Maria con gran compassione, perchè provava in sè quello che essa doveva soffrire. E così pativano tutti e due, per pietà l'uno dell'altro, indescrivibilmente. Facevano delle tappe corte, perchè l'asino non si trascinava più. Quando Giuseppe vedeva Gesù bambino e Maria in tale miseria, non poteva trattenere il pianto. Fin qui il P. Cochem. La Venerabile Margherita dice: Il divino Infante soffrì immensamente anche il freddo, in certe vallate deserte, ove non c'era sole, e invece nella pianura un caldo soffocante, e che bruciava, e si sentiva molto stanco del moto dell'asinello. Alle volte piangeva e guardava or la Madre ed or Giuseppe, così pietosamente, come se aspettasse aiuto da loro. I patimenti del Bambino trapassavano il cuore della Vergine e di San Giuseppe in un modo, che ci è inconcepibile ciò che hanno sofferto durante quel lungo tragitto per il deserto. Anche la Venerabile Maria d'Agreda dice: Siccome era il mese di febbraio, e dovevano accampare sotto il cielo sereno, il Bambino soffriva spesso il freddo. Allora San Giuseppe si levava il mantello e lo stendeva su due bastoni, affinchè riparasse un poco dal vento la madre e il bambino, mentre lui si adagiava sulla sabbia a qualunque modo, senza mai pensare a sè. Rifletti ora quanto mancava del più indispensabile alla vita a queste SS. Persone in quel viaggio, mentre tu ritieni per te tanto più di sovrabbondante, che non richiede la tua posizione. A questo confronto espropriati quanto più puoi del superfluo, perchè non conviene essere un membro delicato sotto Capi così forti. Ma troppo belle sono per se stesse queste rivelazioni, per sentirmi capace con le mie deboli osservazioni di rialzarle ancora. La voce di Dio parli al tuo cuore, lettore mio. Essa sola può mostrarti la strada per la quale tu possa al meglio seguire la Sacra Famiglia, sia con lo spogliamento del superfluo, sia con la fuga dal mondo.

 

MASSIMA. - Se un'anima afferra ed adempie bene queste due parole - soffrire e tacere - s'avvicina ben presto al Cuor di Gesù.

 

GIACULATORIA. - Ottienimi, o San Giuseppe, la grazia d'imitarti nel sopportare i patimenti in silenzio, prova più bella che possiamo dare a Dio d'amarlo sopra ogni cosa.

 

ORAZIONE. - Caro San Giuseppe, modello perfetto di silenzio e pazienza nella privazione d'ogni cosa, vedete quanti poveri popolano il mondo! Ma mirate quanto pochi sono quelli che si fanno merito della loro indigenza, e come lottano fra la cupidigia di ciò che non hanno, la gelosia dei ricchi e la disperazione. Perciò incendi, suicidi e peccati d'ogni genere. Deh, o caro Protettore della Chiesa, non permettete che regnino più a lungo le tenebre, rappresentate a Gesù i bisogni dei popoli di sana dottrina, per ritrovar la forza di sopportare questo tempo di prova; e supplicatelo a restituire la libertà d'insegnamento alla Chiesa, gran rimedio contro la corruzione.

 

FIORETTO. - Dà un elemosina ai poveri, o manda anche qualche aiuto ai Missionari.

 

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