Nacque a Saragozza, in Aragona (Spagna), nel 1271.
Figlia del re di Spagna Pietro III, quindi pronipote di Federico II, a soli
12 anni venne data in sposa a Dionigi, re del Portogallo, da cui ebbe due
figli. Fu un matrimonio travagliato dalle infedeltà del marito ma in esso
Elisabetta seppe dare la testimonianza cristiana che la portò alla santità.
Svolse opera pacificatrice in famiglia e, come consigliera del marito, riuscì
a smorzare le tensioni tra Aragona, Portogallo e Spagna. Alla morte del
marito donò i suoi averi ai poveri e ai monasteri, diventando terziaria
francescana. Dopo un pellegrinaggio al santuario di Compostela, in cui
depose la propria corona, si ritirò nel convento delle clarisse di Coimbra,
da lei stessa fondato. Dopo la morte avvenuta nel 1336 ad Estremoz in
Portogallo, il suo corpo fu riportato al monastero di Coimbra. Nel 1612 lo
si troverà incorrotto, durante un'esumazione, collegata al processo
canonico per proclamarla santa. Fu canonizzata a Roma da Urbano VIII nel
1625. (Avvenire)
Figlia
di re, è normale che debba sposare un re. E questo lo decidono naturalmente
gli altri, quando Elisabetta (Isabel in portoghese) ha soltanto dodici anni.
Suo padre, il re Pietro III di Aragona, la dà in moglie a Dionigi re del
Portogallo: Dom Dimìs, come lo chiamano i sudditi. Un re con molti meriti:
sviluppa infatti l’economia portoghese, crea una flotta, fonda
l’università di Lisbona (che sarà successivamente trasferita a Coimbra).
Dionigi è un buon sovrano, ma anche un pessimo marito, sempre impelagato
con altre donne e padre via via di altri figli, oltre ai due che gli dà
Elisabetta.
E lei, malgrado le continue offese e i tradimenti del marito, gli rimane
impeccabilmente fedele, tutta dedita ai figli Alfonso e Costanza, come ai
sofferenti per malattie “brutte” in Lisbona. Ma non solo: Elisabetta si
prende anche molta cura dei bambini messi al mondo dal marito con altre
donne. Un’opera da cristiana autentica. Da grande regina. E l’infedele
Dionigi deve pur avvertire la sua superiorità morale; tant’è che più
tardi, quando il figlio Alfonso gli si ribella, è l’autorità di
Elisabetta a evitare lo scontro armato tra padre e figlio.
Poi quel fatto le procura l’accusa di parteggiare per il figlio Alfonso
contro Dionigi, e allora la confinano nella cittadina di Alenquer, a nord di
Lisbona. Ma presto il marito la richiama. Ora la vuole vicina, ha bisogno di
lei e del suo consiglio. Elisabetta torna, riprende serenamente il suo posto
accanto al re. E quando una malattia mortale lo colpisce, è lei a curare in
prima persona il marito, fino all’ultimo giorno.
Dopo la morte del re, avvenuta nel 1325, sale al trono suo figlio Alfonso IV,
ed Elisabetta non resta a fare la regina madre a Lisbona. Si fa pellegrina e
penitente, con l’abito di terziaria francescana, andando fino al santuario
di San Giacomo di Compostella a piedi nudi. Poi viene accolta dalle Clarisse
nel monastero di Coimbra, fondato da lei, e ne condivide la vita, senza però
pronunciare i voti (lo farà poco prima di morire).
Il monastero diventa la sua casa per sempre; ma una volta deve uscirne,
perché c’è nuovamente bisogno di lei: deve riconciliare suo figlio
Alfonso IV col re Ferdinando di Castiglia che è suo genero (è il marito di
Costanza). Elisabetta ha ormai 65 anni, il suo fisico è indebolito dalle
dure penitenze, e in piena estate il viaggio è troppo faticoso per lei.
Incontra il figlio e la nuora, fa sosta nella cittadina di Estremoz, ma non
riesce ad andare più avanti: la stanchezza e le febbri troncano rapidamente
la sua vita.
Il suo corpo viene riportato al monastero di Coimbra, e nel 1612 lo si
troverà incorrotto, durante un’esumazione, collegata al processo canonico
per proclamarla santa. Ma già nei primi tempi dopo la morte c’erano
pellegrinaggi alla sua tomba e circolavano voci di miracoli. Finché, nel
1625, papa Urbano VIII celebrerà, infine, la sua solenne canonizzazione a
Roma.