I.
Vita.
Giovanni, figlio di Zebedeo e di Salome,
fratello di Giacomo il Maggiore, nato a Betsaida, e pescatore nel lago di Genezaret, era già divenuto discepolo del Battista. Stava col padre e col
fratello a rassettare le reti, quando fu chiamato da Cristo (Mat.
4,21-22; Marco 1,19-20; Luca 8,3; Giov. 1,39-40). Egli fu discepolo prediletto di Gesù (Mat. 17,1; 26,37; Marco 5,37; Luca 22,8); posò il capo sul seno di Gesù (Giov.
13,23-25) e ricevette sul Calvario il nobile ufficio di sostituire Cristo nei doveri di figlio verso. Maria (Giov. 19,
26-27). Dopo l'Ascensione fu con Pietro a capo della Chiesa di Gerusalemme (Atti 4), andò con Pietro in Samaria (Atti 8,14) e poi dimorò
abitualmente a Gerusalemme, forse per assistere la Vergine. Morta Maria, andò a Efeso, e resse le Chiese dell'Asia. Perseguitato da Domiziano, fu messo, a Roma, in una
caldaia d'olio bollente, ma ne uscì illeso; fu relegato nell'isola di Patmos, dove scrisse l'Apocalisse. Morto Domiziano,
ritornò ad Efeso, ove mori quasi centenario.
II.
Autenticità.
I Padri sono unanimi nell'attribuire a S.
Giovanni tre Lettere, l'Apocalisse, e il quarto
Vangelo. Riguardo al quarto Vangelo, ecco le loro
testimonianze. San Girolamo scrive: «S. Giovanni Apostolo prediletto
di Gesù, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo Apostolo decollato da Erode, scrisse, ultimo di tutti, il Vangelo, pregatone dai Vescovi d'Asia, contro gli eretici, che dicevano Cristo non essere stato prima di Maria, e per
questo fu costretto a dimostrarne l'origine divina. Sotto Domiziano fu relegato nell'isola di Patmos; sotto Nerva tornò ad Efeso, ove morì di
vecchiaia, sessantotto anni dopo la passione di Cristo ». Clemente Alessandrino scrive: « Giovanni,
vedendo che nei Vangeli degli altri erano narrate piuttosto le cose che riguardavano la parte
umana di Cristo, per impulso divino, a richiesta dei suoi discepoli; ultimo di tutti, scrisse un Vangelo spirituale ». Le testimonianze dei Padri affermano
unanimemente che l'apostolo S. Giovanni scrisse il Vangelo dopo gli altri, nella sua vecchiaia, negli
ultimi anni del primo secolo, a Efeso, contro chi negava la divinità di Cristo, per dimostrare coi fatti che Gesù Cristo è figlio di Dio e Messia. Ciò
che affermano i Padri è confermato dall'analisi del quarto Vangelo che, nella sua armonica
unità, lasciando molte cose, utili alla sua tesi, ma che sono nei Sinottici, li suppone e li completa. Il quarto Vangelo mostra nel suo autore un ebreo che ha abitato lungamente in Palestina, ha fatto parte del collegio apostolico, e scrive per i
Gentili e fra i Gentili, quando il popolo ebreo non è più un popolo; mostra ancora che il suo autore è testimone oculare. Tale testimone con tutti i sopraddetti connotati; non può essere che
l'apostolo S. Giovanni Evangelista. Questa è l'affermazione dei Padri di tutta la veneranda antichità, ed oggi, dopo un secolo di lotte, nessun critico serio nega più a S. Giovanni la paternità di
questo libro unico nelle letterature del mondo, Vangelo sublime che è la degna corona dei Sinottici, che è la migliore storia di Gesù, scritta con la penna d'amore. Soltanto Giovanni poteva
scrivere il quarto Vangelo « che trascende le regioni degli Angeli e va diritto a Dio » (Agost.), soltanto Giovanni che sentì i palpiti del cuore di Gesù, ammirò la soavità della Vergine Maria, e
ricevette gli arcani celesti, potè scrivere le meraviglie del quarto Vangelo. Colui che ha posato
l'orecchio sul cuore di Cristo e ne ha sentito i palpiti, meditò per lunghi anni le parole del
Maestro, e le parole divine, dopo tanti anni uscirono innamorate dal suo cuore, brillando nel vero
senso misterioso e luminoso. Così Giovanni, toccando la realtà spirituale dei fatti, divenne il vero storico di Gesù, lasciando ai Sinottici la gloria di esserne i cronisti; ma egli col suo Vangelo li completa, li sublima, li fa parlare divinamente, ed è ben rappresentato nell'aquila che vola nei cieli.
III.Scopo
Il Vangelo di S. Giovanni scritto alla distanza di più di 30 anni dalla redazione dei Sinottici, quando l'Evangelista aveva ormai quasi cento anni, pur conservando insieme con quelli la realtà
storica dei fatti e quel certo formulario proprio della catechesi, si allontana da loro per una
spiritualità e un simbolismo che sono propri di lui solo e che
pervadono tutto quanto il suo Vangelo. Al termine di questo, egli ci riassume il suo tema: « Queste cose sono state scritte affinché crediate che Gesù è il
Cristo, il Figlio di Dio e affinché, credendo, abbiate la Vita nel suo
nome ».
Dinanzi al quarto Vangelo che sa unire
l'ingenua semplicità ad una profondità sublime, e dà, nei fatti descritti con vivacità drammatica, colore e vita alle idee più astratte e sublimi, i Padri sono restati meravigliati e fanno a gara nel lodare la vivacità, la profondità, la sublimità del Vangelo che essi chiamano il Vangelo dello Spirito e che porta in sè stesso la prova della veracità Q dell'ispirazione, perchè soltanto i fatti accaduti potevano essere così descritti, e soltanto sotto l'ispirazione-di Dio l'uomo può scrivere nel modo con cui è scritto il quarto Vangelo. San
Giovanni Crisostomo che sa bene gustare il sublime, esclama: « Quest'uomo barbaro per i Greci e per i Romani, povero illetterato, che mostra subli-mità mai tentate da umano intelletto, sarebbe già un gran miracolo; ma è miracolo ancor più grande che egli abbia saputo trovare chi lo se-gua nei suoi voli ardimentosi.