I. Vita.
Matteo, detto Levi, era
figlio di Alfeo ed esercitava l'ufficio di gabelliere o esattore d'imposte nella città di
Cafarnao. Chiamato da Gesù a seguirlo mentre sedeva al tavolo del suo lavoro, abbandonò subito il suo
ufficio e seguì il Maestro (Mat. 9,913; Marco 2,14-17; Luca 5,2732), che lo fece suo apostolo
(Mat. 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15; Atti 1,13). Altro di sicuramente storico non sappiamo di lui. La
tradizione vuole che dopo l'Ascensione del Signore egli abbia predicato il vangelo agli Ebrei di
Palestina conducendo una vita assai austera. Qualche scrittore ecclesiastico afferma che sia poi passato in Etiopia (Rufino), in Persia (S.
Ambrogio), fra i Parti (S. Isidoro).
II. Autenticità.
L'Autenticità del Vangelo di Matteo è
largamente dimostrata dalle testimonianze di tutta la tradizione patristica a cominciare dalla fine del I secolo in poi. Numerose sono le citazioni
letterali o a senso che si riscontrano nella Lettera di Barnaba, in quella ai Filippesi di S. Policarpo, nell'Apologia di S. Giustino, nelle varie lettere di S. Ignazio di Antiochia e di S. Clemente
Romano, desunte dal Vangelo di Matteo. Papia, Vescovo di Gerapoli e discepolo di Giovanni il
Presbitero (probabilmente l'Apostolo) afferma ufficialmente: Matteo scrisse in lingua ebraicai detti del Signore; ognuno poi li tradusse come
meglio potè » (Eus. Hist. eccl. III, 39,16). Che l'espressione «i detti » voglia dire « il Vangelo » (di Matteo) nessun dubbio: così infatti la intesero i Padri che ebbero fra mano la Storia
Eccl. di Eusebio, così traduce l'autore della Versione Siriaca della medesima opera. Altre testimonianze si hanno dai Vecchi Prologhi latini, dal
Frammento Muratoriano, dagli scritti di S. Ireneo, 0 rigene, Eusebio, Tertulliano, S. Girolamo ecc. La lingua originale in cui Matteo redasse, fra il 42 e il 50, il suo primo Vangelo fu
l'aramaico e di ciò le testimonianze sono assai numerose; ma del testo aramaico non è giunta a noi alcuna
traccia. Ignoriamo infine chi abbia per primo tradotto in greco il testo aramaico di Matteo, forse l'autore stesso? E' una semplice congettura. Incerto è pure il tempo in cui fu eseguita la versione, però dall'uso che di questa ne hanno fatto i Padri dell'epoca apostolica (S. Clemente Romano, S. Policarpo di Smirne, S. Ignazio di
Antiochia) si può affermare che non può essere posteriore agli ultimi decenni del primo secolo.
III. Scopo.
La scopo di Matteo è quello di dimostrare agli Ebrei che il Cristo è il figlio di Davide, il
Messia promesso: lo provano i numerosi riferimenti alle profezie del V. Testamento citati
frequentemente con l'esplicita affermazione: « Affinchè si adempisse ciò che il Profeta aveva detto ». Il testo di Matteo, più lungo degli altri
sinottici, si presenta con uno schema logico ben chiaro, omogeneo e proporzionato nelle parti, se pure non sempre strettamente cronologico.