MEDITAZIONE XX
Gesù saziato di obbrobri.
Preludio 1. — «Allora gli sputarono in faccia e lo percossero coi Pugni».
Preludio 2. — Ti rappresenterai Gesù in mano alla più vile plebaglia, insultato, percosso, schernito, divenuto proprio il loro zimbello.
Preludio 3. — Signore Gesù, imprimete nel mio cuore un grande amore alle umiliazioni e ai disprezzi, sicché li abbia carissimi e imiti sempre più Voi, o mio modello ed esemplare.
PRIMO PUNTO
Appena Gesù fu dichiarato reo di bestemmia e degno di morte, venne consegnato alla iniqua sbirraglia, affinchè lo custodisse durante il resto della notte, con piena licenza ad ognuno di fargli quanto più di strapazzi può usar l'insolenza inspirata dall'odio e dalla crudeltà. Isaia aveva predetto che Cristo sarebbe stato saziato d'obbrobri: d ecco il compimento di quella profezia. Cominciano quegli sbirri a bendare gli occhi del Salvatore con un vilissimo straccio: «cominciarono alcuni a velargli la faccia». Lo percuotevano con pugni, con schiaffi, dicendogli: «Cristo profetizzaci: chi è che ti ha percosso?», volgendo così in derisione la qualità ed il nome di profeta, che gli davano i popoli. Accompagnano quegli schiaffi con ogni sorta di amare beffe, di pungenti sarcasmi, di amari insulti, di bestemmie orrende: «E molte altre cose bestemmiando dicevano contro di lui». Di più: orribile a dirsi! giungono persino a sputargli in faccia, che, presso gli Israeliti, era la più grande ignominia. Si realizzarono allora le parole del profeta: «Ho dato il mio corpo a quelli che mi percuotevano, e le mie guance a quei che mi strappavano la barba; non ho nascosto il mio volto a quelli che mi schernivano e mi sputacchiavano. — Egli non ha vaghezza, né splendore; e noi l'abbiamo veduto, e non era bello a vedersi. Era quasi nascosto il suo volto, ed Egli era vilipeso». Medita l'umiliazione grande del Re della gloria, ed ammira la sua grande pazienza e rassegnazione! Secondo la tradizione, Gesù venne finalmente gettato in un'oscura prigione, fino a che il gran Consiglio fosse al mattino radunato. Nelle regioni cattoliche della Germania del sud, si trova talvolta, sulle deserte cime delle montagne o nelle solitudini delle foreste, una immagine
commoventissima. Il Salvatore è rappresentato seduto in un oscuro carcere; Egli ha al collo un anello di ferro fissato nel muro; le sue mani sono incatenate; il suo nobile capo, oppresso dalla fatica, s'inclina come per cercare riposo, e non ne trova. Gesù è da tutti abbandonato, il suo sguardo è pieno di tristezza. Questa immagine si chiama con un nome espressivo: Dio nella miseria! Non è Egli tale, infatti, il Salvatore nella sua prigione? Per Lui nessun riposo. Egli soffre, e soffrendo Egli ha il vivo sentimento del suo abbandono. Gli si possono applicare quelle parole del profeta: «Egli piange inconsolabilmente la notte, le sue lacrime bagnano le sue guance; non c'è tra tutti i suoi cari chi lo consoli; tutti gli amici suoi lo hanno disprezzato, e son divenuti suoi avversari... Per questo io piango ed acque sgorgano dagli occhi miei, perché si è ritirato da me il consolatore; che ravvivi l'anima mia. I figli miei sono periti, perché il nemico li ha vinti». Come è grande l'umiliazione di Gesù!
SECONDO PUNTO
Gesù è saturato di obbrobri, è in preda al massimo abbandono. Se tu vuoi imitare il tuo Signore, ama e desidera di non essere conosciuto, nè stimato, anzi di essere disprezzato dagli altri. Ti parrà forse una gran cosa? Gesù, si ricoperse dei tuoi peccati, sottostette a tanti obbrobri; e tu, che hai veramente peccato, non vorrai ad essi sottoporti? Come? L'innocente Gesù presenta le sue guance agli schiaffi, agli sputi, e tu ne ritrarrai le tue? Tu peccatore?... Vedi Giobbe! Gettato in preda a tanti mali, a tanto abbandono, a tanta umiliazione, esclama: «Ho peccato e veramente ho offeso Dio, e non mi ha castigato tanto quanto io meritavo». Come le sue colpe gli mostravano ben piccole pene, le umiliazioni che soffriva! — Vedi il santo re Davide! Insultato, maledetto da
Semei, a quelli che volevano vendicare il suo onore, disse: «Lasciatelo stare, che forse il Signore si compiacerà d'accettare queste ingiurie e questi dispregi in sconto dei miei peccati, e questa sarà per me gran ventura». Non dimenticare mai, quindi, i tuoi peccati, e quello che con essi hai meritato, e per te non vi sarà mai nè ingiuria, nè torto. — Non solo i peccati tuoi ti devon spingere ad amare l'obbrobrio degli uomini, ma il desiderio altresì d'imitare il tuo Gesù. Diceva, quindi, S. Francesco Saverio ch'egli teneva per cosa indegna che un cristiano, il quale ha da portar sempre nella memoria le ingiurie e i vituperi, che furon fatti a Cristo Signor nostro, gustasse d'essere onorato e riverito dagli uomini. Ecco, perchè S. Ignazio, vescovo
d'Antiochia, quando era condotto a Roma, con molti disonori e ingiurie per esservi martirizzato, diceva con grande allegrezza: «Ora comincio ad essere discepolo di Cristo». Ecco, perchè gli Apostoli tenevano come gran favore e grazia di Dio l'esser fatti degni di patire ingiurie e disonori per Cristo. I Santi, per il desiderio che avevano di ricopiare Cristo Gesù, cercavano con tanta avidità le umiliazioni e i disprezzi, come non cercano i mondani le grandezze e gli onori. Di qui si spiega la condotta di un S. Filippo Neri nel cercare industrie, che il mondo chiamerebbe pazzie, pur di acquistarsi il disprezzo del mondo. Si spiega ancora la preghiera continua di S. Giovanni della Croce: «Signore, ch'io sia sempre disprezzato per te». Il medesimo S. Francesco di
Sales, che per la sua posizione era tanto alieno dal cercare con singolarità il disprezzo del mondo, pure amava e desiderava tale disprezzo. Scriveva, quindi, ad un suo amico: «Mi sono ingannato di morire sopra un patibolo, ovvero di essere arso vivo per una sentenza ingiustamente pronunziata contro di me, e mi son rallegrato di perdere l'onore e la vita per adempiere il divino, volere, se gli piacesse di ciò permettere» Così S. Ignazio di Loiola diceva sempre, che avrebbe stimato gran fortuna l'essere tenuto dagli altri e trattato come pazzo, purché questo fosse avvenuto senza sua colpa. Ora comprenderai un tratto della vita di S. Margherita
Alacoque, ch'essa stessa descrive: «Un giorno, quest'unico Amore dell'anima mia mi comparve dinanzi, portando in una mano il quadro della mia vita più felice, che possa figurarsi un'anima religiosa: pace continua, sanità perfetta, consolazioni interne ed esterne, stima ed applausi delle creature, ed altre cose piacevoli alla natura. Ma, nell'altra mano, portava un altro quadro ben diverso: vita tutta povera ed abbietta; sempre crocifissa per via d'ogni sorta di umiliazioni, disprezzi e contraddizioni; sempre sofferente nel corpo e nello spirito: «Scegli, o figliuola, mi disse nel presentarmi questi due quadri, scegli quello che più ti aggrada. Qualunque tu elegga, io ti farò le stesse grazie». Mi prostrai al suoi piedi per adorarlo: «O mio Signore, io non voglio altro che Voi, e la scelta che Voi farete». — E stimolandomi Egli molto ad eleggere: «Voi mi bastate, o mio Dio! Fate per me quello che vi darà più gloria, senza riguardo agli interessi od alle soddisfazioni mie. Contentate Voi stesso, e mi basta». Allora, Egli mi soggiunse che con Maddalena avevo scelto la parte migliore, che non mi verrebbe tolta, perchè sarebbe Egli stesso la mia eredità per sempre. E presentandomi quel quadro di crocifissione: «Ecco, mi disse, ciò che t'ho scelto, e che più mi piace, tanto per l'adempimento dei miei disegni, quanto per rendere te stessa conforme a me. L'altra è una vita di gioia e non di meriti: è per l'eternità». Accettai, dunque, questo quadro di crocifissione e di morte, baciando la mano che me l'offriva; e, benché la natura ne fremesse, l'abbracciai con tutto l'affetto di cui era capace il mio cuore; e nel serrarlo al mio petto lo sentii così fortemente imprimersi in me, che mi pareva non esser più che un composto di quanto avevo visto rappresentato».
TERZO PUNTO
Ami essere disprezzato per Cristo? — Ahimè! Come sei sollecito, invece, di cercare l'onore degli uomini, la loro stima, la loro fiducia! Di qui quelle parole, che sempre pronunci in tua lode... di qui, quel decantare i tuoi meriti, le tue opere... quell'io, che hai sempre in bocca... quel dire su tutti i toni che se avessero fatto come tu hai consigliato le cose sarebbero andate meglio, i frutti sarebbero stati più copiosi e si sarebbero evitati tanti mali! di qui, quella smania di dar consigli, d'insegnare e quel desiderio di essere consultato! Oh, come sei differente dal tuo Maestro Cristo Gesù! — Ami gli obbrobri? Perché, dunque, ti crucci, t'inquieti quando sai che gli altri non pensano bene di te? Perché provi dispiacere, quando i superiori mostrano d'avere in te poca fiducia? Perché provi pena nel sentire certi rimproveri, o qualche parola amara a te indirizzata? Ah! certo non ami l'umiliazione ed il disprezzo! — Ami gli obbrobri? E perché ti lamenti quando senti che hanno detto male di te? Quando riferivano a S. Francesco di Sales il male, che certi spiriti critici di lui dicevano, rispondeva: «Non dicono altro che questo? Oh! davvero che non sanno tutto, ma mi adulano e mi risparmiano! Ben
m'avveggo che mi hanno più compassione che invidia, e mi credono migliore che non sono! Orsù, sia benedetto Dio, bisogna correggersi! Se non merito di essere rimproverato per questo, lo merito per altre cose! — Ma finalmente, gli dicevano, ci vuol molta malignità a gettare contro di voi dei rimproveri così falsi! — Quest'è un avvertimento che mi danno, replicava, affinché mi guardi dal renderli veri, e mi fanno una grazia avvisandomi di evitare questi scogli». Diceva ancora: «Che torto ci fanno coloro che hanno cattiva opinione di noi? Non sono avversari, ma aiutanti, che si uniscono a noi per distruggere l'amor proprio, che è il nostro maggior nemico. Perché, dunque, sdegnarsi contro di essi? Un'oncia di virtù praticata fra le contraddizioni, le critiche ed i rimproveri, vale più di dieci libbre usate nella calma». Impara anche tu dai Santi, specialmente dal tuo Gesù, riempito d'obbrobri, a non inquietarti per i disprezzi, anzi, impara ad amarli, a desiderarli.
ORAZIONE. — Signore Gesù, Re della gloria, infinita Maestà, come foste saziato d'obbrobri e di disprezzi in quella notte che passaste nel palazzo del Pontefice! Siete divenuto davvero l'ultimo degli uomini,
l'abbiezione della plebe! Eppure come scriveva il vostro Profeta, «avete dato il vostro corpo a quelli che vi percuotevano, e le vostre guance a quelli che vi strappavano la barba; non avete nascosto il vostro volto a quelli che vi schernivano e vi sputacchiavano». Come sono differente io, o mio Gesù! Ad ogni parola di disprezzo m'inquieto, mi lamento, grido all'ingiustizia! Quando, o Signore, il vostro spirito sarà anche il mio? Quando verrà il giorno in cui, anch'io, godrò delle contumelie che soffrirò per il vostro nome? La natura freme; ma, confortato dalla vostra grazia, invoco e desidero quel giorno! Come prova del desiderio mio mi sottoporrò a quanto di umiliante oggi mi preparerete.
GIACULATORIA. — Cor Jesu, saturatum opprobriis, miserere nobis. Il cuore di Gesù, saturo di obbrobri, abbi pietà di noi.
(Tutti
i testi sono tratti dal libretto: La Passione di Gesù Cristo - di Mons. Pietro
Bergamaschi)