PARTE TERZA
GESÙ OPPRESSO DAL PESO DELLA GIUSTIZIA DI SUO PADRE.
MEDITAZIONE XXXV
L'Abbandono.
Preludio 1. — «E intorno all'ora nona esclamò Gesù ad alta voce, dicendo: «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?»
Preludio 2. — Immagina di essere anche tu sotto la Croce e ascolta il lamento che esce dalle labbra del Salvatore; leggi nel suo volto la tristezza del suo Cuore.
Preludio 3. — Signore Gesù, ch'io possa comprendere bene la pena che provaste nel vedervi abbandonato dal Padre, ed apprezzi sempre la grazia che m'avete fatta
con l'assoggettarvi a questa pena!
PRIMO PUNTO
A Dio si addice il vendicare le ingiurie a Lui fatte, e, finchè la sua mano non vi prende parte, i peccati non sono condegnamente puniti. Era, dunque, necessario che i colpi della giustizia del Padre cadessero sopra il Figlio; e, poiché erano sopra di Lui tutti i nostri peccati, sperimentasse gli effetti della giusta divina vendetta. Il Profeta ci fa sapere che il Padre l'ha, in certa guisa, stritolato sotto i colpi della sua mano onnipotente. Gesù Cristo, divenuto, come dice l'Apostolo, Peccato per noi, pro nobis peccatum
fecit, fu fatto per noi altresì maledizione; e ciò per parte del Signore, che aveva già detto: «Maledetto colui che è appeso al legno»; parole che riguardavano il Cristo pendente dalla Croce, come dice apertamente l'Apostolo San Paolo. Ecco, dunque, Gesù maledetto da Dio! Avremmo osato dirlo? Avremmo solamente osato pensarlo, se lo Spirito Santo non ce lo avesse rivelato? Ebbene, penetra e fa d'intendere, per quanto ti è possibile, questa pena di Cristo, che certo fu la più terribile della sua Passione. La maledizione di Dio contro il peccatore, secondo la Scrittura, lo circonda di fuori come una veste, penetra nel suo interno, straziando le potenze dell'anima e finalmente, penetra fino nel fondo della sua sostanza. Questo si verificò in Cristo Gesù. «Egli ha indossato la maledizione come una veste», perché il Padre, che nel corso della di Lui vita, si era compiaciuto di dargli tante volte attestati del suo amore, ora lo lascia senza soccorso, lo abbandona nelle mani dei nemici. Gridano, sì, i Giudei: «Discenda dalla Croce, venga il Padre a liberarlo, e crederemo in Lui!». Ma i cieli non si aprono, come altre volte, né si sente quella voce: «Questo è il mio Figliuolo diletto». Un'altra voce si sente: quella del morente Gesù: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? La maledizione di Dio penetra nell'interno, e percuote Gesù Cristo nelle sue potenze. «Il volto di Dio, si legge nella Scrittura, è sopra coloro che operano il male». E' il volto della giustizia. Dio Padre mostra questo volto al proprio Figlio; gli mostra questo volto che dagli occhi manda fiamme; lo mira, non con quello sguardo dolce e pacifico che conduce il sereno, ma con quello sguardo terribile, che fa divampare il fuoco davanti a sè; lo considera come un peccatore, e muove contro di Lui con tutto l'apparato della sua giustizia. — Volto di mio Padre, ove sei tu? Volto dolce e paterno, io non vedo più i tuoi soavi lineamenti, io non vedo che un Dio adirato: Dio mio, Dio mio! O bontà! O misericordia! Ah quanto ti sei allontanata! Dio mio, Dio mio, verchè mi hai abbandonato? — La maledizione di Dio penetra nell'intimo dell'anima di Gesù Cristo. L'effetto che vi produsse, e come sia avvenuto, per noi è inconcepibile, dovendo accordare insieme l'unione strettissima di Dio e dell'Uomo con quella estrema desolazione, che strappò dal Cuore di Gesù il lamento verso il Padre. La divinità di Gesù Cristo si era come ritirata in se stessa; o, meglio, non faceva sentire la sua presenza se non in una certa parte dell'anima (ciò che non è impossibile al Signore, il quale sa dividere lo spirito dall'anima), abbandonando tutto il resto ai colpi della divina vendetta. Perciò Gesù si trovava in quell'ora abbandonato da Dio, con la coscienza di un isolamento paragonabile a quello che forma la disperazione del dannato. Si verificarono allora le parole del Profeta: «Mi circondarono dolori dell'inferno». Era l'ora del trionfo dell'inferno, e in quel momento, perduto in quell'abisso
d'angoscie, Gesù non potè trattenere un lamento: «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai tu abbandonato?». — Medita attentamente questa pena del Cuor di Gesù, e pensa che, per liberare te dall'inferno, Gesù volle sottostare a così terribile abbandono.
SECONDO PUNTO
Come fu mai buono Gesù! Tu, con il peccato, ti sei meritato l'inferno, cioè la maledizione divina, tormento dell'anima, ed il supplizio, tormento dei sensi. Gesù, per quanto fu possibile al suo stato, si sottopose alla divina maledizione: ed ecco l'abbandono del Padre; alla pena dei sensi: ed ecco il suo corpo tutto una piaga; così espiò per te e per tutti copiosamente, e per i suoi meriti puoi scampare dall'inferno. Quale torto faresti a Gesù se non ti giovassi di questo beneficio, ma, col perseverare nel peccato, ti esponessi a cadere nell'inferno! Quale danno a te medesimo! Se ti portassi fino all'ultimo istante della tua vita col peccato mortale e non ti pentissi, la parola che sentiresti da Dio sarebbe questa: «Vattene, maledetto». E la maledizione ti avvolgerà, ti stringerà, ti penetrerà. Te ne andrai: dove? Lontano da Dio. Il tuo intelletto cercherà il vero, l'unico vero, cioè Iddio, ma Dio ti rigetterà. Come un miserabile, la cui vista si spense ad un tratto, stende la mano, palpa le ombre, grida, chiama: la luce! la luce! così tu cercherai Dio, vorrai gettarti nella vera luce, in Dio, ma Dio ti rigetterà, investendoti della sua maledizione. La volontà tua, fatta per il bene e per l'unico bene, cercherà Dio, unico oggetto che la può consolare. Ma Dio sempre, in eterno, griderà «Vattene, maledetto!» E come il tuo intelletto sarà sempre nell'ombra, nelle tenebre, privo del suo oggetto; così il tuo cuore, la tua volontà saranno sempre senza il bene, senza Dio, sempre nel vuoto. Sete di conosere il Vero, sete d'amare il vero Bene, senza aver mezzo di saziarla: ecco quale sarà il tuo stato! Quale tormento! L'anima tua, allora, abbandonata da ogni bene creato, fatta unicamente per Dio, vorrà gettarsi in Lui, che sente essere l'unico vero bene, a Lui si sentirà attratta con forza irresistibile, e da Dio si sentirà sempre respinta, rigettata: «Vattene, maledetto!». Tu amerai Dio d'un amore che le più violente passioni non potranno pareggiare. Tu l'amerai, non perchè amabile in sè, ma perché ne avrai fame; tu l'amerai non per fargli piacere, ma perchè vorrai soddisfarti. Tu l'amerai, e per questo l'odierai: perchè, mentre lo cercherai, Dio stesso si ritirerà; e, perchè Dio si ritirerà, tu l'odierai d'un odio che sarà pari all'amore. Quale stato! Sempre sarai spinto in alto dai tuoi desideri e sempre respinto dalla mano vendicatrice di Dio, e non rientrerai in te che per odiare ciò che ami. Griderai allora: Dio nemico, che mi ha dato questo essere, in cui già impresse un'immagine di se stesso! Dio nemico, che mi ha redento e bagnato del Sangue suo! Dio nemico, che tante colpe e tante volte mi ha perdonato, santificandomi con la sua grazia! Dunque, nemica l'Onnipotenza del mio Creatore! Nemico il Sangue del mio Redentore! Nemica la santità, la misericordia e la grazia del mio pietoso Santificatore! Nemico il mio Principio, il mio Bene, il mio Fine! Ahi, non più mio! Ma s'Egli non è più mio, perchè risento ancora questa inclinazione infinita verso di Lui? Perché mi resta un desiderio così ardente di vedere il suo volto, di unirmi ad un bene che non è mio? Io lo vorrei distruggere, eppur lo desidero. Io lo odio, eppur lo sospiro. Desiderio crudele, che più m'accendi di tutto il fuoco del mio inferno. Odio spietato, che mi divori più di tutte le pene che qui io soffro! Barbari contrari affetti! Quando potrete almeno distruggervi l'uno l'altro? Una voce risponderà, quella di Dio: «Mai, in eterno!». Oh abbandono di Dio, oh maledizione divina, inconcepibile, tremenda! — Ebbene, ecco lo stato che ti aspetta, se pervieni alla morte col peccato e non corrispondi al beneficio di Gesù!
TERZO PUNTO
Hai meritato l'inferno, commettendo qualche grave peccato? Quale torto non avresti tu, allora, fatto a Cristo; a quale pericolo ti saresti esposto! Se la misericordia di Dio, per i meriti di Cristo, che sulla Croce soffrì dolori d'inferno, non ti avesse conceduto spazio di penitenza, tu, in questura saresti laggiù. Come devi, quindi, ringraziare Gesù, e domandargli sempre perdono del torto che gli hai fatto! — Al presente, procuri di evitare l'inferno? Non hai sull'anima peccati, che ti spingono laggiù? Nò, risponderai! Bada però, che le passioni accarezzate divengono presto giganti, e ti possono precipitare nei più orribili peccati. L'hai visto in Giuda, in Pietro. Perchè dunque, accarezzi sempre le tue passioni? — Eviti tu il peccato veniale deliberato, che porta facilmente, quando è ripetuto, allo stato di tiepidezza? Dalla tiepidezza al peccato mortale il passaggio è facile e breve. Breve, quindi e facile sarebbe pure il passaggio dell'inferno. — Tu, forse, sei un'anima a Dio consacrata, un'anima religiosa, che Dio chiama alla perfezione. Ora, tendi tu seriamente ed efficacemente a questa perfezione e santità che Dio giustamente da te vuole? Il solo trascurare la tua perfezione, la tua santità, è un esporti a grave pericolo di dannarti. Santa Teresa, stando in orazione, fu condotta in spirito a vedere il luogo che i demoni le tenevano apparecchiato, se non si fosse corretta in tempo di certe imperfezioni, che a poco a poco l'avrebbero condotta a perdersi. Ecco come la Santa descrive lo spavento provato: «I dolori corporali, i maggiori di questa vita, da me provati, sono un nulla in paragone di quelli che lì sentii, al che si aggiungeva l'orrore che avevano da durare eternamente, nè di diminuirsi mai. Ma questo pure è niente, in comparazione dell'agonizzare dell'anima. Un'angustia, un
allogamento, un'afflizione tanto sensibile, un così disperato e afflitto cordoglio, che io non so come spiegarlo. Il dire che sia come uno starsi l'anima sempre staccando dal corpo è poco, atteso che pare che un altro vi finisca la vita e vi dia la morte; ma qui la medesima anima è quella che si sbrana e si lacera. L'importante è che io non so come esprimere quel fuoco interiore e quella disperazione sopra ogni gravissimo tormento e dolore. Non vedevo io chi mi desse quel dolore, ma mi sentivo bruciare e lacerare, e dico che quel fuoco e quella disperazione interiore è il peggio». La vista del luogo del suo supplizio fu per Teresa di Gesù un mezzo potente per spingersi alla santità. Medita anche tu di frequente l'inferno; discendi, mentre sei vivo, in quel luogo di pene, per evitarlo in morte. Con la meditazione dell'inferno combatterai le tue passioni, rinnegherai l'amor proprio e ti spingerai al sacrificio, indispensabile per l'acquisto della virtù. E quando la tua anima è schiacciata e oppressa dal peso delle imperfezioni, e ti pare che se ti cogliesse la morte tu precipiteresti nell'inferno, allora gettati nel Cuor dolcissimo di Gesù, pensa ai dolori dell'inferno che volle provare sulla Croce. Quei dolori sono tuoi, poiché per te li ha sofferti Gesù; offrili, quindi, all'Eterno Padre, e poi vivi sempre nel timor di Dio, fiducioso e tranquillo.
ORAZIONE. — Come fu terribile, Signore Gesù, la pena che provaste sulla Croce nel vedervi abbandonato dal Padre! Allora davvero si verificarono le parole del vostro Profeta: «Dolori d'inferno mi circondarono». Con quanta ragione, schiacciato il vostro Cuore sotto la maledizione del Padre, che vi vedeva ricoperto dei miei peccati, esclamaste con gran voce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Il vostro dolore, o Gesù, mentre schiaccia il mio cuore, lo riempie altresì di amore e di gratitudine per Voi, che tanto soffriste per liberarmi dall'inferno. Grazie, o mio Signore, grazie! Spero poi, o mio Gesù, e lo spero per i meriti vostri, per i vostri dolori, di entrare un giorno in Paradiso per ringraziarvi eternamente. Intanto propongo di combattere le mie passioni, specialmente la mia dominante; propongo di vincere le difficoltà, che incontro ed incontrerò in seguito; e, mentre con una mano opererò, con l'altra mi terrò stretto a Voi, perché voglio essere vostro e tutto vostro, nel tempo e nell'eternità.
GIACULATORIA. — A poenis inferni, libera me, Cor Jesu. Dalle pene dell'inferno, liberami, Cuore di Gesù.
(Tutti
i testi sono tratti dal libretto: La Passione di Gesù Cristo - di Mons. Pietro
Bergamaschi)