MEDITAZIONE VIII
Totale abbattimento e mortale agonia di Gesù.
Preludio 1. — «Cominciò ad essere mesto, afflitto». La parola greca corrispondente meglio, si tradurrebbe cosi: «Cadde nell'abbattimento, nello scoramento».
Preludio 2. — Imaginati di vedere Gesù prosteso per terra, in preda ad un totale abbattimento. Vedilo immerso nel suo sangue... agonizzante.
Preludio 3. — Ch'io possa comprendere, o Gesù, il totale abbattimento del Cuor vostro, la mortale vostra agonia! ch'io possa apprendere quelle lezioni, che volevate darmi col gettarvi in preda a così terribile agonia!
PRIMO PUNTO
La tristezza, il timore, il tedio hanno gettato Gesù in un tale abbattimento. Volge lo sguardo al Padre suo, che tanto ama, e lo vede adirato al sommo contro di Lui, anzi pronto ad infrangerlo sotto il peso della sua vendetta, perchè lo considera come il capro
d'abominazione, carico delle colpe di tutti gli uomini. Volge il suo sguardo al cielo, dov'è il suo riposo e la sua gloria, e il cielo non risponde ai suoi gemiti; ai suoi lamenti, anzi, lo respinge con una specie di orrore. Si rivolge alla terra, e la terra è fredda e muta; essa giace addormentata, insensibile alle sue
angoscie. Volge lo sguardo a se stesso, come per trovare un conforto, e vedendosi ricoperto delle infamie degli uomini, come trasfigurato in queste colpe, ne prova orrore, e non si osserva che con terrore e con avversione. Pensa alle anime per cui sente infinito affetto, delle quali conosce la bellezza divina, desidera con ardore il possesso e ricerca l'amore; e queste lo accolgono con la freddezza dell'indifferenza, o lo scacciano con la brutalità dell'odio e del disprezzo. Pensa alla salvezza del genere umano, che Egli paga a così caro prezzo, e vede come per un gran numero di anime la sua Passione sarà d'una sterilità assoluta. L'anima sua è accasciata da immenso abbattimento; sente un'aridità e una tristezza alla quale non può resistere; il suo spirito sembra in qualche modo perdere tutta la forza, tutta l'energia; le sue facoltà restano come paralizzate e incapaci d'agire. Eccolo in preda alla desolazione. Misteriosa desolazione, con la quale, in certo qual modo, Gesù eclissò se medesimo, nascose, a così dire, la sua divinità, disponendo che essa non solamente cessasse d'influire sulla sua umanità, ma servisse altresì ad oscurarla; come la parte più illuminata del sole nelle sue eclissi e della luna nelle sue fasi serve ad
accrescere l'oscurità della parte più fosca. — Contempla Gesù! Quale oppressione di spirito, che ambasce di cuore, che mutar di sembiante, che agitarsi di tutta la persona! Il di Lui volto maestoso, perde la sua leggiadria, impallidisce, si alterano i lineamenti; già Egli, oppresso, vacilla, e, fra le ombre di quelle folte piante, cade in una spaventevole agonia. Agonia infinitamente differente da quella che vediamo negli uomini. Negli uomini, è un'anima che
si sforza per non essere separata dal corpo, e ne è strappata con violenza; in Gesù l'anima è pronta ad uscirne, e vi è trattenuta per comando. Negli uomini, l'anima combatte per non abbandonare quella carne che ama; ed essendosi la morte già impossessata delle estremità, l'anima si ritira più dentro, cacciata da tutte le parti, si rinchiude nel cuore, e là si sostiene, si difende, lotta contro la morte, che finalmente la espelle con un ultimo colpo. In Gesù, invece, ad onta che l'armonia del corpo sia alterata, sconvolto l'ordine, rilasciato il vigore, ecco l'anima venire trattenuta con un comando preciso e per una forza superiore. Mira ancora il tuo Gesù! L'anima sua e la sua carne sono come sotto il torchio; per l'abbattimento totale gli si è ritirato il sangue attorno al cuore, e per quell'ultimo sforzo, che Egli si fa a superarlo, il sangue con tale e tanto impeto viene respinto, che a grosse gocce esce sino a grondare per terra. «L'agonia del Getsemani oh! di quanto è più tremenda ed angosciosa dell'agonia del Calvario! Sul Calvario, prega Gesù con placidezza d'animo il suo divin Padre affinché perdoni a coloro che non sanno quel che fanno, nel
Getsemani, invece, lo prega affinché ponga una volta termine alle sue pene, ai suoi dolori, alle sue tristezze, che gli tolga una volta il calice amaro delle afflizioni, che ha bevuto abbastanza. Appressati a Gesù in
spirito, e, come l'angelo confortatore, compassionalo, gemi, piangi.
SECONDO PUNTO
Se tu ami veramente il tuo Signore avrai le tue prove, pene spirituali ed aridità. Certo che Iddio ti proverà. Non che Egli goda di farti penare, ma gode per i beni che acquisti con queste pene di spirito. Avrai, quindi, provato aridità di spirito, e forse anche al presente ti trovi nella desolazione. Come è terribile questo stato d'animo! In questo stato i ragionamenti più chiari, le conclusioni più evidenti, da cui si può trarre qualche soccorso, si nascondono, e la volontà, senza vigore, resta intirizzita. Nell'orazione ti troverai come un sasso, il cielo ti parrà chiuso, Iddio nascosto, e forse ti sembrerà che sia caduta sopra di te la divina maledizione. Oltre l'aridità continua, proverai forse grande distrazione e varietà di pensieri, e questi pure talvolta tanto cattivi e brutti da provarne spavento. Se cosi fosse, rassegnati, per quanto è possibile, con pace e tranquillità: Molti sono i beni che Dio vuol procurarti in questo stato. Se il Signore continuasse a ricolmarti di consolazioni, forse cercheresti più le consolazioni di Dio, che il Dio delle consolazioni. Con queste aridità, ecco che Dio purifica e perfeziona il tuo amore. Con queste ti spinge a cercarlo con gemiti, con lacrime, e, senz'accorgertene, ti stringi fortemente al Signore. Fa con te Iddio quello che fa la mamma col suo piccino. Essa si nasconde, ed osserva che fa il bambino suo appena se n'accorge. Il bambino piange, grida, chiama la madre, e, trovatala, con più affetto a lei si stringe. Questo consola molto la madre. Così anche i tuoi gemiti, le tue ricerche sono molto care al Signore. Nelle aridità, servendo tu il Signore, mostri maggiore fedeltà. «Un atto solo fatto con aridità di spirito vale assai più che molti tatti con gran tenerezza, perché quello vien fatto con un amore più forte, ancorchè non sia così tenero, nè così grato». «Non è gran cosa servire un principe nella dolcezza d'un tempo pacifico e tra le delizie della corte; ma il servirlo nelle asprezze della guerra, fra i tumulti e le persecuzioni, questo è un vero segno di costanza e fedeltà». Con le aridità, Gesù, ti dà un mezzo per rassomigliarti di più a lui. Non hai meditato or ora il totale abbattimento del Cuor di Gesù nell'orto degli olivi? Non è una gloria per te il ricopiare il tuo Gesù?... Come dovresti anzi ringraziarlo!
TERZO PUNTO
Come ti comporti nelle aridità di spirito? Hai cercato prima se furono da te provocate con la poca fedeltà agli esercizi di pietà, o col non curare le consolazioni di Dio, cercando con molta avidità le mondane? E ti lamenterai in questo caso, se Dio ti fa provare simili aridità? E' con te che devi prendertela, e non col Signore! — Non ci hai posto per parte tua causa alcuna? Allora segui questi consigli di S. Frandesco di
Sales: «Umiliati grandemente innanzi a Dio nella cognizione del tuo niente. Invoca Dio, e domandagli la sua allegrezza; va dal tuo confessore, fargli vedere bene tutti i recessi dell'anima tua, prendi gli avvisi che egli ti darà con grande umiltà e semplicità; ma, dopo tutto questo, niente è più utile in tali siccità che il non affezionarsi od applicarsi troppo al desiderio d'esserne liberato. Finalmente, fra tutte le tue aridità non perderti di coraggio, seguita tuttavia il tuo ordinario, non lasciare per questo alcun esercizio di devozione, anzi, se è possibile, moltiplica le tue buone opere, e non potendo presentare al tuo caro Sposo confetti teneri e molli, presentagliene dei secchi e duri». Fai tu così? — Forse dirai: se fossi certo che è Dio che vuol provarmi, starei quieto e rassegnato; ma se questo dipende da mancamenti miei... Ti risponde San Francesco di
Sales: «Troppo sottilmente vai investigando l'origine delle tue aridità; quando anche provenissero dai tuoi mancamenti, non bisogna perciò inquietarsi, ma con una dolcissima e semplicissima umiltà rigettarle, e poi rimettersi nelle mani di nostro Signore per riceverne il castigo o il perdono, secondo che ad esso parrà». M'inquieto. dirai ancora, perchè mi pare non possa neppur dire una parola a nostro Signore! Ti risponde ancora il Santo: «Hai ragione di dire che ti pare, poichè veramente non è così. Il sacro Concilio di Trento ha determinato, e siamo obbligati a credere, che Dio e la sua grazia non ci abbandonano mai in modo che non possiamo ricorrere alla sua bontà, protestare che, contro ogni perturbazione dell'anima nostra, noi vogliamo essere tutti suoi, e che non vogliamo offenderlo». Rasserenati, quindi, e confortati! Sappi, che se Gesù si abbandonò ad un totale abbattimento nell'orto, l'ha fatto per essere tuo sostegno e tuo esempio nel combattimento. Quello che tu devi fare ancora te lo mostrerà Gesù nelle meditazioni seguenti. Intanto fa come l'ape. Essa nelle sue malattie si espone al sole, ed aspetta guarigione dal suo calore; tu, finché durano le aridità ed afflizioni interne, mettiti avanti al nostro Sole, Cristo Gesù, e digli:
ORAZIONE. — O Cuore dolcissimo di Gesù, bel Sole del mio e di tutti i cuori. Voi vivificate ogni cosa coi raggi della vostra bontà; eccomi semivivo avanti a Voi, di dove non mi muoverò prima che il vostro calore mi abbia ravvivato. Io ringrazio il vostro sacratissimo Cuore d'essersi afflitto per me. Ahimè! le mie colpe vi hanno fatto tremare, impallidire, agonizzare; vi hanno gettato nella massima desolazione, vi hanno fatto perfino sudar copioso e vivo sangue. Io vi ho tormentato più crudelmente dei Giudei. Essi non hanno fatto patire se non il vostro Corpo; ed io ho fatto patire la vostra Anima, il vostro dolcissimo Cuore. Come ho meritato, quindi, queste aridità, queste desolazioni che mi opprimono! Anzi, ho meritato l'eterno abbandono che Voi infliggete, ai dannati dell'inferno. Siccome, però, sono debole, o Signore, a Voi ricorro per averne aiuto. Sostenetemi nelle mie afflizioni, e, purché non vi abbandoni, non vi perda, accrescete pure le mie pene. Bagnatemi col vostro Sangue prezioso, ed allora prenderò certo tal forza da bere quel calice di mali e di pene, che mi verrà dal vostro Padre celeste. Così sia.
GIACULATORIA. — Jesu, attritum propter scelera nostra, miserere nobis. Gesù, ferito per i nostri peccati, abbi pietà di noi.
(Tutti
i testi sono tratti dal libretto: La Passione di Gesù Cristo - di Mons. Pietro
Bergamaschi)