UN ANNO CON DON ALBERIONE

 

7° Luglio

 

(LA PRUDENZA)

 

La sapienza vale più della forma e l'uomo prudente più del valoroso. State attenti dunque, o re, e intendetela, imparate, voi che governate la terra. Porgete l'orecchio, voi che dominate le moltitudini e vi vantate d'aver folle di popoli. Il potere è stato dato a voi dal Signore, la forza dall'Altissimo, il quale esaminerà le vostre opere, e scruterà le vostre intenzioni (Sap. 6, 1-4). 

 

1. Il Vangelo (...) ci insegna l'accortezza, la prudenza, le previdenze ed una santa industriosità per l'acquisto dei beni eterni. «In quel tempo: disse Gesù ai Suoi discepoli questa parabola: C'era un ricco il quale aveva un fattore che fu accusato davanti a lui come dissipatore dei suoi beni. Ed egli, chiamatolo, gli disse: Che è mai quello che sento di te? Rendi conto della tua amministrazione, perchè non potrai più tenerla. E il fattore disse fra sè: E ora, che farò, che il padrone mi leva la fattoria? A zappare non sono buono, ad elemosinare mi vergogno. So ben io che farò, affinchè, levata che mi sia la fattoria, ci sia chi mi riceva in casa sua. Chiamati pertanto ad uno ad uno i debitori del padrone, disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? E quello rispose: Cento barili d'olio. Ed egli: Prendi la tua scritta, siedi presto e scrivi cinquanta. Poi chiese ad un altro: E tu quanto devi? E quello: Cento staia di grano. Gli dice: Prendi la tua carta, e scrivi ottanta. E il padrone lodò il fattore infedele, perchè aveva agito con accortezza; perchè i figli di questo secolo sono, nel loro genere, più avveduti dei figli della luce. Ed io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze, affinchè quando veniate a mancare, quelli vi ricevano nelle tende eterne» (Lc. 16, 1-9). 

 

2. Il fattore della parabola è condannato per la sua condotta: è detto nel Vangelo che dissipò i beni del padrone, che cercò di defraudarlo, cercandosi le cooperazioni di altri; che pretese vivere sempre senza lavorare, con l'inganno; che fu un fattore infedele; figlio del mondo. Perciò non si ha da imparare dai cattivi il male. Vi è tuttavia una cosa che da essi si può imparare: la prudenza, l'accortezza, la previdenza. Nel loro genere, cioè nel far male, i cattivi portano più accortezza che i buoni nel compiere il bene. Vi è chi viene corretto: anzichè emendarsi si studia per coprire il peccato, forse con un altro peccato; ed anche più grave. Sono sorte le invenzioni: stampa, radio, cinema, televisione; ed ecco che subito ed in mille maniere i figli delle tenebre se ne valgono per i loro fini inconfessabili. Quel commerciante avaro quante industrie ed arti usa per arrivare a guadagni maggiori! Non è sempre così dei buoni per accrescere i loro meriti; per adoperare la stampa o la radio alla gloria di Dio e per le anime; per cercare sempre nuove vie e mezzi più efficaci per estendere il regno di Dio. Siamo negoziatori saggi; prendiamo tutte le occasioni per accrescere il numero dei meriti; con ardore, costanza, santa ostinazione operiamo il bene. Si dovrebbe sempre dire che i figli delle tenebre sono più prudenti dei figli della luce? Anche se siamo stati cattivi, nel passato, possiamo mettere in pratica l'arte divina di trarre il bene dal male. La cattiva vita passata può essere ricordo per l'esercizio dell'umiltà, della pazienza, della prudenza, della carità. 

 

3. Giovi, o Signore, ogni Tuo ammonimento a mia correzione, emendazione e santificazione.

 

ESAME. — Sono accorto, prudente, santamente astuto? Sono previdente? So far tesoro del passato? 

 

PROPOSITO. — «Fatevi degli amici con le ricchezze dell'iniquità, affinché, quando morrete, gli amici vi accolgano nelle loro eterne dimore» (Lc. 16, 9). 

 

PREGHIERA. - Signore, che ci avete insegnato a ricavare il bene ove era dilagato il male, infondete in noi il dono del consiglio e della prudenza celeste, perché adempiamo il Vostro precetto: «Siate prudenti come i serpenti». Voi avete fatto sovrabbondare la grazia là dove aveva abbondato il peccato. Dateci il Vostro spirito, affinché siamo Vostri figli e possiamo pervenire alla nostra desiderata patria in cielo. 

 

FIORETTO. — Di' qualche volta: Signore, quando sarò santo? Tre volte il Veni Creator (clicca).

 

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CAPPELLINA

 

 

 

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