UN ANNO CON SAN GIUSEPPE

 

10° Ottobre

 

S. Giuseppe, modello di speranza

 

S. Giuseppe, primo confessore della nuova legge, pregate per noi.

 

I. La speranza cristiana è una virtù che ha per primo oggetto la vita futura, la vita eterna, cioè Dio posseduto, conosciuto, amato nell'eternità, e come secondo oggetto, i mezzi di giungere a questo ultimo e supremo fine, ossia le grazie a tale scopo necessarie. Ella spera, per conseguente, che tutti i nostri peccati passati ci siano stati perdonati, che Dio si degnerà sollevarcene e aver pietà di noi, se avremo la sciagura di ricadervi; ma ama meglio di pensare che un Dio si buono la proteggerà da nuove cadute, e spera anzitutto e chiede spesso a Dio la grazia insigne della perseveranza finale. Oh quanto sono dolci questi pensieri! quanto è consolante l'obbligo di sperare e sperar sempre! Solo il cristianesimo poteva fare della speranza una virtù. Ma essa deve egualmente fuggire i due opposti eccessi della diffidenza e della presunzione. Giuda, lo sciagurato traditore, peccò contro la virtù della speranza per diffidenza e per disperazione. Occorre appoggiarsi a Dio, unicamente a Dio, e diffidare di sè stessi. S. Pietro mancò per presunzione. Addentriamoci in questi pensieri e ruminiamoli spesso, chiedendo la speranza per intercessione di s. Giuseppe che l'ha praticata in modo ammirabile.

 

II. La virtù della speranza corrisponde a meraviglia al titolo di confessore dato ieri da noi con la santa Chiesa a s. Giuseppe. La Chiesa gode applicare a tutti coloro che portano quelle parole indicatrici della speranza cristiana: “ Beato chi non pose sua speranza nelle cose terrene. (Eccl.XXXI, 8.) E in effetti, è questo uno degli insegnamenti più espliciti di Gesù Cristo, e che meglio contrassegnano la differenza degli antichi dai nuovi tempi. L'antica speranza lasciava luogo alle gioie passeggere e alla promessa di terrene ricompense. Gesù Cristo cancella interamente dalla sua legge questa guarentigia data agli antichi giusti; e il benessere temporale stesso riposerà sulle gioie, sulle speranze e sulla felicità dell'altra vita. Tale è il formale insegnamento del Salvatore, e le beatitudini del Vangelo sono il punto di partenza della sua dottrina. Tutti i confessori della legge nuova han dovuto comprendere a tal riguardo le lezioni e gli esempi di Gesù Cristo; e s. Giuseppe fu il primo a riceverli e seguirli. Deh! che i nostri pensieri e i sentimenti nostri sulla cristiana speranza in questa meditazione possano levarsi all'altezza cui aggiunse s. Giuseppe!

 

III. No, nulla di terrestre e d'umano si mescolò alle speranze di san Giuseppe; ma con una sola e stessa speranza e con un solo e stesso amore egli abbracciò il suo avvenire della terra e del cielo. Non riguardiamo la condizione, in cui lo pose la Provvidenza come uno stato di preservazione dal male cui è proclive l' umana natura; Dio non ha voluto che fosse e vivesse povero per aiuto dell'anima sua, ma per insegnarci a quali cose da noi si deve la preferenza. Se fosse stato ricco, avrebbe rinunciato a tutto, avrebbe calpestato con i piedi i vantaggi della fortuna e del mondo, per abbracciarsi più strettamente alle speranze dell'altra vita, per imitare il Salvatore, e lasciare un'azione più completa sul suo spirito e sul cuore all'oggetto della speranza cristiana. Ovvero, se per obbedire a Dio avesse dovuto vivere nella prosperità e negli onori, la sua vita sarebbe stata una sequela di violenze, di abnegazioni e di volontari sacrifici. É di qui noi dobbiamo trarne un grande ammaestramento, che cioè, quantunque non ci corra obbligo di rinunziare effettivamente a tutto, e privarci d'ogni gioia e d'ogni sollievo, dobbiamo temere d'attaccar il cuor nostro a queste gioie passeggere e passeggere speranze. Dobbiamo temere di goder soverchiamente la terra per potere sperare il cielo, perchè quanto più si apprezza, si cerca e si spera la felicità terrena, tanto men luogo si lascia alla speranza del cielo e diviene illusoria anzi impossibile la pratica di questa virtù, quale l'abbiamo insegnata nella prima parte di questa meditazione. Sursum corda, sursum corda. Solleviamo, solleviamo i nostri cuori!

 

PREGHIERA.
O s. Giuseppe! mi è dolce associare al vostro nome il nome della speranza. Io sono obbligato a sperare, debbo fare sovente atti di speranza, eppure a questo dolce e sacro obbligo non penso con l'attenzione e con la frequenza che si vorrebbe. Talvolta ripongo la mia confidenza negli umani soccorsi, e la mia felicità nei perituri beni, talvolta ho l'anima tutta in scompiglio per il pensiero dei giudizi di Dio, e in cambio dell'amore mi predomina il timore. Insegnatemi dunque a vivere da buon cristiano e a rendermi degno di quelle speranze che sole voi apprezzate ed amaste. Fate che io sappia confidare in Dio, autore della mia salute, ed attenderla dalla sua misericordia, ch'io sappia confidare in Dio sorgente delle vere gioie e prepararmi a quelle del cielo, non confidando in quelle della terra, e per cautela adoperando continui sacrifici e staccarmene. O s. Giuseppe ecco le mie risoluzioni, aiutatemi a compierle.

 

RISOLUZIONI. 
1. Rinnovare durante la giornata le precedenti riflessioni. 
2. Ripetere di quando in quando l'invocazione: S. Giuseppe, primo confessore della legge nuova, pregate per noi.

 

SACRIFICI DA COMPIERE. Spirito: Salutare tutti, e parlar loro con un sentimento di cristiana benevolenza.
Volontà: Certe affezioni del nostro cuore non sono forse troppo vive; sono esse ben regolate?
Sensi: Attender oggi a mortificare il senso della vista, vegliando sui propri sguardi.
Recitare un Pater, Ave e Gloria, e tre volte: s. Giuseppe pregate per noi.

 

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