UN ANNO
CON DON BOSCO
27° Aprile

145) Se il peccato mortale rende l'uomo incapace di meritare, è dunque inutile che il peccatore faccia opere buone ?
Non è inutile che il peccatore faccia opere buone, anzi deve farne, sia per non divenir peggiore omettendole e
cadendo in nuovi peccati, sia per disporsi con esse, in qualche modo, alla conversione e al riacquisto della grazia di Dio.
465. - Un uomo di parola.
Gli stessi peccatori che conservano un po' di rettitudine comprendono la necessità delle buone opere per non diventar cattivi.
Là sera del 20 dicembre 1876 Don Bosco raccontò: « Mi ricordo di un uomo già avanzato in età, rispettabilissimo, ma senza religione, che, non sono molti giorni, mi diceva: — Guardi che il mio figliuolo frequenti le devozioni del collegio, che ascolti le sue Messe, che faccia la Confessione e la Comunione che si prepari alla Cresima, che tenga buona condotta. — Ma lei — gli dissi — conosce l'importanza di queste cose? — Ah, sì, la conosco! — E le mette in pratica? — È
vero, — soggiunse, — io sono cattivo, sono disgraziato : ma appunto per questo non voglio che mio figlio divenga tale. — Se ella ha tanta premura che suo figlio le sia educato
religiosamente, perchè non vorrà ella stessa divenir tale? È impossibile, — mi rispose, —
e... poi... poi...
chissà?.. Forse quando venissi ammalato potrei aggiustare le cose dell'anima mia. — Ma, ci sono molti che muoiono per un accidente improvviso. Se accadesse anche a lei un caso simile? — Eh! allora, pazienza! — E come fa ad aver pazienza per tutta l'eternità nell'inferno, mentre adesso non ha la pazienza di fare un piccolo sforzo per aggiustare le cose dell'anima sua? Allora si decise: — Sì, desidero di aggiustare le cose della mia coscienza, mi
confesserò e poi da casa le scriverò, e lei dirà a mio figlio che è in collegio, che suo padre è di nuovo cristiano come lui. E con la grazia di Dio quest'uomo mantenne la parola ». (M. B.
XII, 584-585).
466. - La resa dei conti.
Don Bosco nel 1861 raccontò: « Mi trovai per due notti consecutive in una campagna con Don
Cafasso, Silvio Pellico e il conte Cays: la notte del 30 al 31 dicembre mi trovai nuovamente nello stesso luogo con gli stessi personaggi. Mi rivolsi a Don Cafasso e gli domandai : — Datemi voi una strenna per i miei figli. Egli mi rispose: — Andate e dite prima ai vostri giovani che preparino ed
aggiustino i loro conti. Noi eravamo in una gran sala in mezzo alla quale stava una tavola. Don
Cafasso, Silvio Pellico, il conte Cays andarono a sedervisi attorno. Io intanto per obbedire a Don Cafasso uscii da quel salone ed andai a chiamare i giovani
che erano fuori, facendo ciascuno addizioni sopra una pagina che tenevano fra le mani. I giovani entravano uno per uno tenendo in mano la loro cartella e la consegnavano ai tre
citati personaggi. Questi, ricevutala, vi facevano l'addizione, e, se era ben fornita e con chiarezza di numero, la restituivano a ciascheduno, respingendola, se le cifre erano imbrogliate. I primi erano quelli che avevano i conti aggiustati, i secondi erano quelli che li avevano disordinati. Lungo tempo durò questa funzione, ma finalmente più nessuno si presentò.
a) Quelli che non aggiustano i conti. — Sembrava che tutti i giovani fossero passati, quando Don Bosco vedendo che alcuni stavano aspettando e non entravano, chiese a Don
Cafasso: — Ma costoro, che cosa fanno? — Costoro, — rispose Don
Cafasso, — hanno la cartella vuota di numero, quindi non si può fare l'addizione; perchè qui si tratta di sommare insieme quello che già si possiede. Perciò vadano a riempire la cartella di cifre, e poi vengano e si potrà fare l'addizione.
b) In grazia. — Allora uscimmo nel cortile, e vidi coloro le cui cartelle erano state trovate in ordine, tutti contenti come tanti principi. Non potete immaginarvi il gaudio che io provava per la loro contentezza.
c) In peccato. — Ma vi era un certo numero di giovani che non si ricreavano, ma stavano osservando gli altri. Costoro non erano molto allegri. Fra questi ultimi poi, gli uni avevano una benda agli occhi ; altri una nebbia; altri il capo attorniato da una nube oscura; alcuni
mettevano fumo dal capo; alcuni altri avevano il cuore pieno di terra; altri lo avevano vuoto delle cose di Dio.
d) Gli effetti del peccato. — Intanto io mi accorsi che dal cortile mancavano molti dei miei giovani. Li cercai e li vidi finalmente in un angolo del cortile: uno coricato per terra, pallido come la morte; altri seduti sopra un basso e lurido scanno; altri sdraiati sopra uno sconcio pagliericcio ; altri sopra il nudo suolo ; altri sopra le pietre che ivi si trovavano. Erano tutti coloro che non avevano i loro conti aggiustati. Giacevano gravemente infermi, chi nella lingua, chi negli orecchi, chi negli occhi. Lingua, orecchi e occhi brulicavano di vermi che li
rodevano. Uno aveva la lingua tutta marcia, l'altro aveva la bocca piena di fango, e un altro metteva un fetore pestifero fuori della gola. Era quello un vero ospedale. Col cuore vivamente commosso mi volsi a Don Cafasso e gli
domandai supplichevolmente a qual rimedio dovessi appigliarmi per far guarire quei miei poveri giovani. Ma egli mi rispose soltanto: —
Pensateci, ingegnatevi !
e) Il convito dei buoni. — Lo pregai di dare almeno la strenna ai sani. Ed egli, avvicinatosi al palazzo dal quale eravamo usciti, aperse un uscio, ed ecco innanzi a me affacciarsi una sala magnifica, tutta ornata d'oro e argento. Stendevasi a vista d'occhio in lunghezza e larghezza. In mezzo a questa sala regale vi era un'ampia tavola tutta carica di
confetture d'ogni specie: amaretti quasi grossi come le munizioni da soldato, biscottini alti quasi un piede e mezzo, sicché uno solo sarebbe
bastato per saziare un giovane. Don Cafasso mi disse: — Chiamate quelli che hanno le loro cose aggiustate. Così feci, e in un istante quella sala fu piena di giovani. Allora io mi accinsi a rompere e a distribuire quei biscotti e quegli amaretti. Ma Don Cafasso mi disse: — Non tutti quelli che son qui possono
gustare di questi confetti : non tutti ne sono degni. Solo quelli che hanno, la bocca sana ne possono gustare, gli altri no, hanno la bocca guasta e piena di amarezza: le cose dolci fan loro schifo e non possono
mangiarne. Fateli guarire e poi anch'essi ne mangeranno.
f) La strenna. — Allora lo pregai che mi volesse dare la strenna promessa per i miei giovani. — Ebbene, — rispose, — ve la dico! — E postosi come uomo che si dispone a partire, per ben tre volte, con voce ognor più alta gridò: — State attento! State attento! State attento! — Così dicendo egli coi suoi compagni disparve e si dileguò il mio sogno. Mi destai e mi trovai seduto sul letto colle spalle fredde come il ghiaccio. La strenna che io dò in generale a tutti quelli dell'Oratorio si è: "Frequente e sincera Confessione, frequente e devota Comunione " ». (M. B.
VI, 817-822).
(...)
FRASE BIBLICA. -
Il povero grida e il Signore lo ascolta.
UNA MASSIMA DI DON BOSCO. -
Bisogna che il Signore prenda possesso del cuore dei giovani prima che vengano guasti dal peccato.
PREGHIERA
DEL MESE. - Venite, o Spirito di consiglio, ed assistetemi in tutti gli incontri di questa vita; inclinate il mio cuore al bene, allontanatelo dal male, siatemi guida in tutte le mie incertezze, affinché camminando sempre per la strada dei divini comandamenti giunga al bramato fine della vita eterna. Così sia. Pater
noster...
FIORETTO: - Proponi fermamente: voglio farmi santo; implora tale grazia da Maria con tre
Salve Regina.