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INTENZIONI E FRUTTI DEL SANTO ROSARIO

MEDITAZIONI E PREGHIERE

 

 

GIORNO 06

 

Indice

 

  

MISTERI DOLOROSI 

 

PRIMO MISTERO L'AGONIA DI GESU' NEL GETSEMANI

 

 

6° GIORNO

 

Affinchè tutti i cattolici, ma specialmente i sacerdoti e i religiosi, corrispondano fedelmente alla loro vocazione 

 

CONSIDERAZIONE. Dopo il lungo periodo di nascondimento, il Salvatore aveva incominciato la sua vita pubblica e manifestato il suo potere sovrumano col miracolo alle nozze di Cana. Quel prodigio fu il primo segno esterno della sua divina potenza; d'allora in poi la sua missione redentrice sarebbe stata continuamente contrassegnata dal sigillo del miracolo. La messianica evangelizzazione portò Gesù alla battaglia contro il mondo, al cozzo contro Satana, al compimento delle profezie, al supremo strazio della Croce. Il Redentore era essenzialmente Sacerdote e Vittima di riconciliazione e quindi votato alla sofferenza : questa era il sigillo di tutta la sua vita, come pure di quella della Madonna, la Corredentrice. Nel suo trionfale ingresso in Gerusalemme, agli osanna della folla entusiasta, Gesù aveva risposto col singhiozzante vaticinio della prossima tremenda punizione della città infedele. Erano lacrime che preludevano a quelle più cocenti, che avrebbe versato durante la sua Passione. Forse la Vergine era presente a raccogliere l'eco di quella grande giornata, o almeno non avran certo mancato gli altri di descrivergliene i particolari così toccanti per il suo materno Cuore. Ella vi lesse allora la sconfinata tenerezza del Salvatore verso Gerusalemme, verso l'umanità. Ma ahimè! Se Le avvenne d'incontrarsi col volto di Giuda, vi dovette leggere i segni d'una falsa indifferenza, che tradiva un'effettiva dispettosa irritazione. Già la sera innanzi s'era irritato per l'unzione fatta al Salvatore da Maria Maddalena; ma dopo l'apparente debolezza del pianto di Gesù, dopo l'opposizione contro di Lui dei capi giudei, perduta ogni speranza di terrene grandezze, l'irritazione s'era impossessata di tutta l'anima sua, in modo ormai insanabile. Cacciati i rivenditori dal Tempio, s'erano stretti attorno al Divino Maestro solo più i sofferenti, gli zoppi, i fanciulli. Addio allora — pensava lo sciagurato Apostolo — ogni sogno di felicità e di gloria! E s'inoltrò nella sua tenebrosa ostinazione. Instancabili, misericordiosi furono i tentativi di Gesù verso Giuda, per convertirlo; ripetuti i richiami al tradimento imminente ed al traditore stesso, per scuotere quel cuore indurito, sia col timore sia con l'amore. Fino all'ultimo lo conservò economo del sacro Collegio, lo ammise alla Cena rituale, alla lavanda dei piedi, e, probabilmente, persino alla Cena eucaristica. Nel momento poi del tradimento si lasciò, con estrema mitezza, salutare in forma amichevole: « Salve, Maestro», e baciare, rispondendogli, nonostante la perfida menzogna: «Amico, a che fine sei venuto?» L'ultimo tentativo fu quello di mostrargli la sua onnipotenza, facendolo stramazzare a terra con tutti i sicari; ma non s'arrese: il suo cuore ormai era troppo indurito e l'anima irreparabilmente perduta. Oh! quanto dovette soffrire il Cuore Immacolato di Maria, certo al corrente dell'ostinazione dell'Apostolo. Ciò che in Gesù era divina penetrazione profetica, in Lei era sensibilissima risonanza materna e profondissima partecipazione di natura e di grazia. 

 

* * * 

 

La Passione del Redentore ebbe il suo tragico inizio con l'agonia nell'Orto del Getsemani. I motivi di quella tremenda agonia furono puramente interiori: la spaventosa visione dei peccati di tutta l'umanità e della vindice ira del Signore; la tremenda previsione del tradimento di Giuda, dell'abbandono degli Apostoli, del rinnegamento di Pietro, e specialmente del suo Sangue che inutilmente avrebbe sparso per tante anime ingrate, le quali sarebbero andate inesorabilmente perdute. Fu quella la Passione del suo Cuore Divino e la rivelazione più caratteristica e commovente dei suoi più intimi sentimenti. Egli s'era prostrato umilmente a terra, davanti alla Divina Maestà, ad implorar misericordia per gli uomini, ad offrirsi Vittima di espiazione all'Eterno Padre, offeso da tante ingratitudini umane, così da comparire Lui peccatore in vece nostra! Mentre in tal modo il Salvatore offriva alla Giustizia Divina la sua Umanità Sacratissima, questa era come schiacciata dal peso di tutti i peccati. Dopo il conforto angelico, Gesù intensificò la sua preghiera e la battaglia interiore; in un'estrema sensibilità naturale si torceva spasimante nell'agonia, fino al sudore di sangue. Narra il Vangelo che il Salvatore raccomandò più volte agli Apostoli di vegliare e pregare; solo pregando con Lui avrebbero avuto le grazie e la forza per l'imminente prova: ma essi si addormentarono e vennero meno alla prova, abbandonando tutti il loro Divino Maestro. Gli Apostoli, e specialmente Giovanni, non avran mancato di raccontare poi alla Vergine Addolorata gl'impressionanti particolari di quel tragico preludio, vero « Offertorio» della cruenta Messa di Gesù. La Vergine Madre, che conosceva così bene la perfezione del suo Divin Figliuolo, che, concepita senza peccato, godeva il perfetto dominio dei suoi sensi; e che, piena di grazia, aveva l'anima perfettamente soggetta a Dio, potè comprendere tutto l'amoroso ed eroico valore di quella volontaria agonia, tutta l'enormità di quella tremenda lotta interiore. Anzi, in perfetta risonanza all'agonia di Gesù, la Corredentrice, in quell'ora, aveva palpitato di offerta e di dolore. 

 

* * * 

 

Il Figlio diletto aveva ormai ripetuto, con divina pienezza, la medesima parola che la Vergine pronunziò agli albori della Redenzione; aveva ripetuto esplicitamente il generoso Fiat della perfetta conformità alla volontà dell'Eterno Padre, e, con ardore intenso, Ella lo sentì nuovamente vibrare nel suo Immacolato Cuore. Dopo l'agonia del Getsemani, avvenne immediatamente la cattura: grande e tremendo momento in cui Gesù, abbandonato dagli Apostoli, restò in balìa dei suoi nemici, ai quali disse: « Questa è l'ora vostra, e la potenza delle tenebre». Tutto... lo Stato Maggiore del Divin Capitano s'era distinto, ma in che miserabile modo! Uno soltanto per iniziativa propria, per scaltrezza e coraggio: ed era il traditore; gli altri, invece, per inerzia e viltà: dal sonno dell'Orto all'ignominiosa fuga! Lo stesso Pietro, il Capo, che pure con tanto calore aveva protestato, poche ore prima, la sua incrollabile fedeltà al Divino Maestro, e per la cui fermezza il Redentore aveva particolarmente pregato, fuggì così ignominiosamente, da cadere in una triplice negazione, sostenuta da abominevoli spergiuri. La Vergine Santissima ebbe così l'immensa pena di costatare subito la tragica incorrispondenza delle anime predilette all'offerta di Gesù agonizzante. Ma il momento più spaventoso, il culmine della più nera incorrispondenza, che trafisse, come spada acutissima, l'anima sua, fu l'incontro sacrilego di Giuda col Santo dei Santi, nel bacio del più satanico tradimento. Terribile sarà sempre nella storia l'esempio di Giuda traditore e dell'ingrata Gerusalemme. L'Iscariota, che abbandonò il Cenacolo dell'infinito amore, per correre alla congrega del più spietato odio; che calpestò l'immensa ricchezza per acquistar le poche monete del tradimento, finì tragicamente la sua vita, per precipitare nell'eterna schiavitù di Satana, nel disperato dolore della « perduta gente». E per Gerusalemme si realizzò spaventosamente la profezia del Divino Maestro: di quella città non vi fu più pietra sopra pietra, ma un cumulo di rovine ed un cimitero di corpi straziati dall'esercito romano. Ahimè! quante anime, nonostante le farisaiche apparenti foglie della virtù, diventano sterili e si dannano, per la prolungata incorrispondenza alla loro vocazione.

 

FIORETTO. Siano cattolici praticanti e corrispondiamo alla nostra vocazione con coraggio, fedeltà e perseveranza. 

 

GIACULATORIA. O Maria, fate ch'io viva in Dio, con Dio e per Dio. 

 

ESEMPIO 
GIOSUE' BORSI. D'ingegno straordinario, il Borsi non fu mai uno scolaro diligente. Bocciato in ginnasio, in liceo, all'Università, riparò sempre in ottobre; però odiava insieme scuole ed esami. Nel 1913 riuscì a prendere la laurea di avvocato. Ed era un genio... Figlio d'un letterato, superò di gran lunga il padre. Appena di tre anni, allo stesso Carducci — suo padrino di Battesimo — aveva detto: « Quando sarò grande, sarò più bravo di te». A vent'anni Giosuè Borsi era già dicitore elegantissimo, scrittore spigliato, poeta dalla facile vena, artista drammatico, novelliere, fine commentatore di Dante. Ed era l'idolo acclamato dei salotti e dei ritrovi più o meno intellettuali ed altrettanto vani di Roma e di Firenze. Perla d'intelligenza, fu un grande pagano nella via e negli scritti. Quando scrisse i suoi Colloqui, fece un'aperta allusione alla sua vita sciagurata di peccatore. Nel triennio 1910.1913 Iddio lo visitò con la raffica del dolore. Tre anni, tre lutti: il padre, la sorella, il fratellino. Giosuè si scosse, comprese il divino richiamo e spezzò gli ultimi legami delle gioie terrene. L'amore casto per una fanciulla gli fece guardare fiducioso alla vita. Tòcco dalla grazia di Dio, il 14 luglio 1914 si confessò e si comunicò dal Padre Allatti. Quella santa Comunione gli portò la pace. E in quella santa Comunione morì l'esteta puro e nacque l'apostolo. Da quel giorno Giosuè salì rapidamente — con lo studio della Sacra Scrittura e dei Santi Padri nella via della perfezione, assetato di penitenza come un tempo era stato cupido di piacere. Da quel giorno incominciarono anche i suoi Colloqui, zampillanti dalla sua mente e dal suo cuore come una vena limpida e fresca. Ascensioni sublimi della sua anima purificata e illuminata dalla grazia. Il Papa Benedetto XV se li teneva accanto al letto insieme all'Imitazione di Cristo. Dai Colloqui tratto tratto affiora l'invocazione alla Madonna Santissima: «E Tu, Vergine Santa, cara e soave Madre del Signore, salute degli infermi, rifugio dei peccatori, consolatrice degli afflitti, guarda a me che sono così afflitto, così peccatore, così infermo». « Soprattutto mi raccomando all'intercessione potentissima di Maria Vergine, Regina di tutti i Santi e Arca dell'Alleanza. In Lei spero, a Lei accorro per soccorso e aiuto». Splendido il suo testamento spirituale. Stralciamo alcune frasi: « Sii cristiano, partecipa ai Sacramenti, e segui le pratiche della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana. Ecco l'unico dovere che importi, ecco l'unica felicità immancabile, l'unico bene sicuro. Non ti fermare a metà strada, a tutte le bettole, quando sai che alla fine della strada troverai il convito della grazia suprema. In una parola, ama Iddio. Questo è il primo comandamento, da cui tutti dipendono, come fu detto al Dottore della Legge. Diffida dell'incontinenza e dei suoi pericoli, guàrdati dalla violenza e dalla sua cecità, ma soprattutto disprezza e combatti senza tregua in te e negli altri l'abietta malizia, questo ripugnante e velenoso frutto dell'invidia e della superbia. Ama gli uomini teneramente, ed amali con umiltà, con fiducia, senza diffidenze, amali come te stesso». Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra. Giosuè Borsi partì milite volontario. Durante una breve licenza, volle prendere il cordiglio di S. Francesco. Il 10 novembre 1915, a Zagora sul Monte Cucco, conducendo all'assalto il suo plotone, cadde fulminato. Teneva al polso un rosario e sul petto una piccola edizione del Vangelo e del Poema di Dante. Il 21 luglio 1919, dalla mamma stessa di Borse, quel Dante intriso di sangue, venne offerto al Sommo Pontefice Benedetto XV. Il Papa le disse: « Tenete tutto in ordine, perchè un giorno vi sarà tutto domandato... Giosuè non avrà bisogno di passare per la trafila di tanti processi canonici, ma sarà proclamato Santo dal popolo; farà presto, come Gabriele dell'Addolorata». 

 

(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)

 

 

 

 

 

 

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