MISTERI GLORIOSI
PRIMO MISTERO LA RISURREZIONE DI GESU'
CRISTO
11° GIORNO
Affinchè da tutti sia riconosciuta la Divinità di Gesù Cristo.
CONSIDERAZIONE. La notte fra il Venerdì e il Sabato fu una grande nottata per i Sinedristi trionfatori: quel Galileo se n'era finalmente andato; era proprio morto, sicuramente morto. Non c'era dunque più pericolo di sentire ancora le sue saettanti invettive e di rimanere da Lui screditati presso il popolo!. Quei pochi seguaci che s'era formato si sarebbero senz'altro dispersi; e così tutto era riuscito bene: il ripensarvi sembrava davvero che accrescesse il sapore della loro grande vittoria. Eppure, a forza di ripensarvi, quei sagaci deicidi s'accorsero che c'era una cosa, una piccola cosa, in realtà, che non doveva tuttavia essere trascurata. Si ricordarono, cioè, che il Nazzareno, quand'era ancora vivente, aveva predetto che sarebbe risuscitato tre giorni dopo la sua morte. Secondo loro questa profezia era una pura fanfaronata; poteva tuttavia dare occasione ad imposture, a dicerie, che intanto era opportuno prevenire. Alcuni di essi si recarono perciò da
Pilato, e furono autorizzati a mandare un corpo di guardia al sepolcro di Cristo; e, per maggior sicurezza, apposero i loro sigilli sulla pietra che ne chiudeva l'ingresso e l'assicurarono alla vicina roccia. Con tutte queste precauzioni, il Morto giammai sarebbe risorto! Poveri illusi! Un Angelo, sfolgorante di luce divina, aveva annunziato ai pastori la nascita del Redentore; un Angelo ancora, in bianca veste, ne annunzierà la risurrezione. Ecco infatti: alle pie donne, che s'erano recate al sepolcro, per ungere con preziosi aromi la venerata Salma del Divino Maestro, Egli disse: « Non temete! Voi cercate Gesù Nazzareno, Crocifisso: è risorto; non è qui!» « È risorto: dall'un canto Dell'avello solitario Sta il coperchio rovesciato: Come un forte inebriato Il Signor si risvegliò».
(MANZONI) Il promesso Messia era nato nel cuor della notte, e al terminar dei lunghi secoli, che precedettero l'alba radiosa della sua risurrezione, uscì trionfante dal sepolcro. Sì, l'aveva predetto Gesù che sarebbe risuscitato: « Distruggete questo tempio, ed io in tre giorni lo riedificherò»: il tempio era il suo Corpo. Ed un'altra volta volle usare un paragone: « Come Giona rimase per tre giorni nel ventre del pesce, così per tre giorni rimarrà il Figliuol dell'Uomo nel seno della terra».
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La Madonna, che aveva preparato ed accompagnato, con la sua impetrazione ed offerta, tutta la vita del Redentore, dall'Incarnazione alla tomba, attese con grande speranza e in profonda preghiera l'imminente Risurrezione, come il frutto redentivo della morte di Gesù. La sua gloriosa Risurrezione sarebbe stata infatti la vittoria sulla morte, del « Capo», che avrebbe segnato la solidale vittoria delle mistiche membra, cioè di tutti i redenti, poichè Egli « è stato dato a morte per i nostri peccati — dice San Paolo — e risuscitò per la nostra giustificazione». L'Immacolata Vergine, che, a differenza degli stessi Apostoli, aveva tanto ben compreso ed approfondito — come si addiceva alla Corredentriee — il mistero della preannunziata morte del Salvatore sulla Croce, dovette anche aver ugualmente ben compreso il mistero della sua Risurrezione, così strettamente legato al primo. Quale profonda antitesi fra il suo atteggiamento e quello sfiduciato delle pie donne e dei discepoli, in quel desolante intervallo tra il seppellimento e la Risurrezione! a Mentre per gli altri, questa avvenne all'improvviso, e li colse di sorpresa, per Lei avvenne come cosa attesa ed invocata con tutta la sicurezza della sua fede e tutta la brama del suo ardentissimo amore a Gesù e alle anime»
(LANDUCCI). All'abbraccio straziante della morte, quando la Desolata stringeva al suo Cuore trafitto il dilaniato corpo del Figlio, seguì il più dolce amplesso della vita, rifulgente di nuovo ed imperituro splendore: « ...dalle tenebre La diva spoglia uscita, Mise il potente anelito Della seconda vita».
(MANZONI) A Betlemme fu l'amplesso della debolezza; sul Calvario l'amplesso del dolore; nella Risurrezione l'amplesso della gloria. Tre tappe: umiltà, sacrificio, gloria. Maria soltanto poteva veramente dire, fra tutte le madri, al Figlio suo divino: Figlio mio adorato!
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Nella Solennità del Cristo Risorto non c'è alcuna nota di dolore, ma tutto ci parla di gloria, di giubilo, d'immortalità, di esaltazione, di divinità. È l'alleluia che si canta sulla terra, come eternamente in Cielo. Un giorno il Battista, dalla prigione di
Macheronte, mandò due dei suoi discepoli a Gesù, per domandargli chi Egli fosse. Il Salvatore rispose: « Andate a riferire a Giovanni quel che udite e vedete: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano...»: tutte prove della sua Divinità; ma la prova più evidente e solenne fu l'aver risuscitato Se stesso. Il Redentore è Dio come il Padre e lo Spirito Santo, realmente distinto come persona e uguale in tutte le infinite perfezioni: unità, dunque, di natura, e reale distinzione delle tre divine Persone. È questo il mistero più alto e sublime della nostra Santa Religione. Non poteva, perciò, ingannarsi Gesù, nè ingannare, quando predicava la sua Risurrezione: perchè Egli è
sapientissimo, onnipotente ed infallibile verità. S. Giovanni, l'Apostolo prediletto, scrisse il quarto Vangelo, per dimostrare appunto che Gesù Cristo è il Figlio del Dio vivente, mandato dal Padre, su questa terra, per la Redenzione del mondo. L'Evangelista incomincia il suo Vangelo con volo sublime, ascendendo all'eterna generazione del Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose: « In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui, nessuna delle cose create è stata fatta». Proclama quindi la Divinità del Salvatore con le parole: « E il Verbo s'è fatto carne ed abitò fra noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come d'Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità».
FIORETTO. Adoriamo con giubilo Gesù Cristo redivivo, nostro Dio, nostro Signore. Chiediamogli, per intercessione della Madonna, la grazia di vivere e morire nel suo santo amore, per risuscitare poi nella sua eterna gloria.
GIACULATORIA. O Maria, Madre di Dio, pregate Gesù per me.
ESEMPIO
LA SEPOLTA VIVA. Ricordo, ricordiamo. La notte dal 28 al 29 dicembre 1908, nelle viscere profonde della terra, tra la Sicilia e la Calabria, s'udì un boato spaventoso. Il terreno traballò, sussultò, si sconvolse tutto e Messina fu. Non esisteva più. Dio mio, quali scene raccapriccianti! Che vista di spavento, d'orrore! Erano membra umane deformate, frantumate... erano gambe stritolate, staccate... erano volti schiacciati... erano pezzi di corpo divelti dal tutto, occhi schizzanti fuori dall'orbita... Tra coloro che accorsero subito su quei luoghi di morte, per aiutare i pochi rimasti vivi, si distinse un drappello di bravi marinai, che si trovavano ancorati nel mare vicino. Essi, guidati da un loro ufficiale e da Mons. Rocco — che racconta il fatto — compirono degli atti di vero eroismo, superiori ad ogni elogio. Una sera, alla villetta Mazzini, disseminata di cadaveri insepolti, mentre quei bravi marinai si disponevano a raccoglierli udirono come un gemito. Un gemito sordo, lamentevole... No, non era un'illusione. Il gemito si ripeteva... e usciva sotto un grosso cumulo di rottami... era una voce di donna, ma sepolta viva. Mons. Rocco accosta la bocca al crepaccio, da cui pareva venisse fuori quel lamento, e chiama forte: — Signora, signora!... Aiuto! — si udì rispondere con voce supplichevole. — Aiutatemi! Sono qui tra gli spasimi di una morte lacerante, terribile! — La Madonna vi aiuterà — continuò il Ministro di Dio. — Ella vi manda un sacerdote e dei bravi giovani per liberarvi. Ma prima di tutto voglio darvi la santa assoluzione per il pericolo in cui vi trovate. Dite intanto l'atto di dolore: O Gesù, d'amor acceso... La donna capì, lo recitò e il sacerdote le diede l'assoluzione, esortandola poi ad invocare di cuore l'aiuto di
Maria. Tutto ciò fu l'affare di alcuni istanti. Indi, con ansia febbrile, incomincia l'opera di sgombero. La chiamavano di tanto in tanto per incoraggiarla. — Presto! — ella rispondeva — fate presto! Mi sento morire: ah, che sofferenze! Ahimè! il terremoto si ripete, la terra si scuote e traballa sotto i piedi di quei prodi marinai. Però essi non hanno paura, e proseguono con tutta forza nell'opera salvatrice. Da quelle scomposte macerie tirano fuori letti, mobili, masserizie, tutto orribilmente guasto e sformato. Estraggono anche un bambino morto e ancora caldo. A un certo punto la voce della donna si fa più sottile e gemente... poi si spense del tutto. Il sacerdote non può credere che la Vergine benedetta non voglia esaudire quella povera cristiana che, sepolta sotto quel monte di macerie, l'aveva invocata con tanta fede. Intanto cala la notte. Quei prodi non si stancano, e alla luce incerta delle torce a vento continuano velocemente il duro lavoro. Sforzi davvero inauditi. Tutti disprezzano il pericolo. Sono commossi ed hanno una lacrima sul ciglio. Dopo sette ore di penose fatiche, le speranze di quei bravi figli del mare a un tratto si rianimarono. Ecco: in un punto dello scavo essi avevano notato prima un movimento e poi un piede della donna. La povera infelice era ancora viva, ma si trovava sotto una specie di trappola; bastava un nonnulla per interrarla del tutto. Giaceva immobile, sotto una grotta formata da travi inclinate, sopra le quali gravitava una montagna di macerie. Fu un momento di ansia generale, penosa, indescrivibile. Il povero Monsignore sospirava, smaniava e non si poteva dar pace. Egli invocò di nuovo l'aiuto della Madre Celeste, incoraggiò sempre più la sepolta viva e ai valorosi giovani fece capire che bisognava salvarla ad ogni costo. Anche l'ufficiale si sentiva smarrito. Non sapeva che fare, come fare. Toccare quelle travi voleva dire rovesciare sulla misera donna tutto quel monte di rottami. Parve riflettere, pensieroso, un istante. Poi guardò i suoi bravi giovani e parlò loro. Quegli eroi hanno capito. Si ritirano un momento, ed eccoli ricomparire con una lunga corda e una grossa trave. Rese indipendenti le travi, su cui gravitavano quelle macerie, si aprono un passaggio e — dopo un lavoro difficilissimo — arrivano alla donna e la traggono in salvo. Deo
gratias! Gli sforzi di quegli eroi sono coronati. La donna era in uno stato da far pietà, ma ancor viva. Sepolta da cinque giorni e col marito morto accanto, Maria Casabuona — così si chiamava — veniva resa alla vita. Tutti videro in lei una vera risuscitata, e risuscitata per l'intercessione dell'augusta Regina del Cielo.
(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)