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INTENZIONI E FRUTTI DEL SANTO ROSARIO

MEDITAZIONI E PREGHIERE

 

 

GIORNO 16

 

Indice

 

  

I FRUTTI DEL S. ROSARIO

 

 MISTERI GAUDIOSI 

 

PRIMO MISTERO L'ANNUNCIAZIONE DELLA SANTISSIMA VERGINE

 

 

16° GIORNO

L'umiltà 

 

CONSIDERAZIONE. Il Fiat dell'Annunciazione fu per la Madonna un atto di sublime sacrificio e di eroico abbandono in Dio. Ella sapeva infatti d'essere chiamata a diventar Madre di Colui che si sarebbe immolato sul Calvario per la Redenzione dell'umanità. Maria divenne la più grande Madre, ma anche la più umile, la più trafitta nel cuore; trafitta non in un momento solo, bensì in tutta la sua vita. Già sin dal primo istante, Ella fu incoronata del tragico e fingente diadema del più alto martirio: di quel diadema, che la rese Regina dei Martiri. La Madonna è la novella Eva di salvezza e di benedizione, come la prima lo fu di rovina e di maledizione. Ella rappresentò l'umanità intera, che in Lei rispose al divino gesto del perdono col « sì» della totale obbedienza, riparatrice dell'antica disobbedienza. Quel sublime momento segnò il centro della storia universale: centro di benefica luce, che fugò le dense tenebre del tragico inizio del genere umano. Allora, come nell'Annunziazione, ci fu un incontro della creatura con un Angelo; ma quanto estremamente diverso ne fu il risultato! Nel primo caso l'angelo ribelle uscì dal profondo dell'inferno, regno della più scaltra menzogna, e, con un atto di superbia, fece prevaricare la creatura con tutta la sua discendenza. Nel secondo caso, invece, l'Angelo fedele scese dal più alto del Paradiso, regno dell'eterna verità, e, con un atto di umiltà profondissima di Maria, capolavoro della creazione, risollevò l'intera umanità. 

 

* * * 

 

Come la superbia è la radice d'ogni male; così l'umiltà è la sorgente d'ogni bene: l'una è la bomba distruggitrice d'ogni progresso; l'altra è il fondamento negativo di ogni spirituale edificio. Per questo, il Redentore ha raccontato la parabola del fariseo e del pubblicano; per questo, propose alla nostra imitazione un bambino, sentenziando che, se non diventiamo come fanciulli, non entreremo nel regno dei cieli; per questo ancora, ci esortò ad imparar da Lui — Divino nostro Maestro — ad essere mansueti ed umili di cuore: « Discite a me, quia mitis suoi et humilis corde». L'umiltà non consiste nell'ignoranza o nella negazione delle proprie doti o di quanto si possiede; ma nel riferire tutto a Dio, al quale soltanto appartiene ogni onore e gloria: Soli Deo honor et gloria! Già l'Apostolo ammoniva il superbo : « Che cos'hai tu che non abbia ricevuta? E se l'hai ricevuta, perchè te ne vanti come ricevuta non l'avessi?» Quanto più preziosi sono i doni, tanto più profonda dev'essere la convinzione che tutto appartiene al Signore, ed intimo il sentimento della riconoscenza. Eccellentissimi furono i doni di Maria, e supremo il sentimento della divina appartenenza, che le fece sbocciar sul labbro il cantico del Magnificat! La nostra natura, corrotta dalla superbia, quando ottiene qualche buon successo, tende subito a ripiegarsi nell'ammirazione di se stessa. Pensiamo alle interne ebbrezze che tiranneggiano e congestionano la nostra mente per un elogio, per un piccolo riconoscimento, per una qualsiasi approvazione! In tal modo, anche questi doni, anzichè richiamarci a Dio, servono ad allontanarcene. 

 

* * * 

 

Non così fu della Madonna: secondo il comune consenso dei Teologi, Ella conosceva le sue doti straordinarie e i preziosissimi doni celesti ricevuti. Ella udì l'elogio dell'Arcangelo Gabriele, in cui la grandezza glorificata era la stessa divina Maternità; ma tutto riferì al Sommo Donatore, la cui bontà infinita vedeva risplendere in Se stessa, come raggio di sole in un tersissimo specchio. Per le anime sinceramente umili, la considerazione dei doni del Signore, non solo non produce alcun peccato d'orgoglio, ma esalta il sentimento del proprio nulla nel confronto del tutto, che è Dio. La vera umiltà richiede appunto la coesistenza di questi due opposti sentimenti: perciò l'Annunciazione è il grande poema della profondissima umiltà di Maria. L'umile è inclinato a sentir bassamente di se stesso, a riconoscere i propri torti e la propria deficienza; è, anzi, contento che anche gli altri lo conoscano e gli riserbino l'ultimo posto. L'umile, considerando le proprie colpe, i difetti, le manchevolezze, come patrimonio unicamente suo, sopporta volentieri le umiliazioni e i disprezzi; e non accetta dignità ed onori, se non quando è volontà di Dio e può giovare al bene del prossimo. L'umile non è presuntuoso, perchè è consapevole della sua debolezza, e, quando intraprende qualcosa, confida unicamente nell'aiuto del Signore. Anche di fronte ai malvagi e ai loro cattivi esempi, l'umile evita di far paragoni e di pensare d'esser migliore di essi, perchè sa che, senza la grazia divina, sarebbe forse peggiore di loro. Nell'inferno, regno di Satana, la superbia è tremendamente umiliata; nel Paradiso, Regno di Gesù Cristo, l'umiltà è in eterno glorificata. Lo disse il Divino Maestro: « Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». 

 

FIORETTO. Siamo umili con Dio, con noi stessi e col prossimo; umili nei pensieri, nelle parole e nelle opere. In qualunque necessità ricordiamoci: « Dio resiste ai superbi e agli umili dà la sua grazia». 

 

GIACULATORIA. O Maria, fate fiorire nel nostro cuore la viola dell'umiltà: Virgo humillima, ora pro nobis. 

 

ESEMPIO 
MADONNA, SALVATEMI Ero andato a trovare un mio amico, parroco nel centro della nostra città, e passeggiavo con lui in un lungo corridoio, che mette in comunicazione la chiesa con la sacrestia. Ogni tanto, giunti ad una estremità, ci fermavamo, e il parroco dava un'occhiata in chiesa. Questa, in quel tardo pomeriggio, era deserta. Poche candele ardevano dinanzi alla statua di Sant'Antonio e dinanzi al quadro di Maria, che sull'altare maggiore dominava tutta la chiesa. Un profumo di rose e di gigli, che la pietà dei fedeli rinnovava sugli altari e le balaustre, giungeva sino a noi, e in quel profumo noi sentivamo un alito di pietà e di fede, quasi un'orazione continua, a distanza, delle anime buone, che avevano portato quei fiori. Ma la chiesa non era totalmente deserta; v'era in un banco un soldatino, che in devoto raccoglimento pregava. Da principio il parroco non vi fece attenzione, perchè, in tempi movimentati, non sono rari i militari che entrano in qualche chiesa a pregare. Ma, passato un po' di tempo e visto che quel militare non si moveva, il parroco fu preso dalla curiosità di sapere chi fosse. Chissà? — mi disse — potrebbe anche essere un chierico. E senz'altro lo andò a chiamare, pregandolo di seguirlo in sacrestia. Egli venne. Era un soldato giovanissimo, piccolo, coi capelli rossi e gli occhi di un bel marino chiaro. Partito da pochi giorni da casa, poteva dirsi proprio un uccellino uscito la prima volta dal nido. Era meridionale, il maggiore di tre fratelli. Sua madre, vedova, viveva poveramente, facendo andare avanti, coi due figli rimasti a casa, un magro podere. Il soldato queste cose diceva con una semplicità e un candore mirabile. Parlava un dialetto di campagna, serrato e stretto, difficile qualche volta a capirsi. Quando parlava della mamma, il suo volto si coloriva, gli occhi gli risplendevano. Non viveva, non respirava che per lei. Quante cose gli aveva raccomandato, quella mamma, prima di partire, e le metteva tutte in pratica appuntino. Alla mamma mandava tutti i pochi soldi che guadagnava al reggimento. Gli aveva anche detto, la mamma, di raccomandarsi sovente alla Madonna, e per questo il buon figliuolo era entrato in chiesa. Non si poteva ascoltarlo, senza sentirsi intenerire il cuore. Il parroco gli domandò: — Hai fatto la prima Comunione? — Sì. — Il Pater noster lo sai? — No. — E l'Ave Maria? — Nemmeno. E sai fare il segno della Croce? Ahimè! Il soldatino tentò di fare qualche cosa di simile, ma... con la mano sinistra. Meravigliato il prete gli chiese: — E come fai a pregare la Madonna, se non sai nessuna orazione? Il soldato candidamente rispose: — Io prego la Madonna, ripetendo queste due parole: « Madonna, salvatemi! Madonna, salvatemi!» parroco, commosso, non volle sapere altro. Trasse di tasca qualche cosa e lo diede al giovane dicendo: — Tieni, questo lo manderai alla tua mamma. Continua sempre a raccomandarti alla Madonna e in questi giorni, finché rimani a Genova, passa da me e t'insegnerò le orazioni. Il soldato ringraziò e promise di farlo. Tornò difatti il giorno dopo, ma per congedarsi, perché era stato trasferito lontano. Più d'uno, dei nostri lettori, si sarà meravigliato che possano esserci ancora in Italia dei giovani buoni, che non sanno le orazioni; ma che dire di quei cristiani che, pur sapendole, non le recitano mai? 

 

(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)

 

 

 

 

 

 

FIORETTO DEL GIORNO:

 

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