SECONDO MISTERO L'ASCENSIONE DI GESU' CRISTO AL CIELO
27° GIORNO
La Speranza
CONSIDERAZIONE. Nell'ultimo istante della vita di Gesù sulla terra, è ancora un eroico Fiat che erompe dall'immacolato Cuore della Vergine; il Fiat del finale distacco dal suo Divin Figliuolo, perché Ella doveva ancor rimanere nel terreno esilio e ritardare l'ingresso alla Patria Celeste. Fu un distacco senza confronti, e fu una permanenza veramente eroica. Se l'ardente nostalgia del Paradiso ha fatto agonizzare, specie in certi momenti, il cuore dei Santi — come quello dell'Apostolo: « Desidero di morire e d'essere con Cristo» — che dire dei sentimenti di
Maria? Ella però sapeva benissimo il perché di quella sua permanenza, la missione che Le era affidata, di materna spirituale assistenza alla tenera pianticella della Chiesa, esposta ai gelidi furiosi venti di tante avversità. Ella doveva rimanere presso i suoi figli adottivi, con un'azione tutta interiore ma indispensabile, come quella del cuore alla vita del corpo; con un'azione animata da « quella stessa materna sollecitudine e premurosa carità, con la quale nella culla ristorò e nutrì del suo latte il BambinelIo Gesù» (PIO
XII) S. Luca non riferisce quali parole il Salvatore abbia detto immediatamente prima del supremo commiato, ma saranno state certo di conforto, d'amore, di speranza. Tutti erano commossi, e il tenerissimo Cuore del Verbo Incarnato non potè non sentire, in quel momento, la veemenza dei più teneri affetti verso la Madonna, che aveva scelto sin dall'eternità ad essergli Madre, e verso la nascente Chiesa. Con gesto solenne benedisse tutti, poi s'elevò gradatamente, finche una nube Lo avvolse per toglierlo allo sguardo degli astanti.
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Gesù Cristo entrò nel Regno della gloria, seguito da tutti i giusti dell'Antico Testamento: da Adamo, Eva, Abele, fino ai Sant'Innocenti, a Giuseppe, a Giovanni Battista, al buon ladrone... E gli Angeli, in lunghe teorie, Gli vanno incontro e Gli aprono le porte del Regno eterno. In Paradiso Gesù, alla destra del Padre, siede Re e Sovrano Signore del cielo e della terra. Egli, il Figlio prediletto del Padre Celeste, sempre vive ad intercedere per noi. Così la nostra umanità, tante volte avvilita dal peccato, è stata, in Cristo, sublimata al di sopra della stessa natura angelica. Divino Maestro, nella sua gloriosa Ascensione, ci addita il Cielo, per richiamare tutta la nostra attenzione verso l'oggetto supremo della Speranza cristiana. Essa « è quella virtù soprannaturale, per cui confidiamo in Dio e da Lui aspettiamo la vita eterna e le grazie necessarie, per meritarla quaggiù con le buone opere». Poichè non abbiamo quaggiù città permanente, ma andiamo cercando la futura», la Celeste Gerusalemme, il « ...bel giardino che sotto i raggi di Cristo s'infiora». (DANTE) Il Redentore aveva detto ai suoi Discepoli: « È meglio per voi ch'io me ne vada; perchè se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore». E altrove: « Non si turbi il vostro cuore... Nella casa del Padre mio ci sono molte mansioni... Vado a preparare il posto per voi..., affinchè dove sono io siate anche voi». Le mansioni serbate nella predestinazione alla Patria eterna, dovettero prepararsi con la Morte del Salvatore e con la sua Ascensione al Cielo. Si può quindi affermare con S. Tommaso: « L'Ascensione di Cristo è direttamente causa della nostra ascensione, quasi iniziandola nel nostro Capo, al quale bisogna vengano congiunte le membra». Da tale carattere redentivo segue la convenienza che la Corredentrice fosse unita a Gesù, anche con la presenza personale, in quell'ultimo solenne momento.
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Noi calchiamo coi piedi questa dura terra, ma leviamo alto lo sguardo, perchè sappiamo d'esser « nati a formar l'angelica farfalla» (DANTE). L'Apostolo scriveva ai
Colossesi: « Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, ove Cristo è assunto alla destra del Padre; alle cose di lassù pensate, e non a quelle della terra». Con tali parole San Paolo bramava svotare i loro cuori degli affetti terreni, ed accenderli d'un puro e ardente amore verso la Patria Celeste. O Speranza cristiana, che in Dio e nel Paradiso ci additi la meta suprema dei nostri sospiri, il termine dei nostri travagli, e nell'Ascensione di Gesù ci dài il pegno dell'ascensione nostra: staccaci dai caduchi beni di quaggiù, sorreggici per l'aspra via del nostro Calvario, guidaci alla beata eternità. Così sia.
FIORETTO. Il Divin Redentore, nel giorno della sua Ascensione, riaprì a tutti le porte del Regno Celeste; ma per entrarvi è necessario battere la via da Lui percorsa. Dobbiamo, cioè, essere umili, ubbidienti, caritatevoli, tolleranti delle altrui offese, e, soprattutto, rassegnati al volere divino nelle inevitabili prove della vita.
GIACULATORIA. Maria, speranza nostra, abbiate di noi pietà.
ESEMPIO
DALLA TERRA AL CIELO. Era l'ultima sera di ottobre. Una sera placida serena stellata, in cui parevano fondersi tutte le dolcezze dell'autunno che volgeva al tramonto. Nell'angusta cameretta d'una povera casa, lavorando sedevano accanto una donna ed una giovinetta, fiore di bontà e di
belleza, per nome Beatrice. La lucerna che le rischiarava pioveva un mite raggio sopra un'immagine della Vergine appesa al muro. Ad un tratto la fanciulla levò gli occhi, guardò per poco in silenzio la donna, poi disse: — Mamma, smetti di cucire. Sei pallida e stanca... Ed erano nella sua limpida voce una pietà ed una tenerezza ineffabile. — Lascia che io lavori e ti aiuti finchè posso. Verrà troppo presto il tempo del mio riposo. La giovinetta non rispose, ma chinò la testa bionda, e le sue lacrime, invano represse, caddero sulla tela che stava cucendo. Se ne avvide la madre e proseguì: — Ahimè! dopo tanto patire, la, morte non è forse una liberazione? Per te, per te sola mi dolgo, figlia mia. Lasciarti sola, oh quanto mi affligge! Ma ti resta per madre quella dolcissima Vergine, a cui ogni giorno ti affido. A queste parole, tutta commossa la fanciulla cadde alle ginocchia di lei, prese le scarne sue mani, le baciò tra le lacrime. E la madre, facendosi forza per levare la voce continuò: — Figlia mia, la felicità, ricordatelo bene, non sta nel possedere ricchezze o nel godere piaceri, no: essa consiste nello sperare e nell'amare molto. Ma la nostra speranza ed il nostro amore non sono quaggiù, o son di passaggio. Tu, dopo Dio, sei tutto per me su questa terra ; ma la vita svanisce come sogno; e l'amor solo s'innalza con te verso un mondo migliore. Prima che tu nascessi, pregai un giorno col mio Rosario can più affetto che mai la Madonna, ed Ella mi apparve nel sonno e con celeste sorriso mi porgeva una bambina. Io la presi e quando l'ebbi nelle braccia, la Vergine Maria le posò sul capo una corona di rose bianche. Mesi dopo tu venisti a farmi beata e ricordai sempre la visione soave. La giovinetta, nella calma consolatrice di quei dolci ricordi, taceva. La madre anch'essa rimase silenziosa come assorta nel passato, poi disciogliendosi lievemente dall'amplesso filiale: Vieni, le disse, andiamo a recitare il Rosario. Manca un fiore nella corona che a Maria abbiamo intrecciato in questo mese di ottobre... ed il serto è compiuto. — Oh, mamma! — proruppe la figlia con un ardore misterioso, che la trasfigurava. — Oh, mamma! sì, preghiamo la Madonna. Essa, che a te mi diede, da te non mi separi più! Nella notte stellata, l'ultima di ottobre, un'anima santa vide due luminose figure salire al cielo ed un coro d'angeli le accompagnava, facendo risonar l'aria mite e tranquilla all'intorno di cantici e di inni. Erano la madre e la figlia, così pie e così pure che la Vergine Maria chiamava dalle angustie e dalle pene della terra alle gioie ed alla gloria del Paradiso!
(Tratto dal libretto "LE INTENZIONI E I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO" - Sac. A.Monticone - 1952)
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